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Autore: Novelist Nemesi    08/05/2010    1 recensioni
Non era la pioggia. Non era il ticchettio dell’orologio. Non era la stanza spoglia. Non erano gli altri. Nessuno aveva colpa del fatto che lui avesse quel viso pallido e segnato da due righe nette che scendevano sulle guance. Era solo temuto da molti, rispettato da alcuni. Odiato? Qualcuno che portava rancore c’era. Il suo nome faceva in fretta a circolare e restare nelle menti. Ulquiorra Schiffer. Altisonante, vero?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Schiffer Ulquiorra, Un pò tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando andava a spasso per Las Noches da sola, senza interferenze, Wendy poteva pensare liberamente a tutta la sua vita, fino alla svolta in cui incontrò Ulquiorra.
Fino a quel momento conduceva una vita del tutto normale; tralasciando il fatto che i suoi genitori stavano per divorziare. Aveva anche un fratellino, a cui dedicava tanto tempo a causa del lavoro dei genitori che li portava spesso fuori. Suo padre era un camionista, difficile averlo a casa, e quelle poche volte che c’era era sempre stanco morto; come gli si poteva dar torto?
Alla madre non stava comunque bene, si lamentava di continuo delle attenzioni mancate, della sua assenza. Dava a lui tutta la colpa, quando invece lavorava giorno e notte per far sopravvivere la famiglia. Wendy non aveva mai capito quell’atteggiamento egoista di sua madre; d’accordo volere un po’ di attenzione, ma a lei e al fratello perché non ci pensava? Perché la madre si lamentava solo delle attenzioni che mancavano a lei e non ai figli?
Wendy pensava che sua madre avesse avuto tutto dalla vita: un lavoro, dei figli, un marito che la amava, una bella casa. Ma evidentemente non era così, se arrivò al punto di chiedere il divorzio.
Pensare che quella realtà era ormai così lontana non le sembrava vero. Ne ricordava come se ne fosse estranea, quasi. E le sue amiche, chissà come stavano. I compagni di scuola, il suo locale preferito, la sua stanza, i suoi vestiti, il salvadanaio a forma di maialino, così antiquato e fuori moda, che svuotava ogni mese per le piccole spese.
Ulquiorra l’aveva portata via senza fargli salutare nessuno. Nemmeno la sua migliore amica, quella con cui spesso e volentieri dormiva, quella che era nella sua stessa classe, che la aiutava nello studio, che la portava sempre a prendersi un milkshake nei momenti no.
L’unica che le era rimasta accanto anche quando i genitori le diedero la bella notizia del divorzio. Avevano già firmato i documenti, il padre doveva solo cercarsi una sistemazione, per questo viveva ancora con loro e cercava di mantenere l’atmosfera pacifica. Eccetto la sua amica, tutti gli altri sparlavano, ma le facevano comunque buon viso a cattivo gioco. Ripensando a quelle circostanze, le faceva quasi schifo essere umano. Aveva incontrato un sacco di gente ipocrita, opportunista, meschina e piena di malsane idee.
Si ritrovava, ora, in un mondo nuovo, non umano, dove l’unico a comandare su tutti era un certo Sosuke Aizen, ex capitano shinigami della quinta divisione. L’aveva voluta, proprio lei, per farla diventare un arrancar, darle una nuova vita e un nuovo nome.
Quando Wendy tornò nella stanza numero quattro, trovò dentro il padrone, seduto a capo di una tavola rettangolare e lunga, apparecchiata per due persone; era ora di cena. Ulquiorra chiese con il semplice sguardo alla ragazza di accomodarsi al suo posto, alla sua sinistra, dove il piatto era già stato messo.
Wendy si era ambientata perfettamente, ormai. Si mise seduta, prese le posate e iniziò a mangiare, augurando il buon appetito all’espada.
Dopo un bel po’ di tempo, in cui il silenzio veniva spezzato solo dal masticare e dal rumore delle posate col piatto, Ulquiorra prese parola.
« Sembra che ti sia ambientata bene. »
Wendy posò la forchetta, sazia, e col tovagliolo si ripulì i rimasugli di carne dalla bocca. « Pare di sì. »
« Bene. » concluse lui, prendendo un bicchiere ricolmo di tè caldo, soffiandovi sopra lievemente e iniziando a sorseggiare con calma.
