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Autore: francyrm21    09/05/2010    2 recensioni
Jasmine non è una ragazza come tutte le altre. Otre ad essere stata abbandonata dai suoi genitori, dalla nascita è in grado di fare cose fuori dal comune. Grazie a queste sue abilità, Jasmine affronta tutte le notti il mondo dei vampiri per proteggere gli umani dal pericolo. Una casualità le farà incontrare la famiglia Cullen e la tribù dei Quileutes. Instaurerà rapporti di affetto con entrambe le parti: Renesmee Cullen diventerà la migliore dell amiche che poteva sperare di trovare; Seth, il giovane Quileute, conquisterà il suo cuore troppo trascurato negli anni precedenti. La nuova vita che gli si è dispiegata davanti, durerà? O succederanno cose che la metteranno in pericolo?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo_ Non pensavo che sarei mai stata capace di mettere a rischio la mia vita per delle persone che in passato avrei ucciso senza pensarci due volte; ma soprattutto rischio la vita per lui: così bello e dolce come non ne ho mai incontrati ed anche diverso dagli umani che ero solita difendere. L’unica cosa a cui riesco a pensare è a quanto gli mancherò quando non ci sarò più. Guardando negli occhi di Edward capisco che riferirà il mio messaggio a Seth anche se l’ho solo pensato. Non ho mai amato nessuno così profondamente e così intensamente e non rimpiango il tempo che ho passato con lui che è stato il periodo più bello e felice della mia intera esistenza. Avanzo verso gli avversari con la ferma sicurezza di chi ha in mano la vittoria, ed in un certo senso è così, anche se con tutte le probabilità non sopravvivrò alla fine dello scontro ma almeno potrò dare la possibilità di salvarsi a coloro che ormai considero la cosa più simile ad una famiglia. Mi alzo in volo e comincio a concentrarmi in maniera tale da potermi spingere oltre il limite il più in fretta possibile, i miei occhi cominciano a diventare sempre più scuri e così la battaglia ha inizio. 1. Scoperta_ Stavo facendo il mio solito giro di ronda tra i vicoli con il solito senso di noia che, come sempre mi faceva compagnia, tutte le volte che la caccia non dava frutti, quando ad un certo punto ho sentito un movimento strano alle mie spalle. Sopra di me all’improvviso, cadde dal tetto di un palazzo adiacente, un individuo dal colorito pallido, dai capelli biondo scuro e dalle fattezze di un angelo che mi bloccò la strada. Guardandolo negli occhi capì immediatamente che la notte in bianco non era stata vana: il colorito rosso acceso dei sui occhi mi dava l’assoluta certezza che quello che avevo davanti era proprio ciò che stavo cercando, un vampiro. Fingendo uno sguardo impaurito, indietreggiai di qualche passo (mossa naturale che un umano farebbe in sua presenza), per non fargli intuire che era una situazione ben diversa da qualunque suo scenario di caccia. Mi guardò con uno sguardo impertinente, avanzando verso di me e intrappolandomi nel vicolo senza via d’uscita. Allora il castano scuro dei miei occhi cambiò, cominciò a dilatarsi ed il suo sguardo perse la sua sfumatura beffarda per un attimo, io ebbi così l’opportunità di prendere il controllo della situazione: con la forza della mente trascinai il corpo ancora esterrefatto del vampiro al muro più profondo del vicolo per avere un po’ di privacy. Il vampiro, con espressione sbigottita, mi disse: «Chi sei tu? Come puoi tu aver fatto una cosa simile?». «Il mio nome è Jasmine e posso farti anche di peggio sporco vampiro succhiasangue!» Il suo viso, che finora aveva mantenuto un aspetto composto, si deformò in una smorfia di paura che, però lasciava spazio ad una flebile speranza. Il che mi fece intendere che molto probabilmente con lui ci fosse una compagna pronta a vendicarlo. Quella sera ero in piena forma e così riuscì a concentrarmi facilmente e in pochi secondi a ridurre in polvere quel essere spregevole che non sarebbe mai dovuto esistere. Decisi di aspettare qualche ora per potermi liberare anche della compagnia vampira in modo da evitare che seguisse il mio odore per poi attaccarmi nel sonno. Mentre il tempo passava restavo sempre attenta ai movimenti insoliti nel mio vasto campo visivo, pensando al fatto che io non ero poi così diversa dai vampiri nel senso che anch’io non dovrei esistere. Credevo di essere al meno per metà umana essendo che sono anatomicamente identica ad una qualunque ragazza umana della mia età; ma quello che mi distingueva da qualunque altra adolescente di razza umana non era come fossi fatta, ma quello che sapevo fare che era così potente da poter distruggere l’essere con la pelle più dura che sia mai stato creato. Mentre riflettevo su queste poche considerazioni su me stessa sentì una presenza che si mosse ai margini della mia mente in direzione nord, all’incirca tre chilometri di distanza da me. Probabilmente era la compagna del vampiro che avevo ucciso perché nessuno si sarebbe mai avvicinato così tanto ad una scia così fresca con la possibilità di interrompere la caccia di un vampiro sconosciuto e di innescare una lotta che non sarebbe stato sicuro di poter vincere. Allora mi nascosi dietro un cassonetto dell’immondizia per coprire la mia presenza e il mio odore così da poter entrare in scena al momento giusto. Dopo qualche secondo di attesa una piccola figura scura si fermò davanti al vicolo e cominciò a scrutare l’aria intorno a lei, seguendo la scia del suo compagno che naturalmente conduceva all’interno del vicolo. Quando fu più vicina, uscì dal mio nascondiglio con una calma disinvolta che sorprese la vampira così minuta e graziosa con quei capelli neri che le carezzavano