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Autore: bea_s    17/05/2010    2 recensioni
Prima storia, dedicata a ross-ana. Buona lettura! Parte della storia: Chi mi rispose non era ‘colei’ a cui mi ero rivolto e avevo donato il mio cuore, interamente. La conoscevo quest’altra voce, la conoscevo... da due anni. Ma non era la voce che volevo sentire, no. Io volevo sentire la ‘lei’ alla quale avevo pronunciato queste parole e che adesso si stava dileguando con un sorriso amaro, come a dirmi: “é tutto finito, ora va dalla tua lei, noi non ci possiamo appartenere per sempre.” Ma io ‘la’ volevo,’la’ volevo. E come aveva fatto poi Jade ad entrare nel mio sogno? Nel mio angolo di speranza e amore? Dove solo io e ‘la mia donna misteriosa’ potevamo vivere felici?.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Felton
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve! E’ la mia prima storia e la dedico a ross_ana che ho conosciuto su efp nella sezione twilight e che mi ha ispirata soprattutto con la sua fissa per Tom Felton! Inoltre mi ha incoraggiata a pubblicare questa one-shot,aiutandomi con qualche correzione.
Mi scuso in anticipo per i fan della coppia classica: Tom Felton e Jade Olivia (attuale fidanzata)! Però in fondo: non è il desiderio di ogni fan dell’attore quello di poter essere al posto di Jade? Beh, se qualcuno leggerà mi auguro che piaccia: ci vediamo sotto! (un commentino please!) ^_-

PS Il link della canzone qua riportato si riferisce a “ we belong “ di Tom Felton....leggendo la storia capirete perchè ho scelto di mettere questo brano.










=”YOU, GIRL OF MY DREAMS: ‘WE BELONG’ FOREVER!”=



Sentì che si stava allontanando da me,dal mio abbraccio, aveva smesso di baciarmi. Se avessi permesso che si staccasse da me l’avrei persa ancora e chissà quando l’avrei più rivista. “Ti prego continua, stammi vicina, non te ne andare... io... io... ti amo.”

“Ma certo che ti sto vicina, non me ne vado da nessuna parte Tommy! Va bene, continuerò a farti le carezzine! Sei proprio puccioso, anche io ti amo Tommy, Tommy!”

Chi mi rispose non era ‘colei’ a cui mi ero rivolto e avevo donato il mio cuore, interamente. La conoscevo quest’altra voce, la conoscevo... da due anni. Ma non era la voce che volevo sentire, no. Io volevo sentire la ‘lei’ alla quale avevo pronunciato queste parole e che adesso si stava dileguando con un sorriso amaro, come a dirmi: “é tutto finito, ora va dalla tua lei, noi non ci possiamo appartenere per sempre.” Ma io ‘la’ volevo,’la’ volevo. E come aveva fatto poi Jade ad entrare nel mio sogno? Nel mio angolo di speranza e amore? Dove solo io e ‘la mia donna misteriosa’ potevamo vivere felici?
Non seppi dare risposta ai miei pensieri dato che ad un tratto tutto si offuscò, il mio cuore pianse per la lontananza della ‘mia donna misteriosa’ e poi...


Due occhi, marroni. Davanti a me c’erano due occhi marroni che mi guardavano, teneri. Questa fu la prima cosa che vidi appena mi svegliai. Che strano: un tempo avrei dato oro per vedere queste due pupille scure scrutarmi languide appena sveglio, ma ora... ora sognavo costantemente i ‘suoi’ occhi azzurri; i ‘suoi’ bellissimi, dolci, determinati, profondi... occhi azzurri.
Mi ripresi dai miei pensieri e sorrisi alla mia Jade, mia oramai da ben due anni. Non che la cosa mi dispiacesse, ma come si sa, le persone cambiano e a me così era successo.

“Hey, Jade! Buongiorno amore, già sei sveglia?”
“Si, pucciosetto! Non facevi altro che parlare nel sonno così ho pensato di svegliarmi e coccolarti un pò!”
“Parlare? E che dicevo?” Oh, cazz... ehm... per la barba di Silente!
“Dicevi che non volevi che me ne andassi, che continuassi... che mi amavi... hihi! Che tenero che sei! Ma che cosa stavi sognando su di me esattamente?”
“IO? Ahm, ehm... mah, che non potevo fare a meno di te, sei così bella...”
“Che tenero!!!!!!!” e mi saltò addosso riempiendomi di baci.

Facemmo così l’amore. Era già mezza nuda, così mi bastò poco per spogliarla e cominciare ad accarezzarla e riempirla di coccole, lei però non era molto incline a tutto ciò. Era più una tutto sesso sfrenato e poco romanticismo. Ammetto che a me non era mai dispiaciuto, dato che ero sempre stato il cattivo ragazzo della situazione. Però era da un pò di tempo che mi lasciavo andare a queste cose un pò sdolcinate di cui prima non me ne fotteva un cazzo minimamente.
Jade i primi tempi si stranì quando vide il mio cambiamento da uno rude e macho a uno più coccoloso... però adesso, per amore o per non so cosa, si era adattata lasciandomi il mio spazio per amarla a modo mio, con carezze sensuali e baci appassionati lungo tutto il corpo.
Poi, quando capii che si sarebbe rotta, ricominciammo con il nostro sesso sfrenato che tanto aveva caratterizzato il nostro rapporto.
Dopo che venne, prima lei e poi io (era da qualche mese che ci mettevo un bel pò prima di venire, quando lo facevo con lei); ci stravaccammo sul letto in attesa di riprendere fiato.
Lei si riprese per prima e mi chiese se poteva portare la colazione a letto dato che era da tanto che non la facevamo lì. Io acconsentì e lei con un bacio languido mi lasciò sul letto ad attenderla mentre prendeva la colazione. Vidi che si era alzata nuda e che si dirigeva verso la porta con movenze volutamente provocanti. Era tipico di lei. Adorava quando la mangiavo con gli occhi e lodavo la sua bellezza ogni momento. Anche se credo che ultimamente lo facesse più per attirare la mia attenzione su di se visto che mi vedeva sempre più distante.