Quando lo vedeva compiere quei gesti così umani, a suo dire, Wendy restava a guardarlo, captando ogni movimento ed eventuale espressione. Orihime aveva ragione; in confronto agli altri espada, Ulquiorra era l’unico che la trattava come una persona più o meno normale. Bastò ripensare a Barragan, il più anziano; vuoi la vecchiaia o il suo passato da re dell’Hueco Mundo prima dell’arrivo di Aizen, era un tipo che se la tirava tantissimo, a suo dire. Se le capitava di incrociarlo per strada, doveva assolutamente inchinarsi e dire chiaro e tondo “Buongiorno, signor Barragan”. La prima volta che l’avevo visto e non lo aveva salutato, trattandosi di un perfetto sconosciuto, lui si era arrabbiato a morte con lei e mancava poco che le puntava la spada contro. In seguito all’arrivo dell’ex shinigami, era diventato il numero due. Un vecchio decrepito che non sa di essere in pensione, ecco come lo considerava Wendy.
Poi c’era Halibel, la donna del gruppo, numero tre, superiore ad Ulquiorra solo di un posto; la salutava giusto per essere educata, per il resto non l’aveva mai presa in considerazione. Anche lei era profondamente devota ad Aizen, e se ne stava sempre per fatti suoi. Perlomeno, non cercava rogne. Le ragazze che la accompagnavano sempre, invece, ridacchiavano ogni volta che la vedevano. Ulquiorra le spiegò che erano fracciòn di Halibel, cioè dei subordinati, quelli di cui magari l’espada nutre più fiducia.
Grimmjow, ad esempio, ne aveva cinque. L’espada e lei cercavano di evitarsi accuratamente, sebbene qualche battutina malevola da parte di lui volava ogni tanto. Così come non smetteva di fare battute sarcastiche Nnoitra, il numero cinque, di cui però non si era fatta ancora un’idea precisa.
Aveva da poco conosciuto il numero otto, Aporro; in una parola, uno scienziato pazzo. Ventitre ore su ventiquattro se ne stava nel suo laboratorio a studiare chissà cosa. Molte ricerche sull’Hougyoku le aveva condotte lui. Aveva il classico aspetto da nerd, magro, con gli occhiali, una pettinatura fuori moda, ma un ghigno malefico che solo uno scienziato pazzo, di quelli che vedeva nei film di fantascienza, avrebbero potuto fare. E, come era prevedibile, la trattava come se fosse stata l’ultimo anellino della catena alimentare.
Di Zimmari, il numero sette, non sapeva nulla, non lo aveva mai incontrato, così come non sapeva nulla del numero nove. Ricordava invece Yami, il numero dieci, grande e grosso. Si azzardò a pensare che lui provava una certa stima per Ulquiorra, o quantomeno simpatia. Poi, non l’aveva mai presa a battutacce, la lasciava vivere in pace.
L’ultimo era Stark. Non sapeva quale fosse il suo numero, ma a rigor di logica doveva essere il primo. Sì, proprio quello svogliato. Nonostante tutto, gli stava decisamente simpatico; aveva contribuito a farla andare via da Grimmjow, e poteva scommetterci che il suo motto era “vivi e lascia vivere”.
« Cosa c’è? » chiese Ulquiorra, ridestandola dai suoi pensieri.
« Niente, pensavo. Pensavo che è strano vederti mangiare. »
« Il corpo di un arrancar non hai poi tutte queste differenze da quello di un umano. Abbiamo degli organi interni, un sistema nervoso, e anche un apparato digerente. Percepiamo anche il senso del gusto, anche se in maniera diversa dalla vostra. Per esempio, sappiamo che anche le anime hanno un gusto, e se ci va le mangiamo. »
A Wendy venne spontaneo pensare “vi manca solo un cuore”. Ma fu abbastanza saggia da tacere e tenerselo per sé.
« Altre differenze? » chiese invece.
« La nostra pelle è più resistente di quella umana. Un vero e proprio scudo. »
Ah, ecco perché non mostrava ferite, l’ultima volta.
