Libri > Il ritratto di Dorian Gray
Ricorda la storia  |      
Autore: Frank Lioty    05/05/2010    1 recensioni
"Sono l'ombra dei miei desideri"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I.


Dorian lentamente si svegliò. Faticava a schiudere i grossi occhi grigio cenere. Forse per il troppo dormire, forse l'abbraccio caldo delle lenzuola, ma non riuscì a far altro se non rimanere immobile a fissare il soffitto. Lo sguardo, perturbato ancora dal sonno, sembrava volesse penetrare oltre la copertura decorata di affreschi, quasi cercasse un ritaglio di luce che lo spingesse ad alzarsi. La mente invece gli si riempì di pensieri.

Il ritratto di Basil lo aveva sconvolto. Solo nell'istante in cui il pittore aveva voltato la tela, il ragazzo si era reso veramente conto della sua bellezza. Non era stato come fissare la propria immagine riflessa in uno specchio, piuttosto gli sembrò di guardarsi con gli occhi di un'altra persona. Lord Wotton, per quanto conoscesse Basil da lungo tempo, continuava a stupirsi ad ogni sua nuova opera. Riusciva a estrarre l'essenza delle cose con una naturalezza a tratti disarmante. Il grande artista sa vivere avvenimenti che non gli accadranno mai, provare emozioni che la vita non gli riserverà nemmeno lontanamente. Ha il cuore colmo delle gioie più stupefacenti ed è straziato dalle peggiori sofferenze, cicatrici sintetiche rivelate dalla finzione scenica. E certamente Basil era un grande artista.

Ancora avvolto nella tenebra bianca, il giovane continuava a fissare il soffitto, le parole di Lord Wotton gli rimbombavano in testa. Ci sono dolori che abbassano gli angoli, espressioni che lasciano segni apparentemente impercettibili sulla pelle. Dorian l'aveva finalmente capito e l'idea di poter perdere la sua bellezza lo terrorizzava. Chi sarebbe stato Basil Hallward senza la sua arte o Lord Henry Wotton senza la sua sagacia? E cosa sarebbe rimasto del giovane Dorian Gray se privato della sua sconvolgente bellezza?

Fu forse per esorcizzare quei pensieri che decise di alzarsi. Avvertì un brivido risalire la nervatura dei piedi nudi, fino alle ginocchia, e per un attimo parve liberarsi della gravità delle sue preoccupazioni. Scostò le grosse tende di seta rossa. Il grigiore di quella Londra, ormai segnata in maniera irreversibile dalla rivoluzione industriale, stonava terribilmente con quella volta azzurro acceso, insolitamente avara di nuvole. Accarezzato da un gradevole tepore, i grossi boccoli dorati ondeggiavano leggermente, spinti dalla leggera brezza che tagliava la stanza, scivolando fuori dalla porta aperta. Non poteva certo sprecare una così bella mattinata di sole, specie in un inverno plumbeo come quello.


II.


Le vecchie assi di legno tarlato crepitavano malgrado la sua esile persona dovesse gravare poco o nulla su quel vecchio palco. Svestito delle luci soffuse, delle scenografie, pur sempre abbozzate, il teatro si mostrava in tutta la sua semplicità. Mentre si osservava intorno, le parve di udire il suono degli ottoni sgangherati dell'orchestra. Malgrado l'aspetto dismesso amava quel posto, la fragilità di quei luoghi la rassicurava e inteneriva al tempo stesso; una stanca signora di corte privata dei suoi abiti regali, dei suoi gioielli e del suo trucco, inerme ed esposta in tutta la sua nudità verace.

Sibyl prese a danzare, appoggiando le delicate punte sulle note di pianoforte, gli occhi chiusi fissavano il pubblico in estasi. Di tanto in tanto il palco scricchiolava. Intento a pulire il teatro, Isaac le gettava saltuariamente degli sguardi veloci. Non riusciva a comprendere quella ragazza così leggera e troppo spesso persa nel suo mondo. Non che gli interessasse in realtà, a lui bastava sapere di averla con sé, a fare le sue fortune.

Faceva caldo. La fronte del vecchio ebreo grondava di sudore. Si passò la grossa mano fra i capelli, per poi solleticare con le dita unte di sporco il grosso diamante che portava al collo. Rimase immobile per qualche secondo ad osservarne i riflessi, quindi guadagnò velocemente le quinte, trascinandosi dietro il grosso scopettone.

Sibyl Vane riaprì gli occhi, la musica si interruppe, il respiro affannoso frusciava attraverso le sue labbra di rosa. Mentre riprendeva fiato, le balenò in testa il suo principe azzurro. Pensava al suo viso bellissimo, alla sua voce gentile e a quanto sentisse di amarlo. Un lieve rossore si tinse sulle sue guance, il viso le si illuminò di gioia.


- Sarebbe il caso che tu smettessi con le tue fantasticherie. Stasera prevedo una gran folla, ti voglio al meglio - borbottò il vecchio ebreo, riaffacciandosi da dietro le quinte.