Ricordai, steso sul letto, la prima volta che la vidi alle riprese di Harry Potter: così agile, così superba e fiera; era oggetto di desiderio di molti. Il mio primo pensiero fu: cazzo, non sarà mai mia. Ed eccoci qui, da due anni, felicemente fidanzati, o almeno così pare.
Per carità, io l’amavo e lei amava me, però era diverso. Mi fu difficile spiegarlo persino a me stesso, ma quando stavo con lei, non sempre ero io al 100%, ecco. Ad esempio... quando questa mattina le avevo mentito sul mio sogno... Sì, perchè non avevo sognato lei, ma ‘un’altra’. Purtroppo era da Gennaio che ‘la’ sognavo e calcolando che eravamo ad Aprile erano ben 4 mesi che questa ‘ragazza dagli occhi azzurri’ popolava i miei sogni. Non sempre ovviamente, ma spesso: tre volte la settimana di sicuro.
Non volevo dire nulla a Jade perchè avrei rovinato il mio rapporto con lei; come avevo già ribadito più volte al sottoscritto come un mantra: io amavo Jade e lei amava me, stop. Però questo non mi impedì di andare dalla mia psicologa di fiducia, Scivales B., che conobbi per la prima volta quando, dopo aver interpretato Draco Malfoy in Harry Potter, tutta quella fama mi aveva messo una certa inquietudine. Mi aveva molto colpito il suo modo di psicoanalizzare le persone: schietto, stravagante e allegro.

Cominciai così ad andare alle sue sedute dagli inizi di Marzo, una o due volte ogni 14 giorni (per non far insospettire Jade), con il fine di parlarle della ‘ragazza misteriosa’.
Alla Scivales,o Bea come preferiva farsi chiamare lei, - perchè non voleva sentirsi più vecchia di quanto non sembrasse-, ogni volta le raccontavo dei miei sogni che puntualmente, come da lei raccomandato, scrivevo su un quadernetto.
Oggi stesso sarei dovuto andare alla mia quinta seduta ed era positivo il fatto che proprio questa notte avessi sognato la mia ‘lei’.
La Scival... cioè Bea... sosteneva che questa ragazza che popolava i miei sogni compensasse alle mancanze di Jade, e cioè a quello di cui io avevo veramente bisogno. All’ultima seduta mi aveva congedato con una frase che mi lasciò molto pensare: “Alle volte le persone hanno tutto ciò che si può desiderare, ma non ciò che desiderano veramente” e anche se mi fece arrabbiare da matti ammetterlo, questa frase in parte c’entrava con me.

“Oi Tommy! Eccomi qui! Che hai? Sei tutto corrucciato!” Mi sorprese dai miei pensieri una Jade nuda che teneva il vassoio con la colazione. Perso nei miei pensieri mi ero scordato di lei.
“No, nulla, sai... cose di lavoro che devo fare... ma com’è tutta dolce oggi? Ti sto proprio trasformando, eh? Ehehehe!” Ed era vero.
Prima non eravamo così dolci, ci piaceva prenderci a parolacce ed essere molto passionali l’uno con l’altra, ma da quando ero cambiato, lei pure piano piano l’aveva fatto. Peccato che mentre io ora adoravo le parole dolci e i gesti premurosi, sapevo bene che lei odiava tutto ciò, ma lo faceva per me. Comunque si stufava subito e alle volte mi chiedeva il motivo del mio cambiamento, oppure mi pregava, qualche volta, di fare del sesso più rude.
Ma io proprio non ci riuscivo più: 'la ragazza misteriosa mi aveva cambiato'.

“Si! Uffa, guarda, non mi sopporto sai? Però se a te piace... io possho fare la zuccherosha!” mi disse imitando in un fottuto modo una bambina dolce.
“No dai, non sei obbligata, comunque su, mangiamo che sennò si raffreddano i cornetti” le dissi per cambiare argomento. Infatti non sapevo più che cavolo dirle! Cosa avrei dovuto fare? Accennarle che in realtà mi comportavo esattamente come facevo con la ‘ragazza misteriosa’? Che quando ero dolce, era solo la ‘sua’ eccitante voce che volevo sentire? La ‘sua’ inimitabile voce calda e allegra... NO; non potevo dirglielo.
Dovevo smetterla di sognare questa ‘ragazza misteriosa’, cazzo! Per questo andavo dalla psicologa Bea. Io stavo con Jade e ci stavo bene, punto. Ok, non da sballo, ma si sa: la vita non è perfetta.
Mangiammo insieme e lei mi raccontò dei suoi provini da stuntman per un film, io invece di quello che oggi avrei dovuto fare a lavoro.
“E con la musica come va?” mi chiese con interesse forzatamente accentuato.
Strano come la stessa domanda mi fosse stata fatta poche ore prima, in un altro mondo, in un altro modo e da un’altra persona, e che quella stessa domanda mi avesse suscitato sensazioni diverse in base alla ragazza che me lo aveva chiesto. Infatti quando qualche ora fa mi era stato domandato, io avevo risposto con entusiasmo perchè sapevo che ‘lei’ poteva capire il mio amore per la musica e ogni cosa ad essa correlata; Jade invece no. Perciò quando la mia ragazza s’informava sulla mia musica le rispondevo a grandi linee, come sempre, proprio nel modo in cui l’avrei detto ad uno sconosciuto.
Nonostante tutto apprezzavo il fatto che anche se a lei non piacesse la mia musica, mi chiedeva sempre come andavo. Jade difatti adorava fare la stuntman, ballare, le canzoni da discoteca, fare sport estremi e poco altro; perciò le poche volte che riusciva a catalizzare per un pò il suo interesse su di me, mi faceva piacere, anche se sempre meno ultimamente...
Risposi comunque a quella domanda solo per fare un pò di conversazione: “Bene, grazie. Ultimamente sono abbastanza ispirato. Ovviamente ancora non mi sono fatto piacere la musica disco, ma quando accadrà sarai la prima a saperlo!” le dissi in tono scherzoso.
Lei in compenso mi tirò un cuscino in faccia ed io lo gettai a terra buttandomi su di lei per farle il solletico. Cominciò a ridere fino a che ad un certo punto mi fermò con sguardo severo ammonendomi: “Basta Tom, ti prego. Lo sai che non mi è mai piaciuto il solletico. Smettila.” In effetti non le era mai piaciuto... a ‘lei’ invece sì...