« Davvero? Sembra una figata. »
« Non c’è nulla di eccitante in questo. » rispose con indifferenza lui. Poi si accorse che Wendy stava avvicinando velocemente la mano sulla sua faccia, e si fece indietro subito.
« Cosa hai intenzione di fare, donna? »
« Volevo… Solo toccarti. Per vedere se questa pelle è davvero così dura. »
Ulquiorra ci rimase di sasso, ma come al solito non lo diede a vedere.
« Perché? » chiese con stupore.
« Sono curiosa, tutto qua. » rispose lei con tranquillità. Poi fece un sorriso sarcastico. « Non dirmi che hai paura che ti faccia del male… »
Anche in quel frangente Ulquiorra restò sorpreso. Ultimamente quella donna si stava prendendo molte confidenze, lo trattava quasi come un amico di vecchia data. Forse si era ambientata anche troppo bene. Comunque, se era solo per sentire la sua pelle, non ci vedeva nulla di male. Acconsentì, e vide di nuovo la sua mano avvicinarsi, stavolta più lentamente, e sfiorargli la guancia, fino a far aderire il palmo completamente sul suo viso. Lo sfiorava, lentamente, gli dava qualche piccolissimo pizzicotto; poi passava le dita sul naso, sulle orecchie, sulla fronte scostando i capelli, sulle labbra e poi nuovamente sulla guancia.
Ulquiorra aveva ragione, quella pelle era davvero dura. Resistente, molto diversa dalla pelle della ragazza che lo stava toccando. Sembrava irreale, non aveva mai visto niente del genere. Ed era fredda, come la neve. Anzi, no, persino la neve trasmetteva un po’ di calore. L’unico paragone che venne in mente a Wendy fu con la catena di una qualunque altalena.
Le righe che scendevano sulle guance, ora che guardava bene, non erano dovute a un trucco strano. Erano simili a un tatuaggio, aderivano perfettamente alla pelle, non c’erano protuberanze o rialzamenti della pelle. E il labbro superiore, poi; era nero, ma non era dovuto a un rossetto, come pensava fino a quel momento. Probabilmente aveva quelle caratteristiche sin dalla nascita.
A forza di toccare quella pelle così fredda, alla ragazza vennero i brividi, e ad Ulquiorra non sfuggì di certo.
« Hai la pelle d’oca. »
« Sei… freddo… Come se avessi davvero una corazza. » diceva, quasi trasognata. Come se invidiasse quella pelle, così strana ai suoi occhi.
Il ragazzo, dopo un altro po’ di silenzio, disse « Bruci. »
Lei sbatté più volte le palpebre, toccandosi la fronte. « Che strano, eppure non ho la febbre… » poi pensò che evidentemente lui non era abituato alla temperatura corporea. Forse non sapeva neanche cos’era. « Non hai mai toccato nessun umano prima d’ora? »
« Normalmente non possono vedermi. Come avrei potuto? »
« Ah, già… »
« E’ normale per un umano scottare così tanto? » chiese, senza un motivo particolare.
« Bè, dipende. Non so come spiegartelo… Diciamo che noi umani nella norma abbiamo una determinata temperatura. Se siamo freddi come te, o siamo morti oppure viviamo in Siberia. » disse, facendo una risatina. « Ma a sentire la tua pelle, non mi stupisce che ti sembri rovente la mia. »
Lui restò in silenzio, a meditare su quella risposta. Così, ogni essere umano aveva una “temperatura”. Gli tornò in mente quando arrivò a Seattle la prima volta; gli era venuto un leggero senso di caldo. Forse era dovuto a tutte quelle pelli così calde attorno a lui?
« Anche la mia pelle… Diventerà così? » chiese Wendy continuando a sfiorarlo.
« Sì. » rispose lui. « Il tuo corpo sarà più simile al mio. » poi si incuriosì nel vedere quello sguardo quasi affascinato. « Non sembri dispiaciuta. »
« Diciamo che ho preso coscienza di molte cose. Anto, provare a scappare è impossibile, e se ci riuscissi non saprei come tornare a casa, senza contare che mi avranno dato per morta. E in parte non ci voglio nemmeno tornare. Poi, vista l’ultima battaglia con gli shinigami, dubito che riuscirei a fuggire con loro. L’unico posto che mi rimane è questo… »
« Saggia scelta, donna. » concluse lui, e Wendy staccò definitivamente la mano dal suo viso.
