Spazio autrice
La mia prima slash *_* sono emozionata! Ok, effettivamente non è proprio una
slash, diciamo che è un accenno di slash ma abbiate pazienza è la prima
volta che scrivo di due uomini e sono un po' impacciata, spero di non aver
scritto una ciofeca completa, in tal caso fatemelo sapere e provvederò a non
scriverne più! ç_ç
Per quanto riguarda questi due ma chi non vorrebbe scriverci? Il film poi è
tutto uno slash, l'ho amato oltre l'amabile possibile! *Lo sta guardando anche
ora* così mi son detta "ma sì, scriviamoci qualcosa su" e così ecco
questa schifezzuola... *-*
Spero vi piaccia!
Disclaimer: i personaggi non sono miei ma di Sir Arthur Conan Doyle e di
tutti coloro che hanno creato il magnifico film di Sherlock Holmes *inchina*
non scrivo per lucro ma solo per puuuuuro e sano divertimento.
Buona lettura!,
Lils
Holmes sà
«Watson... perché non ha sposato
Mary?»
Il medico alzò gli occhi dal libro che stava leggendo, incontrando le iridi
curiose del coinquilino Holmes che, tacitamente, gli aveva domandato il perché
di quel gesto. Non riuscì a sostenere il suo sguardo così, facendo finta di
nulla, lo abbassò nuovamente sul tomo di medicina.
«Pensavo fosse contento che non l'avessi sposata.» replicò il medico,
pacatamente.
«Non ha risposto.» notò l'investigatore, con una punta di divertimento nella
voce.
Watson gli lanciò un'occhiataccia, abbassando il libro per la seconda volta nel
giro di pochi secondi per poter guardare il viso dell'uomo che gli stava di
fronte.
«Ho seguito il suo consiglio, le sembra tanto strano?» domandò inacidito il
medico.
«Oh sì che mi sembra strano: lei non fa mai quello che le dico io.» fece notare
Holmes con un sorriso ironico.
Watson lo fulminò con lo sguardo, alzando il tomo davanti al viso per non dover
per forza guardare quella faccia da schiaffi del suo migliore amico che
sembrava gongolare ad ogni risposta datagli.
Se lo avesse semplicemente ignorato forse si sarebbe stancato e l'avrebbe
lasciato in pace, no?
Per qualche minuto ci fu silenzio, tanto che Watson ebbe la sensazione di
essere riuscito nel suo intento. Con un sorriso di vittoria allungò una mano
verso il tavolino accanto alla poltrona su cui era seduto, recuperando la tazza
té, con un goccio di latte, che in precedenza la governante aveva preparato.
Proprio mentre lo stava sorseggiando tranquillamente, Holmes intervenne
provocandogli quello che, in gergo medico, sarebbe stato definito
"soffocamento dovuto a uno stato di sopresa improvvisa".
«Secondo le mie deduzioni lei ama qualcun'altro.»
Watson tossì un paio di volte prima di riuscire a riprendersi. Poggiò libro e
tazzina sul tavolo prendendo al loro posto un bicchiere d'acqua e scolandolo
velocemente. Holmes, in tutto questo procedimento, lo fissò in silenzio quasi
si fosse addomentato aspettando una risposta.
«Questo non è assolutamente ve-» cercò di replicare Watson una volta ritrovata
la parola ma fu immediatamente interrotto dall'investigatore.
«Ha le mani sudate. Lei le ha solo quando mente o è nervoso. In questo caso
tutti e due. L'occhio sinistro sta traballando, segno evidente che è a disagio
per l'argomento che stiamo trattando e, cosa non meno importante, la sua gamba
destra trema il che significa che vuole la fine di questa conversazione il
prima possibile.»
Watson schiuse le labbra per replicare ma non trovò nulla di sensato da dire
perché sapeva perfettamente che Holmes aveva ragione su ogni cosa che aveva
detto. Arrossì, corrugando la fronte come se fosse offeso e contemporaneamente
incrociò le braccia, come un bambino.
Altri attimi di silenzio finché la voce divertita dell'investigatore londinese
non risuonò nuovamente nella stanza.
«Non mi ha ancora risposto, Watson.»
Il medico ponderò l'opzione di alzarsi ed andarsene ma sarebbe stato in primis
maleducato e in secundis l'avrebbe data vinta a Holmes e questo non poteva
certo permetterlo. Prese il tomo di medicina che stava leggendo e che aveva
abbandonato sul tavolino alzandosi in piedi come una molla. L'investigatore
seguì il movimento del coinquilino con lo sguardo ma non disse nulla se non
sfoggiare quel suo ghigno curioso che irritava tanto chiunque. Watson compreso,
alcune volte.
«Sì, ha ragione, amo qualcun'altro ma è inutile che si sprema le meningi per
capire chi è la persona in questione perché il nome me lo porterò nella tomba.»
disse il medico lanciando un'occhiata tutt'altro che amichevole
all'investigatore.
Con passo veloce e tutt'altro che leggiadro uscì dalla stanza sbattendo la
porta prima che Holmes potesse aggiungere qualcos'altro.
«Non glielo dirò mai, ha capito Holmes? Non saprà il nome di questa persona!»
tuonò Watson dal corridoio del secondo piano.
Era ovvio che la pensasse così, Sherlock Holmes sapeva bene che non avrebbe mai
saputo l'identità del misterioso amore dell'amico né quel giorno né mai.
Quello che era Watson a non sapere era che il nome, Holmes lo sapeva già.