Finimmo di fare colazione, ci vestimmo e ci salutammo per andare ognuno a lavorare. Ovviamente la casa in cui eravamo rimasti a dormire era di Jade, perchè i suoi non c’erano. La mia era quasi sempre off-limits dato che avevo ben tre fratelli con tanto di genitori onnipresenti. Comunque quella di Jade era veramente una casa figa: a due piani, bianca, con un balcone enorme davanti alla sua stanza e un giardino abbastanza grande. Aveva anche un gatto, lo aveva chiamato Grattastinchi perchè era color arancione proprio come quello di Hermione. Un pò spelacchiato e snob, ma non era male in fondo. Ci avviammo così: lei a fare dei provini da stuntman, io al lavoro, in teoria. Infatti, sebbene avessi detto a Jade che avevo da lavorare sin dalla mattina, in realtà avrei iniziato alle 15; perciò mi diressi verso la giusta direzione, e cioè dalla mia psicologa Bea.

“Allora Tom, comincia a raccontarmi le novità... dato che l’ultima volta che sei venuto è stato due settimane fa” disse Bea, la mia psicologa: una ragazza occhialuta, alta, mora con sguardo sornione, alle volte un pò svampita e... di origini per metà romane.
Ogni volta che andavo da lei, quel posto mi faceva sempre uno strano effetto: richiamava molto i paesi dell’India con i suoi colori caldi; aveva inoltre molti libri dalla psicologia, alla teologia, alla... vela? E infine molte foto di posti esotici. Mi metteva a proprio agio stare lì, o come diceva lei in romano, mi faceva stare ‘shallo’, cioè tranquillo.
“Beh, dall’ultima volta l’ho sognata tre volte, soltanto.”
“Com’è che dici soltanto?”
“Beh oramai è una presenza importante. Ho bisogno di lei. Quando la sogno poi sono più felice perchè so che sono riuscito ad esprimere me stesso, a stare con lei, a parlare con lei, ad accarezzarla... Anche se sono scontroso e stronzo lei mi capisce e mi adora ancora di più. Lei è come me: forte, ma anche dolce; forse è più forte lei, perchè io ogni volta che smetto di sognarla mi sento... un pò perso.”
“E con Jade invece? Come vanno le cose con lei?”
“Beh, che dire!? Lei alla fine si sta adattando ai miei cambiamenti però io con lei alle volte mi sento a disagio...”
“In che senso?” mi chiese Bea raddrizzandosi gli occhiali e spalancando gli occhi in un modo che mi ricordò tanto la professoressa Cooman in Harry Potter.
“Non so... ad esempio il fatto che io sia più tenero... Mi sembra che lei mi ritenga un fottuto debole per questo fatto... meno macho, ecco. Prima lo ero di più, cazzo. Forse perchè c’è meno passione... forse perchè sono dolce quando sto con ‘lei’, forse perchè lo faccio perchè spero che Jade diventi un pò come ‘lei’ o voglio vedere il confronto... forse perchè con Jade è stato sempre solo un rapporto prettamente fisico mentre con ‘lei’ invece è qualcosa di... oh santi numi! -sospirai profondamente, e poi fissai Bea negli occhi prima di continuare- ...unico e completo... ecco... perciò sono più dolce con Jade... per cercare di salvare il rapporto... o forse sto dicendo solo un mucchio di stronzate...”
“Beh, non direi. Il fatto che le hai dette vuol dire che in parte può essere così.”
“Si, ma perchè? Per tutti i calzini bucati di Dobby, PERCHE’? Io amo Jade! E’ vero, non abbiamo molte cose in comune, ma rispetto a prima è rimasto tutto uguale! Sì, ok, sono io che sono un pò... cambiato ecco! Ma come diavolo faccio a smettere di sognarla? Io voglio smetterla! Io... io... non posso smetterla, non posso... sono un fottuto debole...” ero confuso, terribilmente confuso.
“Parlami ancora dei tuoi sogni Tom. Parlami di cosa ti rende felice con ‘lei’.”
E come un’automa cominciai a parlarle dei nostri momenti perfetti, le parlai con ardore di quando discutevamo di musica. Anche a ‘lei’ piaceva suonare la chitarra. Dissi a Bea che nei miei sogni io e la ‘ragazza dagli occhi azzurri’, -non mi diceva mai il suo nome-, chiacchieravamo per ore e ore di tutto; alle volte provavamo a suonare anche insieme. Continuai dicendo che la mia ‘ragazza misteriosa’ mi stava ispirando un sacco di canzoni e perciò alle volte mi divertivo a chiamarla la “mia musa”.
“E invece in quanto a feeling fisico? Come state messi tu e la tua musa?” mi chiese Bea come se parlasse di una persona reale, cosa che mi fece molto piacere.
“Cazzo se è fantastico! Insieme, in base ai momenti, siamo dolci, passionali, sfrenati, casti.... Per intenderci... non l’abbiamo mai fatto ancora, però ci siamo lasciati andare a carezze molto intime ed è strepitoso. Neanche con Jade è così. Vabbè, ovviamente con la mia ragazza è bello quando facciamo sesso sfrenato, ma con la ‘mia musa’ ancora non siamo arrivati a farlo e già provo con ‘lei’ sensazioni che superano quelle con Jade! Anche per questo ultimamente mi attardo con Jade nei preliminari: prima pensavo che li avevo solo sottovalutati e cominciai a farli per testare se erano veramente così belli come con la mia ‘lei’. Poi a lungo andare ho capito che solo con la ‘mia musa’ potevo provare quelle emozioni. Sono un tutt’uno con ‘lei’, è difficile spiegarlo... vedi Bea, hai mai provato ad innamorarti di una persona che ti basta guardarla negli occhi per sentirti intero? Ti basta che ti sorrida per capire che lei sta con te e questo basta? Ti basta tenerla tra le sue braccia per capire che quello è l’unico fottuto posto dove vorresti essere?”
“No, solo per sentito dire purtroppo. Deve essere qualcosa di bellissimo, unico e soprattutto raro.”
“Si, infatti. Io quando sto con ‘lei’ mi sento così. Anche di più... non è facile spiegarlo a parole, se tu l’avessi vissuto mi avresti capito al primo istante. Una volta una persona mi disse che è come spiegare ad un cieco la bellezza di un tramonto. Ecco, più o meno è così come mi sento quando devo parlare di ‘lei’: mi viene solo da sorridere e pensare a ‘lei’...”
“E lo vedo eccome! Ah, Tom, hai due occhi che sembrano due marshmellow a forma di cuore! Sai, un pò t’invidio. E’ una cosa bellissima, però ecco, tu così non puoi continuare e lo sai. Ti direi di provare lasciando la tua ragazza, ma so che l’ami e non potresti farlo... però... cavolo Tom! E’ ovvio che sognare una ragazza con cui ti senti te stesso rispecchia i tuoi desideri inconsci. Se oltretutto hai dei desideri sessuali nei suoi confronti è normale che voglia dire che la tua sessualità con Jade è insoddisfacente o che comunque non sei pienamente te stesso. Ed è esattamente quello che mi hai detto te, giusto?”
“Si, ma...”
“Inoltre, il fatto che nel sogno parli continuamente con questa ‘ragazza’ e vi capite al volo è segno che ti manca questo nella tua storia con Jade e desidereresti essere capito di più.”
“Si, però...” provai a controbattere, ma Bea mi fermò e continuò a parlare mentre girava per la stanza cercando allo stesso tempo di finire un cubo di Rubik per smaltire il nervosismo (l’avevo detto che era strana? Purtroppo si fa prendere molto dalle storie degli altri).
“Però nulla, tu ami Jade, ok. Ma non l’ami abbastanza. E se continui così vi ritroverete entrambi ottantenni, con tante amarezze sulle spalle. So che è difficile, ma tu devi capire che non può continuare questo triangolo amoroso! Insomma, è una specie di tradimento! Ti rendi conto che anche se non lo vuoi ammettere, dato che fino a prova contraria ‘lei’ non esiste nella realtà, stai tradendo Jade? Ma come te le devo dire? Devo chiamare l’attore che fa Piton e fargli cantare: 'il triangolo no, non l’avevo considerato!’ ???”
Non mi aveva fatto questa filippica con tono arrabbiato, bensì aveva solo calcato le parole verso la fine di ogni frase. Bea adorava il metodo del vigile del fuoco: “se la porta non si apre allora abbattiamola!” però non si rendeva conto che non sempre aveva i suoi effetti positivi.
Ora ero incazzato, nero. Sapevo che quello era il suo scopo. Lo vedevo dal suo cazzo di sguardo soddisfatto, mentre si sedeva compiaciuta e aspettava che sfasciassi tutto. Ma io non volevo soddisfarla. No. Così presi la decisione più azzardata: non la guardai più, mi alzai e me ne andai via dalla stanza, giurando a me stesso di non tornare più.
Quella stronza di una psicologa!