Tutto poi venne interrotto dall’arrivo di un arrancar, il quale disse che Wendy era desiderata da Aizen, e che Ulquiorra la poteva accompagnare. Lei tirò un impeccertibile sospiro di sollievo. Se non altro, Aizen non la voleva per una notte di sesso, almeno in quel momento.
Tuttavia, non si aspettava neanche l’iniziativa del capo supremo.
« Wendy, ti trovo bene. Ho saputo che sei diventata piuttosto brava nei combattimenti. »
Vedendo che Ulquiorra si inchinava, anche lei fece altrettanto.
« Ehm… Sì… Signore. »
Aizen allargò il sorriso. Ulquiorra aveva fatto davvero un ottimo lavoro con lei.
« Cercherò di essere conciso. Tra non molto subiremo un altro attacco da parte degli shinigami. Anche se l’incontro dell’altra volta non ha determinato un vincitore, abbiamo perso diverse forze. Ho bisogno di aiuto; del tuo aiuto. » fece una piccola pausa, prendendo una sfera dalla tasca dell’abito bianco. « Sai cos’è questo? »
« Mai visto prima. » rispose lei, cadendo dalle nuvole.
« Questo è l’Hougyoku; è un oggetto meraviglioso che ti renderà una creatura splendida. Un arrancar. »
Wendy sussultò, mentre Aizen sorrise.
« Gioisci, Wendy, perché oggi hai la possibilità di diventare un arrancar, una nuova persona. Lascia che usi questa sfera per renderti perfetta. »
La ragazza iniziò a sudare freddo. Si aspettava una cosa simile, ma credeva che sarebbe passato molto più tempo. E poi, diventare arrancar significava automaticamente diventare nemica degli umani e degli shinigami. E di Orihime, che le aveva allungato la mano e dato la possibilità di unirsi a lei e salvarsi. Sarebbe stato un tradimento. O forse no. Del resto, nemmeno Orihime si era data tanta pena per andare a salvarla da Ulquiorra che la portava via, pensando invece a guarire quel Kurosaki Ichigo. Si trovò in ballo, non sapeva cosa decidere.
Aizen si avvicinò a lei, sorridendo, e accarezzandole una guancia. A differenza di Ulquiorra, la sua pelle era più simile a quella umana.
« Non avere paura. Il tuo posto non è più con gli umani, e non meriti di stare con gli shinigami. Presto vedrai delle cose totalmente nuove. Un modo diverso di vedere le cose. Vedrai che ti piacerà, Wendy. » notando che lei restava in silenzio, si voltò verso Tousen e Gin, chiedendo di andarsene. Rimasero solo in tre, lui, Wendy e Ulquiorra.
« Guarda, c’è anche Ulquiorra. Sorridi, Wendy, per te si prospetta un futuro più glorioso e splendente. Diventerai un essere meraviglioso, potente, un qualcosa che supera ogni tua aspettativa. »
In quel momento Wendy si rivide bambina. Sognava di fare la super eroina, bella, coraggiosa, che riusciva a battere tutti. Mentre tutti sognavano di fare il calciatore, la ballerina, la maestra, l’attrice, lei voleva diventare come Catwoman, Batman, la donna invisibile, Tempesta*, persino le Superchicche. Era come se Aizen fosse lo scienziato che le stava offrendo quel potere.
E comunque, aveva ragione; dagli umani era impensabile tornare, e con gli shinigami sarebbe stato difficile. L’unico problema era Orihime. Sarebbe stato come tradire un’amicizia. Era combattuta, ma non vedeva alternative. Probabilmente, se avesse rifiutato, Aizen l’avrebbe giudicata inaffidabile e l’avrebbe uccisa. E poi, Ulquiorra, che la guardava senza dir nulla. Lui cosa si aspettava da lei? Ci sarebbe rimasto male nel vedere una negazione davanti a quell’offerta?
« Va bene. » disse alla fine. « Mi renda pure un arrancar, Aizen. »
Lui sorrise, Ulquiorra non cambiò espressione ma sospirò leggermente.
