Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: menestrella 07    07/05/2010    1 recensioni
Fic partecipante al concorso "Di giovani fanciulle, donne misteriose e ritratti" indetto da Alaide su EFP forum. Dalla storia: "“Gli affairs fra colleghi sono un cliché da sempre, no?”
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa piccola storia è nata in occasione del concorso “Di giovani fanciulle, donne misteriose e ritratti” indetto da Alaide. Il contest prevedeva di inventare una fic che ruotasse attorno ad un dipinto famoso, da scegliere fra quelli elencati dalla stessa Alaide. La mia scelta è ricaduta su "The Lady of Shalott" di J. Waterhouse.

Quella che segue è la piccola cosa senza pretese che ne è venuta fuori... Spero vi faccia sorridere!


xxx M.



Lady of Shalott, Waterhouse


autrice: menestrella 07

titolo: Affinità elettiva

tipologia: originale; oneshot

genere: romantico, sentimentale

rating: verde

credits: la citazione in calce al testo è tratta dalla canzone “L’amore verrà” di Nina Zilli;i versi menzionati dai protagonisti della storia appartengono al poema di A. Tennyson, “The Lady of Shalott”; la frase riportata dallo screen saver di Ines è il titolo di una canzone delle Supremes.

 

 

L’amore verrà,

lo sentirò subito

lo capirò subito

Nina Zilli

 

I ~ Affinità elettiva

 

 

 

“Me l’hanno chiesto di nuovo, sai?”

Gabriele le rivolse uno sguardo obliquo, abbandonando la presa sul cucchiaino di plastica con cui mescolava accuratamente la ‘bevanda al gusto di cioccolato’ generosamente somministrata dal distributore della biblioteca. Già dalla metà del primo semestre aveva preso l’abitudine di dividere la propria pausa pomeridiana con Ines che, come lui, frequentava il primo anno della Facoltà di Lettere pur essendo di un anno più giovane – tutta colpa dell’anno perso nel tentativo di compiacere le ambizioni di suo padre, che lo avrebbe voluto avvocato.

“Ti hanno chiesto... cosa?”

La cautela si dimostrava sempre una gran virtù con le donne – in questo, invece, i consigli del padre erano stati illuminanti – soprattutto con quella donna, dall’animo tanto dolce quanto insondabile; almeno per le sue scarse capacità di lettura psicologica.

“Eh, indovina...”

Ines faceva tamburellare le dita della mano destra, macchiate di inchiostro scuro, sul bicchiere di carta ormai vuoto. Non era a suo agio. Questo il ragazzo lo poteva indovinare facilmente; quanto al resto, con buona approssimazione poteva dire di brancolare nel buio.

L’amica si accomodò sulle panche accanto alla vetrata che dava sul bel cortile interno dell’Università e lui le si mise di fronte, le spalle contro il distributore.

“Non saprei...”

“Be’, sforzati.”

Una nota di tensione nella voce della ragazza, se non addirittura di acidità. Per quanto si sforzasse – e lo faceva davvero – Ines rimaneva un mistero ai suoi occhi.

“Un aiutino?”

Ines fissò delusa la piastrella graffiata su cui posavano le sue scarpe, per poi rivolgergli uno sguardo spazientito.

“Mi hanno chiesto se...”

Il ragazzo si fece più attento.

“... se... treschiamo...”

Quella parola tanto compromettente quanto buffa era stata appena sussurrata, al punto che Gabriele gliel’aveva quasi dovuta leggere sulle labbra.

“La devo intendere come una citazione letterale?” fu, tuttavia, il suo unico commento.

“Fai pure lo spiritoso,” lo redarguì l’amica, “tanto le tue guance parlano per te!”

“Almeno io ho la barba... Te l’ho detto tante volte che non ti conviene rasarti...”

E quell’ultima battuta che, assieme all’espressione scandalizzata di Ines, avrebbe potuto far precipitare la situazione la risolse, invece, di colpo in una fragorosa risata.

Accarezzandosi il mento con una mano, Gabriele prese posto accanto all’amica che, finalmente, lo guardava con aria più rilassata.

“Non ti turba neanche un po’ che i nostri amici spettegolino su di te?” chiese lei, comunque.

“A te sì, deduco... E ti scoccia pure parecchio, a quanto vedo...”

“Be’...”

Di nuovo l’imbarazzo.

“... Non è che mi scocci... Più che altro mi preoccupa che si ostinino a discutere di questa cosa...”

“Gli affairs fra colleghi sono un cliché da sempre, no?”

“Pensi sia solo una questione di cliché?”