Ovviamente quella bastarda rincitrullita mi aveva rovinato la giornata quindi al lavoro mi diedi per malato. I giorni successivi però, non potei evitare di andare, e anche da Jade non potei fuggire per un pò come avrei voluto. Aveva notato che ero incazzato e scostante. Le spiegai che era per il lavoro, ma doveva aver capito che c’era dell’altro perchè stavo diventando sempre più distante. A peggiorare il tutto fu l'improvvisa assenza di sogni su di ‘lei’ e quindi se anche avessi voluto dormire per rifugiarmi tra le ‘sue’ braccia, non avrei mai potuto, perchè ‘lei’ non c’era nei miei sogni. Non c’era quando avevo più bisogno del suo sostegno . Non c’era: 'lei', cazzo, non esisteva... e avrei dovuto farmene una ragione!

A smuovermi dalla situazione schifosa in cui ci trovavamo io e Jade ci pensò proprio lei. Dalla mia ultima seduta avevamo cominciato a litigare ogni schifoso giorno a causa della mia freddezza. Lei perciò, dato che le piaceva sempre tenere in mano la situazione, propose una pausa riflessiva fino a che non mi fossi schiarito le idee. La motivazione che mi diede per giustificare questa decisione era che mi vedeva troppo diverso, non sapeva quasi più chi fossi... e forse non lo sapevo più neanche io. Per quel che mi riguardava, comunque, accettai la sua proposta, più che altro per non vederla ancora soffrire a causa mia.
Mi fece male fare questa pausa con lei, ma bruciavano ancora di più le parole che mi aveva detto quella troia della Scivales.
Sì, perchè per quanto non volessi ammetterlo, le cose che mi aveva svelato erano maledettamente vere. Però non potevo lasciare Jade, ma se non l’avessi fatto avremmo comunque rotto prima o poi... e inoltre per cosa? Per un sogno? Ero un bambino... solo un bambino che non sapeva assumersi le sue responsabilità e si affidava ai suoi stupidi sogni. Vaffanculo!