« Molto bene. Ti devo chiedere di sdraiarti su quel tavolo, allora. » indicò un tavolo in marmo, poco più lontano dal centro della stanza. Wendy, sbrigativa e ansiosa, si sdraiò, cercando di trascurare il freddo del marmo.
Aizen alzò il braccio con la sfera in mano, la quale fece una strana luce. Prese poi un coltello dalla tasca. Wendy sussultò a quella vista, ma lui sorrise ancora.
« Non ti preoccupare, ti farò solo un taglietto. » alzò la maglietta, lasciando scoperto la pancia, e velocemente fece un taglio orizzontale vicino all’ombelico. Lei si lamento, e iniziò a tremare.
Tutto quello che successe dopo non sapeva bene come descriverlo. Sentiva delle forti fitte allo stomaco, sentiva una violenta pressione che la trascinava in basso, facendola schiacciare contro il tavolo, la testa le girava. Sentiva come se qualcuno avesse messo le mani nel suo corpo. Urlò, accecata dal dolore, e strinse i denti.
Ulquiorra chiuse gli occhi; non per impressione, la vista del sangue non gli faceva certo effetto e non era la prima volta che vedeva Aizen usare quella sfera. Ma preferì solo sentire le urla della ragazza, senza guardarla.
Per Wendy sembrò un’ora, ma l’operazione durò pochi minuti. Respirava affannosamente. Si toccò la pancia, ma non sentì più nessun taglio e nessuna traccia di sangue. Si toccò ancora la pelle, sulla faccia, sulle braccia. Era fredda, e resistente come l’acciaio. Si sentì anche un qualcosa sulla testa. Alzò il braccio, e sentì come un teschio che le ricopriva metà della testa, con un corno che sporgeva a scendeva verso il basso. Si alzò, un po’ a fatica, continuando a riprendere fiato.
« Osserva, Ulquiorra. » disse Aizen soddisfatto. « E’ meravigliosa, non trovi? Guarda che colore hanno preso i suoi occhi… »
Wendy non aveva uno specchio a disposizione. Voleva vedere in cos’altro era cambiata; voleva scoprire se, guardandosi ad uno specchio, si sarebbe riconosciuta.
« Caliel! » disse Aizen contento. « “Dio pronto a soccorrere ed esaudire”. Sì, è perfetto. Racchiude tutta la tua essenza. Soccorrere, aiutarmi nel mio scopo… Caliel Lenain Khethel*! Così ti chiamerai da oggi in poi! »
Ulquiorra osservava in silenzio la nuova Wendy, o meglio, Caliel. Finché Aizen non si voltò verso di lui.
« Sono sicuro che da qui all’essere espada il passo è breve. Nel frattempo lei continua a stare sotto le tue cure. Sarà la tua fracciòn. Ulquiorra, questo è un nuovo, splendido giorno anche per te. »
Fracciòn? Cioè, diventava una sua subordinata? Continuava a restare al suo fianco, anche nella sua forma?
Aizen si voltò nuovamente verso di lei.
« Come ti senti, adesso? »
Quando iniziò a parlare si sentì strana; aveva ancora la sua voce. « Sto… Bene. Mi gira solo un po’ la testa… »
« Molto bene. Caliel Lenain Khethel; d’ora in avanti, finché lo vorrò, sarai la fracciòn dell’espada numero quattro, Ulquiorra Schiffer. »
Lei chinò il capo, scendendo dal tavolo, e si inchinò. « Sì… Signore. »

____________________________________________________________ * Lenain e Khethel sono nomi di angeli, così come Caliel, ma non so cosa significhino! All'inizio volevo darle un nome nuovo ispirandomi ai tarocchi degli angeli che una volta leggevo, ma non trovo più le carte, lol, così ho cercato su internet e ho trovato questi nuovi nomi. *v*

Ma quant’è lungo questo capitolo?! ( risata. )
@ Liar: Non te l’aspettavi, eh? SORPRESA! ( risata. )
P.S.: andate su youtube e cercate Ulquiorra tomato song. È un video strepitoso che mi morire dal ridere! ( risata. )

  
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