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Autore: Niglia    15/05/2010    3 recensioni
Una raccolta di piccoli episodi - alcuni più o meno brevi di
altri - sull'infanzia "vampiresca" di Kaname e Yuuki Kuran.
Mi sono sempre domandata come dovessero averla trascorsa... Spero di
avervi incuriosito abbastanza ^^
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaname Kuran, Yuki Cross
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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              copertina

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La bambina dai lunghi capelli ramati, un vestitino color panna ornato di pizzo e un peluche a forma di coniglietto stretto in una mano, era ben consapevole di essere in procinto di fare qualcosa di assolutamente proibito.

Suo padre le aveva ripetuto più volte di non entrare in quello che era il suo studio, per via di ragioni che la sua giovane mente non riusciva ancora a comprendere. Dopotutto non aveva nessun motivo di andare nelle stanze dei grandi – tutti i suoi balocchi erano in camera sua.

Ma a sei anni la curiosità è troppo forte per poterle resistere…

Per l’ultima volta si guardò intorno, controllando che il corridoio fosse deserto. Perfetto, non c’era nessun’altra anima viva oltre lei. Con un sorrisetto furbo a dipingerle le labbra a forma di cuore, la bambina si sollevò sulle punte dei piedi e si aggrappò alla maniglia di bronzo della porta, tirandola verso il basso e osservandola emozionata mentre si apriva.

Strinse forte il peluche al petto e, senza attendere oltre, corse dentro lo studio.

La porta si richiuse alle sue spalle, ma ormai non le importava.

Aveva l’impressione di trovarsi nel Paese delle Meraviglie, malgrado non conoscesse la maggior pare degli oggetti che si trovavano al suo interno. Qualcuno tuttavia lo riconobbe, e si avvicinò tutta compiaciuta per osservarli meglio da vicino.

Ecco, quello era un mappamondo – la mamma le aveva spiegato che serviva per trovare un luogo preciso sulla Terra, e tutto semplicemente facendolo ruotare. In questo modo, anche se lei non era mai uscita da casa sua, aveva visitato quasi mezzo mondo semplicemente guardando su un globo di legno!

Divertita lo toccò con la mano e gli diede un leggero colpetto, osservandolo mentre roteava velocemente davanti ai suoi occhi luccicanti.

Si stancò ben presto di quel balocco e si allontanò, andando alla ricerca di altri gingilli simili.

Un’intera parete era occupata da libri, montagne di libri – addirittura più di quelli che aveva nella sua cameretta, che ingiustizia! Ma le rilegature, grosse e dai colori cupi e minacciosi, la fecero ben guardare dall’avvicinarsi: di certo non si trattava di nulla di interessante.

In un angolo vi era un camino acceso, immenso, così alto che avrebbe potuto contenere senza sforzo una persona adulta in piedi! Lo osservò ammirata, infastidita nell’averlo trovato acceso – se fosse stato spento, le sarebbe piaciuto entrarci. Pazienza.

Ma le cose davvero importanti si trovavano, ovviamente, sopra la scrivania del suo papà.

Salterellando la raggiunse, ma si accorse di essere troppo bassa per poter vedere quello che vi era sopra. Abbandonò allora, con un vago senso di colpa, il suo pupazzetto, lasciandolo per terra e cercando di arrampicarsi sopra la poltrona in pelle dello scrittoio. Ansimò – era davvero molto alta! – ma alla fine fu sopra. Sorridendo si inginocchiò e si appese sul bordo della scrivania, osservando i tesori che essa custodiva.

Oh, non aveva mai visto simili oggetti. Erano lunghi pezzi di metallo che brillavano alla luce del fuoco, producendo dei bellissimi arcobaleni di luce contro la parete. Sulla sommità c’era dell’oro e, come ultimo ornamento, delle pietre preziose incastonate. Sembravano coltelli – come quelli che usava per mangiare – ma erano molto più grandi e oh, più pesanti!

Allungò una mano e, curiosa, ne prese uno, cercando di trascinarlo – visto che non lo poteva sollevare – verso di sé. Le sue dita incoscienti sfiorarono però il filo della lama e la piccola, con un gemito di dolore, la lasciò subito andare.

