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Autore: ceciotta    17/05/2010    1 recensioni
Seconda classificata al concorso A CONTEST FOR FABER indetto da RoyxEd 4Ever. In un ospedale, l'incontro tra un infermiera e una bambina sfocerà in un'amicizia che cambierà le loro vite.
Genere: Generale, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia si è classificata seconda al concorso 'A Contest for Faber' basato sulle citazioni delle canzoni di Fabrizio de André e indetto da RoyxEd 4Ever.

Devo dire che ero piuttosto emozionata quando ho visto i risultati (Ho chiamato mia sorella perché da sola non li volevo vedere... -.-) e ne sono rimasta molto soddisfatta, anche perché era il mio primo concorso! All'inizio doveva essere più corto, solo poche pagine, poi mi sono lasciata prendere la mano e alla fine ho deciso di dividere la storia in tre capitoli.

Che altro dire? Preparate i fazzoletti, potrebbero servirvi.

 

La mia citazione era: Dio di misericordia il tuo bel paradiso l'hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso... (Preghiera in Gennaio)

 

 

 

 

Quando gli angeli sorridono

 

 

 

 

 

Incontro

 

Laura non avrebbe mai dimenticato il giorno in cui incontrò la piccola Serena.

Era il suo primo giorno in un nuovo ospedale ed era agitata mentre si recava a lavoro. Era infermiera già da un anno, ma era stata trasferita in un’altra città e il cambiamento la spaventava: doveva ambientarsi, conoscere gente nuova e pensare anche ai pazienti; poi, quello che era successo dove stava prima… Sperò che la voce non si sarebbe mai diffusa, ma non si poteva sapere.

Si costringeva a respirare, operazione che gli sembrava complicata in quel momento, e si concentrò sulla guida: non desiderava che quel giorno fosse perfetto, era improbabile che lo fosse davvero, ma preferiva entrare in ospedale con le sue gambe, non trasportata da una barella. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante...

Mentre parcheggiava, però, sentì di nuovo l'ansia travolgerla. “Accidenti, non so se ne sarò capace...” mormorò tra sé guardandosi nello specchietto retrovisore, che le rifletté un grazioso viso contratto in una smorfia di tensione. Respirò a fondo tre volte, chiudendo gli occhi, e lentamente si tranquillizzò, dimenticando per un attimo quanto si sentisse inadeguata.

Almeno finché un pugno tamburellò sul finestrino.

Laura lanciò un urletto acuto e si voltò di scatto, spalancando gli occhi.

Un donnone con il camice da infermiera la guardava senza scrupoli. “Pensi di stare lì a praticare yoga ancora per molto? Il tuo turno comincia adesso e in ospedale meno perdigiorno ci sono meglio è per tutti! Ci sono già i medici a renderci le cose complicate, ora non vorrei avere un'altra buona a nulla tra i piedi. Scendi, Raggio di Sole, hai dei pazienti che non vedono l'ora di conoscerti” le disse, aprendo lo sportello. Vedendo che la ragazza la fissava a bocca aperta sbuffò. “Allora? Sei un pesce lesso o cosa? Sei pronta?”

“No!... cioè, sì... voglio dire...” balbettò Laura. “Ora arrivo” mormorò poi, scendendo a occhi bassi, le guance rosso fuoco. Senza più guardare la donna si affrettò verso l'ospedale.

L'altra sorrise, seguendola.

Laura si infilò nello spogliatoio e si mise il camice da infermiera. Quando uscì, sussultò trovandosela di nuovo davanti.

“Accidenti sei proprio un fascio di nervi...” osservò lei.

“Sono solo un po' tesa. Oggi è il mio primo giorno qui e...”

“Beh, vedi di fartela passare” la interruppe il donnone voltandole le spalle e incamminandosi. “E ora stammi dietro. Io sono la caposala Giannini e sarò il tuo punto di riferimento perenne. Ma non credere che ti farò da mammina e ti darò conforto ogni volta che ti verrà una crisi di nervi. Perché piangerai parecchio in queste settimane, te lo assicuro... Conosco i tipi come te: così insicuri da aver bisogno di passare mezzora al giorno a ripetersi di quanto sono brave per non crollare. Tu sei esattamente la vittima perfetta su cui i medici si sfogano, e lo faranno, credi a me: non ti daranno tregua"

Laura quasi correva per stare al suo passo, schivando pazienti, medici e altri infermieri. "Ma..." cominciò a dire.

