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Autore: Egle    03/05/2010    25 recensioni
Arthur sembrava come disorientato, confuso dai suoi stessi desideri e stranamente vulnerabile. E ora toccava a lui.. a Sir Leon rassicurarlo, fargli capire che in ogni caso mai, mai l’avrebbero abbandonato, mai avrebbero messo in discussione la loro lealtà nei suoi confronti. E Sir Leon per la sua patria, per i suoi compagni, per il suo principe e per tutta Camelot… mentì. [Arthur/Merlin.. + Sir Leon come special guest, rigorosamente etero]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata come sempre alla mia be

Dedicata come sempre alla mia beta reader Harry che ama in particolare e in modo del tutto inspiegabile uno dei personaggi di questa fanfic (chissà quale…) e che alimenta e segue sempre i miei sproloqui e quant’altro.


Una dedica anche a GiulyB e lynch, che si sono fatte contagiare anche loro dall'amore per quel personaggione lì… BIETOLA!

 


Questa storia è scritta senza alcuna pretesa e con il solo scopo di strapparvi almeno un sorriso.

Spero vi piaccia^^

(E sono sicura che ci sarebbero altre cose intelligentissime da dire a questo punto, ma sto morendo di sonno e non mi vengono in mente)

Buona lettura



 

The knight’s code

 

 

 

Era cosa nota a Camelot che i cavalieri del re avrebbero fatto qualsiasi cosa per il loro principe e questo perché il giovane Pendragon si era dimostrato nel corso degli anni un condottiero degno della fiducia dei suoi uomini: si alzava prima di loro, si allenava più duramente di loro, mangiava con loro, dividendo con loro gioie e dolori.

Sul campo di battaglia egli non si risparmiava, battendosi valorosamente anche per la vita dell’ultimo dei suoi uomini.

Arthur Pendragon era un uomo giusto, onorevole e che aveva rispetto per i suoi cavalieri.
Per questo gli avvenimenti che seguono non possono che essere considerati tenendo presente l’amore incondizionato dei cavalieri del re per il loro principe.

 

 

Sir Leon si tolse l’elmo, passandosi poi una mano guantata tra i capelli umidi di sudore. Faceva sorprendentemente caldo per essere soltanto la fine di maggio.

“Grazie, mio signore” disse, accettando di buon grado la borraccia che il ragazzo gli passava.

Erano tutti stanchi e completamente coperti di polvere. Avevano inseguito un gruppo di briganti attraverso i boschi per tre giorni, senza riuscire a ridurre la distanza che li separava, prima di vederli oltrepassare i confini delle terre di Camelot.
Avrebbero saccheggiato altri villaggi e loro non potevano fare assolutamente nulla per impedirlo, se non volevano scatenare una guerra con il sovrano del regno limitrofo. L’impossibilità all’azione aveva reso il principe particolarmente taciturno e di cattivo umore.

“Sono usciti dai confini del regno” decretò infine, asciugandosi un rivolo di sudore con un fazzoletto. Scosse la testa, fissando i suoi profondi occhi azzurri sulla linea indistinta dell’orizzonte. “Non possiamo proseguire oltre. Torniamo a Camelot”

Leon sorrise, ascoltando le grida di giubilo degli altri cavalieri. Nessuno aveva voglia di trascorrere un’altra notte all’addiaccio e il pensiero di casa aveva immediatamente risollevato gli animi.

Gli uomini risalirono a cavallo, tra schiamazzi di varia natura, perfino gli animali sembravano aver percepito il cambiamento d’umore nel drappello di cavalieri, nitrendo sonoramente e battendo il terreno con gli zoccoli.

“Non vedo l’ora di andare da Mary. Mi manca il suo sorriso”

“A te manca soprattutto la morbidezza delle sue cosce” replicò qualcuno, mentre qualcun altro si affrettava a colpire il malcapitato Sir Pellimor con un guanto.

“Per non parlare dell’abbondanza dei suoi seni”

“E della destrezza delle sue mani”

“E del calore della sua bocca..”
“Signori!” tuonò improvvisamente Arthur, che cavalcava in testa al gruppo.

Il silenzio calò repentinamente sul drappello di uomini, soffocando qualsiasi altro commento inopportuno. Il comportamento del principe era a dir poco bizzarro. Di solito non si intrometteva nei loro discorsi, ascoltando indulgentemente le loro spacconate maschili e pretendendo un certo contegno soltanto quando si trovavano in presenza di altre persone, popolani e non, ma quel giorno li aveva azzittiti in mezzo al bosco, quando non c’era anima viva in vista e loro erano provati dalla fatica e dalla mancanza di sonno.