delicatamente il viso e le spalle. «Chi sei cara? E cosa ci fai qui, in un posto malfamato come questo?». «Sono Jasmine, e ti stavo aspettando». «Stavi aspettando me? E perché mai?». «Perché ho eliminato il tuo compagno e credo proprio che adesso debba toccare a te, mia cara». Il suo viso così bello, si contaminò con una nota di disperazione che in pochi secondi si trasformò in pura furia omicida che bramava la mia vita non per le ragioni scontate per quel essere, ma per semplice desiderio di togliere l’ultimo respiro a colei che aveva osato torcere un capello al proprio compagno. In pochi secondi fu sopra di me con i denti che puntavano alla mia gola, ed io feci appena in tempo a bloccarla con la mente prima che fosse in grado di affondare i suoi piccoli denti aguzzi nella pelle del mio collo. «Perché lo hai ucciso? Perché hai ucciso il mio Charles?». Mi chiese lei con un ringhio che gli nacque dal profondo del petto; mi sorprese e mi fece perdere un attimo di lucidità che riconquistai immediatamente, rendendo più salda la stretta che esercitavo sulla vampira. «Voi siete dei vampiri ed il mo dovere è quello di ucciderne il più che posso e tu ed il tuo Charles non fate alcuna differenza!». Stavo per infliggerle il colpo di grazia quando mi urlò: «Aspetta! Io sono Makenna, potrò anche essere un vampiro che si nutre del sangue degli umani, ma ci sono vampiri al Nord nello Stato di Washington che riescono a sopravvivere con il sangue degli animali e che non fanno mai del male alle persone che gli vivono intorno riuscendo a condurre una vita normale senza rivelare la loro presenza agli umani; assieme a loro vivono anche degli uomini che sono capaci di trasformarsi in giganteschi lupi che combattono assieme a loro e con cui hanno instaurato dei rapporti affettivi. Questa famiglia di vampiri è di grandi dimensioni rispetto ai normali clan di vampiri che io abbia mai visto. Sono anche di più dei Volturi che sono il clan più potente che esista, i quali già una volta hanno tentato di affrontarli per distruggere i più deboli ed acquisire quelli con abilità che potessero essere di gradimento ad Aro ma neanche loro sono riusciti a separarli». Questa nuova scoperta rivoluzionava il mio modo di vedere il mondo, soprattutto il mondo dei vampiri che avevo contrastato con tutte le mie forze fino a quel momento. «Potranno anche esistere dei vampiri che tengano sotto controllo la loro sete con il sangue degli animali invece che con quello degli umani, ma resta il fatto che tu, Makenna, non sei una di loro e che il tuo destino sia legato a quello del tuo caro Charles». «No!». Fu il suo ultimo grido soffocato, fino a quando di lei non ne restò altro che polvere. E da quel momento decisi di tornare alla camera d’albergo a piedi in modo da poter riflettere sulle nuove informazioni di cui ero venuta a conoscenza, prima di tutto capire se quelle storie che Makenna mi aveva raccontato fossero vere e se la risposta fosse stata affermativa allora avrei dovuto fare delle ricerche per trovare una zona un po’ più piccola da sorvolare dello Stato di Washington. Per quanto i vampiri possano essere bravi a nascondersi, se si sa cosa guardare, gli indizi sono lì in bella mostra fatti apposta per essere trovati da me. Makenna li aveva definiti come una famiglia e non come un clan e lo aveva fatto di proposito, di sicuro non per errore. Cosa ci sarà in questa “famiglia” di così diverso dagli altri da meritare di essere citati da una condannata a morte prima della sua inevitabile fine? Forse pensava di potersi comprare la salvezza, dandomi delle informazioni. Se neanche i Volturi sono riusciti a dividerli, la natura delle loro relazioni devono essere qualcosa di diverso dalla semplice convenienza che era la base dei rapporti di coppia nei clan di vampiri. Possibile che si potesse trattare di amore? Forse. Ma l’amore che intendevo io? O forse un’altra forma d’amore che io ancora non conoscevo? Chissà. Arrivata nella mia camera d’albergo, la mia mente vagava fra le fronde dei pini e respiravo già il profumo della neve appena caduta e avevo la sensazione del vento fresco sul viso. Stavo in Arizona da fin troppo tempo ed il caldo cominciava a stancarmi e a deconcentrarmi. E poi la mia curiosità di conoscere una realtà diversa da quella che vedevo tutte le notti da quando potessi ricordare mi attirava in una maniera così persuasiva che ormai il clima tropicale non mi attraeva più come un tempo. Anche se il vero motivo del mio trasferimento al Sud era stata l’enorme affluenza di vampiri in quelle zone. Ma prima di preparare le valigie mi aspettava ancora un bel po’ di lavoro e inoltre una bella dormita poteva veramente essermi utile visto il futuro stress mentale al quale sarei stata sottoposta nei giorni avvenire. Il letto non era un granché, ormai negli anni mi ero abituata a dormire nei motel non troppo costosi ma con il brutto difetto di avere i materassi duri e bitorzoluti come i sassi e la biancheria soffice come la carta vetrata perciò prendere sonno non fu così difficile dopotutto. Al mio risveglio la stanza non mi era famigliare; era da tanto che non chiamavo un posto “casa” proprio a causa di ciò che facevo. Essendo stata adottata da tante famiglie solo l’ultima era riuscita a darmi qualcosa di simile ad un nucleo famigliare sano. Sempre a causa di questa mia parte che dovevo tenere nascosta, in realtà non potevano conoscermi a fondo e non potevano amarmi veramente in maniera incondizionata. All’inizio Stan e Claudia sono stati dei genitori iperprotettivi e super-attenti che si prendevano cura di me in ogni minimo particolare. Soprattutto erano delle persone buone ed estremamente