Erano passati quattro fottuti mesi. Quattro mesi in cui mi trascinavo come un verme per andare al lavoro, l’unico posto dove stavo abbastanza bene perchè lì dovevo essere un altro personaggio e potevo fuggire per un pò da me stesso. Però appena tornavo a casa facevo poco e nulla. Lo stretto indispensabile per non pensare: mi avvantaggiavo con le parti da memorizzare come attore, uscivo di più con gli amici, facevo cazzate... Il sonno era un dramma, perchè non ‘la’ sognavo più... e questa era la cosa peggiore.
Perchè? Perchè la mia unica ragione di esistenza rimasta mi aveva abbandonato? Perchè avevo lasciato il certo per l’incerto? Non trovando risposta, l’unica reazione che mi sorgeva spontanea, era quella di provare una rabbia incontenibile. Questo sicuramente mi giovò al lavoro dato che dovevo interpretare un cattivo, però al di fuori, ero ritornato il ragazzo stronzo. Anche se ad un livello molto più accentuato. Uscivo con gli amici, ma cercavo sempre di fare cose estreme per non pensare. Loro avevano capito che qualcosa non andava in me, ma non mi chiesero mai nulla perchè mi vedevano indisposto; e di questo li ringraziai mentalmente. A lungo andare però, avevano cominciato un pò ad evitarmi, soprattutto quando capirono che stando con me o ci si andava ad ubriacare, o in qualche posto losco, finendo alle volte in risse...
Bevevo, bevevo e bevevo. Una volta rischiai pure un incidente grave con un auto perchè stavo correndo come un pazzo con la macchina per sfogarmi.
Un’altra volta ancora avevo bevuto così tanto, ma così tanto, che ad un certo punto non riuscii a trattenermi e vomitai sul tavolo dove stavo seduto. Dei ragazzi mi portarono fuori dal locale a peso morto dato che non riuscivo a tenermi in piedi e chiamarono l’ambulanza; mi risvegliai 11 ore dopo al pronto soccorso con lo stomaco sottosopra a causa della lavanda gastrica.
Erano i miei unici modi per sfogare la mia frustrazione e rabbia.
Però non ce l’avevo con ‘la ragazza misteriosa’, infatti per quanto mi avesse sconvolto la vita, non riuscivo ad odiarla. In fondo lei non mi aveva mai chiesto nulla, mi aveva donato solo il suo affetto e le sarebbe bastato anche dividermi con Jade. Non capivo perchè non venisse più a trovarmi nei miei sogni però.
Con chi mi accanivo invece era... me stesso, ma più di tutti con la Scivales. Perchè era stata tutta colpa sua se mi aveva ficcato in testa che, continuando così, la storia con Jade sarebbe finita male. Io avrei potuto anche adattarmi. Prima o poi tutto si sarebbe risolto, lo sapevo. Invece quella stronza doveva metter bocca su tutto.
PAM! “AHIA! Ma porca tr...” L’avevo rifatto. Mi ero ripromesso di non pensare più a queste cose e invece come un coglione avevo ricominciato ad imprecare mentalmente contro la psicologa e, per la rabbia, avevo dato un pugno contro il tavolo della mia stanza dove c’erano vari punta spilli rivolti verso l'alto, dato che stavo attaccando un foglio su un muro... ma si può essere più cretini? Possibile che pure i punta spilli ora erano contro di me? Andai nel mio bagno blu-mare e mi lavai la mano nel lavandino dato che perdeva un pò di sangue. Cominciai a medicarla, maledicendomi ancora per aver pensato alla psicologa e al mio stato interiore. Non potevo continuare così, avrei dovuto trovare una valvola di sfogo, avrei dovuto buttare le mie frustrazioni su qualcuno che fosse un fottuto capro espiatorio, qualcuno su cui rigettare tutte le colpe... “Ma certo!” esclamai dando una pacca sul lavandino con la mano appena medicata “AHIA! Ma porc... vacc... cazzarol... Ok, sono un coglione”. Mi allontanai dal bagno per evitare di farmi ancora del male e pensai all’idea che mi era appena venuta in mente. Un’idea che avrei dovuto mettere in pratica quando me ne era stata data l’occasione, ma che non avevo afferrato perchè non ero stato abbastanza lucido. Ora invece avrei potuto. Sì.
Decisi infatti di chiedere un appuntamento con la psicologa per agire come lei aveva sperato facessi nell’ultima seduta, e cioè sfogarmi nella sua stanza. E così avrei fatto. Ma in grande stile. Nessuno mi avrebbe fermato.

“Pronto, parlo con la psicologa Beatrice Scivales?” chiesi io, freddo e impassibile.
“Si, chomp... sono io, mi dica... chomp.” Rispose masticando, immaginai, una delle alpenliebe che adorava mangiucchiarsi nelle pause.
“Ciao, sono io, Tom Felton.” Continuai sempre impassibile.
“Ah, ciao! Chomp... allora dimmi, ti sono servite le parole che ti ho... chomp... detto, o ancora non sei riuscito ad accettarle... chomp...?” mi chiese entusiasta e interessata.
“Beh, ecco... direi la seconda. Comunque vorrei prenotare una visita con lei. Le va bene il martedì alle 16, come sempre?”
“Ah .Mi dispiace molto... chomp... che ancora non sei riuscito ad assimilare ciò che ti ho detto. Uhm,.. chomp... guarda, cambiamo orario e giorno se a te va bene.” Era la prima volta che mi chiedeva di andare in un orario diverso dal solito, generalmente il martedì alle 16 ce l’aveva sempre disponibile. Ma non ci pensai troppo.
“Ok, per me è uguale.”
“Allora... aspè che controllo l’agenda per vedere... cronk... quando ho l’appuntamento con Ros... si,insomma con te Tom... aspetta un posto libero dopo lei... cioè libero dopo tutti, si, cioè ecco libero... SI! Ti va bene giovedì... chomp... alle 15:15?”
Era insolito come orario ma accettai lo stesso.
“Va bene... chomp... Tom, a giovedì allora. Ciao! Chomp...” e riattaccai. Mi dava urto, era sempre allegra, troppo allegra. Secondo me si divertiva vedendo i suoi pazienti soffrire, sì. Era sadica, ecco.

