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Autore: Anemya    25/08/2005    5 recensioni
Chi sono realmente Bellatrix, Narcissa ed Andromeda Black? Come hanno fatto a diventare quello che ora sono? In questa fanfiction ripercorreremo la loro vita dall'infanzia fino ad ora.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Ricordo primo]

27 dicembre 1971

Mi avvicinai alla culla stringendomi al petto il mio orsacchiotto che papà mi aveva portato dal suo ultimo viaggio.
Era nata. Mamma piangeva giorno e notte. Loro non la volevano. E non la volevo neanch'io.
Lasciai cadere il mio pupazzo e poggiai le mia mancina sul bordo della culla, molto alta per me, tanto che dovetti alzarmi in punta di piedi, sulle punte delle mie nuove scarpette di vernice nera, mentre la mano destra si chiudeva in un pugno coperto dal vestito di velluto verde rubato dall'armadio di mamma troppo grande per una bambina che nella sua vita aveva visto solo tre inverni.
Mi sporsi per guardarla. Così piccola. Chiunque vorrebbe essere al posto della mamma in questo momento. Un'altra figlia femmina. Ma noi no. Nessuno aveva previsto questa nascita. Dormiva intanto, Bellatrix, stringendo con le minuscole dita un lembo del lenzuolo.
Allungai la mano per toccarle i capelli. Neri, come gli occhi e come avrei scoperto il suo animo.
Le passai le dita sulle gote tiepide per poi arrivare al suo pugnetto. Con uno strattone le tirai via la stoffa e lei cominciò a urlare.
Strillava.
Sentii i passi di papà che imprecando si avviò frettoloso verso la stanza in cui ci trovavamo.
Conoscendo mio padre mi nascosi sotto il letto. Avevo paura di lui. Mi picchiava e dopo mi regalava gli orsacchiotti.
E' sempre stato così.
Appoggiai il viso al legno polveroso della mia camera e acquattata in quell'angolo cominciai a spiare i miei genitori.
Papà furioso prese in braccio Bellatrix. Dopo qualche istante entrò mia madre.
Mai l'avevo vista in questo stato. Lei sempre così bella, così composta.
Ora i suoi capelli corvini sempre tenuti raccolti in una crocchia la quale le donava quell'aria austera e misteriosa allo stesso tempo, parevano stoppossi e fitti di nodi, come se quella donna che sfiorava la perfezione fosse sparita. Il suo pallore, acuito dopo la gravidanza, e le pesanti occhiaie non rendevano giustizia alla sua bellezza.
Da giorni non si cambiava, mia madre. Quella camicia da notte leggera, del colore del cielo quando albeggia, tormenterà per sempre i miei sogni. Quello fu il peggior periodo della mia infanzia.
Distrutta era, ed eravamo tutti, dal momento in cui mia madre scoprì di aspettare la seconda figlia.
Pianti e urla. Nessuno entrava più in casa nostra. Mia madre era come impazzita. Lanciava porcellane dalle finestre, bruciava enormi libri nei camini, non si spazzolava più i lunghi capelli neri. Non era più in lei.
Mio padre cercava di calmarla, ma più si avvicinava a lei, più veniva contagiato dalla sua pazzia.
E io non ero da meno. Non volevo una sorella, non volevo qualcuno che prendesse il mio posto come "la piccola della famiglia" che veniva riempita di coccole e di regali.
Quando mia madre uscì dalla stanza con in braccio Bellatrix e mio padre al seguito, io saltai fuori dal mio nascondiglio e, al buio, cercai a tentoni il mio pupazzo che avevo smarrito mentre correvo sotto il letto.
Mentre tastavo il pavimento alla ricerca del mio amico peloso, toccai qualcosa.. Era una scarpa.
Alzai lo sguardo e vidi Rodolphus con in mano una candela.
Rodolphus era il figlio del braccio destro di mio padre. Ancora non sapevo quello che lui e mio padre facevano, gli affari loschi a cui partecipavano, sotto false montature.
Rodolphus aveva un anno in più di me ed era sempre stato un bambino molto introverso e con poca voglia di socializzare con gli altri. Potrei considerare Rodolphus il mio migliore amico, potrei dire che ci conosciamo praticamente dalla mia nascita.
Ma abbiamo imparato ad essere amici solamente qualche anno più tardi.
In quel momento stava lì, davanti a me con quella candela in mano tentando di illuminare la stanza. Aveva solo quattro anni, ma pensava di essere già un ragazzino.
Con quell'aria da furbetto, di colui che già sa tutto della vita, che non ha bisogno dell'aiuto di nessuno.
"Hai perso qualcosa, Narcissa?"
"Non sono affari tuoi, io ti odio!"
"Ok, non saranno affari miei, ma sotto quella cassapanca c'è un orsacchiotto. Forse mi sbaglierò, ma mi pare tuo."
"Grazie, ma potevo anche ritrovarlo da sola!"
E gli tirai un calcio negli stinchi.
Non era un bel periodo, per me, quello e per di più trovato il figliolo Lestrange molto irritante.
Il bambino lasciò cadere la candela che si spense.
Cominciai a piangere ed uscii dalla stanza, seguita da Rodolphus.
Il salotto era gremito di gente.
Emisi un urlo di stupore. Mai avevo visto così tante persone nel nostro salotto.
Tutti parenti e amici dei miei genitori, qui per festeggiare mia sorella. E per ridere alle spalle di mia madre.
Li sentivo i commenti delle donne presenti.
"Secondo te da quanto tempo non si pettina? Sì sarà lavata dopo il parto?"
Ero piccola, sì, ma non stupida. E amavo mia madre, anche se aveva messo al mondo mia sorella, e non potevo stare lì a sentire quella gente.
Mi tappai le orecchie e cominciai ad urlare, e ad urlare, sempre più forte.
Giravo, giravo, come una trottola e vedevo tutti gli invitati ruotare attorno a me.
Non volevo più vederli, ma volevo che loro guardassero solo ed esclusivamente me. Non mia sorella, perchè era l'ultima arrivata, non mia madre, per come era conciata.
Ma me.
Continuai a girare finchè caddi per terra.
Mio padre cammino verso di me, mi mise le braccia sotto le ascelle e mi issò, finchè non riuscii a stare in piedi.
Mi diede uno scapaccione e io gli vomitai sulle scarpe.

Sentivo Rodolphus ridere dall'altra stanza.

  
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