gentili con me, e come fosse naturale mi ci ero molto affezionata perché finalmente credevo di aver trovato ciò che fin da bambina mi era stato negato. Ma quando scoprirono che uscivo di sera e tornavo alle prime luci dell’alba, e naturalmente mi rifiutavo di dire dove andavo, il nostro rapporto si incrinò in maniera irreversibile e quando ottenni il diploma, fui libera di potermene andare avendo compiuto la maggiore età. Dovevo ammettere però che mi era dispiaciuto molto lasciarli, ma era molto più importante la caccia che avevo intrapreso piuttosto che la mia vita personale. Le mie abilità non erano solo dei trucchi da circo da poter usare alle feste per impressionare gli amici o per il mio solo divertimento; io non sapevo da dove venissero, se se ne sarebbero andati un giorno o se mi avrebbero consumato fino a non lasciare niente di buono in me; quello che sapevo era che almeno potevo decidere del modo in cui sfruttarli. Grazie alle mie abilità però ero in grado di facilitarmi di parecchio anche la vita di tutti i giorni. Non dovevo usufruire di trasporti pubblici o comprarmi un auto, anche se avevo la patente. Evitavo anche di andare negli ospedali e pronto soccorsi vari per le ferite superficiali perché ero in grado di curarmele da sola. Facendo una breve ricerca sulle scomparse e sulle morti della fauna locale nello stato di Washington ho delineato un tracciato geografico che spesso incrociava le zone vicino a Seattle e nelle zone limitrofe maggiormente fornite di animali selvatici, notando uno strano fenomeno che i giornali locali non riuscivano a spiegarsi: le zone in cui i predatori diventavano un problema, per qualche strano motivo venivano liberate dalla loro presenza in poco tempo senza che si potesse venire a capo della causa di questi avvenimenti. Questa era la traccia che stavo cercando. Cercando un posto dove andare ad alloggiare ho ricercato nel tracciato una zona che non veniva menzionata nel lungo elenco dei luoghi nei quali gli strani fenomeni si verificavano. Scegliendo una di queste zone probabilmente sarei stata in grado di trovare i vampiri che stavo cercando perché non avrebbero mai cacciato vicino casa con il rischio di poter alimentare fantasie su quello che erano in realtà. Sempre per motivo di riservatezza, la loro residenza la dovevo cercare in un posto isolato il più possibile dalla città. Facendo altre ricerche ho trovato il posto che secondo me faceva al caso mio: la cittadina di Forks, un agglomerato di poche migliaia di persone completamente circondato dalle foreste e dai boschi. Dopo aver prenotato una stanza, senza un limite preciso di tempo, nell’unico albergo della città ad un alquanto sorpreso signore di mezza età, feci i bagagli e decisi di non andarci in auto o in autobus. Direi che la capacità di saper volare sia una delle cose che tutti desiderano poter fare. Bé nel mio caso non è solo un desiderio! Adoravo la vista dall’alto delle grandi città soprattutto di notte quando sembra essersi addormentata ed in realtà non lo era affatto. Era ancora tardo pomeriggio perciò dovetti aspettare che facesse buio prima di poter partire. Attendendo la notte, pensavo a quali abilità avessero potuto scatenare la sete di potere di Aro per tentare una mossa così rischiosa come quella di sfidare una famiglia così numerosa e di sicuro piena di qualità. Arrivata l’oscurità che avrebbe potuto celarmi agli occhi umani, mi avviai con in spalla i miei pochi vestiti, il mio portatile e il mio fedele I-Pod con il quale superavo i miei momenti peggiori, spesso affondati in un clima di solitudine soffocante. Ho viaggiato a super-velocità per poter riuscire ad arrivare prima dell’alba in modo da poter sistemare in camera le mie cose e per riposarmi un po’ perché tutte le volte che volavo a piena potenza per grandi distanze mi girava sempre la testa. Arrivai all’albergo prima di quanto avessi stimato e così invece di riposarmi, mi catapultai fuori dalla finestra attirata dal paesaggio magnifico della foresta ricoperta da uno spesso strato di neve che faceva sembrare tutto come in una di quelle sfere di vetro che si comprano a Natale. Uscì a godermi il panorama dall’alto di un albero, come piaceva a me. Con la penombra dell’alba tutto sembrava avvolto in un’atmosfera candida che rendeva quel luogo così pacifico da sembrare un vero pezzo di paradiso in questo mondo d’inferno. Prima che potesse farsi troppo tardi, presi la via del ritorno al motel e fu allora che notai una grande sagoma in movimento sotto di me che si era accorta della mia presenza ma che non proferì parola. Aveva le sembianze di un lupo gigantesco dal pelo color marrone rossiccio che mi incenerì con uno sguardo ed emise un ringhio che mi fece scendere un piccolo brivido lungo la schiena. Non mi resi conto di aver trattenuto il respiro, fin quando non sciolse quello stato di tensione che si era creato distogliendo lo sguardo e in quello stesso istante si andò a nascondere dietro un grosso albero. Qualche secondo dopo ne riapparve un ragazzone di circa due metri buoni di altezza tutti di muscoli dalla pelle ramata, dai capelli neri scompigliati e gli occhi scuri come la pece. La sua voce risuonò forte, tonante e quasi inappropriata in quello che fino a poco prima era stato un luogo di silenzio. «Chi sei tu? E che cosa ci fai sul mio territorio?». Sono stanca di questa domanda che ormai è diventata fin troppo frequente, pensai. «Il mio nome è Jasmine e sono qui per incontrare la famiglia di vampiri che vive nei dintorni. Saresti così gentile da accompagnarmi da loro? Non conosco la strada». La sua espressione sorpresa e piena di domande mi fece capire che non avrebbe desistito