- Lo sarò certamente, signor Isaac – rispose prontamente la ragazza ancora con il sorriso in volto, apparentemente imperturbabile.


- Va a riposare un po'. Io monterò la sceneggiatura -


Senza battere ciglio, Sibyl Vane si allontanò, mentre l'ebreo iniziava a posizionare accuratamente le strutture, andando a memoria. C'era uno strano odore nell'aria. Ogni tanto si udiva qualche asse di legno crepitare.


III.


Dorian si faceva largo a fatica attraverso la massa disordinata di gente. L'ingaggio esclusivo, solo per quella sera, di uno dei più rinomati attori londinesi aveva richiamato un gran numero di spettatori, forse più di quelli che il teatro sarebbe stato in grado di ospitare. A giudicare dalla preoccupazione disegnata sui volti, sembrava l'avessero capito in tanti. Di certo faceva specie vedere dei gentiluomini spintonarsi in quel modo.

Molti sottovalutano il pericolo delle folle: unisce e soggioga sotto il suo denominator comune, stupra le menti e annulla le ragioni. Fa brillare gli istinti. Lo stesso Dorian venne pervaso per osmosi dall'allarmismo generale, ma l'eleganza dei suoi gesti non restituiva alcun senso di irruenza e aggressività. Sembrava piuttosto sfiorare i corpi per poi scivolare delicatamente attraverso le fessure. Si sentì quasi sollevato quando si ritrovò di fronte l'ebreo al botteghino, con il suo panciotto inamidato e lucente.

Dorian si mise a sedere al suo solito posto. C'era odore di spezie nell'aria e tutto il teatro era stato tirato a lucido, come se il tempo avesse voluto concedere un altro giorno di gloria a quella vecchia signora decaduta.

Sybil era così bella. Tutti guardavano ammaliati i lineamenti pronunciati dell'attore, facendosi cullare dalla sua voce calda e dalla sua recitazione perfetta, ma non c'era sentimento in quel guscio di tecnica. Dorian pareva non essersi neppure accorto della sua presenza. Quando la ragazza finalmente iniziò a recitare, fu sconvolgente. Un dolore indescrivibile invase i corpi degli spettatori. La voce di Sibyl recideva le arterie, scivolava anestetica sotto la pelle, intorpidiva i sensi, struggendo i cuori. Per tutta la rappresentazione non esistette altra figura se non quella di Sibyl Vane.


IV.


Dorian aveva già guadagnato l'accesso alle quinte mentre il pubblico continuava ad applaudire. Sibyl l'attendeva al varco, stropicciando con le dite l'ampia gonna del costume. La testolina greca, incavata tra le spalle, tradiva la timidezza delle guance.


- Come sei stata magnifica stasera. Mi hai donato una gioia che se mai qualcuno riuscirà a spiegare, diverrà il più grande dei poeti. La stessa gioia che mi doni quando ti vedo o ascolto la tua voce, quando solo ti affacci nei miei pensieri e bussi al mio cuore. Non c'è altro che possa farmi sentire più completo. -


La ragazza non riusciva a contenere l'emozione. I tremori si impossessarono del suo esile corpo, le palpebre le si incastonarono di cristallo, prendendo a luccicare.


- Come creatura di questa terra, come uomo. E spero un giorno come tuo sposo. - concluse il giovane.


Dorian riprese fiato, mentre stringeva dolcemente fra le mani le dita affusolate della ragazza.


- Concedimi questa magnifica notte stellata, perché io possa conoscere non Imogene, non Rosalinda, né la Giulietta pugnalatasi per il dolore, ma Sibyl Vane, che torna a casa dopo aver recitato e si dirige a passo lungo verso il teatro dopo essersi svegliata.


- Troveresti la mia vita banale. Sono l'ombra di ciò che desidero, di ciò che personifico sul palco, di ciò che vorrei, ma in realtà non sono. - rispose Sibyl che, per farsi forza, si aggrappava con le unghie ai polsi del ragazzo, sentendolo sfuggire e precipitare dalla sua vita.


- Se me lo concederai, la renderò magnifica per te. Vi aspetto ad Hyde Park, Sibyl Vane. - ribatté invece il giovane, con una sicurezza incredibilmente rassicurante.


V.


Di tanto in tanto la nostra esistenza sembra ricordarci che nulla in questo mondo è scritto e risponde solo alla legge dell'imprevedibilità. A volte però sembra che dietro l'apparente successione casuale di eventi, si celi in realtà un ordine già scelto a priori, un disegno predeterminato che muove gli invisibili fili delle nostre vite. Destino o meno, qualcuno finisce sempre per farsi sfuggire le redini del suo cammino.


