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Autore: Effe95    12/05/2010    3 recensioni
Allora, tanto per cominciare questa è la mia prima fan fiction su FMA, per cui scusatemi se non è come ve la aspettate. (Ed: Sono il protagonista?) (Io:Chiudi il becco, tappo.) (Ed: A CHI HAI DATO DEL TAPPO, BRUTTO CAPELLONE?) (Io: *lancia ventosa in bocca ad Edward* TI avevo detto di chiudere il becco.) Coooomunque. Ho voluto ampliare una parte che a mio parere nell'anime era un po' trascurata, ovvero la parte in cui Al pensa di essere un fantoccio. E' una one-shot in quanto non potrebbe avere più capitoli.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maledizione...
Maledizione, maledizione!
«Perché tutte queste immagini mi affollano la mente?»
«Sei sicuro di non essere un fantoccio, creato dal tuo presunto fratello?»
Continuavo a sentire le parole di numero 66...Perché mi tormentavano la mente? Dovrei fidarmi sempre del fratellone. In un modo o nell'altro, comunque, avevo un corpo.
«Ma chi ti dice che non ti stiano usando?»

«SMETTILA! Non mi interessa se sono un'armatura, se sono ancora vivo è grazie al fratellone che si è sacrificato, di questo ne sono certo.»
«Potrebbero essere ricordi artefatti...»
«...»


«Che ti prende, armatura-fantoccio? Ti rendi conto che ho ragione?»
«NON SONO UN FANTOCCIO!»
Mi lasciai cadere sulla sedia. Ero distrutto, e continuavo a sentire quelle maledette parole in testa. Rimbombavano, da sembrare fuse con l'armatura ormai.
«Uh...Al?»
Una voce mi riportò alla realtà. Il fratellone.
«Oh...Fratellone...»
«Perché non sei nella stanza, Al?»
«Stavo...facendo un giro...Voi andate avanti...Vi raggiungo dopo.»
Strinsi istintivamente il pugno -non che faccia differenza, considerato che non posso sentire dolore- e abbassai la testa.
«Uhm...Va bene, Al.»
Bzz...bzz...bzz...bzz...Ma che?
Abbassai lo sguardo e vedi un robottino. Un bambino si avvicinò e lo prese, mi guardò e sorrise. Mi salutò e scappò via col suo giocattolo.
«Un giocattolo, non sei nient’altro»
Dovevo assolutamente andare a parlarne con il fratellone. Dovevo parlargli. Decisi dunque di alzarmi e andare verso la stanza di Edward. C'erano delle voci...Winry?
Mi sporsi dalla porta per vedere cosa stesse succedendo. Ed e Winry stavano litigando, come sempre.
«RESTERAI PER SEMPRE UN SOLDO DI CACIO SE CONTINUI COSI'!»
«STA ZITTA! LO ODIO, LO ODIO!»
Fratellone...
«SEI IRRAGIONEVOLE, EDWARD ELRIC!»
Maggiore Armstrong...
«Tutti i bambini lo bevono.»
Tenente Ross...
«Se non lo bevi, non potrai mai farti un nome.»
Tenente Brosh...
«No, non è proprio il momento per parlare con il fratellone.»
Mi dissi, e mi allontanai
«Uh...Al?»
MI chiamava, ma io non risposi. Aspettai il momento migliore. Tornai dunque nel posto dove ero prima, quel lavatoio per i pazienti, e poggiai una mano sullo specchio. Mi apparve di nuovo lui. Numero 66, Barry The Chopper.
«Sei sicuro di non essere solo un fantoccio-armatura, creato dal tuo cosiddetto fratello? Avanti, ammettilo, ti farà sentire meglio...»
Ne avevo piene le tasche...Cioè, se avessi avuto le tasche, le avrei avute piene. Premetti un po' il pollice contro la superficie vitrea che rifletteva non me, ma quell'altra armatura, che mi aveva attaccato al laboratorio cinque, e lo specchio si ruppe. Osservai in quel momento il mio riflesso, attraversato dalla spaccatura del vetro. Ero...Ero un falso? Ero davvero stato creato da Edward? Se la risposta ai miei quesiti fosse stata positiva, perché? Perché si era dato tanto da fare? Avevo bisogno di una risposta, di una speranza che mi desse l'opportunità di andare avanti, di poter accompagnare colui che chiamavo “fratellone” nel viaggio verso la ricerca di un corpo che forse io non avrei mai trovato. Dovevo assolutamente parlargli.