così facilmente dal rivelarmi la loro posizione. In quel momento, non molto lontano da lì, percepì la presenza di qualcun altro che però aveva fisionomia umana e dei capelli lunghi che disegnavano una scia al suo passaggio, una ragazza o una donna minuta, intuì. «Cosa ti fa credere che da queste parti ci siano dei vampiri?». Rispose lui sulla difensiva. «Be visto che tu sei un mutaforma è probabile che tu sappia dove siano, essendo anche loro amico però è altrettanto probabile che tu non voglia dirmelo». Dissi senza tradire alcuna emozione. «Perché vuoi incontrarli?». Finalmente mi chiese, sicuramente pensando al fatto che io non sia una vampira e perciò di non costituire un pericolo per i suoi cari succhiasangue. «Sono semplicemente curiosa di conoscerli e lo ero anche di vedere un licantropo in carne ed ossa naturalmente». Risposi, cercando di mantenere leggero il tono della conversazione per convincerlo delle mie buone intenzioni. La sua risposta richiese qualche minuto prima di arrivare. «Se vuoi possiamo andarci a piedi ma la strada è lunga prima di arrivare alla casa». «Perché non ti va di correre?». Chiesi io con un tono a dir poco sarcastico. Lui mi guardò con sguardo scettico e con sorriso beffardo mi rispose: «Perché potresti starmi dietro?». «Mettimi alla prova». Allora il mutaforma si mise a correre nella direzione opposta dalla quale lo avevo visto arrivare ad un’andatura che avrei osato definire offensiva nei miei confronti ma infondo non mi conosceva. Mi alzai in volo sulla sua testa, sorpassandolo di una decina di metri, mentre osservavo il suo volto andare in shock e fermarsi di scatto sul posto. Si ricompose in pochi secondi e colsi quel momento di silenzio per chiedergli: «A proposito, sono una maleducata, mi sono dimenticata di chiederti come ti chiami?». «Mi chiamo Jacob». «È un piacere conoscerti Jacob, proseguiamo o sei già stanco?». Continuai vedendolo un po’ a disagio. Cominciò a correre sul serio ma per me fu lo stesso semplice poterlo seguire e, allo stesso tempo, non perdere di vista la ragazza che ci aveva accompagnato come un ombra fino a quel momento e che ormai ci seguiva anche durante la corsa. Lo sforzo mentale cominciava a farsi sentire, delle piccole fitte molto fastidiose mi attraversavano la testa. Non erano dolorose, più che altro mi deconcentravano un po’. Ma ormai, visto che avevo incontrato Jacob non potevo più tirarmi indietro dall’incontrarli. Mentre percorrevamo la foresta, Jacob continuava a lanciarmi occhiate furtive che nascondevano una concreta preoccupazione per la ragazza che gli volava sulla testa. Dopo due minuti di tragitto a media velocità, sbucammo in una gigantesca radura che faceva da giardino con un fiume che la costeggiava e sul lato nord di questa immensa distesa verde si ergeva un’enorme villa dall’aria vissuta ma tenuta in maniera perfetta, forse ristrutturata da poco, con un ampio portico che dava spazio all’enorme porta d’ingresso. Da essa, i padroni di casa stavano uscendo a rendermi omaggio. Vampiri. Sono di un’educazione impeccabile. Finche non vogliono ucciderti e succhiarti via la vita. C’erano undici persone in quel magnifico giardino naturale compresa me e Jacob, per non parlare della ragazza che ci aveva seguito per tutto il tragitto, ne ero sicura. Adesso, guardandola dovevo ammettere che era davvero una ragazza carina e graziosa dalla pelle d’avorio, i ricci che le accarezzavano la schiena e gli occhi di un castano così intenso da potertici perdere, e osservai il modo in qui Jacob la guardava; non avevo mai visto nessuno guardare qualcuno in quel modo, così dolce e così profondo che dovetti distogliere lo sguardo perché mi sembrava di violare il loro privato. Ma quegli occhi, non sapevo cosa pensare, lei doveva essere una vampira e quel castano era impossibile che potessero avere quel colore. Ma allora lei cos’era? Oltre a Jacob e alla ragazza di fronte a me vi erano quattro coppie di vampiri con un mix di visi tra il sorpreso, lo shock e qualcuno anche arrabbiato. Questo insieme di emozioni sui loro visi solitamente giudicati angelici era una combinazione pressoché comica. Notai che i loro occhi erano di un color ambra scuro, quasi nero, probabilmente presto si sarebbero dedicati alla caccia. Per non rischiare di sembrare anche fin troppo scortese, mi presentai. «Salve, il mio nome è Jasmine, sono venuta a conoscenza di recente della vostra esistenza e mi sono presa la libertà di costatare con i miei occhi se ciò che avevo sentito erano solo menzogne o se ci fosse stato del vero in ciò che la vampira Makenna mi aveva detto. Sono lieta di conoscervi, non credevo che dei vampiri potessero vivere come fate voi, anche di questo sono contenta». Questo significava che potevo risparmiarli. Ero stanca di dover uccidere vampiri; erano umani un tempo, e anche se ormai non lo erano più la cosa non mi faceva sentire meglio. Un uomo alto biondo con uno sguardo rassicurante ma allo stesso tempo analitico, mi si avvicinò e mi sorrise. Era così chiaro e luminoso che mi sembrava di guardare il sole negli occhi mentre gli sorrisi a mia volta. «Il mio nome è Carlisle e loro sono la mia famiglia: Jacob e Renesmee, Edward e Bella, mia moglie Esme, Rosalie e Emmett, Alice e Jasper. E se per te va bene potremmo parlare dei nostri stili di vita in casa, sempre che a te non dispiaccia». «Io stavo per prepararmi un tè, Jasmine posso aggiungere una tazza anche per te?». Chiese Renesmee con grande gentilezza rivolgendosi a me. «Mi piacerebbe moltissimo grazie Renesmee». Tutti mi passarono avanti e mi fecero strada nella loro enorme casa, probabilmente per mettermi a mio agio. Infatti dovevo