Sollevò la mano davanti agli occhi e vide, tra il velo delle lacrime, che sanguinava.

E adesso come l’avrebbe detto a suo padre? Aveva sporcato i suoi tesori con il suo sangue!

Improvvisamente la porta si aprì e la piccola, prima ancora di vedere chi potesse essere, saltò giù dalla poltrona e si nascose sotto la scrivania, rimpiangendo di aver abbandonato il suo peluche chissà dove, proprio ora che ne aveva bisogno.

Sentì dei passi lenti, cadenzati, venire verso di lei, attutiti dal tappeto che ricopriva tutto il pavimento. Strinse forte gli occhi e si morse le labbra, cercando di non piagnucolare per evitare di essere scoperta, e tutto ad un tratto il rumore di passi cessò.

«Yuuki?» Una voce, ben nota, la stava chiamando. «So che sei lì dietro, Yuuki… Esci, da brava.»

Trattenendo a stento le lacrime che minacciavano di scorrerle lungo le guance, la piccola Yuuki uscì gattoni da sotto la scrivania, stando ben attenta a non poggiare la mano ferita per terra un po’ per evitare di macchiare il prezioso tappeto di sangue e un po’ per ridurre il dolore. Si mise in piedi, spolverandosi il vestitino con la mano sana, e attese con il capo chino una bella sgridata da parte del suo caro fratello maggiore.

Sapeva di aver disubbidito, e non aveva intenzione di nascondersi oltre. In fondo se lo meritava.

Tuttavia, le parole di onii-sama furono molto differenti da quelle che Yuuki si aspettava.

«Ti sei fatta male, piccola Yuuki…?» Domandò con estrema dolcezza, avvicinandosi a lei.

La bambina sollevò il viso sul fratello, sorpresa. «Onii-sama…» Mormorò, con un singhiozzo.

Il ragazzo, un giovane sui tredici anni, molto alto e maturo per la sua età e con uno sguardo colmo di tenero affetto nei confronti della sorellina minore, si inginocchiò di fronte a lei, prendendole la mano ferita tra le sue.

«È per questo motivo che otou-sama non voleva che entrassi qui.» Spiegò pacato, guardandola dritto negli occhi. «Eppure tu hai disubbidito…»

«Mi dispiace, onii-sama.» Sussurrò la piccola, distogliendo lo sguardo.

Inaspettatamente, poi, il ragazzo sollevò la sua mano ferita e se la portò alle labbra, dischiudendole e leccandole gentilmente il sangue che ancora non aveva smesso di scorrere. Yuuki sgranò gli occhi, stupita, senza osare dire una sola parola, ma ciò che più di tutto la lasciava basita era che il dolore del taglio profondo iniziava a diminuire man mano che suo fratello ne sorbiva lentamente il sangue.

Dopo un tempo che le parve infinito il ragazzo cessò di leccare, osservando vagamente compiaciuto la ferita che si era ormai rimarginata.

«Ecco,» disse, mostrandole la mano tornata sana. «Ti fa ancora male?»

Yuuki scosse piano la testa, nascondendo la mano dietro la schiena. «No, Kaname-sama. Grazie.»

Il ragazzo accennò un sorriso, accarezzandole teneramente i capelli; poi le porse il peluche e si alzò, porgendole la sua mano dalle dita lunghe e affusolate. «Andiamo ora, Yuuki.»

La bambina esitò prima di stringergli la mano, ma poi osò domandargli: «Lo dirai a otou-sama?»

Kaname fece un cenno di diniego con il capo, sorridendole. «No, sarà il nostro piccolo segreto. Ma tu devi promettermi che la prossima volta farai la brava e non gli disubbidirai più. Va bene?»

Infine sollevata, Yuuki annuì. «Certo, onii-sama! Farò la brava.»

Il ragazzo annuì, dopodichè condusse la sorellina trotterellante fuori dallo studio proibito del padre.

 

Aveva ancora il sapore del suo sangue sulla lingua…

Era la prima volta che lo assaggiava, eppure, si disse, non sarebbe mai riuscito a scordarlo.









   
 
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