"Niente ma, così stanno le cose" la interruppe nuovamente la caposala.

"Sono capace di difendermi" replicò lei piccata.

"Lo spero per te, Raggio di Sole"

Laura stava per controbattere, ma oramai erano arrivate alla sala infermiere.

“Nome?” chiese la donna, dirigendosi alla macchinetta del caffè.

“Laura Sanni” disse lei. “Posso sperare che smetterà di chiamarmi Raggio di Sole?”

“Non ci contare” replicò la caposala, bevendo un generoso sorso. “Ti da fastidio? Abituatici”

“No, non è così male, ma…”

“”Sì, ti sembra un po’ infantile, ma ormai è il tuo soprannome. E dammi del tu, non sono così vecchia”

“Ok…”mormorò lei. “Posso chiederti una cosa?” Ad un suo cenno affermativo proseguì: “Ecco… Qui i medici sono molto terribili con noi?”

“Alcuni sì, altri no. Fagli subito capire che con te non si scherza e ti lasceranno in pace”

“Non sono proprio quel genere di persona” ammise lei.

“Col tempo imparerai ad esserlo. Vuoi del caffè? Ti aspetta una pesante giornata”

Laura accettò il caffè e dovette darle ragione.

Le ore seguenti furono un continuo via vai per i corridoi ad assistere le richieste di medici e pazienti, a fare iniezioni e imparare il proprio ruolo. Essere ultima arrivata e infermiera non era un buon connubio. Era stata affidata a oncologia, ma come le avevano preannunciato per mancanza di personale era stata chiamata anche a pediatria, il reparto lì affianco, un paio di volte.

A metà mattina, tornò nella saletta praticamente distrutta.

“Allora Raggio di Sole?” un’infermiera bionda mai vista prima le rivolse un sorriso.

Ormai il soprannome era ufficiale, tanto valeva accettarlo. “A pezzi” mormorò, lasciandosi cadere su una sedia. Si accasciò sul tavolo, posando la testa tra le braccia. “Ma poteva andare peggio, immagino”

“Hai ancora mezzo turno da portare avanti, non porre limiti alla provvidenza”

Laura si voltò verso la caposala, che stava entrando. “Ma tu mi segui ovunque?” chiese.

“Sei tu che sei ovunque io voglia andare”

“Io sono Dania” si presentò la biondina, tendendo la mano.

Laura si presentò a sua volta.

“Non farti ingannare dal suo faccino da angelo, è una vera serpe” la avvertì la Giannini,mentre altre infermiere apparivano sulla soglia.

“Me lo ricorderò” promise Laura.

“Che devo dire? È vero” osservò Dania sollevando le spalle magre.

Altre due infermiere entrarono nella stanza, un po’ cupe, chiacchierando. Si diressero alla caraffa del caffè posata nel bancone lì accanto.

“Avete sentito?” mormorò una di loro, rivolta alle altre. “Serena è tornata”

Laura sentì chiaramente un’atmosfera cupa scendere sulla stanza. Tutti erano tristi, anche Giannini che stava annuendo.

“Oh” fece una moretta mingherlina seduta sul divano.

“Accidenti” mormorò Dania, tamburellando nervosamente sul tavolo con le sue unghie perfette.

Laura si guardò attorno a disagio, chiedendosi che persona fosse questa Serena per farli incupire tutti.

Prima che potesse chiedere spiegazioni, un medico si affacciò nella stanza. Laura era sicura di averlo già incontrato quel giorno e probabilmente si era presentato, o qualcuno le aveva detto il suo nome, ma al momento non se lo ricordava. Cercò di sbirciare il cartellino, ma era troppo lontano.

“Mi servirebbe che una di voi ragazze mi facesse un prelievo”

“Pensi che toglierti dieci litri di sangue basti per ucciderti?” chiese aspramente Dania, fulminandolo.

Lui sorrise. “Uno zuccherino come sempre! Comunque non è per me, è per la paziente del letto 40. Che ne dici di farla tu?”