ammettere che l’idea di averne anche solo uno alle spalle mi metteva in allarme. Mentre ci accomodavamo in un enorme salone con una grande parete fatta di vetro, ad un tratto tutti quei volti sfacciatamente belli mi guardarono in evidente ricerca di una risposta alla miriade di domande che sicuramente affollavano le loro gigantesche menti. In quel momento risposi solo ad due di quelle domande. «Quanto zucchero? E poi latte o limone? Sembra una battuta di un romanzo di Jane Austen». Disse Renesmee accompagnando la sua affermazione con una risata senza pensieri. Quando risposi ero presa dalla stessa voglia di ridere. «Due zollette di zucchero ed una fettina di limone per favore». Lì non fui capace di trattenermi dal ridere assieme a lei mentre mi ero quasi dimenticata del reale motivo della mia presenza. «Grazie Renesmee». Dissi rivolgendomi a lei con uno sguardo pieno delle risate di pochi istanti fa. Quando si sedette sull’immenso divano accanto ad Edward e Bella, mi resi conto che anche Jacob ci aveva seguito nella casa e che si sedette accanto a Renesmee stringendola forte a se e leggermente piegato in avanti, come se volesse proteggerla da me. Con un tono ed un espressione più consono all’occasione, diedi inizio alle mie spiegazioni. «Sono una cacciatrice ed il mio compito è quello di eliminare le minacce che rendono questo mondo decisamente peggio dell’inferno. Qualche giorno fa ho incontrato una vostra conoscenza che mi ha riferito alcune informazioni su di voi che hanno stuzzicato la mia grande curiosità su tutto ciò che è diverso dall’ordinario e il sovrannaturale. Ho sempre vissuto essendo a conoscenza dell’esistenza di alcuni dei mostri che sono descritti nelle moltitudini di libri per bambini e con la consapevolezza di essere in grado di difendermi da essi. A scanso di equivoci, io non ho alcuna intenzione di farvi del male, a meno che non vi sia costretta naturalmente». Una voce acuta e squillante si alzò dal silenzio che il mio monologo aveva instaurato. Il possente Emmett aveva l’espressione di uno che aveva appena sentito la barzelletta più bella della sua vita. «Tu? Fare del male a noi? Un’umana in grado di scalfire la pelle dura come il damante di un vampiro?». Il suo tono beffardo nei miei confronti mi faceva ribollire di rabbia che si tradusse in un leggero tremore dei soprammobili del grande salone nel quale stavamo discutendo. La rabbia stranamente si affievolì come se ci avessero messo sopra un velo e sentì uno strano senso di pace che in me era assolutamente fuori luogo. Ed in quel preciso momento capì che qualcuno stava giocando con le mie emozioni. Così seguendo la scia di energia che mi aveva colpita, riuscì a risalire al vampiro dal quale proveniva: un ragazzo dai tratti leonini con uno sguardo che trasudava preoccupazione da tutti i pori. Colsi l'ocasione per rispondere ad entrambi. «Chi ha mai detto che io sia umana. Almeno non al cento per cento visto le cose che so fare. Come ad esempio individuare qualcuno che cerca di usare le sue abilità su di me, direi per cambiare il mio umore». Dissi guardando Jasper negli occhi. «Potresti smetterla. Te ne prego. Non mi piace che le persone mi scavino e mi condiziono così il cervello». Jasper rimase veramente colpito dalle mie capacità che in realtà erano solo all’inizio. «Oppure chi cerca di seguirmi nella foresta, pensando di non poter essere scoperta». Continuai guardando di nuovo Renesmee che mi sorrise un po’ in imbarazzo. Erano stati proprio i suoi movimenti troppo aggraziati per appartenere ad un qualunque essere umano, ad attirare la mia attenzione. Fu Carlisle a parlare. «Ti prego perdona mio figlio per la sua intrusione, voleva soltanto cercare di capirti. E si era accorto che ti eri innervosita al commento ironico di suo fratello Emmett che è un fervente sostenitore del sarcasmo. Perdonami, hai detto che non sei del tutto umana?». «Credo che tutti voi vi siate accorti che cos’ è successo quando ho perso la calma. Naturalmente riesco a capire la vostra preoccupazione e mi dispiace sinceramente di esserne la causa». «Per favore continua a spiegarti, vorremmo capire meglio le ragioni della tua visita». Disse Carlisle dopo una piccola pausa. Sembrava curioso almeno quanto me quando avevo scoperto della loro esistenza. Tentando di ricordarmi da dove avevo lasciato il discorso sentì un leggero sibilo, come una brezza che mi attraversava la mente, come una lieve carezza, che diminuì immediatamente di intensità ma che restò comunque costante nella mia testa come il lieve ronzio di uno schermo di computer in standby. Cercando di guardare negli occhi i presenti non riuscivo a capire da chi provenisse e che cosa fosse questa piccola energia che sentivo sfiorarmi ma per il momento decisi di dare risposte a domande più urgenti. «Non ho mai fatto dei test al riguardo ma comunque non credo che possa definirmi del tutto umana con le abilità che ho». «Quali sono le tue abilità?» chiese immediatamente Renesmee Così entusiasta nel poter finalmente pormi quella domanda. «Sono capace di muovere gli oggetti con il pensiero e questo mi permette anche di potermi spostare con velocità da un luogo all’altro». Guardai Jacob per un attimo e gli sorrisi. «Di individuare un vampiro a distanza a causa dei movimenti così diversi da quelli umani, riesco ad isolarli e ad intercettarli prima che possano fare del male a qualcuno». «Posso curare le ferite superficiali». «Percepire i flussi di energia che tentano di attaccarmi o influenzarmi, anche se quelli che agiscono in ambito psicologico per me sono i più difficili da intercettare e da decifrare essendo le mia abilità attive in campo pratico». «Credo tu