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Autore: Querthe    14/05/2010    0 recensioni
Una storia ambientata nove/dieci anni dopo la fine del settimo libro, ma prima dell'epilogo. Un'ossessione mai sopita, una ricerca interessante quanto pericolosa, una donna che vorrebbe Potter morto ma che lo deve aiutare, potenti manufatti magici, un mistero e un viaggio che solo pochissimi possono dire di aver fatto nei secoli.
Seguito de "Sussurri da un anima". Non è obbligatoria la lettura, ma caldamente consigliata
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Ellyson Witchmahoganye' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Era davanti alla porta chiusa della sua stanza da quasi dieci minuti, e non accennava a volersi muovere.
La maga sapeva che sarebbe dovuta uscire, avrebbe dovuto controllare se la sua intuizione era corretta, ma aveva anche paura dell’eventuale fallimento.
Durante il pomeriggio aveva rimuginato su quello che era venuta a fare, e si era convinta che solo nella biblioteca proibita avrebbe trovato quello che cercava, almeno a livello di informazioni. E l’unico modo per riuscirci era poterci entrare ed uscire a piacimento.
- Potrei sfruttare Hilde, nel caso mi sbagliassi, ma non voglio coinvolgerla. E’ una brava ragazza, non voglio metterla nei guai, e soprattutto non voglio che altri oltre a me sappiano di quello che sto facendo. Sebbene, credo proprio che Nok abbia dei sospetti. La sua chiacchierata di stamattina mi ha messo davvero i brividi lungo la schiena. Mi sta salvando solo il fatto che per lui i maghi sono comunque gente strana, per cui finché non tocco lui, credo di essere al sicuro. Di certo non va a raccontarlo a nessuno.
Guardò nuovamente la porta e allungò la mano alla maniglia.
- Lo devi fare, non puoi aspettare come una matricola di Griffindor alla sua prima lezione.
Nel corridoio, si diresse lentamente verso la sala di ingresso, ormai deserta se non per sporadiche figure di studenti che si affrettavano alle entrate delle torri delle loro Orde. Alla fine solo due o tre persone rimasero, intente a discutere dell’ultimo acquisto dei Appleby Arrows, e non sembrarono volersene andare.
- Non mi stanno osservando, e quasi sicuramente non si sono accorti nemmeno di me. E’ il momento giusto per tentare. - si disse dirigendosi alla porta di Ullrarc.
Si fermò un istante davanti alla stessa, inspirò profondamente e afferrò al maniglia, girandola.
Il rumore della serratura che scattava e il lievissimo cigolio dei cardini mentre ruotavano le fecero accelerare il battito quasi quanto l’adrenalina le solleticò le radici dei capelli, come elettrizzandoglieli.
Come inseguita, si intrufolò nella porta semiaperta e richiuse la stessa alle sue spalle, chiudendo gli occhi e tentando di calmare la locomotiva a vapore che aveva preso posto nel suo petto.
- Sono dentro, sono dentro, sono dentro! - esultò mentalmente, inspirando a bocca aperta.
- Benvenuta. Pensavo non saresti più arrivata.
- Hilde! - esclamò lei spaventata. - Non farlo mai più. Mi hai fatto prendere un colpo.
- L’ho notato e mi spiace.
- Almeno lo ammetti… - sorrise lei attraversando il vuoto quanto ampio salone e sedendosi vicino a lei in una comoda poltrona. Davanti a loro un tavolino basso ospitava un vassoio con un infuso dal profumo fruttato e dei biscotti secchi dall’aspetto invitante.
- Effettivamente mi spiace che non riuscirò più a spaventarti come adesso.
- Cattiva.
- Dai, scherzo. Ho avuto davvero paura che non fossi riuscita a capire come funziona il glifo.
- Diciamo che ho capito cosa dovevo fare, ma ammetto che perché funzioni è ancora un mistero.
- Permettimi allora di spiegartelo brevemente. - sorrise la ragazza, afferrando una delle due tazze e sorseggiando lentamente la bevanda.