Dania fece una smorfia di insofferenza e di disagio. “Falla fare a quella nuova” replicò scocciata. Lanciò uno sguardo a Laura che la guardava con aria da cane bastonato. “Tu non l'hai ancora fatto oggi, no? È ora che impari, Raggio di Sole” le abbaiò contro, poi si alzò e uscì dalla stanza come una furia.

“Serpe” sibilò la moretta quando le passò accanto, ma lei la ignorò.

La Giannini sospirò e scosse la testa.

“Allora, Sanni? Te la senti?” chiese il medico.

Laura, ancora scioccata dalla reazione di Dania, lo seguì.

Quando furono nel corridoio lui le sorrise. “Non prendertela con Dania, è solo un po’ nervosa. Lo siamo tutti oggi…” disse, a mo’ di scusa.

“Non fa nulla” mormorò lei, cercando di sbirciare ancora una volta il cartellino. Rinunciò, temendo che lui se ne accorgesse, e si limitò ad osservarlo lungo il tragitto: doveva avere una quarantina d’anni e aveva una camminata sicura, né troppo veloce né troppo lenta. I capelli tendevano più al sale che al pepe, ormai, ma era ancora un bell’uomo.

Mentre era assorta a contemplare ogni centimetro del suo corpo, quello si fermò e si voltò a guardarla, con aria grave.

“La paziente che stiamo andando a visitare è Serena Landi ed entra ed esce dall’ospedale da anni, da quando le abbiamo scoperto il tumore” spiegò. “Eravamo riusciti a eliminarlo, ma non sta bene in questi giorni e stamattina è svenuta. Ci tenevo a prepararti psicologicamente”

“Ok..” sussurrò Laura, titubante. “Grazie per il pensiero”

“La parte peggiore deve ancora arrivare” disse il medico senza nome.

“Può esserci qualcosa di peggiore?

Lui si morse il labbro e la guardò con occhi cupi. “Serena ha dodici anni. L’hanno messa in oncologia perché in pediatria non c'era posto”

Un macigno parve crollare su Laura, che per un attimo rifiutò di muoversi. Lo shock di quella scoperta era troppo forte.

“Lo so” mormorò l’uomo, mettendole una mano sulla spalla. “Non è un bell'inizio per te, eh?”

Laura deglutì. “Lei pensa che il cancro sia tornato?” chiese.

“È ancora presto per dirlo”

Laura sentì che in quelle parole c‘era già la risposta. “Immagino che quel prelievo non si farà da solo” disse.

Lui la guidò verso la camera e Laura si impose di non esitare mentre varcavano la soglia.

E quello fu il loro primo incontro, incontro che Laura non avrebbe mai dimenticato.

L’occupante del letto si voltò a guardarli, mettendo in mostra due occhi castani; era una bella bambina, con i capelli biondo cenere tagliati a caschetto, ma aveva quel pallore tipico di chi non stava bene. Soprattutto, quello sguardo così serio sembrava fuori luogo in una ragazzina che dimostrava meno della sua età.

“Ciao, Serena” la salutò il medico.

“Ciao” replicò lei, con un sorriso che non si trasferì agli occhi.

Laura cominciò davvero a sentirsi a disagio. Mai un nome poteva essere meno indicato per quella bambina.

Serena spostò lo sguardo su di lei. “Lei è nuova?” chiese, con interesse.

Laura sperò che la pietà non trasparisse dal suo volto. “Sì. Mi chiamo Laura Sanni” le sorrise. “E tu devi essere Serena”

“A quanto pare…”

Laura spostò lo sguardo verso le altre persone nella stanza: due adulti in piedi accanto al letto e una ragazza sui sedici anni seduta in una poltroncina accanto alla finestra, con un libro di matematica in grembo, probabilmente i genitori e la sorella, a giudicare dalla somiglianza fisica. Si presentò anche a loro.

“Ora l’infermiera Sanni ti farà quel prelievo di cui ti avevo parlato”

Lo sguardo di Serena divenne ancora più cupo e strinse le braccia al petto.

“Serena…” la avvertì la donna mora lì affianco. Era alta, con un cipiglio severo come quello del marito accanto a lei.

“Dobbiamo per forza farlo adesso?” chiese lei.

“Tesoro, è solo una punturina” disse il signor Landi, con aria di chi sta perdendo la pazienza.

