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Autore: Novelist Nemesi    10/05/2010    1 recensioni
Non era la pioggia. Non era il ticchettio dell’orologio. Non era la stanza spoglia. Non erano gli altri. Nessuno aveva colpa del fatto che lui avesse quel viso pallido e segnato da due righe nette che scendevano sulle guance. Era solo temuto da molti, rispettato da alcuni. Odiato? Qualcuno che portava rancore c’era. Il suo nome faceva in fretta a circolare e restare nelle menti. Ulquiorra Schiffer. Altisonante, vero?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Schiffer Ulquiorra, Un pò tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Doveva immaginarlo che, anche raggiungendo Barragan, sarebbe stato inutile chiedere aiuto; sicuramente era impegnato in qualche battaglia.
Effettivamente fu così; le sue fracciòn stavano combattendo contro degli shinigami, ma lui se ne stava seduto sul suo trono personale, un enorme poltrona, atteggiandosi a re.
Ulquiorra invece non mostrò sorpresa, era tipico del numero due muoversi solo se necessario.
« Se davvero vuoi chiedere aiuto a lui, donna, fallo ora che non è occupato. Anche se vedessero altri movimenti, sono tutti troppo impegnati per darti retta. » disse, ricomponendosi. « E poi ci sono anche Halibel e Stark, senza contare Aizen, Tousen e Ichimaru. »
« Stai già meglio? » chiese lei.
Ulquiorra ci pensò un po’ su. « Diciamo che ho avuto momenti migliori. Ho un paio di costole fratturate e qualche lesione interna; ci metterò un po’ a rigenerarmi. »
« Allora, andiamo? »
« Calmati, donna, e ragiona: se anche andassi da lui, cosa gli chiederesti? “Ulquiorra è ferito, potresti dargli una mano?”. Scordati un “sì” da parte sua. E poi, se anche facesse qualcosa, non cambierebbe nulla. Quello shinigami mi ha solo colto di sorpresa; ora che so qual è il suo potenziale, so come affrontarlo. »
Caliel annuì, constatando con tristezza che effettivamente Barragan non sarebbe stato così felice di aiutarla. « Ma loro hanno Orihime, che può curare qualsiasi cosa. Non credi che il suo potere sia superiore rispetto alla tua rigenerazione? »
Ulquiorra si fece meditabondo, e poi rispose « Hai ragione. Riesce a rigenerare molto più in fretta di me qualsiasi cosa, e non solo a sé stessa, ma anche agli altri. Inoltre, può rigenerare anche organi vitali e ricostruire in brevissimo tempo un intero corpo; per me, invece, comincia a essere un problema se vengo colpito in qualche organo vitale. »
« Che facciamo, allora? E’ come se loro avessero un sacco di chance rispetto a noi. »
Ulquiorra si mise le mani in tasca, e aveva un espressione tranquilla. « Mi è venuta un’idea. Seguimi, donna. »
Percorsero, in silenzio e cercando di non farsi scoprire, tanti corridoi, fino a scendere le scale per un piano sotterraneo, arrivando a una grande porta bianca su cui era appeso un cartello con su scritto: “Laboratorio dell’espada numero otto, Szayel Aporro Grantz. Possono entrare solo gli addetti autorizzati e Aizen”.
Dunque stavano entrando lì senza permesso, ma non era importante al momento.
Quando Caliel entrò, non credeva ai suoi occhi; nemmeno nei laboratori più avanzati aveva visto così tanti computer, boccette, fiale, armadietti. Il regno dello scienziato pazzo, che avrebbe fatto invidia a tutti, sulla Terra. Le pareti erano immacolate, come i grandi tavoli che ospitavano fogli e bottiglie contenenti liquidi vari e di tutti i colori.
Ulquiorra, dopo una perquisizione sommaria, si fermò ad un tavolo, si rimboccò le maniche e inizio a maneggiare diverse fialette, accendendo il fuoco sul mini fornello appostato vicino. Sapeva anche improvvisarsi chimico, a quanto sembrava.