Ellyson la imitò, ma tenne solo la tazza in mano, senza bere.
- Grazie. Anche se così mi sembra di essere una stupida.
- Non lo sei, tranquilla. Ognuna delle quattro Orde ha un glifo, che viene periodicamente cambiato, e solo chi possiede il glifo giusto può entrare nella torre corrispondente, che altrimenti risulta impenetrabile. O le porte non si aprono, o se anche fossero aperte non si potrebbe entrare. Se hai indosso più di un glifo, questi si annullano a vicenda e quindi non puoi entrare da nessuna parte. Fa eccezione quello dei Serragente e quello del preside. Loro possono andare ovunque.
- Una sorta di passpartout, insomma.
- Cosa sarebbero, scusa?
- Delle chiavi universali. Le usano i fabbri e i ladri. Soprattutto questi ultimi. - le disse non potendo non pensare per un secondo che lei ne aveva una discreta collezione. - Quindi ora posso accedere come voglio alla torre?
- Esattamente, e dalla torre potrai andare e venire dalla sezione proibita della biblioteca senza scomodare Tobeah.
- Diciamo piuttosto senza incappare nelle sue ire. E gli altri studenti come prenderanno la cosa?
- Che cosa?
- Il fatto che io sia di Hogwarts. I miei abiti e i vostri non sono esattamente simili.
- Non ci avevo pensato. Effettivamente potrebbero nascere sospetti e dissapori, probabilmente. E se tu avessi un completo simile al nostro? Ci sono delle ragazze del settimo anno che hanno la tua taglia, potremo chiedere un vestito a loro.
- No, vorrebbe dire coinvolgere altra gente, ed è l’ultima cosa da fare. E di cucirne uno io non se ne parla. Sono troppo conosciuta come volto, e anche se mi, diciamo, travestissi da studentessa di Ullrarc, mi scoprirebbero subito, aggiungendo sospetti a sospetti. Bisogna trovare qualcosa di più semplice e che non dia nell’occhio.
- Più semplice del vestito? Non c’è nulla che possa coprire un vestito che non sia un altro vestito.
Gli occhi di Ellyson si illuminarono.
- Ottima idea, Hilde.
La giovane la guardò con fare stupito, non capendo il motivo dell’esultanza.
- Scusa?
- Un mantello o altro quando entro. Se per entrare da voi prima uscissi dal portone principale con un mantello, e poi rientrassi dopo poco, una figura ammantata proveniente dall’esterno che si dirige alle sue stanze senza toglierselo perché ancora intirizzita dal freddo sarebbe giustificato, e nessuno sospetterebbe nulla.
- Bellissima idea. Non ci avevo pensato. Sei un genio, una Ullrarc mancata, fidati.
- Grazie. – sorrise la giovane. Immaginò che quello che le aveva detto era il complimento più simile a quello che ad Hogwart davano paragonando qualcuno a un Ravenclaw. Sorseggiò, imitando l’amica, la tisana. - Stupenda. Mi dovrai dare la ricetta.
- Certamente. Allora, pensi che approfitterai della biblioteca?
- Oh, ci puoi scommettere tutte le cioccorane del mondo. Ho un paio di curiosità che mi voglio togliere, ma credo che prima di tutto dovrò fare un corso accelerato di rune, visto che molti libri sono scritti in quella maledetta lingua.
- Ti capisco, ma come pensi di fare? Non so ad Hogwarts, ma qui gli incantesimi di memorizzazione sono proibiti e bloccati dalle pareti della scuola stessa. Se ne tenti uno scatta una sorta di Caterwauling Charm e fidati, che tutta la scuola sappia che hai infranto le regole non te lo consiglio.
- Già fatto fin troppe volte, una in più non cambierebbe, ma non voglio che lo sappiano tutti. - pensò Ellyson, quindi sorrise. - Credo di avere quello che fa al caso mio.
- E come farai?
- Te lo farò vedere, e se ti interessa, te lo lascerò in regalo. Una sorta di scambio tra il tuo glifo e il mio sistema. Solo usalo con discrezione, è proibito nella mia scuola, come credo anche nella vostra.