Passarono i giorni e finalmente arrivò quello della visita. Avevo contenuto la rabbia fino ad oggi per sfogarla sulla Scivales. Non avevo bevuto più neanche un goccio.
Arrivai un pò prima delle 15:15 e mi misi nella sala d’attesa color arancione visto che la porta del suo studio era ancora chiusa.
Aspettai così nella stanza arancione, piena di quadri di artisti importanti, che fissai per un pò. Per primo notai “campo di grano con volo di corvi” di VanGogh in cui mi ci ritrovai in parte, dato che mi sentivo come se un pezzo della mia anima fosse morto. Poi c’era “notte stellata” sempre di VanGogh con cui, per come stavano le cose, non potevo paragonarla alla mia vita: mero riflesso di un cielo buio senza astri. Poi notai “il bacio” di Hayez da cui cercai di distogliere subito lo sguardo per non immaginare la ‘mia ragazza misteriosa’ al posto di quella del quadro, e me al posto dell’uomo che la stava baciando. Infine mi soffermai su “l’urlo”di Munch, che era esattamente il quadro più adatto a come mi sentivo oggi.
Non so se fu questo mix di quadri, o il fatto che non riuscissi più a contenermi, ma mi alzai di scatto, fregandomene se la Scivales avesse un fottuto paziente prima di me e mi diressi verso il suo studio.
Spalancai così la porta pronto ad urlarle che volevo sfogarmi, che mi aveva rovinato, che non ne potevo più, che era una stronza, che era sadica...
...Volevo gridarle tutto questo, ma prima che potessi farlo vidi il paziente, o meglio la paziente, guardami impaurita da questa mia entrata così brusca e avventata. Appena la vidi la mia bocca perse voce e si paralizzò. La faccia sconvolta dall’ira si pietrificò, così come la bocca: aperta, ma immobile, quasi fosse un fiume d’imprecazioni in piena bruscamente fermato da un argine improvviso. Anche gli occhi si sbarrarono per lo stupore. No, non era stupore, era shock, si era proprio shock.
La ragazza davanti a me aveva dei capelli mossi color castano chiaro, il viso era tondo e quella figura... quelle labbra... quelle guance arrossate... quegli occhi azzurri! Lei era... era... no... musa... no... sogno... misteriosa... lei...
“Tom Felton, ti pare modo di entrare così nella stanza?! Comunque vabbè, dato che ci siamo ti presento: Tom Felton, Rossana Granato; Rossana Granato,Tom Felton. Ok, adesso puoi anche uscire Tom, e aspetta il tuo turno.” Disse la psicologa Scivales incurante sia del mio stato di shock che di quello di Rossana, che ora che vedevo bene il suo volto, mi guardava come se... avesse visto un fantasma!? Ma possibile che anche lei sapesse che io... che lei... possibile che anche lei mi avesse sognato come io avevo fatto con lei?
Oppure era semplicemente spaventata dal mio sguardo stralunato?
Non capivo più un cazzo. La testa girava.
Le mie gambe agirono da sole e si mossero verso di lei, cominciai a camminare verso la ‘mia ragazza misteriosa’, verso la mia ‘musa’, verso Rossana, non staccando gli occhi dal suo aspetto dolce, seppur sconvolto, ma soprattutto dai suoi occhi magnetici.
Strascicai le gambe un pò e poi mi bloccai all’improvviso, pensando che era educato presentarsi. Mi fermai e le rivolsi un sorriso stralunato. ”Piacere, Tom.” Lei, senza distogliere lo sguardo, rispose quasi timida. “Piacere, Rossana.” E lì, in quell’istante, quando sentì la sua voce, identica a quella del mio sogno, svenni cadendo a peso morto per terra.

“Tom! Tom! Svegliati Tom!”
Ahi... per le lentiggini di Ronald! Mi sentivo indolenzito, soprattutto... la testa, mi pulsava...
“Tom! Ci sei? Dai svegliati, mi sto preoccupando! Devo chiamare un’ambulanza?” Mossi un braccio per far capire che c’ero.
“Oh Tom, meno male, stavo per prendermi un infarto! Ma che cazz... ehm, ehm... che cavolo ti è preso? Si può sapere? ” mi chiese la Scivales con un cipiglio alzato e narici dilatate, in perfetto stile McGranitt.
Guardai meglio la mia psicologa Bea e notai che aveva in una mano un cuscino e nell’altra un bicchiere d’acqua.
“Ma che è successo... perchè...?” e allora realizzai. Ogni ricordo mi passò come un lampo: ero arrabbiato, avevo aperto la porta per fare una sfuriata, avevo incontrato Rossana. Rossana. Rossana.
“...Rossana...”
“Sì, lei se n’è andata poco fa, quando le ho detto che ci sarei rimasta io qui e che non era nulla di grave. Le ho spiegato che eri sotto shock. Inoltre neanche lei stava tanto bene: povera, le hai fatto prendere un colpo!”
“Ma Bea, è lei la ragazza del sogno! E’ lei! E in tutto questo tempo Bea non me l’hai detto! Io non lo sapevo... io... io...”
“Davvero? Beh, sai, è buffo tutto questo... anche lei fa sogni strani... su di te... non dovrei dirlo ma... ti ho fatto venire oggi a quest’ora, per vedere se magari quella che sognavi era lei, anche perchè dalle tue descrizioni gli assomiglia molto... Che situazione! E’ una cosa meravigliosa dal punto di visto psicologico... sì, dovrò fare studi approfonditi... forse l'avrai vista di striscio una volta, e anche se poi te ne sei scordato, il tuo inconscio… uhm, no… e poi chissà come facevi a sognare com’era lei caratterialmente... dovete essere fatti proprio l’uno per l’altra, o... bah!...lei vabbè ,ti conosce perchè sei un attore, però te che sogni lei!”
“Senti Bea, non voglio smussare il tuo entusiasmo, ma non è che potresti darmi il suo indirizzo? Io la DEVO vedere. Devo minimo chiederle scusa per il mio comportamento da zombie”.
“Beh... io in realtà non potrei...”
“Dai!!! Ti prego Bea!!! Prometto che ti farò quel favore per il quale mi hai tanto rotto le palle quando recitavo il quarto film di Harry Potter!”
“Uffi! Così non vale! Vabbè su... Allora prendi carta e penna. Rossana Granato abita...”