Il giorno dopo mi trovai nella sua stanza, mentre lui faceva colazione. Mentre ero ancora immerso nei miei pensieri, un suo sbuffo annoiato mi ridestò.
«Sei tornato anche oggi, vedo, brutto bastardo.»
Stava litigando con il latte. Ero preoccupato per lui, nonostante tutto.
«Fratellone, tu hai un corpo vivente, per cui devi berlo.»
«Se lo odio, lo odio e basta. Anche se non sembra, io sono cresciuto...un po'.»
Mi rispose seccato. E' inutile, nii-san non aveva mai gradito il latte.
«In ogni caso, tutti continuano a chiamarmi piccoletto.»
Sbuffò di nuovo, con un tono di voce che slittava fra l'annoiato e l'arrabbiato.
«Vorrei essere come te, Al. Con un corpo grande come il tuo.»
No, questo non doveva dirlo. Scattai in piedi, senza neanche accorgermi di chi stava entrando, e sbottai.
«Non sono stato io a volere questo corpo!»
Rimasi in piedi, senza badare a Winry che ci osservava sbigottita. Ero furioso.
«Scusa. Hai ragione. E colpa mia se sei diventato così, vero? Ed è per questo che voglio ridarti il tuo corpo originale.»
Non gli lasciai neanche finire la frase, e sbottai di nuovo.
«Mi assicuri che troverai il mio corpo?»
«Ce la farò, devi credermi!»
Non riuscivo più a trattenermi.
«CREDERTI?»
Mi portai una mano sul petto, disperato.
«COSA DOVREI CREDERE, IN UN CORPO VUOTO? Alla fine, se ci pensi, i ricordi sono solo informazioni. Potrebbero anche essere creati artificialmente!»
Sottolineai l'ultima parola. Edward mi guardò sbigottito.
«Ma che stai dicendo, Al?»
Anche questa volta, non gli lasciai terminare, e risposi subito.
«Fratellone, una volta mi hai detto che c'era una cosa che avevi paura di dirmi. Per caso, questa cosa non è che io, che la mia anima, i miei ricordi siano tutti artefatti, inventati da te?»
Strinsi i pugni, per reprimere la rabbia.
«E che tu, Winry e la nonna...VI state prendendo gioco di me? CHE COSA HAI DA DIRE, FRATELLONE?»
Sbatté i pugni sul tavolo all'improvviso, facendomi sobbalzare.
«Hai avuto questo tarlo in testa per tutto il tempo? Dovevi dire questo?»
Il fratellone tremava violentemente, facendo rumore con l'auto-mail ancora bloccato sul tavolo.
«Va bene...»
Si alzò, spostando il tavolo e uscendo dalla stanza. Non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia. Winry lo chiamò, ma lui non rispose. Si diresse verso il terrazzo, ma io rimasi a guardare il suo tavolino ancora pieno di cibo. Non capii. Era una conferma...O una negazione? Edward aveva appena smentito la mia tesi...O l'aveva rafforzata? D'un tratto Winry mi chiamò.
«Al, sei...SEI UNO STUPIDO!»
Mi tirò una chiave inglese in testa, facendomi cadere per lo spavento. Maledetto corpo, la testa mi dondolava per l'urto.
«Perché l'hai fatto?»
Chiesi io. Winry cambiò radicalmente. Da arrabbiata, si mise a piangere.
«W-Winry!»
«Al, sei uno stupido!»
Mi tirò un'altra chiave inglese, e caddi di nuovo. Maledizione, qui rimbomba tutto! Sono vuoto dentro!
«Tu non hai idea di come si senta Ed!»
MI urlò contro, era disperata ed arrabbiata allo stesso tempo.
«Vuoi proprio sapere cos'era che Ed aveva paura di dirti? Aveva paura di chiederti se tu ce l'avessi con lui per quello che è successo!»
Rimasi seduto per terra, sbigottito ed anche depresso. Avevo fatto una cavolata micidiale, evidentemente. Winry continuò a tirarmi botte con la chiave inglese sul petto, meno forti, ma continue, mentre piangeva.
«E...E invece...Tu dovevi...In quale mondo troveresti un idiota tale da rischiare la vita per crearsi un finto fratello?»
Fui un idiota totale, a quel tempo. Perché non avevo pensato a questo? Quale persona sacrificherebbe il proprio braccio per creare un fantoccio?
«Voi due non avete nessuno se non voi stessi.»
Smise di piangere. Mi stava rimproverando, ed io con la testa bassa ascoltavo. Poi allungò il braccio, indicando la porta.
«Ed ora corri da lui.»
Mi alzai subito.
«Va bene...»
«CORRI!»
«Sì!»

