Deserto.
Una distesa di sabbia e terra bruciata, infinita.
Dune battute dal vento caldo, secco.
Sole, che batte sulla nuca, e brucia.
Sole senza pietà.
Sole che acceca, ferendo crudelmente pupille stanche.
Gola arida, come il terreno che bolle sotto i piedi.
La sete è atroce, punge la carne come mille spilli affilati.
A volte sembra di cogliere qualcosa.
Echi.
Effimere percezioni.
Ma ogni volta, non è che vuoto, ciò che rimane.
Un inferno di vertigini, illusioni e solitudine.
Nessun suono, a parte il mio respiro affannoso.
Nessun movimento, a parte il mio lento arrancare.
Il cielo è vuoto.
Non una nuvola, non un uccello.
Non un segno; un labile, misero segno che preannunci un cambiamento nel mio futuro.
E’ destino che io rimanga prigioniera di questo deserto?
La solitudine si stende davanti a me, e l’orizzonte lontano sembra farsi beffe del mio ostinato avanzare, della mia ricerca che sembra non avere senso.
E’ quando mi lascio cadere in ginocchio, lasciando che la sabbia scotti i miei palmi, piegando il capo, che lo sento.
Lo sento di nuovo.
Quel rumore familiare.
Quel richiamo.
Non vedo nulla.
Ma so che non è un inganno…
Sento il suono inconfondibile della mia salvezza.
Limpido, cristallino, benefico…Agognato.
Come una voce, che mi sprona a non arrendermi.
Risuona per meno d’una manciata di secondi, ma mi lascia un sorriso.
E mi rialzo.
Un passo, poi un altro.
Riprendo a camminare, verso l’orizzonte.
Riprendo a cercare.
Contro il destino, contro la ragione, contro il tormento.
Continuo.
Perché so che in questo si nasconde il fine ultimo della mia ricerca.
Perché è tutto ciò che voglio,
tutto ciò che mi serve.
Un’oasi.