“Non la voglio fare” Serena teneva gli occhi bassi, ma Laura capì che si stavano riempiendo di lacrime.

“Avanti, non fare i capricci” le disse la donna.

‘Non sono capricci’ pensò Laura, guardando la scena con sgomento. Quella bambina doveva averne passate delle belle in vita sua. “Serena” la chiamò, ottenendo la sua attenzione. Quasi si perse in quegli occhi tristi, ma infine ritrovò le parole, sedendosi accanto a lei. “Sai, da piccola avevo il terrore delle siringhe. Ogni volta che ne vedevo una impazzivo. Quando sapevo che dovevo fare le analisi del sangue non dormivo per tutta la notte, ci credi?” Riuscì a strapparle un sorriso. “E, diciamocelo, ero una fifona. Quindi ti capisco benissimo. Voglio dire, chissà quanti esami anche più dolorosi avrai dovuto fare in questi anni… Io non so che avrei fatto. Posso capire che tu sia stanca di tutto questo, accidenti! Quindi se tu vuoi aspetterò, ma lo sai anche tu che prima o poi dovremo farla, e sarà solo il primo di tanti accertamenti che faremo, non voglio fingere che sarà una passeggiata. Noi speriamo di non trovare nulla, ma non possiamo lasciare nulla al caso, capisci?”

Serena la guardò a lungo, corrugando la fronte. Sembrava sorpresa da come le aveva parlato. “Va bene” mormorò, allungando il braccio magro, mentre i genitori sorridevano sollevati.

Laura sorrise a sua volta, rivolta a Serena. “Brava ragazza” disse. Fece il prelievo, consapevole che il dottore senza nome la stava fissando.

“Ecco fatto” disse dopo aver estratto l'ago.

“È stata veloce” disse lei.

“Facciamo un patto: io cercherò di essere sempre veloce se tu mi prometti di darmi del tu” propose Laura.

Serena annuì. “Ci sto”

“Va bene, allora. Adesso porto queste analisi al laboratorio, immagino che ci rincontreremo” si congedò. “Arrivederci” disse ai genitori.

Una volta usciti, l'uomo senza nome la fermò. “Sei stata davvero brava”

“Dote naturale di ogni infermiera” commentò lei.

“Scusami…”

Una voce dietro di lei la fece voltare: Elena, la sorella di Serena, la raggiunse.

“Volevo ringraziarti, per come hai convinto mia sorella” disse. “Credo che sia stanca di sentirsi raccontare mezze verità”

“Lo immagino” rispose Laura.

“Lei è solo spaventata” mormorò Elena, abbassando lo sguardo. “E quando è spaventata raramente riusciamo a calmarla perché non si fida di nessuno e pensa che tutti vogliano mentirle, tu sei la prima di cui si è fidata subito”

Laura, stupita, non seppe che rispondere e la ragazza rientrò in fretta, quasi vergognosa. Laura si voltò verso il medico e vide con sorpresa che la guardava corrucciato. “Che c’è?” chiese.

“Non farti coinvolgere” la avvertì, serio.

Laura cercò di replicare.

“No, ascolta: se ti lasci coinvolgere dai pazienti… Davvero, non è proprio il caso di affezionarsi a loro: in un modo o nell’altro, che stiano meglio o peggio, prima o poi se ne andranno. Potrà sembrarti cinico, ma così stanno le cose. Non ti obbligherò ad ascoltarmi, però è una regola fondamentale per fare bene il nostro lavoro” la bloccò lui, prima di lasciarla lì come un ebete, con ancora la provetta di Serena in mano.

Dopo poco si riscosse e portò il tutto al laboratorio, ancora imbambolata. Tutti sembravano cambiare umore da un momento all’altro, lì dentro.

 

Dopo aver consegnato il sangue, comunque, una voce la richiamò e lei si ritrovò davanti Dania. La biondina la guardò incerta poi prese parola.

“Ti va un caffè?” chiese Dania. “Per favore, non cacciarmi… Vorrei solo spiegarti alcune cose”

Laura la guardò per un attimo, incerta se cedere o no, ma lei sembrava averne davvero bisogno. “Ok, penso di poterti dare questa possibilità” disse.