Il pubblico, riversatosi all'esterno del teatro, era ancora in evidente fibrillazione. La scarsa lucidità generale rendeva tutti un gruppo di formiche impazzite che si affrettavano ai loro formicai di carrozza. Dorian cercava di uscire da quel nugolo disordinato, ma non c'era logica che aiutasse ad individuare un percorso da seguire. Lentamente iniziò a sentirsi intrappolato nella tela da cui tentava di scappare e non era certamente il solo. Non ci volle molto perché la gente si facesse prendere dal nervosismo.


Molti sottovalutano il pericolo delle folle: unisce e soggioga sotto il suo denominator comune, stupra le menti e annulla le ragioni. Fa brillare gli istinti.”


Le grosse narici sputavano vapore schiumoso nella notte gelida, gli zoccoli alzavano continuamente la polvere della strada in sterrato, il corpo muscoloso del cavallo, dalla pelle di latte, iniziava a fremere per il troppo trambusto della gente intorno. Pareva sudare le scariche di adrenalina. Il cocchiere tirava con decisione le briglie, cercando di calmarlo. D'un tratto però la presa, apparentemente salda, venne meno e l'uomo finì per farsi sfuggire le redini dell'animale che imbizzarrito iniziò a scalciare e dimenarsi violentemente. Dorian era proprio accanto alla bestia. L'angelo bianco della morte lo aveva colpito con le sue ali assassine, in pieno volto.


VI.


Dorian riaprì gli occhi, risvegliandosi nel suo letto. Per un attimo si illuse che fosse stato solo un brutto sogno, ma inorridì quando dalle nebbie della sua vista si delineò la figura del dottor Blood. Si portò subito le mani sul volto, realizzando di star osservando il dottore con un solo occhio aperto. Il destro, come quasi tutto il resto del viso, era avvolto dalle bende secche di sangue.

Non ebbe la forza di fare o dire nulla. Fissava passivamente il dottore che si prodigava nelle sue raccomandazioni, ma non colse altro se non che aveva dormito per tre giorni interi e doveva ritenersi fortunato di poter ancora guardare in faccia qualcuno.

Quando il medico uscì dalla stanza, il ragazzo parve dare i primi segni di reazione, fino a trovare il coraggio di alzarsi. Era una giornata stranamente avara di nuvole ed un grosso sole arancio sbucava dalla vetrata delle finestre. Dorian era di fronte allo specchio, osservando il guscio di stoffa attorno al capo, poi iniziò a srotolare la matassa. L'occhio destro gli bruciava. Lentamente si palesò ai suoi occhi l'orrore delle carni viola di sangue, per quanto il gonfiore non riuscisse a dissimulare l'agghiacciante certezza del viso inevitabilmente sfigurato per metà. Il ragazzo cadde sulle ginocchia, urlando contro il suo atroce dolore.

Non era più nulla, solo un guscio di carne inutile, un pittore mutilato della sua arte, un pensatore deturpato della sua intelligenza. Era la negazione di ciò che sarebbe voluto essere, la manifestazione di tutte quelle preoccupazioni che grazie a Sibyl pareva essersi lasciato alle spalle. Ma non gli era rimasto neppure lei. Come avrebbe potuto amare un uomo per metà senza volto?


VII.


Dorian si girò di scatto rizzandosi in piedi. Erano giorni che nessuno bussava alla sua porta. Quando aprì, vedendo Sibyl, gli si gelò il sangue.


- Non guardarmi, ti prego. Sono un mostro. - esclamò Dorian, nascondendosi il volto dietro i palmi


- Non devi fare così, mi fai male. Sei lo stesso Dorian che amo, lo stesso animo gentile che mi ha guardato recitare ogni sera in quel vecchio teatro sgangherato. Lo stesso che ho atteso tutta la notte a Hyde Park inconsapevole di cosa ti fosse accaduto. - ribatté la ragazza


- Ti amerei fossi anche anemone o farfalla. T'amerei pure nei pochi schiudersi d'ali concessi ai tuoi battiti. - continuò con voce dolce la giovane Sibyl.


Dorian Gray scoppiò a piangere, se ne vergognava. I grossi goccioloni colavano lungo le cicatrici.


- Ora so cosa sono, l'ho finalmente capito. Non dovevo farmi ossessionare dalla paura di perdere la mia perfezione, la mia giovinezza sarebbe stata in ogni caso effimera. Non è ciò che volevo, né che ora voglio. Desidero solo passare la mia vita con te Sibyl, con la donna in grado di sconvolgermi e farmi sentire vivo pur senza ciò che credevo importante. - singhiozzò Dorian Gray


Il giovane fece scivolare la mano nei pantaloni, tirando fuori un grosso anello d'oro.


- Volevo dartelo quella sera al parco, ma un cavallo furioso me l'ha impedito. L'ho tenuto in tasca per queste tre lunghissime settimane di buio. -


- Sibyl Vane, vuoi sposarmi? - disse il ragazzo, inghinocchiatosi.


- Certo, mio dolce principe azzurro -

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il ritratto di Dorian Gray / Vai alla pagina dell'autore: Frank Lioty