Dlin Dlon!
Ansia.
Non risponde nessuno.
Dlin Dlon!
Ansia.
Forse è uscita.
Dlin... “Arrivo!”
E’ la sua voce. Ok, scappo.
No, cazzo. Non posso.
“Si? Oh... ciao... Tom Felton?!?... che... che ci fai qui?” chiese lei spaesata e un pò intimorita, ricordando, forse, il nostro primo e ultimo incontro.
Che coglione che ero stato a svenirle davanti: ma per tutti i Troll! Era la ragazza dei miei sogni!
“Ciao Rossana. Scusa se ti disturbo, ma ho pregato Bea di darmi il tuo indirizzo perchè volevo scusarmi per il comportamento di ieri. Insomma, sono uno tranquillo, non tendo a svenire così davanti alle persone. Ecco, diciamo che ero un bel pò... fuori di me. Certo, non è credibile il fatto che ti dica che sono un ragazzo normale dato che mi hai visto come un pazzo esaurito in uno studio psichiatrico, però-davvero-mi-dispiace!”dissi l’ultima frase tutta d’un fiato per la vergogna...
“Oh... no vabbè non ti preoccupare. Certo, non è stata il massimo come presentazione vero?” disse lei per sdrammatizzare e gliene fui grato.
“Ahaha! Certo. Ok, non so... vogliamo ricominciare ora? Piacere,sono Tom Felton, ma mi puoi chiamare Tom” e le allungai la mano cordialmente.
“Rossana Granato, ma mi puoi chiamare Rossana, o se è troppo lungo Ross, fai te” disse lei timida ma, allungando anche lei la mano, me la strinse in modo deciso e determinato. “Ok, Ross” le risposi ottenendo in cambio un sorriso dolcissimo.
“Non so dato che sei venuto fino a qui per chiedermi scusa, vuoi che ti offro qualcosa?” chiese lei in tono conciliante.
“Si!” dissi di getto. “Cioè... se non sono di disturbo ecco...” cercai di riparare al mio errore: dovevo cercare di non essere troppo impulsivo con lei, per non spaventarla con il mio enorme interesse nei suoi confronti. Con Calma Tom. Con calma.
“Nessun problema, dai entra.” E così feci.

Passammo tutto il pomeriggio insieme. Era bellissimo stare con lei. Oltre ad avere una casa accogliente, lei era molto spiritosa e solare. Mi offrì una coca e parlammo di un pò di tutto. Mi ricordava quando stavamo nel mio sogno... poi ad un certo punto scorsi una chitarra. “Suoni?” le chiesi interessatissimo. “Beh si,mi piace scrivere canzoni e cantarle”.
Oh mio dio. Io questa ragazza la sposo! “Davvero? Sai, anche io adoro suonare... ho composto qualche canzone... nulla d’impegnativo ecco, ma mi piace un sacco...” “Lo so, ho sentito le tue canzoni su youtube, mi piacciono molto. Sono così romantiche e profonde, inoltre canti molto bene!” A lei piaceva come cantavo... Oddio stavo per ballare la deliranza nel giorno gioiglorioso come il cappellaio matto, il mio cuore già lo faceva! A Jade non erano mai piaciute le mie canzoni. A lei invece si. A Ross invece si. “Beh dai, cantiamo un po', che dici?” le chiesi trattenendo l’emozione. “Ok, mi vergogno un tantino... insomma te sei bravissimo, ma mi farò coraggio. Se faccio schifo sappi che puoi sempre scappare!” rispose lei cercando di mettere le mani avanti. “No, sarai sicuramente bravissima” la rassicurai. Così cominciò a cantare. Sentendola mi ricordai della sua identica voce nel sogno: quando mi accompagnava nelle mie canzoni, quando parlava, quando rideva, quando sospirava sotto le mie carezze... STOP! Basta pensieri Tom, ora ce l’hai davanti! Comunque sia la sua voce era bellissima e dolcissima.
Finito di cantare le feci i complimenti e sotto suo invito le cantai una canzone che ritenni la più adatta. Le cantai We belong. Un tempo l’avevo scritta nella vana speranza di poterla dedicare ad una ragazza che mi facesse sentire come diceva la canzone, ma solo ora avevo capito quanto quel pezzo fosse adatto a Rossana. Perchè volevo farle intendere che non era vero quello che mi aveva detto in un sogno una volta e cioè che noi non ci potevamo appartenere per sempre. Volevo dirle che era lei la ragione per cui la notte non dormivo da quattro mesi, per il timore che anche quella sera non l’avrei sognata. Volevo farle capire che le altre donne, se non erano lei, non m’interessavano, perchè da quando l’avevo ritrovata il macigno che portavo dentro era scomparso.
Cercai di comunicarle questo ed altro guardandola negli occhi, per la durata dell’intera canzone, con tutto l’amore che avevo per quella Rossana dei miei sogni e della mia realtà.

Finita la canzone, non so se ogni cosa che le volli dire tra le righe la capì, ma quando le scese una lacrima per la commozione, lì mi si scaldò il cuore. Mi avvicinai, le asciugai la lacrima con il pollice tenendo il suo volto stretto tra le mani e sussurrai senza pensare.
“Sei così bella... proprio da... sogno... sei la ragazza dei miei sogni” e con un sorriso mi avvicinai cautamente alle sue labbra, quelle che tante volte avevo baciato nel mio mondo onirico.
Vedendo che lei non si allontanava, posai le mie labbra sulle sue e cominciammo ad assaporarci lentamente fino a che il bacio non divenne un bisogno fisico... di sentirci, di accarezzarci, di morderci, di respirare l’odore dell’altro... tutto nella normalità, come se fosse una cosa che facevamo da mesi, come se ci fossimo allenati per tanto tempo. Beh, così almeno per me lo era stato... nei miei sogni. Per Rossana non so se fu la stessa cosa, insomma Bea mi aveva detto che Ross mi aveva sognato più volte, ma non saprei dire se come me.