- Se può servirmi per imparare meglio e più alla svelta, ben venga.
- Hilde, prima di continuare, non ti stai esponendo troppo? Prima il glifo, ora io che ti propongo stupidamente questo aiuto diciamo illegale. Se venissi scoperta, se io mi facessi beccare, finiresti nei guai.
- Non molto, tranquilla. Nel caso, direi che mi ha estorto le informazioni con la forza.
Il volto di Ellyson si fece duro.
- Le hai pensate proprio tutte, eh? - chiese falsamente irata.
- E’ il mio mestiere di studente pensarle tutte, e poi noi di Ullrarc siamo specialisti nel pensare.
- Sembrerebbe anche nel creare piani contorti. Non tutti, considerando il suo stupido spasimante, ma devo ricordarmi che per quanto simpatici, sono maghi di una scuola ben diversa dalla mia. – pensò in tono accigliato, senza però farlo vedere.
Le due giovani chiacchierarono a lungo, finché, al secondo sbadiglio di entrambe, si diedero la buonanotte, e si diressero ognuna alle rispettive stanze.
La maga cadde in un sonno profondo pochi minuti dopo essersi cambiata di abito magicamente, avendo controllato di inserire un piccolo biglietto, con scritto quello che Hisser doveva recuperare dalla soffitta e in fondo un semplice grazie.

Stava correndo. Era una corsa disperata, affannosa, eppure si rendeva conto di andare pianissimo, di essere poco più veloce di una lumaca.
Accanto a lei le urla della battaglia e gli strepiti degli incantesimi che colpivano i loro bersagli o venivano deviati le riempivano la testa di una cacofonia roboante che alla fine il suo cervello si era rifiutato di analizzare, divenendo solo un rumore di sottofondo indistinto eppure molto fastidioso, quasi nauseante.
Doveva raggiungere la Stamberga Strillante, doveva farlo prima di qualsiasi altra cosa. Era in gioco la sua vita. La sua e quella di tutti gli altri, e doveva farcela.
I suoi occhi registravano dei movimenti da tutte le parti, mentre correva per i corridoi di Hogwarts. Pezzi di pareti erano solo macerie lungo i lati, i drappi rotti penzolavano mossi dal freddo vento che si era levato, e luci e suoni degni di uno spettacolo di fuochi di artificio o di una famiglia di Petardi cinesi decisa a dar spettacolo illuminavano a giorno il cielo sopra la Foresta Proibita o i giardini dove Silente riposava tranquillo nel suo sonno senza risveglio.
Eppure lei sapeva che il nero, un nero profondo e freddo si stava avvicinando, stava consumando tutto, e piccoli lembi di tentacoli neri, striscianti e gelidi stavano lentamente, ma inesorabilmente, coprendo il mondo. Vide alcuni drappi neri iniziare ad intrufolarsi nelle pareti, sul pavimento.
Urlò mentre correva ancora più velocemente, mentre con un balzo superava il corpo accasciato di un compagno, un Deatheater dalla maschera rotta a causa dello schiantesimo che lo aveva colpito in piena faccia. Il suo piede emise un suono viscido e bagnato mentre attraversava una pozza di liquido rosso e caldo, proveniente da un cadavere poco lontano.
- Lupi mannari. - le disse la mente. - Almeno è morto per non soffrire in eterno.
Si stava avvicinando al nero, sentiva che era sempre più forte, sempre più presente. Le strade di Hogsmeade erano un campo di battaglia non meno che le aule di Hogwarts, e lei stava facendo di tutto per non doversi fermare a combattere, sebbene quasi senza accorgersene aveva schiantato chi le si parava davanti, amico o non amico che fosse. Ormai per lei c'era solo lui, e il morso gelido attorno al suo cuore nel momento in cui il Signore Oscuro aveva informato tutti mentalmente con un'immagine orribile.