« Che stai facendo? » chiese Caliel incuriosita.
« Cerco di creare un modo che posso dividere Inoue con tutti gli altri. »
« Ah, bene; e io nel frattempo che faccio? »
« Chiudi a chiave la porta, disattivi le telecamere e apri l’armadietto che è in fondo, vicino a quel monitor. Per le telecamere non sarà difficile per te capire che tasti premere. »
Caliel fece tutto diligentemente, ma quando aprì l’armadietto si trovò di fronte una nuova sorpresa; era pieno di spade, di ogni lunghezza e di ogni tipo, su cui erano attaccate delle etichette.
« E’ meglio se te ne prendi una tutta tua, donna. Non hai che l’imbarazzo della scelta. » disse Ulquiorra, senza distogliere lo sguardo dalle sue fialette. E aveva ragione; Caliel quasi si emozionò a vederle tutte a sua disposizione. Iniziò a pescarne alcune a caso, scartandole velocemente.
« Questa no, questa no, questa nemmeno, questa è troppo corta; dio mio, questa neanche per sogno! Questa chissà che ci fa qui… »
Ulquiorra cercò di ignorare il vociare della ragazza, ma per poco non si faceva cadere a terra le boccette, quando la ragazza esclamò felice « Ehi, questa sì che mi piace! »
Aveva l’impugnatura rossa; la lama era ben disegnata e a doppio, lunga poco più della metà dell’altezza di lei, tirata a lucido e con degli splendidi riflessi alla luce. Ciò che più l’affascinava era la doppia crociata; argentata e con scolpiti sopra, in bassorilievo, delle forme che ricordavano vagamente delle onde. Buttò l’occhio sull’etichetta, attaccata con un nastro all’impugnatura; Sangrienta*. Decise di provarla.
Diede qualche stoccata a vuoto, e ci si trovava benissimo; non era troppo pesante, riusciva a maneggiarla anche con una mano sola e non le impediva i movimenti. Rise tra sé e sé, soddisfatta della sua nuova arma.
Girò la testa verso Ulquiorra, ancora concentrato con quelle boccette, ma aveva un coltellino in mano; stava per aprire a metà un qualcosa di simile ad una scatola nera.
Caliel gli arrivò vicino di soppiatto, e con un gesto veloce e preciso taglio a metà quella scatola, senza neanche ferire l’espada. Lui osservò la lama, e chiese « Hai trovato qualcosa che ti appaga? »
Lei annuì contenta. « Si chiama Sangrienta. »
Lui distolse nuovamente lo sguardo, tornando su quella scatola e iniziando a giocherellare con dei fili.
« Stai costruendo una bomba? »
« Qualcosa del genere; sono solo piccoli ordigni che spargeremo un po’ dappertutto, faranno un gran bel fumo. E non solo; ci sto mettendo anche qualche droga, giusto per confondergli un po’ di più le idee. »
Caliel annuì impressionata; tanto di cappello, insomma. Si chiese perché non ci stava lui a fare esperimenti, invece di Aporro.
Dopo un’oretta circa, passata a familiarizzare ancora con Sangrienta e a terminare quelle mini bombe, Ulquiorra poté finalmente fare un punto della situazione e stabilire dove mettere esattamente quegli aggeggi.
« Ci divideremo a qualche corridoio, ne piazzeremo due o tre al massimo; credo che il fumo riuscirà a espandersi velocemente. »
« Credi o sei sicuro? Non sarà meglio provarla, prima? »
« Se conosci un posto adatto e soprattutto dove poter stare tranquilli, a parte questo, dillo pure; ma non credo che tu voglia fare da cavia. »
Lei rabbrividì. « No, grazie. »
« Bene. » diede un po’ di marchingegni alla ragazza, ma prima di dare il via all’operazione rimase un po’ a fissarla. Poi disse « Vieni qui, donna. »
Lei chiese perplessa cosa stava succedendo, ma Ulquiorra, in silenzio, posò il pollice vicino alle sue labbra, sfregando lievemente, e aumentando di poco sulla guancia.
