Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Ernil    18/05/2010    17 recensioni
« Lascia perdere » disse. « Non sarebbe come la prima volta ».
Harry cominciò a sospettare che avessero fatto cose indicibili con quel cucchiaino. Peccato non ricordarsele.
[Per il compleanno di shinu! ♥]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sommario: « Lascia perdere » disse. « Non sarebbe come la prima volta ».

Harry cominciò a sospettare che avessero fatto cose indicibili con quel cucchiaino. Peccato non ricordarsele.

[Per il compleanno di shinu! ]

Pairing: Draco/Harry

Rating: Verde

Disclaimer: non miei, spiacente!

Note dell’Autrice/1: Per il compleanno di shinu! Nella vaga, vaghissima speranza che mi perdoni il PG, la sommergo di cuoricini Donna meravigliosa.

[Non è nulla: io sono qui, son qui sempre.

Rimbaud]

« Ehi » disse, e gli agitò il cucchiaino sotto il naso. « Questo te lo ricordi, almeno? »

Harry si distrasse dal giornale e posò gli occhi sul cucchiaino. Ci furono diversi secondi di silenzio, durante i quali Draco non si mosse, teso con il braccio avanti sul tavolo.

Harry alzò le sopracciglia.

« È... uhm, un cucchiaino? »

« Geniale, facciamo passi avanti » disse Draco sarcastico, e ficcò nuovamente il cucchiaino in profondità nel vasetto di marmellata.

« Non è colpa mia, sai » disse Harry, e Draco sbuffò e tornò a chinarsi sul suo caffè.

« Lo so, grazie tante. Lo trovo terribilmente... »

« Cosa? »

Draco alzò gli occhi, e Harry lo guardò, in attesa.

« Niente » disse Draco, infine. « Niente ».

« Senti » disse Harry, improvvisamente teso, e Draco alzò nuovamente lo sguardo. « Senti, Draco. Forse dovremmo lasciar perder... »

Il cucchiaino colpì Harry Potter al centro della fronte, e Draco continuò a guardarlo a labbra strette e sopracciglia sottili e contratte.

« Non parlare di cose che non sai » disse. Strane, sottili vene palpitavano sul dorso della sua mano, più bianca della tovaglia su cui era posata. « Ho detto che riporterò tutto come era prima. Non fare l’ostruzionista. No » aggiunse, « non hai diritto di parola! »

La bocca di Harry si aprì un momento, ma lo sguardo di Draco gli suggerì di non dire nulla.

« Fa’ colazione » disse Draco.

« Draco... senti ».

« È un dannato ordine, Potter. Finisci quel caffè. Vai matto per il caffè ».

« Io... uhm, sei sicuro? Non sono sicuro che mi piaccia molto, il caffè ».

Gli occhi di Draco saettarono come feroci pesci d’argento.

« Sei sempre andato matto per il caffè » disse, a denti stretti. Harry vide un dito sottile tracciare con forza una mezzaluna sulla tovaglia di lino.

« Capisco » disse. « A te piace? »

« Praticamente la mia unica ragione di vita » disse Draco con convinzione, portandosi alle labbra la tazza. I suoi occhi andarono sul cucchiaino che era rimbalzato dalla fronte di Harry sulla tavola. « Davvero non ti ricordi del cucchiaino? »

« Puoi provare a insegnarmelo di nuovo » disse Harry disperato. Quando Draco scosse la testa, i suoi capelli scivolarono da un lato all’altro, come onde, come fiori.

« Lascia perdere » disse. « Non sarebbe come la prima volta ».

Harry cominciò a sospettare che avessero fatto cose indicibili con quel cucchiaino. Peccato non ricordarsele.

Il suo sguardo vagò sulla tazzina, sullo zucchero, sul cucchiaino – si staccò da lì precipitosamente, e si fissò con furia sulle dita di Draco, lunghe e abbandonate sulla tovaglia. Nella luce del mattino sembrava tutto troppo vivido, specie il viso di Draco, coi contorni del suo viso tagliati con ferocia, labbra piegate all’ingiù e capelli freddi e biondi come oro, e mento affilato e violento, e l’unica cosa docile erano i suoi occhi, morbidi come Harry non ricordava di aver mai visto.

« Ci amavamo davvero, eh? »

« Chiudi quella bocca » scattò Draco; le dita si premettero nel lino come nei tasti di un pianoforte.

« Senti, perché non proviamo soltanto a... »

« E darla vinta a quel Weasley? Alla Granger? A quel Medimago tutto tronfio che pensava che io ti avessi maledetto? Piuttosto... no » concluse con rabbia, e alzò lo sguardo. « Non credo proprio, Potter ».

« Non piangere » disse Harry.

« Non sto... vaffanculo » disse Draco, mentre la linea delle sue labbra si contorceva in una curva crepitante di significati. « Tu non sai niente. Non ancora. Dammi un po’ di tempo, dannazione ».

« È già passata una settimana » disse Harry. Per qualche ragione le sue spalle si stavano incurvando, scendendo come tramonti, e si sentiva stanco come se avesse corso per anni, per poi non arrivare da nessuna parte. « Mi dispiace. Il Medimago ha detto... ancora quanti giorni? »

« Non è ancora nato l’uomo che dica a un Malfoy cosa fare » disse Draco, e Harry osservò affascinato il taglio arrogante del suo mento, e la discesa ripida delle sue guance, colme di qualcosa a cui non riusciva dare un nome.