- Non può essere vero, non ci posso credere. Fa che non sia vero, non ancora, fa che io possa fermare ciò che vuole fare. - pregò un dio sconosciuto che in fondo al cuore lei sapeva non l'avrebbe ascoltata. Il buio che aumentava ne era una riprova.
Rallentò, le gambe pesanti quanto il cuore, vedendo la locanda. Tutto era quiete attorno, tutto era troppo tranquillo.
La Stamberga trasudava morte.
Calde lacrime rigarono il volto sporco di polvere di Ellyson, lasciando due strisce chiare che la fecero assomigliare ad una straziante Pulcinella.
I suoi piedi si fermarono.
Singhiozzò una volte, poi un'altra e un'altra ancora.
Riprese a correre, così forte che il cuore la malediceva ogni volta che batteva contro le costole, come pronto ad uscire.
E lei pregava che fosse così, che la abbandonasse e con lui i sentimenti che stava provando. Era tardi, era troppo tardi.
Dal locale vide uscire correndo una figura che si allontanava velocemente dandole le spalle e che lei riconobbe immediatamente. Come non riconoscere quei capelli ribelli, quel cespuglio idiota che era uno dei tanti marchi di infamia di Potter.
Entrò nel locale e lo vide. A terra, esangue. Mille domande si affacciarono alla mente della donna, ma lei le cacciò correndo verso Snape, verso il suo corpo ancora caldo, il sangue, uscito dalla ferita al collo, ancora liquido sul pavimento.
Cadde in ginocchio mentre gli sollevava delicatamente la testa e se la poggiava in grembo, le mani ad accarezzargli la fronte e a sistemargli un ciuffo di capelli fuori posto.
- Odiavi quando te li scompigliavo... - rise piangendo. - Chissà come sarai arrabbiato quando ti sveglierai. Hanno rovinato la tua veste e tutto il resto. - gli disse sussurrando, dondolandosi lentamente come se stesse coccolando un bimbo.
L'ombra nera si fece sempre più densa, riempiendo tutta la sua visuale, finché non rimasero lei e lui, sospesi in un buio vuoto pieno di freddo nulla.
- Tardi.
Ellyson guardò il buio, cercando chi aveva parlato.
- Sei arrivata tardi.
- Non è vero. Ho fatto tutto quello che potevo. - rispose urlando alla voce che proveniva da attorno a lei.
- Non hai fatto nulla, e sei arrivata tardi. Guardati. Hai tradito i tuoi compagni, hai tradito me, che non ero solo un tuo compagno, ma il tuo amore, il tuo vero unico amore, dicesti una volta a te stessa. Eppure per il tuo amore non hai fatto nulla. E cosa potresti mai fare di buono nella tua vita allora?
- Sei ingiusto. Non è vero che ti ho tradito. Sono qui con te, accanto a te, al tuo corpo.
- Vero, ma un corpo vuoto, senza anima, spento.
- Non potevo fare altro.
- Forse.
- Perchè dici così?
- Io sono morto, tu no. Non dovevamo dividere tutto, nei tuoi fanciulleschi pensieri di studentessa innamorata prima e di maga innamorata poi?
Ellyson pianse, bagnando con le sue lacrime il viso pallido, composto nella morte come nella vita, di Snape.
- Rispondimi.
Lei ebbe solo la forza di annuire nel vuoto.
- Quindi perchè io non sono vivo o tu non sei morta?
- Severus, io... - singhiozzò.
il nero pulsò, facendosi più vicino. Lei si strinse ancora di più il cadavere tra le braccia.
- Mi hai tradita, hai perso la mia fiducia.
- La battaglia, nella battaglia io... io ti ho perso.
- Esatto, mi hai perso.
Il buio si contrasse.
Ellyson spalancò gli occhi, madida di sudore.
- Maledetti incubi. - mormorò tremante mentre calde lacrime si rifiutavano di rimanere nei suoi occhi.

La maga uscì dall’aula con i capelli madidi di sudore, come gli altri studenti del settimo anno, quasi tutti di Tyrswurd.