ti stia riferendo a me». Intervenne Edward. «Ho la capacità di leggere il flusso dei pensieri delle persone quando li concepiscono. Mi dispiace non è una cosa che mi sia possibile spegnere. Uno degli inconvenienti dello starmi vicino è che la privacy diventa una semplice utopia. Ti basterebbe chiedere a mia moglie di includerti nel suo scudo». Spiegò Edward indicando la bellissima ragazza seduta accanto a lui. «Davvero magnifici doni di cui disporre in certi casi». Questa coppia è davvero comica, pensai. Con lui che leggeva nel pensiero e sua moglie che non gli permette di leggere i suoi ne di quelli che sono sotto la sua protezione. «Se mi è permesso saperlo, altri di voi siano dotati di abilità extra, oltre a quelle dei comuni vampiri?». Chiesi con un po’ di imbarazzo per la domanda dal tono un po’ invadente. La donna minuta seduta accanto a Jasper alzò la sguardo verso di me e mi disse strofinandosi le tempie: «Jasmine, io sono capace di vedere il cammino futuro che le persone intraprenderanno attraverso le loro scelte, ma solo degli umani e dei vampiri. Se le scelte cambiano, anche il futuro cambia. Ma non riesco a vedere il tuo». «Perciò non puoi vedere il mio futuro». Dissi con un po’ troppa delusione. Questo implicava con una certa sicurezza che le mie origini di sicuro non erano umane. E allora da dove venivo? Domanda da un milione di dollari. «Non è detto che tu non sia umana. Alice non riesce a vedere neanche i mutaforma anche se sono metà umani e metà lupi. Semplicemente lei riesce a vedere gli umani perché lo è stata una volta e i vampiri perché lo è adesso. Non può vedere i sangue-misto perché Alice non lo è mai stata». Disse Edward per rassicurarmi, sentendo probabilmente il tono negativo dei miei pensieri. «Ma i tuoi genitori non ti hanno mai detto quali sono le tue origini?». Esme chiese in maniera così apprensiva da sembrare una vera madre in azione. E la domanda che avrei voluto evitare si era presentata finalmente. E la affrontai dicendo naturalmente la verità ma mettendola su una luce positiva. «Non ho mai conosciuto i miei genitori. Sono stata adottata da quando ero piccola, ma nei primi anni ero difficile da crescere a causa delle mie abilità che non riuscivo a controllare e di conseguenza a nascondere alle famiglie che provavano ad occuparsi di me. Ma almeno non c’era nessun genitore che rischiava di punirmi per essere tornata a casa giusto in tempo per una doccia, un cambio di vestiti e un toast prima di andare a scuola o che si preoccupava in continuazione per le mie ronde notturne, che potessi farmi male o che addirittura potessi avere bisogno d’aiuto. Di sicuro non posso parlarne con qualcuno che altrimenti mi prenderebbe per pazza, e se lo dicessi a qualcuno che mi crederebbe e tutto il resto poi, come farebbe a vivere serenamente senza guardare alle ombre con paura, visto che saprebbe cosa ci si nasconde». Dopo queste parole Esme mi rivolse uno sguardo tanto dispiaciuto che mi fece così male da sentirmi in colpa per aver detto la verità. Certo però che non mi ero mai aspettata della comprensione dalla parte di nessuno. Figurarsi da una vampira. «Se non vi è di troppo disturbo, vorrei farvi altre domande sulla vostra dieta». Continuai. «Chiedi pure. Cosa vuoi sapere». Cisse Carlisle. «Forse sarebbe meglio se noi proseguissimo con il nostro programma di oggi». Fu Bella a parlare. In pochi istanti Emmett, Rosalie, Alice e Bella si alzarono allo stesso tempo, passandomi accanto, mi salutarono con «Arrivederci Jasmine» che fu quasi un sibilo sospirato, per la velocità con il quale si defilarono. Sicuramente oggi avevano in programma di andare a caccia e io in un certo senso gli avevo rovinato i programmi. Dopo un momento di perplessità chiesi a Carlisle: «Come mai vi nutrite del sangue di animali? Come fate a resistere alla sete? Non fraintendetemi, ne sono felice; trovare delle persone come voi che sono riuscite a sviluppare una coscienza su ciò che implica la caccia mi fa pensare che in un mondo così pieno d’orrore un po’ di buono esiste». «Il sangue degli animali costituisce per noi una valida alternativa a quello umano, ma non è sufficiente. Ma è ormai da secoli che ci alleniamo e ci mettiamo alla prova stando in mezzo agli uomini per poter vivere delle vite normali e felici il più possibile. Anche se non è sempre facile, noi ci proviamo, ed anche se alcuni di noi ancora soffrono per questa scelta, la ritengono pur sempre la migliore». Wow! Mi stupivano sempre di più. Avevano un autocontrollo che li distingueva dagli altri vampiri che gli consentiva loro di potersi mescolare con gli umani che non sospettavano nemmeno lontanamente di cosa loro potessero essere capaci. Avevano anche la necessità di vivere una vita normale e felice che non pensavo fosse un fatto rilevante per i vampiri che conoscevo. Dovevo ammettere che al Nord i vampiri erano molto più civilizzati di quelli del Sud per ovvi motivi. Quelli del Sud pensano solo a saziare la loro sete a qualunque costo e perciò le buone maniere erano un comportamento non indispensabile; per non parlare delle loro relazioni, anche con le semplici compagne che vengono scelte per convenienza, qui al Nord invece vengono scelte perche credono davvero che possano essere le anime gemelle per il resto dell’esistenza. E che dire della loro scelta di vivere come una famiglia; sicuramente doveva essere una scelta imposta dall’affetto che provavano gli uni per gli altri che li teneva uniti come una vera famiglia. C’era una cosa che non capivo in tutto questo però, che mi rendeva particolarmente curiosa. Come sono entrati a far parte di questa famiglia Jacob e Renesmee, che erano così