Dania la condusse alla macchinetta più vicina e pagò entrambi i caffè.

“Senti, mi dispiace per prima…” mormorò lei. “Sul serio, non volevo metterti di mezzo… è che non volevo rivedere Serena, prendergli del sangue e fingere che vada tutto bene” si spiego, nervosamente, mescolando il caffè.

“Era già stata qui, mi hanno detto”

“Sì, e non volevo che ci rientrasse, per la miseria!” sbottò Dania. “Cavolo, aveva nove anni quando le hanno diagnosticato il tumore, e io l’ho assistita per gran parte del tempo. È anche per lei che mi sono fatta trasferire da pediatria. Quando è stata meglio ho sperato di non rivederla più. Non che sia antipatica, tutt’altro…” si corresse sorridendo, ma tornò subito seria. “È una bambina. Non è giusto” Scosse la testa. “Come è andata?”

“All’inizio non voleva farsi fare il prelievo, ma sono riuscita a convincerla” raccontò Laura sollevando le spalle. “Ma emotivamente è stato terribile”

“Già… per questo te l'ho rifilata e mi dispiace davvero. È stato istintivo”

Laura la guardò pensierosa. “Come sapevi che era lei? Voglio dire, il dottore senza nome ha detto solo il numero della stanza, non il nome”

“Non so, è stato intuito. Prima le altre ragazze entrano e dicono che Serena è di nuovo qui, poi arriva l’oncologo. E poi… credo il modo un cui l’ha detto, o i suoi occhi” Dania sospirò. “Sai, è lui che l’ha avuta in cura l'ultima volta”

“Penso che chiunque entrerebbe nel panico di fronte a una bambina che sta così male. Non preoccuparti per prima”

Dania le sorrise. “Dottore senza nome, eh?”

Laura avvampò. “Sono una frana a ricordarmi i nomi…Lo chiamo così nella mia testa, di solito” spiegò.

“Io nella mia testa lo chiamo Dottore-dal-bel-sedere”

“Dania!” protestò lei scoppiando a ridere mentre beveva il caffè e rischiando di strozzarsi.

“Beh, è vero, ce l‘ha un bel fondo schiena” replicò Dania piccata. “Si chiama Paolo Ferri, comunque”

 

Alla fine del turno, Laura tirò un sospiro di sollievo e la Giannini se ne accorse.

“Allora? Come è andato il primo giorno?” le chiese, mentre si dirigeva allo spogliatoio.

“Non ho pianto” rispose lei, con un’alzata di spalle. “Anche se in certi momenti avrei voluto” ammise, togliendosi il camice.

“Hai conosciuto la piccola Serena”

“Già…” Mentre si vestiva, Laura tenne gli occhi bassi. “Nell'ospedale dove lavoravo prima ne ho viste, di persone che soffrono, eppure quella ragazzina… Non mi sono mai trovata davanti a persone così giovani con la possibilità di avere un tumore. È proprio Serena che… Io non ho mai visto bambini così tristi. Io non vivo nel mondo delle favole, intendiamoci, so che queste cose accadono, ma trovarsele davanti agli occhi è diverso”

La Giannini sorrise appena. “Lo so. Ora vai a casa e cerca di rilassarti. Domani si ricomincia”

 

Il giorno dopo non fu diverso dal precedente e di nuovo si trovò a fare analisi a Serena.

“Dobbiamo farle una radiografia e vuole che sia tu a portarla. A quanto pare si fida solo di te” gli aveva detto Ferri scocciato. Lei aveva trattenuto un sorriso, ma l’idea di doversi occupare della ragazzina la spaventava.

Non aveva però intenzione di mostrarlo a Ferri, quindi si costrinse ad entrare con sicurezza nella stanza. Mentre la preparava per portarla via Serena si voltò verso Ferri.

“Allora? Pensate che mi sia tornato?” chiese, con voce pacata, come se la cosa non la turbasse.

“Serena, lo sai che non posso ancora risponderti” disse lui, con un sospiro. “Dobbiamo fare ancora molti esami”

“Ma pensate che ce l'ho” concluse lei, cupa. Si mise a fissare il soffitto. “Perché proprio adesso? Ci ho messo un sacco a farmeli ricrescere in modo decente”

“Ricrescere cosa?” domandò stupidamente Laura. Serena la guardò sollevando le sopracciglia. “Oh, giusto… Scusa, era davvero una domanda idiota. Ero sovrappensiero” spiegò avvampando. Con suo sollievo Serena rise.