- Per la barba di Merlino, la prossima volta meglio mettersi contro un intero stormo di arpie che contro Mortunef. - borbottò un ragazzo asciugandosi la fronte con la manica.
- Davvero. Ha una padronanza degli incantesimi incredibile, oltre al fatto che è un guerriero provetto. Nessuno lo ha mai battuto in un duello né con la bacchetta che con l'arma bianca.
- Ma noi siamo sopravvissuti. - controbatté il ragazzo al suo compagno che gli aveva risposto.
- Certo, ma hai visto benissimo che lui si stava bloccando. E comunque direi che la sua idea di capire prima come difendersi e poi come usare un incantesimo non sia poi così sbagliata...
- Effettivamente. Credo che se tentassi di farlo io, prima di finire quell'incantesimo basato sul calore sarei già bruciato come una foglia secca nel lago del Fenrir.
Ellyson si allontanò perdendo il resto della conversazione, e si diresse alla sua stanza per un veloce cambio di abiti e una rinfrescata. Aveva usato il suo migliore incantesimo di difesa, eppure anche lei aveva sentito il calore provenire dal mago, e si era resa altresì conto che quello che aveva sentito non era che una piccola parte del potere dell'incantesimo, se lanciato intenzionalmente contro una persona.
- Ora ho del tempo libero, e credo che inizierò a riempirlo con dei buoni libri in biblioteca. Iniziando dalle cose facili. Io devo trovare l'Occhio di Odino, ma a parte sapere chi era Odino e che aveva un occhio solo perchè l'altro l'aveva venduto, non ne so molto. Direi di iniziare a prendere qualche informazione sul nostro amico orbo. - borbottò mentre si lavava la faccia nel catino di acqua fresca appena creata. – Storia della mitologia nordica magica e babbana non era in cima ai miei pensieri dopo essere uscita da Hogwarts.
Indossato il mantello, uscì nel cortile per un minuto, facendo alcuni passi verso le stalle dei daymare, di cui sentiva gli strani versi, simili ad un incrocio tra nitriti e scricchiolii di ossa, quindi tornò sui suoi passi e rientrò nella scuola, il mantello già puntinato di neve fredda e soffice, e con passo sicuro si diresse nella torre degli Ullrarc, liberandosi però del mantello solo su uno degli appendiabiti lignei che stavano all'ingresso della sezione proibita.
All'interno, vari studenti stavano studiando o ricopiando pezzi di libri, e nessuno fece caso a lei mentre si aggirava un attimo in uno dei gironi intermedi della stanza.
- Odino. - pensò fissando uno dei libri, un trattato di veleni.
Il mondo vorticò attorno a lei per un istante, quindi si fermò, provocandole un leggero conato di vomito simile ad una Smaterializzazione, e lo scaffale davanti a lei mostrò in ordine alfabetico tutta una serie di libri sul re degli dei secondo la mitologia nordica.
Leggendone velocemente i titoli, capì che aveva commesso un piccolo errore, e sorrise con una smorfia.
- Testa di Potter, Ellyson. Sei nella biblioteca proibita, come pensi di poter trovare qualcosa di generale su Odino? A meno che non intendi come generale come invocarlo, oppure come fare il suo stesso percorso iniziatico per ottenere la piena consapevolezza della magia. Interessante, ma non credo che starei bene con una benda sull'occhio.
Sospirando tornò sui suoi passi verso l'uscita e rientrò nella biblioteca dall'entrata normale, immediatamente guardata di traverso dal bibliotecario, forse per quello che le aveva fatto, forse per il fatto che, unica studentessa presente, lo aveva svegliato dal suo riposo, la testa a ciondolare sul petto a pochi centimetri dal piano della sua scrivania.
- Prometto che non sono venuta per combinarle scherzi, Mastro Tobeah.
- Ah, disse Loky a suo fratello. - borbottò lui a braccia incrociate.
- No, davvero, sono venuta in pace. Anzi, se mi è concesso, le chiederei una gentilezza.