diversi da loro? Fu Edward a rispondere alla domanda che avevo solo pensato: «Renesmee è mia figlia, Jasmine. Concepita e partorita quando ancora Bella era umana. Ma il parto di Renesmee non è stato come quelli normali, ed è per questo che ha richiesto misure di emergenza particolari per salvare Bella che ha seriamente rischiato la propria vita per portare a termine la gravidanza». Disse, facendo una smorfia di dolore come se qualcuno gli avesse appena infilzato la mano con una forchetta. Forse qualcuno dei presenti stava ricordando una scena particolarmente dolorosa che ha scatenato in lui una reazione tanto evidente. «Perciò sono metà umana e metà vampira. Ma a differenza dei miei genitori posso ancora mangiare cibi umani anche se personalmente preferisco il sangue». Continuò Renesmee strizzandomi l’occhio. «Come siete venuti a conoscenza dei mutaforma? Solitamente queste entità sono parecchio gelose della propria privacy o addirittura vincolate al segreto». Dissi, dando uno sguardo veloce a Jacob che si era quasi rilassato accanto a Renesmee. Jacob rispose alla mia domanda. «I miei antenati vegliavano da sempre su queste terre per difenderle dai vampiri che vi venivano per cacciare. Hanno sempre avuto la capacità di trasformarsi in lupi con la forza necessaria a smembrare i vampiri ed in seguito dargli fuoco. Quando i Cullen sono apparsi per la prima volta, mio nonno Ephraim ed il suo branco stipularono un patto con loro che consentiva ai Cullen di poter cacciare gli animali in quella zona, ma in cambio non avrebbero dovuto attraversare i territori della tribù e avevano l’obbligo di non mordere nessun umano altrimenti il patto non sarebbe più stato valido. Quando ricomparvero per la seconda volta, le cose cambiarono perché Edward e Bella si innamorarono e poi io Bella diventammo amici. E naturalmente lo siamo tutt’ora anche se all’inizio non riuscivo ad accettare che lei volesse diventare una succhiasangue. Ma adesso le cose sono cambiate radicalmente da allora». Quando espresse quest’ultima frase, guardò Renesmee di nuovo con quello sguardo così intenso, anzi stavolta lo era di più, che mi fece capire che quella frase si riferiva a lei. «Ma visto che siete in grado di affrontare un vampiro come mai vi limitate a difendere solo le vostre terre invece di impegnarvi a difendere anche gli altri esseri umani?». Fu la mia domanda che a quanto pare sorprese tutti tranne Edward. Questa domanda punse sul vivo Jacob che rispose immediatamente stizzito: «Il nostro compito è quello di difendere il nostro territorio innanzitutto. Ma probabilmente qualcuno che non ha una casa da proteggere non capisce il senso delle nostre azioni». «Forse hai ragione tu. O forse no. Io non credo che avere una famiglia mi avrebbe impedito di usare le mie abilità per quello che è giusto». Credevo di averlo offeso irreparabilmente. Fu Renesmee a rompere il silenzio che si era creato tra me e Jacob. «Come occuperai il tempo durante la tua permanenza qui?». «Bé credo che andrò in ricognizione nelle città vicine, ma per il resto della giornata credo che farò la turista». «Se ti va, potrei accompagnarti per un giro turistico dei dintorni». Mi propose con un sorriso accecante che mi imponeva di risponderle con un sorriso a mia volta. Chissà se fosse restia a provare a volare con me. «Ne sarei contenta!» dissi con entusiasmo. Mi piacerebbe tanto che Renesmee ed io potessimo diventare amiche. Non so il perché, ma praticamente da subito ho sentito un buon presentimento riguardo a Renesmee anche se ancora non la conoscevo. Questo non mi era successo con nessuno in tutta la mia vita. Forse perché la fiducia nel prossimo non era proprio tra le mie molteplici qualità. «A meno che per voi non sia un problema» continuai rivolgendomi ad Edward e indirettamente anche a Bella. Lo vidi pensieroso e probabilmente scrutava i pensieri dei presenti per capire se fosse una situazione pericolosa per la propria unica figlia. «Ti prego papà! Voglio provare anch’io a volare! Mi farai provare vero? Ti prego! Ti prego! Ti prego!». Chiese Renesmee a suo padre sicuramente conscia della vittoria in tasca. «Ci penseremo tesoro». Rispose Edward, concordando tacitamente al mio pensiero. Perdendoci in discussioni più leggere, si stava facendo tardi così dovetti salutare i presenti perché avevo una notte in bianco che mi aspettava. «Adesso sarà meglio che io mi incammini per Port Angeles. Stanotte la sorveglierò per eventuali attacchi da parte di vampiri». L’espressione di Jasper faceva trasparire che era preoccupato per qualcosa ma non riuscivo ad immaginare cosa. «Sei sicura che sia una buona idea per te andare da sola in giro? Forse sarebbe meglio se qualcuno di noi ti accompagnasse per darti una mano. In caso dovesse servire». Sbaglio, o stavano chiedendo il permesso per seguirmi? Forse avevano il timore che li potessi sorprendere mentre mi seguivano e che avrei potuto reagire male. Chissà. «Se volete seguirmi, fatelo e basta. Non c’è bisogno di tutta questa scena. Capisco che non vi fidiate di me, perciò non mi opporrò alla vigilanza se questo vi farà sentire meglio». Allora Edward intercesse. «Ci dispiace aver cercato di ingannarti, ma credevamo che non avresti acconsentito se te lo avessimo chiesto». «Potete seguirmi naturalmente se lo desiderate. Ma temo che non vi piacerà quello che vedrete». Dopo aver detto questo, mi alzai dal divano e mi incamminai verso la porta e salutai i padroni di casa con un arrivederci ed un sorriso a Renesmee che sapevo avrebbe guardato quando me ne sarei andata. Forse era così amichevole con me solo perché voleva provare qualcosa di nuovo come il volo? O era seriamente