Ines gli aveva lanciato un’occhiata profonda ed ora era in attesa di una risposta che, tuttavia, non ottenne.

“Ad ogni modo,” riprese, decisa a portare avanti la discussione, “perché lo pensano, secondo te?”

“Vuoi sapere che cosa facciamo di male?” ironizzò l’amico.

“Vorrei sapere che facciamo di dubbio...” spiegò Ines dopo un attimo di silenzio, “Ammesso che lo facciamo davvero...”

Gabriele finse di riflettere e quindi si produsse in una enumerazione di fattori: “Studiamo insieme, pranziamo insieme, ridiamo insieme... Mi sembra abbastanza per dare adito alle chiacchiere..”

“Ma non è neanche lontanamente sufficiente!” si arrabbiò la ragazza. “Stiamo parlando dei nostri amici, ti ricordo...”

“Puoi sempre avanzare proposte più pertinenti, se ti vengono in mente!”

Innervosito, Gabriele perlustrò l’atrio con una rapida occhiata alla ricerca del cestino per la plastica e, individuatolo a poca distanza, vi lanciò dentro il suo bicchiere. Ma, nonostante la sponda, il canestro non riuscì.

Ops...” mormorò l’amica, raccogliendo l’oggetto da terra.

“Già, chissà cosa direbbero ora i tuoi amici...”

 

* * *

Erano tornati alle loro postazioni in biblioteca: l’una rigorosamente sistemata al tavolo davanti all’ampia finestra che si apriva sul chiostro; l’altro, a pochi centimetri da lei, a litigarle l’unica lampada disponibile. E mentre l’accensione del computer di Gabriele richiese qualche minuto, le dita leggere dell’amica iniziarono a percorrere rapidamente la tastiera del suo netbook, facendo risuonare la sala semideserta di un allegro ticchettio.

“Shhhh!” sibilò poi Ines, fingendo di risentirsi quando il pc del ragazzo si decise finalmente ad avviarsi intonando una ridicola sigla.

Per tutta risposta, Gabriele le spense la luce.

“E ora non approfittarne per copiare...” aggiunse, coprendo con le mani lo schermo che aveva catturato l’attenzione della ragazza.

Ines, però, non sembrava in vena di scherzi: fattasi d’improvviso tutta seria, pareva non riuscire a staccare gli occhi dal Mac del collega.

“L’immagine che hai sulla scrivania...” mormorò senza fiato, suscitando l’attenzione dell’amico a cui era capitato di rado di vederla così colpita.

“... Ce l’avevo anch’io sul mio desktop... L’ho cambiata proprio ieri sera...”

Lei?” domandò allora meravigliato Gabriele, non potendo impedire che qualche barlume del suo spirito romanzo bucasse il suo usuale contegno borghese e misurato. “Fino a ieri sera anche tu guardavi lei?”

“Sì,” confermò Ines, rabbrividendo impercettibilmente per quella scelta lessicale, “La Dama di Shalott...”

Il sorriso mefistofelico che si dipinse sul volto del ragazzo non lasciava presagire nulla di buono.

But Lancelot mused a little space / He said: ‘She has a lovely face’...” recitò, sfidandola a continuare.

Che Dio le conceda il paradiso...” concluse malinconicamente Ines, ripensando alla storia triste dell’eroina arturiana.

I due amici rimasero a guardarsi per qualche secondo, in silenzio.

“Questo pittore mi fa impazzire,” si animò alla fine Gabriele. “Guarda come ha saputo rappresentare i tratti morbidi di questo volto, il suo sguardo languido e insieme disperato...” Ma Ines non pensò neppure per un attimo di concentrarsi sui dettagli pittorici elencati dal collega, perché questo avrebbe significato perdersi la sua espressione rapita. Così, quando i suoi occhi furono nuovamente puntati su di lei, si accorse di essersi persa gran parte del discorso.

“... Dicevi?” si riscosse, tentando di riprendere contatto con la realtà senza arrossire.

Gabriele la squadrò incerto per qualche secondo.

“Dicevo, Quindi piace anche a te?

“No, che cosa te lo fa pensare? L’ho scelta appositamente perché mi dava noia...”

L’amico incassò sportivamente la battuta.

“Che fai?” gli domandò Ines, osservandolo mentre raccoglieva le sue cose.

“Mi sposto là in fondo...” spiegò, tenendo in equilibrio computer, libri e astuccio di latta. “... prima di scoprire qualche altra sconcertante affinità...”

L’amica, un sorriso di trionfo consapevole e un’occhiata alla scritta che campeggiava come screen saver sul suo schermo, riaccese la luce.

You can’t hurry love, you’ll just have to wait...

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: menestrella 07