- Quale? - chiese lui iniziando a muoversi lentamente e con passo incerto verso di lei.
- Cerco qualcosa su Odino. Nulla di particolare. La sua vita, le sue imprese. Mi interessa sopratutto la storia di come ottenne la magia.
- Le rune. Lui ottenne la conoscenza, il potere delle rune, della scrittura, e poi quello della magia come derivato. Comunque, a patto che lei rimanga sempre in vista, le potrei anche dare una mano.
Chiuse gli occhi per un secondo, come addormentato, quindi borbottò qualcosa di inintelligibile.
- Mi perdoni, ma non ho capito.
- Terzo scaffale a destra, secondo ripiano, il sesto libro da destra. - disse irritato scandendo le parole. - Eventualmente anche il settimo e il nono del ripiano inferiore, ma da sinistra.
Senza aspettare una reazione da parte della maga, tornò alla sua sedia e chiuse di nuovo gli occhi, tornando a sonnecchiare tranquillamente.
Ellyson prese i libri che Tobeah le aveva indicato, e iniziò a leggere il primo, seduta poco lontano da lui, così da mostrare che era solo una diligente studentessa.
Non che, dal volume del russare del vecchio, dove si fosse seduta gli fosse potuto importare qualche cosa.
Fortunatamente i libri erano in inglese, una ottima traduzione dagli originali, sebbene in stile aulico, per cui la donna ebbe alcune difficoltà in certi passaggi, ma il significato era più che chiaro, e sebbene ci fossero leggere discordanze nelle differenti versioni, il quadro di insieme che se ne otteneva era ben chiaro e non stirdeva con il poco che si ricordava dalle scuole.
- Odino era un dio egualmente saggio e irruento, quasi a volte comandato dalle sue stesse passioni. – pensò cercando di farsi un riassunto mentale che le sarebbe stato eventualmente utile in futuro. – Un po’ come Zeus, di cui ha anche altri tratti, come il comandare il fulmine. Come lui anche Odino era padre di tutti gli dei, ma come discendenza diretta aveva solo i due figli Loky e Thor. Uno l'opposto dell'altro. Loky era una fonte inesauribile di astuzie e cattiverie, oltre che dio del fuoco, ma alla lunga sembrava quasi una sorta di pagliaccio, in quanto ogni volta il grande e potente Thor lo batteva o gli rovinava i piani, sempre osannato da Odino per quello che faceva. Insomma, i Gryffindor con Silente. Avevo iniziato a tifare segretamente per il dio del fuoco mentre leggevo di questo o quel fatto, anche se l’impressione che ho avuto è che tutti gli dei coinvolti nelle saghe qui non siano degli stinchi di santo. Sembrano invece l’estremizzazione di un lato del carattere umano. Forse è una cosa voluta. – si domandò riprendendo il filo dei suoi pensieri. – Comunque… le vicende di Odino si spostarono sulla sua ricerca della conoscenza, un desiderio simile ad un fuoco inesauribile che lo consumava perennemente come l'ardemonio, finché non giunse all'albero della conoscenza, dove ai suoi piedi tre megere filavano, tessevano e tagliavano i fili dell'esistenza del mondo. E qui di nuovo non posso ripensare come anche nella mitologia greca esistano le Parche. Chissà chi ha copiato da chi? – sorrise, chiudendo l’ultimo libro e chiudendo gli occhi per rilassarsi e concentrare la mente contemporaneamente. - A loro chiese consiglio, e loro le dissero che per un occhio gli avrebbero svelato il segreto per ottenere ciò che voleva. Egli acconsentì e stette per un tempo indefinito legato a testa in giù, al pari dell'appeso dei tarocchi babbani, finché non ebbe una sorta di rivelazione, e ancora più potente di prima, tornò ad Asgard, la casa degli dei.
A corollario di quello che aveva letto direttamente di lui, si ricordò che usava due corvi per sapere tutto del mondo, aveva una speciale lancia e uno strano cavallo, maledettamente simile ai daymare e il cui nome era identico al capobranco citato da Nok il giorno in cui era entrata con lui nella stalla.