« Eri sporca di sangue. »
Caliel si toccò la guancia, imbarazzata. « Ah… Grazie. »
Non si aspettava che Ulquiorra avrebbe continuato a parlare. « Certo che è strano. »
« Cosa? »
« La tua pelle continua a bruciare. »
Lei non ci aveva minimamente fatto caso; pensava che, diventando un arrancar, la sua pelle si sarebbe raffreddata, fatta di ghiaccio come quella del ragazzo. Come una vera e propria corazza. Forse era proprio lei ad avere una temperatura un po’ più alta del solito, o forse era lui ad essere troppo freddo. In effetti, non aveva toccato ancora nessun altro arrancar, a parte lui, e comunque Ulquiorra non aveva toccato nessuno a parte lei. Quella sì che era una stranezza.
« Muoviamoci. » disse Ulquiorra, cambiando argomento. « Abbiamo circa un’ora di tempo. »
Caliel corse verso la porta, togliendo i catenacci e le chiavi, e riprese a correre. Ulquiorra la guardò con un fare perplesso.
« Che stai facendo, donna? »
« Hai appena detto di muoverci… »
Fu in quel momento che sorprese ancora una volta la nuova arrancar, sollevando i piedi in aria, e levandosi in volo fino a sfiorare il soffitto con la testa.
« Volando si fa prima, sai? »
Lei ci restò di sasso; poi, innervosita, disse « Che aspettavi a dirmi che potevamo volare? »
Era una sensazione meravigliosa, mai provata prima; non era come stare in bicicletta o affacciarsi al finestrino di una macchina in piena corsa. Si sentiva quasi un tutt’uno con l’aria circostante, che le passava in mezzo ai capelli, la punzecchiava sul volto, le muoveva le vesti sinuosamente. Era straordinario, poteva volare davvero! E non si sentiva minimamente in imbarazzo davanti ad Ulquiorra, che non capiva il perché di tutto quell’entusiasmo; ma soprattutto, constatò che volare a occhi chiusi doveva essere un tentativo di suicidio. La ragazza era talmente trasognata che aveva chiuso gli occhi, e non si era accorta che un muro era proprio davanti a lei.
« Donna! » gridò lui « Vuoi aspettare di essere un tutt’uno col muro prima di svegliarti? »
Caliel li sbarrò, e urlò spaventata di fronte a quel muro troppo vicino per fermarsi. Prese per il polso Ulquiorra, il quale girò senza difficoltà.
« Fiuuuu! » disse lei sollevata. « Grazie! »
« Io non ho fatto niente, sei tu che ti sei appiccicata a me. »
Lei scoppiò a ridere, e lui non riusciva proprio a capire perché. O era pazza o trovava divertente il fatto che stava per essere uccisa da un muro inanimato.
Poi lo sorprese esclamando entusiasta « Eccolo! Ma allora ce l’hai! »
« Di cosa stai parlando? »
« Del cuore; riesco a sentirlo dal polso. E batte, batte davvero, pure abbastanza forte! Immagino che volare sia un po’ come correre, vero? Anche il mio sembra la batteria di Pete Parada*! »
Quella ragazza era decisamente strana, secondo lui; nonostante fosse diventata un suo simile, manteneva ancora diversi atteggiamenti umani. Era ovvio che avesse un cuore che pulsava, se no come campava? Davanti a quella considerazione scema non trovava le parole adatte per rispondere.
Lei continuava a ridere, al che lui disse « Cosa c’è di così divertente nell’aver scoperto che ho un muscolo che mi fa vivere? Per la cronaca, ho anche un cervello che fa battere il cuore. »
« Eh? » chiese lei dubbiosa. « Ma cosa dici? È il cuore che fa muovere il cervello! Del resto, se spari a una persona al cuore, ed esso smette di battere, non può far circolare il sangue. »
« Guarda che è il cervello che manda gli impulsi al cuore, anche per far scorrere il sangue. Se uno spara alla testa, la morte è un’ovvia conseguenza, visto che il cervello non riuscirebbe più a impartire ordini al cuore. » constatò lui, con tono serio, convinto di ciò che diceva.