“Sei rossa come un peperone!” la prese in giro, mentre Ferri si sforzava di non scoppiare a ridere in faccia, ma la sua aria impassibile non era molto convincente.

Quando il suo cerca-persone suonò lui vi lanciò un'occhiata. “Ok, c’è bisogno di me. Ti mando qualcuno ad aiutarti a portare la barella” disse. “Ci vediamo Raggio di Sole” la salutò.

“Raggio di Sole? È il tuo soprannome?” chiese Serena, quando lui lasciò la stanza.

“A quanto pare…” disse Laura, trasferendola sulla barella.

“Non è male. Sempre meglio di Testa Pelata, o Capelli Invisibili” notò la paziente, muovendosi per trovare una posizione più comoda.

Laura raggelò e il silenzio calò sulla stanza. “Serena, chi ti ha chiamato così?” chiese dopo un po’, titubante. Non era sicura di voler sapere la risposta.

Serena irrigidì la mascella e fissò il vuoto di fronte a se. I suoi piccoli pugni si strinsero sul bordo della barella. “Quando sono tornata a scuola” disse in un sibilo. “Alcuni me lo dicevano in faccia e io ci soffrivo, ma facevo finta di niente. Poi ho scoperto che alcuni di quelli che non lo facevano di fronte a me, lo dicevano alle mie spalle. Li ho sentiti una volta, in bagno, loro sono entrati e non si sono accorti che io ero lì, dietro ad una porta. Tra loro c'era anche una che credevo la mia migliore amica” Tirò su col naso, ma trattenne le lacrime. “Alla fine, mi sono rimasti solo Nicola e Stefania”

Laura si sentì gli occhi umidi. “Mi dispiace, Serena” sussurrò. “Le persone sanno essere davvero crudeli”

“Ora che vado alle medie, speravo di avere una vita normale: nessuno mi conosceva e non mi avevano mai visto senza capelli… Ma ora… Se mi è tornato… Già è stato imbarazzante svenire di fronte a tutta la scuola” sospirò Serena.

Laura le accarezzò la fronte. “Beh, innanzitutto controlliamo, potremmo scoprire che non hai nulla. E, credimi, se le persone ti prendono in giro per una cosa così grave non meritano nemmeno che tu le guardi. Spero almeno che i loro genitori li abbiano puniti”

“Non credo che lo sappiano” mormorò lei, senza guardarla. “Non l’ho detto ai miei. Erano già su di giri per il tumore, non volevo che si preoccupassero anche per quegli stupidi”

Laura rimase di nuovo di sasso. “Ma dovevi, invece! Quelli meritavano di essere messi alla gogna, altroché! Avresti potuto sistemare almeno un minimo le cose se i tuoi fossero andati a parlare con il preside e i genitori di quei ragazzi”

Serena respirò a fondo. “No, non avrei risolto niente. Erano già successe cose simili prima: alcuni dei bambini che ce l’avevano con me erano abituati a queste cose e i loro genitori erano ancora peggio: quando gli insegnanti ne hanno parlato a consiglio di classe loro hanno sostenuto che mai i loro figli avrebbero fatto cose del genere e che le vittime si stavano inventando tutto. Io non volevo che succedesse a me, quindi era meglio non tirare in ballo mamma e papà o avrebbero scatenato un pandemonio. Tu sei la prima a cui lo dico” Serena si voltò a guardarla. “Per favore, a loro non dire nulla”

“V-va bene…” balbettò lei, sconvolta. Quelli non erano ragionamenti che una bambina può fare, quelli erano discorsi da adulta. Aveva tenuto per sé qualcosa che la faceva soffrire enormemente solo per non dare un dispiacere ai suoi. Ma ormai lo sapeva: Serena non era più una bambina, la malattia l’aveva fatta crescere, era una donna. Era molto più matura di lei, che con i suoi ventitré anni ancora era terrorizzata da ogni minimo cambiamento. Quando un altro infermiere giunse ad aiutarla cominciò a spingere la barella con la testa offuscata da questi pensieri.

 

   
 
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