- Quindi alla fine l'occhio di Odino è qualcosa legato davvero alla forma di occhio, visto che lui ne ha perso uno. Questo torna con le informazioni della McGonagall. Il problema adesso è capire dove può averlo messo, se lo ha riposto da qualche parte o se lo tiene con sè, e che dimensioni ha. Un dio che grandezza ha? E' minuscolo o enorme? Non vorrei che l'occhio sia una sfera grande come una montagna o piccola come un granello di sabbia... – pensò, incerta se iniziare a leggere attentamente un altro libro, che, a prima vista, sembrava citare se non ripetere le stesse fonti degli altri. Decise di evitare di stancare ulteriormente gli occhi, propensa a cercare invece qualcosa di totalmente differente come approccio, magari testi relativi più nello specifico al periodo passato appeso all’albero della conoscenza, ma i suoi intenti si scontrarono con un rumore che riconobbe immediatamente. La sua pancia aveva brontolato. La clessidra alle spalle del bibliotecario segnalava che era pomeriggio da alcune ore.
- Per Merlino, ho saltato il pranzo. E adesso? - si domandò guardandosi attorno per un istante. - Cosa?
Sulla scrivania di Tobeah c'erano i resti di un frugale pasto e un boccale di birra.
- Quindi la magia la sa ancora usare, il vecchietto. Altro che Squib. Quando gli serve se la ricorda. – sorrise, scuotendo la testa.
Prese i libri, li rimise al loro posto e uscì. Dirigendosi alla sua stanza, pregò che come nelle Case di Hogwarts, anche nelle torri delle Orde ci fossero sempre degli stuzzichini e altre schifezze simili che attentavano alla linea e all'integrità morale dello stomaco delle studentesse.
Ebbe fortuna, e fece smettere di brontolare la propria pancia, appena dopo essere entrata nella torre degli Ullrarc, con un congruo numero di crostrini e due boccali di quello che sembrava sidro di mele, osservata dallo studente a cui aveva salvato la vita.
- Per il Fenrir, eri decisamente affamata. Non ti ho visto a pranzo effettivamente.
- Troppo impegnata nello studio, Noren. E tu come stai? Tutto bene?
- Grazie a te sì. Il braccio è ormai perfetto, e ho ripeso le lezioni normalmente. Vedo che hai trovato il modo di sfruttare il nostro trucco delle Orde. Ne sono felice. Spero di vederti spesso.
- Lo spero anche io. Giuro, onde evitare di spazzolarvi ogni volta gli stuzzichini, se avessi bisogno di un po' di cibo, come funziona qui? Da noi ci sono gli elfi domestici, ma qui?
- Ah, non sai dove è la cucina, giusto. Se hai fame, vai alle cucine della scuola e chiedi quello che ti serve ad uno dei nani che ci sono là.
- Perfetto. Allora vado a cercarle.
- Se vuoi ti accompagno.
- Grazie, come se avessi accettato. Preferisco fare un giro da sola, e poi mica posso perdermi, no? Dimmi solo in che direzione rimangono.
- Sono un piano sotto l'infermeria. La scala che hai fatto per raggiungermi quando ero ancora convalescente, ma scendi ancora e poi giri a sinistra per i primi due corridoi che trovi, poi a destra e sei arrivata.
- Semplice. Sinistra, sinistra, destra al piano sotto l'infermeria. Perfetto. Grazie Noran.
Non era certo la fame a spingere la maga per i corridoi di Durmstrang, quanto la possibilità di scoprire da sola la scuola senza destare troppi sospetti. Se qualcuno le avesse chiesto qualcosa, stava cercando la cucina.
I piani superiori erano semplici, li aveva già memorizzati perfettamente. Le mancavano le torri, ma non aveva modo di penetrarvi se non in una, e sicuramente non tutti i livelli.
La scoperta dei sotterranei era per lei una nuova e interessante attività.
Soprattutto il lucchetto del deposito di ingredienti per il corso di Pozioni.
   
 
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