interessata a diventare mia amica? Direi che questa era una cosa che potevo scoprire solo con il tempo. E così mi congedai, aprì la grande porta d’ingresso e me la richiusi alle spalle. Non guardai, ma ero quasi sicura che mi stessero osservando mentre cominciavo a librarmi in aria, sempre più in alto, fino a piegarmi in linea retta con le cime degli alberi e sfrecciare a gran velocità verso la città. Il tragitto per Port Angeles fu breve e privo di attrattiva per me. Dovevo ammettere di essere un po’ stanca a causa della giornata stressante che ancora non si era conclusa. Con la fortuna che mi ritrovavo probabilmente non c’erano altri vampiri nei dintorni e quella sarebbe stata una notte sprecata solo a parlare con me stessa come al solito. Vagavo tra le strade di questa città sconosciuta e priva di qualunque interesse ormai con quella sensazione di non aver trovato quello che cercavo. Quando sentì degli spostamenti insoliti in una zona alla mia sinistra. Riconobbi la forma elegante e sinuosa di Jasper che mi seguiva da lunga distanza. Probabilmente anche lui si era accorto che ormai non passava più inosservato a causa del mio repentino cambiamento d’umore. Quando ci avvicinammo verso il lungo mare della città, incontrammo una fila di negozi di cui non si vedeva la fine. A causa delle troppe luci dovetti scendere e continuare a piedi, il che non mi andava sinceramente ma essendo anche quella una zona possibile di caccia, feci poche storie e rimisi i piedi per terra. Anche Jasper aveva rallentato il passo tenendomi sempre sotto controllo saggiando di continuo il mio umore che ormai era sempre più inesorabilmente sotto le scarpe per la mancata caccia. Passai davanti ad un bar che aveva tutt’altro che un aspetto rassicurante e la strada che vi si parava davanti era poco illuminata rispetto a quelle che le avevano precedute. Andando sempre più avanti in questa strada, l’illuminazione era anche più scarsa di prima e quando arrivai in prossimità della fine, mi resi conto che non aveva altri sbocchi così mi apprestai a tornare indietro, quando ad un tratto sentì una ragazza urlare dal vicolo accanto al locale. Allora mi precipitai il più in fretta possibile in quel vicolo, dove mi accorsi che un uomo basso e tarchiato dall’aria un po’ ubriaca che teneva stretta al muro una povera ragazza che faceva di tutto per liberarsi da quella morsa che le impediva di andarsene. Mi avvicinai con foga verso il maniaco che continuava a stringere i polsi della poveretta che continuava a dimenarsi per potersi liberare. «Ehi tu maiale toglile le mani di dosso!» gridai come avvertimento. Quando si girò verso di me aveva l’espressione di qualcuno che era stato interrotto in qualcosa di importante da un essere a qui non valeva la pena neanche di rispondere. «Ti prego aiutami! Vuole farmi del male! Ti prego chiama la polizia!» urlò la ragazza, che appena pronunciò la parolina magica il maniaco tentò di filarsela davanti ai miei occhi. Ma questo non poteva succedere, così gli bloccai la via di fuga mettendomi davanti a lui che in tutta risposta tentò di spingermi via con forza ma io fui più veloce nello schivare il suo braccio e a sferrargli un pugno in pieno stomaco che lo fece piegare su se stesso mentre si stringeva forte la pancia. «Hai il cellulare? Chiama la polizia!» dissi alla ragazza che era rimasta impietrita durante tutta la scena. Quando finalmente si svegliò dal suo torpore la ragazza compose il numero e fece la sua denuncia mentre io mi occupavo che al maniaco non venisse la strana idea di poter fuggire. Dovevo ammettere che mi era dispiaciuto il fatto che non fosse un vampiro, ma anche questa era pur sempre una buona azione, giusto? Durante tutto l’accaduto Jasper era rimasto ad osservare da lontano senza alcun segno di voler intervenire. Ormai si era fatta l’alba, e per me era ora di dormire un po’ essendo stata in piedi per due notti di seguito, a quel punto decisi di tornare alla mia camera d’albergo. «Forse sarebbe meglio che tu vada a riposarti. Credo che la tua mente si sia affaticata con il viaggio dall’Arizona fin qui e poi tutto questo stress emotivo, non ti fa bene. Dovresti prenderti maggiormente cura di te stessa. Sei pur sempre umana dopo tutto». Mi disse Jasper con una certa ansia sull’ultima parte. Non mi ero accorta che mi si fosse avvicinato così tanto. Mi sorprese. A quanto pare ero davvero troppo stanca per non averne avvertito la presenza. «Sono spiacente. Non volevo spaventarti. Comunque hai visto anche tu che qui a Port Angeles al massimo trovi qualche molestatore ubriaco e non vampiri in cerca di prede» proseguì Jasper con modi affabili. «In effetti mi hai sorpresa, probabilmente non ti considero più una minaccia. Port Angeles non è proprio territorio di caccia, eh? Significa che dovrò ampliare le zone di ricerca ma soprattutto le ore di sonno arretrate». Dissi ormai con il mio cervello che non aspettava altro. «Da quando vivo al Sud, uso le mie abilità molto più spesso e mi stanco facilmente». Dissi massaggiandomi le tempie. «Quanti ne riesci ad eliminare in un colpo solo?» mi chiese con scetticismo che nascondeva un po’ di timore. «Ne ho uccisi ventuno contemporaneamente. Ero al massimo delle mie forze, ma questo è successo tre anni fa, credo che adesso se dovessi provarci ancora forse ne potrei eliminare di più. Come mai lo volevi sapere?» chiesi come se avessi parlato di mosche e non di vampiri. La sorpresa lo fece restare a bocca aperta e rispondere in ritardo alla mia domanda. «Ero solo curioso». Gli risposi con un sorriso smagliante e me ne andai salutandolo che ancora ridevo.
  
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