Purtroppo il tempo volò e io fui costretto a tornare a casa dato che l’indomani mi sarebbe toccata una dura giornata lavorativa. Tornai a casa più leggero però, con la sola consapevolezza di essere riuscito a strappare un appuntamento per il giorno dopo con quella meravigliosa creatura di nome Rossana! La volevo conoscere! Cazzo se la volevo conoscere! La ragazza che avevo sognato per mesi... la MIA Rossana, finalmente.

...CINQUE ANNI DOPO...

“Allora dai, chi sei te?”
Stavo comodamente sdraiato su un prato in un parco con la mia Ross e da un pò, tra un effusione e l’altra, giocavamo ad essere vari personaggi dei cartoni animati.
“Dai, mi dici chi vuoi essere?”
Non riuscivo a risponderle, tutto intento a stringerla tra le mie braccia, avvolti entrambi da un piccolo plaid dato che faceva un pò freddo: erano i primi raggi di sole primaverile, ma il freddo invernale ancora non riusciva ad andarsene completamente.
“Vabbè, allora se non mi rispondi, lo farò io. Sai... così avvolto nelle coperte mi sembri... il nonno puffo! Si, sei uguale!! Ahaha!”
“Ti sembro il nonno puffo?” le domandai fintamente offeso, mentre la baciavo languidamente lungo il collo.
“SI! E io sono Birba e ora ti mangio!!!” disse lei saltandomi letteralmente addosso, cominciando a mordicchiarmi ovunque.
“E così sono nonno puffo, eh? Allora ti faccio vedere io se nonno puffo sa fare questo!”
La presi all’improvviso, la immobilizzai per terra, salì su di lei e cominciai la mia tortura con... il solletico! Si, ero malefico; ma a lei piaceva da morire e questo lo adoravo. “Ahhahahahahah! Non... ahahahah... valeee... ahahah!”
Si fece tardi, così rincasammo. E’ già, da due anni convivevamo e stavamo magnificamente! L’affitto lo pagavamo, rigorosamente, in due: lei alternandosi tra lo studio (ormai le mancava un anno) e qualche lavoro come istruttrice di sci o di tennis; io come attore e talvolta cantautore.
Avevamo addirittura inciso insieme qualche pezzo di discreto successo.
Nella nostra casa, ormai da un anno, eravamo io, Ross e Dobby... il nostro gatto. L’idea per il nome ce la diede la nostra psicologa Bea, dato che Dobby era uno dei suoi personaggi preferiti della saga, ovviamente dopo Ron Weasley e Robert Pattinson (che interpretava Cedric Diggory).
A proposito di Bea! Da quando conobbi Ross, cominciai ad andare molto di meno dalla mia psicologa e anche per Ross fu così. Per quel che mi riguardava il motivo stava nel fatto che non mi capitò più di fare ‘strani’ sogni e se talvolta sognavo Ross era solo per il desiderio inconscio di stare con lei anche nel mio mondo onirico.
Comunque, nonostante tutto, spesso sentivamo la nostra psicologa per telefono o organizzavamo uscite. Eravamo rimasti amici. Insomma, se non fosse stato per lei non sarei così felice come sono ora!
Inoltre le avevo fatto un regalo del quale me ne fu eternamente grata, sia per scusarmi del periodo in cui l’avevo odiata a morte, sia per la promessa che le avevo fatto in cambio dell’indirizzo di Ross. Ebbene, il regalo era quello di presentarle Robert Pattinson! Infatti ricordavo bene che dopo le riprese di Harry Potter più volte mi aveva rotto le palle con la storia che lo doveva conoscere. Poi quando uscì Twilight al cinema fu ancora peggio con le richieste. Perciò alla fine l’avevo accontentata. Ovviamente a Rob la presentai come superba psicologa oltre che come amica e gli diedi il suo numero nel caso qualche volta avesse avuto bisogno di lei.
Lui a causa dello stress per la troppa fama alla fine la chiamò dato che l’avevo ben raccomandata, e così pare che si sentano ancora. Ovviamente professionalmente parlando, ma... conoscendo Bea, non saprei se ci sia o meno qualcosa in più... In fondo, come un pò le romane in generale, è sempre stata una che ci provava o, come si dice in romano, una ‘vecchia marpiona’. Agli inizi delle nostre sedute ricordo che fece la carina pure con me, ma poi al sentire il nome di Robert Pattinson, cambiò totalmente e per mia fortuna, tornò per così dire seria e professionale.

Infine per quanto riguarda la mia ex, Jade, la chiamai per mollarla dopo che avevo deciso di mettermi con Rossana. Quando la cercai al cellulare mi rispose un cubano il quale mi disse: “Jade? No, Jade en este momento è ocupada, se esta reprendiendo de la noche enfuocada che abbiamo avuto. Ciao! Y no rompere les escatole si no te facio molto male, adios!” e riattaccò. Insomma: io che mi ero fatto tanti problemi capii che anche lei aveva trovato un altro macho con cui ‘divertirsi’.
Perciò da quella volta non pensai più a Jade, catalizzando tutte le mie attenzioni sulla ragazza dei miei sogni a cui sarei appartenuto, nel bene o nel male, per sempre.




Ok, spero che qualcuno abbia letto. ^-^
Comunque vorrei precisare due cose:
1) La psicologa Bea è nata dalle recensioni che ho fatto alle storie di ros-sana,soprattutto nella fic ‘la paparazza ’ di twilight, poichè non riuscivo a comprendere l’anomalo comportamento che i personaggi avevano nel corso del racconto. Lì è nato perciò l'angolino della psicologa Bea,che provava a psicoanalizzare i personaggi de' "la paparazza".

2) A Tom ho dato un carattere un pò scemotto, ma anche un pò più forte in base ai momenti, spero sia piaciuto.

Vabbuò ringrazio e saluto: aurevoire! :D
  
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