Semplicemente non sembrava un comportamento abituale del principe. Forse la fuga dei briganti l’aveva innervosito più di quanto avessero sospettato.  
Cavalcarono per qualche miglio, senza proferire parola, prima che i  cavalieri si azzardassero a riprendere a chiacchierare, cominciando a decantare tutti i cibi che le loro compagne avrebbero preparato non appena fossero tornati.

Tutti erano immersi nella conversazione, tranne uno… Sir Leon continuava a lanciare occhiate preoccupate alla schiena del suo signore.

Non che Arthur sembrasse ferito o malato o particolarmente stanco, ma l’espressione cupa sul suo viso l’aveva messo in allarme. Era strano vedere il principe così di cattivo umore quando era in sella a un cavallo, con la prospettiva di poter cacciare e soprattutto lontano dall’etichetta di corte.

Tentennò solo un istante prima di spronare il cavallo e farlo affiancare a quello del futuro sovrano. Non disse nulla, aspettandosi che fosse l’altro a rivolgergli la parola per primo.

“Sì?”

“La vostra borraccia, sire” replicò prontamente Sir Leon, porgendogliela. Arthur la prese dalla sua mano, senza commentare e senza dirgli di tornare con gli altri. Continuarono a proseguire, il silenzio condito dai rumori del bosco e dal vociare allegro degli altri cavalieri.

“Sir Leon?” disse Arthur, mantenendo lo sguardo puntato sulla strada.

“Sì, mio signore?”

“Se vi ordinassi di dirmi la cosa più sensuale a cui riuscite a pensare, che cosa mi rispondereste?”

Sir Leon dovette ancorarsi con le gambe al cavallo e stringere forte le redini per non ribaltarsi di lato. Si azzardò a scoccare un’occhiata rapidissima al principe prima di tornare a fissare il sentiero che si snodava tra gli alberi.

Forse non era stata una buona idea quella di cercare di scoprire il perché dello strano stato d’animo dell’erede al trono.

“Non saprei” nicchiò, sperando che l’altro non esigesse davvero una risposta “Forse..” continuò, umettandosi le labbra, quando fu chiaro che Arthur non aveva nessuna intenzione di far decadere il discorso “un bel paio di gambe” disse, facendo violenza su sé stesso.

“Ah”

Sir Leon si aggrappò strenuamente alla convinzione che il principe non avrebbe continuato il suo interrogatorio, accontentandosi di quella risposta, ma il suo sesto senso particolarmente sviluppato da anni di allenamenti con Arthur gli suggeriva che non era così.

“Quindi.. gambe di donna”. La sua non era esattamente una domanda.

Sir Leon lanciò un’occhiata supplice alle sue spalle, pregando che qualcuno degli altri cavalieri capisse cosa stava accadendo lì, a pochi metri da loro e corresse in qualche modo in suo aiuto. Aspettò per quella che gli sembrava un’eternità, ma che corrispondeva soltanto a una manciata piuttosto striminzita di secondi, prima di voltarsi nuovamente verso Arthur.

Deglutì a vuoto, accorgendosi del modo in cui lo stava osservando. Era incredibilmente serio, quasi sepolcrale.

“S-sì” balbettò, avvertendo un rivolo di sudore colargli sul collo dall’attaccatura dei capelli. “Sì, mio signore”

Forse avrebbe dovuto chiedere il perché di quella domanda, ma non aveva il coraggio di farlo. Accarezzò il collo del suo cavallo, mormorandogli qualche parola a bassa voce. Anche lui sentiva che il peggio doveva ancora arrivare. Serrò un po’ la presa sulle briglie, continuando a rimanere al suo posto accanto al principe.

“E non trovi sensuali.. per esempio.. un paio di labbra morbide?”

“Sì.. suppongo.. suppongo di sì”

Sir Leon prese un fazzoletto e se lo passò sul viso. Stava sudando copiosamente. Non aveva mai odiato tanto l’armatura prima di quel momento. Non sapeva dove il principe volesse andare a parare con quel dialogo inusuale, ma aveva una gran brutta sensazione. Come un nodo all’imboccatura dello stomaco.

“E un paio di…”

La voce di Arthur si perse in un mormorio sommesso.

“Signore?” disse, incapace di decifrare i farfugliamenti del futuro sovrano.

“Orecchie”

Sir Leon sentiva lo stomaco in caduta libera, mentre associava un viso e un nome a delle orecchie particolarmente memorabili. Probabilmente sarebbe davvero ruzzolato giù dal cavallo e si sarebbe fatto trascinare fino a Camelot dal suo fedele destriero se non fosse stato talmente pietrificato da essere incapace perfino di sfracellarsi al suolo. Pregava con ogni minima fibra del suo essere che un evento esterno, straordinario.. un’orda di barbari provenienti da nord, per esempio, piombasse su di loro e ingaggiasse battaglia.