« Allora si completano, non ti pare? Il cervello non può vivere senza un cuore, e viceversa. Ha un che di solenne, non lo pensi anche tu? »
Lui, rimanendo sempre serio, rispose « No, perché ho ragione io; è il cervello la parte importante. senza di lui, il cuore è spazzatura. »
Lei sbuffò, quasi offesa. « Allora lo chiederemo ad Aporro quando tutto sarà finito! »
« Ti sembra il momento di fare scommesse? »
« Io non ho scommesso niente, ma visto che lo hai accennato accetto la sfida; scommetto che cuore e cervello sono importanti allo stesso modo! »
Ulquiorra sospirò, esasperato; ma perché il discorso era andato a parare su quello? E perché si era impuntata così?
« E va bene, lo chiederemo a lui. Ma adesso non scocciare più con questa storia. »
Lei esclamò un “evviva!” e non accennò più nulla riguardo cuore e cervello. Quel discorso innervosiva molto l’espada; non era solo un discorso di scienza e biologia, non si parlava solo di muscoli e di impulsi nervosi. Era come se Caliel gli stesse dicendo che anche lui aveva un cuore e che doveva accettarlo; e soprattutto, che doveva accettare il fatto che non si viveva di sola ragione, che non c’erano certezze assolute. Lui lo sapeva bene, altroché! Lui negava ogni certezza; lui non credeva a nulla, solo a sé stesso. Di cose come la vita dopo la morte, o quegli sciocchi sentimenti che facevano cambiare il mondo, o nel destino… Lui non credeva a queste cose. Solo ad Aizen. Aizen era l’unica certezza a cui poteva aggrapparsi. E il fatto che quella ragazza gli avesse messo in discussione quell’unica certezza, lo mandava in tilt. E poi, era una questione di principio; non era mica uno stupido. E doveva lasciare che la prima ragazzina che gli si presentava davanti ne sapesse più di lui? Col cavolo.
Appena finirono di piazzare le mini bombe, si barricarono di nuovo al laboratorio.
« Ma funzionerà? » chiese ansiosa Caliel.
« Se tutto va come previsto, sì. Ora siediti, donna, e aspetta in silenzio. »
Di lì a poco ci furono delle piccole esplosioni, e la ragazza sobbalzò entusiasta. Aveva funzionato davvero! Ora non dovevano fare altro che trovarli, mandarli via a sculacciate, e il gioco era fatto!
« Come ci muoviamo adesso? »
« Andremo da Kurosaki. »
« Eh? Da lui? Non da quell’altro coi campanellini? »
« Ho notato che lui è un po’ più distaccato dagli altri. Ho ragione di pensare che sia indifferente a tutto quello che sta succedendo, come se non gli importasse di Aizen. Sarebbe capace anche di mollare tutto e tornarsene a casa, se si stufa. Per questo andremo da Kurosaki; lui ce l’ha a morte con me, e vuole uccidere Aizen. »
Il piano di Ulquiorra aveva funzionato solo in parte; Zaraki e Yachiru si erano divisi dal gruppo, mentre Ichigo, Orihime, Ishida e i due shinigami rimanenti, Renji e la ragazza che si chiamava Rukia, erano rimasti insieme. Storditi, senza capire dove erano. Soprattutto Orihime era quella che stava peggio; i gas che erano nascosti in quegli ordigni le avevano fatto venire la nausea e il vomito, non si reggeva in piedi. Renji se la caricò sulle spalle.
« Merda, che facciamo ora? »
« E’ meglio nasconderci finché Orihime non si riprende. » disse Rukia.
Ma Orihime si oppose. « No… Dobbiamo andare… A salvare Wendy… »
« Salvare? Inoue, non hai visto come ti ha trattata? » fece Ishida.
« Sono… Sono sicura che lei non lo pensa davvero… »
Fu allora che Ichigo azzardò un’ipotesi.