Arrivai sul terrazzo. Come pensavo, il fratellone era lì, appoggiato alla ringhiera. Non sapevo che dire, che fare...
«Nii-s..»
Non mi lasciò parlare.
«Sai, stavo pensando che è tanto che non lottiamo...E sto prendendo peso.»
Non capivo. E non sapevo come rispondere. Mentre lui si toglieva le pantofole, io risposi con un imbarazzato e confuso “Eh?”. Dunque si girò verso di me, e mi corse incontro.
«Ehi!»
Mi tirò un calcio, che evitai prontamente. Devo ammettere che fu un colpo di fortuna, non ero per niente pronto.
«Aspetta un attimo, fratellone! Aspetta! Finirai per riaprire la ferita!»
Paravo i suoi colpi con difficoltà. Maledizione, mi stava odiando per quello che avevo detto prima? Non ebbi neanche il tempo di pensare. Mi lanciò un lenzuolo addosso, e mi tirò un calcio. Con un lieve urlo -non ho ancora capito di cosa, però. Dopotutto non provo dolore.- caddi per terra.
«Ho vinto! La prima volta che ti batto!»
«Però così non vale, fratellone.»
Stava giocando, come al solito. Balbettando, mi rispose.
«Z-Zitto! Una vittoria è sempre una vittoria!»
Poi si calmò, ed io sorrisi -nella mia anima, sorrisi-.
«Abbiamo lottato parecchio, sin da quando eravamo piccoli, eh?»
Gli risposi con un mugolio di consenso.
«Adesso, se ci ripensi, abbiamo sempre lottato per delle sciocchezze.»
«Come per chi dormiva sopra nel letto a castello.»
«Già.»
«Anche per una caramella.»
«E ci siamo praticamente scannati per quel giocattolo, ricordi?»
«E come sempre, ho vinto io, fratellone.»
«Al fiume Rain... Io ci finii dentro, sbaglio?»
«Ed anche durante l'addestramento litigavamo parecchio.»
«La sensei disse che facevamo troppo chiasso, e ci pestò. Quello possiamo contarlo come pareggio.»
«Ci battemmo anche per chi avrebbe sposato Winry...»
Dopo questa, mio fratello sobbazò.
«C-c-cosa? Non me ne ricordo!»
«Vinsi io, ma lei mi rifiutò.»
«Ah, davvero?»
Mi piaceva ricordare gli anni passati con il fratellone. Sì, perché dopo quell'episodio, nessuno mi avrebbe messo in testa qualcosa di diverso. Edward Elric era ed è tuttora mio fratello.
«E tu vorresti dirmi...Che erano tutti falsi?»
«Mi dispiace.»
«Il fatto che io voglia che tu riabbia il tuo corpo, è tutto una finta?»
«Ora lo so. Non è una finta.»
«Infatti. Perché insieme abbiamo deciso che niente, e dico NIENTE ci impedirà di avere indietro i nostri corpi.»
Stringemmo i pugni insieme.
«Perché continueremo ad andare avanti. Insieme. Rafforzandoci nel corpo e nello spirito.»
«E il latte?»
Edward arrossì violentemente
«Cercherò di berne il più possibile.»
Ridemmo insieme. Di gusto. Dunque sbattemmo i nostri pugni illuminati dal sole, in un gesto di intesa.
«Diamoci da fare. Dobbiamo diventare molto più forti.»
Ci alzammo e riaccompagnai il fratellone verso la stanza. Sì, in quel momento ero felice. Molto felice. Perché sapevo di non essere solo.

«Spero che le sia piaciuta questa storia....»
Posai dunque i fiori sulla tomba. La stessa lapide che recitava “Brigadiere generale dell'esercito statale Maes Hughes” E mi allontanai dal cimitero, tornando alla mia solita vita. La mia avventura non era ancora finita. Io e nii-san dovevamo trovare ancora i nostri corpi. E ce l'avremmo fatta. Perché io mi fido di lui.
  
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