Ma ovviamente non successe niente di tutto questo.
“O.. che so.. un paio di fianchi ossuti.. un paio di …”

Sir Leon lanciò spasmodicamente un’occhiata supplice in direzione degli altri cavalieri.

Che qualcuno lo salvasse! Qualcuno! Per favore.. chiunque..

“…chiappettine magre e pallide…”

Si voltò verso Arthur, incontrando il suo sguardo smarrito e pieno di dubbi. Non l’aveva mai visto così perso, come se dubitasse di tutto.. della sua sanità mentale, di sé stesso, perfino della sua capacità di guidare i suoi uomini.

Tutti i cavalieri erano a conoscenza dello strano legame che univa il principe a quel suo servitore mingherlino, ma nessuno aveva mai avuto la matematica certezza che tra loro due..

“Insomma.. un uomo. Credi che.. ci si possa innamorare di un uomo? Insomma.. a te è mai capitato?” concluse Arthur con voce irriconoscibile.

Sir Leon deglutì a vuoto, senza sapere che cosa rispondere.

Era come se avesse il suo cuore lì, stretto tra le mani. Un solo gesto avventato e gli sarebbe caduto andando in mille pezzi.

Il suo principe e futuro re gli stava chiedendo se era normale trovare sensuale un uomo… se si potesse amarlo, se anche loro avessero mai provato quello che evidentemente lui provava per un certo servitore dalle orecchie pronunciate.

Solo in quel momento Sir Leon comprese il perché Arthur avesse messo a tacere così bruscamente i commenti dei suoi cavalieri: il principe se ne sentiva escluso, si sentiva diverso..perché lui trovava sensuale qualcosa che gli altri cavalieri non condividevano.

Arthur sembrava come disorientato, confuso dai suoi stessi desideri e stranamente vulnerabile.

E ora toccava a lui.. a Sir Leon rassicurarlo, fargli capire che in ogni caso mai, mai l’avrebbero abbandonato, mai avrebbero messo in discussione la loro lealtà nei suoi confronti.

E Sir Leon per la sua patria, per i suoi compagni, per il suo principe e per tutta Camelot… mentì.

“Sì” rispose con fermezza. Nei suoi occhi brillava l’antica fierezza dei cavalieri. Si sarebbe sacrificato in battaglia per il suo principe, avrebbe affrontato per lui qualsiasi tormento, qualsiasi prova. “Io credo che si possa”

Una piccola luce di speranza cominciò a farsi strada nello sguardo di Arthur, mentre i suoi lineamenti si distendevano leggermente. “Si possa..” disse non del tutto convinto.

“Possiamo” si affrettò a correggersi “Noi..”

Si umettò nervosamente le labbra con la punta della lingua, lanciando un’occhiata preoccupata alle sue spalle. Nessuno degli altri cavalieri stava fortunatamente badando a loro.

“.. tutti… con uomini.. andati. Spesso” balbettò, sottolineando le sue parole con grandi cenni affermativi del capo.

Arthur sorrise di un sorriso che gli illuminava tutto il viso, facendolo sembrare più giovane. Era come se Sir Leon gli avesse tolto un macigno dal petto.

“Davvero?” disse sollevato.

Sir Leon annuì solennemente, il sudore che gli colava dall’attaccatura dei capelli, infradiciandogli completamente la maglia sotto la cotta. “Assolutamente sì” confermò “Non abbiamo mai detto niente perché non sapevamo come la pensavate a riguardo” aggiunse a loro discolpa.

Il principe annuì, voltandosi indietro per guardare i suoi cavalieri con rinnovato orgoglio. “Aumentiamo il passo! Avete molte ricompense che vi aspettano al vostro ritorno a Camelot” disse di buon umore, prima di lanciare il cavallo al galoppo.

 



 

***

 

Sir Leon serrò leggermente le labbra, guardando preoccupato l’erede al trono che continuava a camminare senza trovare requie davanti alla prima fila dei cavalieri. Li aveva convocati tutti in armeria senza specificarne il motivo. Si limitava a misurare la stanza a grandi passi, le braccia allacciate dietro alla schiena.

“Mi è stato riferito un problema piuttosto serio” esordì finalmente, fermandosi all’inizio della prima linea. “Ma non state allineati così. Mettetevi in cerchio. O non riesco a vedervi bene tutti”

I cavalieri si affrettarono a obbedire , disponendosi lungo una circonferenza immaginaria. Non erano tenuti a chiedersi il perché del comportamento del loro principe, dovevano solo eseguire gli ordini.