« Inoue non ha tutti i torti. Del resto, Ulquiorra è il tipo da far passare facilmente le persone per traditrici. Non mi stupirebbe se avesse convinto con la forza quella ragazza a passare dalla sua parte. »
Ma Ishida sbuffò, sembrava l’unico a non nutrire nessuna speranza per portare quella ragazza sulla Terra.
Per un po’ i due arrancar trovarono via libera, senza intoppi. Chissà come se la stavano cavando gli altri, si chiese Caliel. Ulquiorra continuava a starsene zitto, spada in mano e ben attento. A lungo andare, sentirono la voce di una bambina che piangeva. E quando la trovarono, appoggiata al muro, constatarono che era un arrancar dai capelli verdi e con un teschio d’ariete frantumato sulla testa. Aveva anche una striscia viola che passava sotto gli occhi. Continuava a piangere, disperata.
« Che ci fa qui una bambina? »
La piccola singhiozzava, e cercò di parlare. « Chi… Chi sciete voi? »
Caliel, amorevole, si avvicinò a lei. « Stai tranquilla, non ti farò del male. Piuttosto, che ci fai qui? »
« Ho perscio i miei amici… »
« E chi sono i tuoi amici? »
Lei ricominciò a singhiozzare. « Lo sciò che non va bene per un arrancar… Ma sciono shinigami. Uno sci chiama Itzigo… »
Caliel sussultò. Una compagna di Kurosaki? Anzi, un arrancar compagna di Kurosaki? Perché?
Comunque, non poteva mica lasciarla lì. Era solo una bambina.
« Calmati, dai… Ti aiutiamo noi a trovare i tuoi amici. »
La bambina sorrise, mentre Ulquiorra la guardò sorpreso, quasi arrabbiato. Che bisogno c’era di mostrarsi così gentile? Non era altro che una scocciatura in più.
« Stai scherzando, vero, donna? »
« Ma dai! Non possiamo lasciarla qua! E poi, non pensi che grazie a lei arriveremo prima a Ichigo? »
« Come può aiutarci una spazzatura simile? »
Ma Caliel lo guardò furibonda. Sembrava inutile discutere con lei.
« Quando tutto questo sarà finito… » disse lui dandole le spalle. « Faremo i conti. »
Lei sospirò, e tornò a sorridere alla bambina. « Perdonalo, è così di natura; deve ancora migliorare i rapporti sociali. Io mi chiamo Caliel e lui è Ulquiorra. Tu come ti chiami? »
« Nel. » rispose la bambina, sorridendo a sua volta. « Mi chiamo Nel. »

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Anche questo è un capitolo di… Difficile interpretazione? Bò, vabbè. ( risata. )
Allora, Sangrienta in spagnolo significa insanguinata e Pete Parada è il batterista degli Offspring.

@ Liar: Sono felicissima del fatto che ti piaccia il personaggio di Wendy, o Caliel che dir si voglia! Le tue recensioni mi fanno sempre enormemente piacere, mi mettono allegria e voglia di perfezionarmi!
Per quanto riguarda la psicologia di Wendy, mi piacerebbe approfondirla sempre di più, ma soprattutto, vorrei approfondire quella di Ulquiorra; è un tipo enigmatico e pieno di stranezze, è un’impresa cercare di capirlo!
Per il fatto che Wendy si “sottometta”, in effetti non hai tutti i torti, ma è diventata arrancar da poco e non sarebbe stato credibile se l’avessi resa subito un espada. Ho pensato che era meglio farle tastare il terreno. E poi, come noterai in questo capitolo, dà parecchio filo da torcere ad Ulquiorra col caratterino che si ritrova!
Spero che questo capitolo sia piaciuto, aspetto recensioni e pareri! Alla prossima! P.S.: Scrivo abbastanza. xD E dire che il mio prof si lamenta sempre che scrivo poco ai temi! Felice inoltre che la battuta su Einstein sia piaciuta: dovevo mettercela per forza! xD

Neme

  
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