Arthur fece scorrere lentamente lo sguardo su ogni uomo, il petto denso di orgoglio.

Li aveva addestrati lui, avevano condiviso tutto.. il campo di battaglia annienta le differenze di rango o la gerarchia nobiliare.

Erano solo un manipolo di uomini, gli uni pronti a morire per gli altri, a sostenersi quando la stanchezza faceva piegare i loro arti, a coprirsi le spalle quando i nemici erano disposti a tutto pur di farli a pezzi, nascosti nell’oscurità della boscaglia

Erano forti, addestrati, letali.

Quando fronteggiavano una minaccia agivano come un solo uomo.

Precisi, inarrestabili, insensibili al pericolo, al dolore e perfino alla morte.

“So che siete restii a confessarmi certi desideri”

In quel preciso istante Sir Leon desiderò che un fulmine cadesse dal cielo e lo riducesse in cenere.

Non poteva essere vero. Non poteva succedere proprio a lui, proprio lì, proprio in quel momento.

“Voglio che parliate liberamente.. quando siamo così..” proseguì Arthur, indicando ognuno con un vago cenno della mano “Io non sono più il principe e voi i miei sottoposti. Siamo tutti eguali. Voglio che sappiate che non c’è niente… niente che non possiate condividere con il vostro principe”

Sir Leon chiuse gli occhi. Ogni parola di Arthur gli piombava sul capo come un chicco di grandine.

“Quindi.. avanti. Datemi la conferma, toglietevi questo peso dal petto. Del resto..ormai lo so già..”

“Dirvi.. dirvi cosa, mio signore?” chiese qualcuno, dopo qualche istante.

Sir Leon pregò tutte le divinità conosciute in tutte le lingue conosciute. Forse ne inventò qualcuna di nuova. Sperava solamente che Arthur si riferisse a tutt’altra cosa, a qualcosa che non aveva a che fare con orecchie grandi e fianchi ossuti e chiappettine magre e…

“Che anche a voi piacciono gli uomini” replicò l’erede al trono all’apice della sua comprensione.

Sir Leon sgranò gli occhi quando Sir Owain emise uno grugnito dal naso, facilmente fraintendibile per uno sbuffo di risata mal trattenuto. Lo incenerì con lo sguardo prima di tornare a guardare il futuro sovrano di Camelot.

Arthur stava sorridendo magnanimo e del tutto inconsapevole e questo, se fosse mai stato possibile, lo fece sentire ancora peggio.

Sir Leon serrò forte i pugni lungo i fianchi, la mascella contratta dolorosamente.
Lui era sempre stato il primo a seguire il suo principe in battaglia, incurante di quante possibilità di tornare vivo ci fossero. Si sarebbe gettato nel fuoco se solo glielo avesse chiesto.
Sollevò un po’ il mento e compì un eroico passo avanti.
“E’ vero, mio signore. Anche a me piacciono gli uomini” disse con fierezza.

Sentì un mormorio sommesso attraversare la sala. Sostenne con fermezza tutti gli sguardi, saldo sulle gambe come la statua di un dio greco. Non avrebbe mai tradito il suo principe.

Era impossibile che anche gli altri non capissero. Spesso si erano scambiati occhiate piene di significato quando Merlin usurpava il loro diritto di cavalcare accanto ad Arthur o quando spariva nella sua tenda o quando usciva dalla camera dell’erede al trono con i vestiti in disordine e i capelli scarmigliati.

Sapevano, ma fingevano di ignorare la cosa. Per Arthur. Per quel principe che tanto amavano.

“Anche a me” disse qualcuno.

“Anche a me”

“Anche a me”

Sir Leon strinse forte le labbra, il petto invaso da una sensazione di orgoglio, di profonda appartenenza a quel gruppo di uomini prodi e valorosi. Uomini d’onore.

“Anche a me”

Un coro di “anche a me” risuonò nella stanza, riempiendo le labbra di Arthur di un sorriso aperto e sincero. Sir Leon lo vide annuire, fiero dei suoi uomini, prima di dirigersi verso la porta.
“Non dovete avere segreti con me” disse, minacciandoli bonariamente con un dito. “E ora andiamo a finire l’addestramento di oggi” aggiunse prima di uscire e incamminarsi lungo il corridoio.

Sir Leon si affrettò a richiudere la porta, guardando gli altri con aria minacciosa. “Non ne faremo mai parola. Mai.una.sola.parola.”

Tutti annuirono e poi seguirono il futuro re di Camelot, terminando quella che di fatto era stata la prima riunione dei cavalieri della tavola rotonda.

 

   
 
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