« Ancora sette giorni, ha detto » disse Harry piano. « Tu pensi che... »

« Non mettermi fretta » disse Draco, tornando a sedersi rilassato, e le sue dita lisciarono la tovaglia. « Stupido d’un Potter. La pazienza è la virtù dei forti ».

« Temo di essere appena rimasto sconcertato dal tuo sbalzo d’umore » disse Harry con una mezza risata. Le labbra di Draco si tesero in orgoglio.

« Ecco? Vedi? Ti succedeva sempre ».

« Mi facevi anche ridere? » chiese Harry incuriosito, mescolando col cucchiaino il caffè ormai freddo.

« Un sacco » disse Draco, con un sorriso spietato. « Praticamente mi adoravi ».

« Io... uhm, io ti facevo ridere? »

Gli occhi di Draco si levarono lenti, grigi e morbidi come i primi albori del giorno.

« Più di quanto tu abbia idea » disse. « Un tale idiota ».

Harry alzò un sopracciglio.

« Mi veniva anche spesso voglia di picchiarti? »

« Ce l’ hai? »

« Più di quanto tu abbia idea » disse Harry, e Draco abbassò le palpebre come se stesse ridendo silenziosamente, molto più silenziosamente di quanto orecchio umano potesse percepire. Anche Harry sorrise.

« Non sei poi così male, Draco Malfoy » disse. « Comincio a capire ».

« Non hai scampo, Potter » disse Draco, e Harry tese le dita nell’ascoltare l’ironia nella sua voce, come un significato inconfessato e difficile da afferrare in una canzone conosciuta. « Non hai scampo. Tu sei il manzo e io il più grande predatore nei paraggi ».

« Bel paragone. Tutto tuo? »

« Ne ho altri » disse Draco, spudorato. « Contrariamente a quello che pensi, non me li preparo, Potter. Per esempio... »

« Tienili da parte » disse Harry, e non trovò così difficile sogghignare. Forse era qualcosa di contagioso. « Non si sa mai quando potrebbero tornarti utili ».

Il sopracciglio di Draco si inarcò, come un ponte d’oro sospeso su un fiume grigio.

« Mi sottovaluti, Potter. Ma te ne farò pentire ».

Non è così difficile, pensò Harry, sorridendo. Non era davvero così difficile. Forse non doveva preoccuparsi – forse non doveva sforzarsi. Forse era una questione di istinto, e di correnti e venti alti da seguire per planare con grazia.

« Cosa facciamo oggi, Draco Malfoy? »

« Oggi » disse Draco, e guardò il calendario, « usciamo un po’, Harry Potter ».

« Dove andiamo? »

Gli angoli della bocca di Draco si fletterono all’ingiù, e qualcosa di simile a polvere passò nei suoi occhi.

« Ah, giusto » disse. « Non ricordi ».

« Draco? »

« Alzati » disse Draco, scivolando fuori dalla sedia. « Andiamo a fare un giro ».

Harry obbedì, alzandosi da tavola con molta meno eleganza; le gambe della sedia stridettero contro il pavimento, un rumore molto forte nella larga cucina silenziosa, ma Draco non sembrò infastidito.

Forse c’era abituato.

Harry avrebbe voluto saperlo. Era un sentimento strano e scivolava fra le sue azioni come acqua, però c’era, quello di aver sempre qualcosa sulla punta della lingua.

« Sono sempre molto goffo? » chiese, scendendo le grandi scalinate di marmo dietro Draco.

« Estremamente » disse Draco, la voce fredda come la balaustra sotto le dita di Harry. « Un disastro. Inciampi senza motivo apparente. Per attirare l’attenzione, credo ».

« Mi dipingi come un egocentrico ».

« Lo sei » disse Draco, freddo e sarcastico. « Si finisce sempre per parlare di te. Sei anche basso per la media, hai un’orribile cicatrice sulla fronte, dei capelli serpentiformi e una barba che in verità ti è stata trapiantata da un cactus particolarmente malvagio ».

« Cosa ho detto di male? » chiese Harry, fermandosi in mezzo alla scala, ancora sotto le dita il freddo marmo e sotto i piedi i gradini enormi, in piedi in una casa gigantesca che gli avevano detto chiamarsi Malfoy Manor, e di cui non ricordava nessuna stanza.

Draco si voltò, e Harry pensò a quanto fosse bizzarro stare su quella scalinata, come una principessa che guarda giù al principe. Non era solo bizzarro; era anche imbarazzante. Il volto di Draco si mimetizzava quasi perfettamente con il marmo.

« Non hai detto niente » disse Draco; le sue labbra era ancora all’ingiù, e sembravano tremendamente infelici, come scivoli vuoti. « Ecco il punto ».

« Sai » disse Harry, guardando il volto di Draco e cercando di mandarlo a memoria. « A me sembra che l’egocentrico qui, sia tu. Io ho perso la memoria, tu che scusa hai? I tuoi capelli... dio, passi secoli davanti allo specchio. Agli specchi. Pensi che non lo abbia notato? Ne hai venti per parete, in camera tua. Hai dei polsi da ragazza. Ti rifai le sopracciglia. E hai anche le orecchie un po’ a sventola ».

Provò un moto di strana soddisfazione quando la mano di Draco andò a toccarsi il lobo. Non era vero, ma Harry riteneva che Draco avesse mentito sulla sua barba, dato che gli sembrava abbastanza accettabile, quindi quello era un equo scambio.

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Draco gli voltò le spalle e riprese a scendere le scale, i suoi passi quasi senza rumore sui gradini di marmo.

Harry lo seguì, facendo parecchio più rumore; era bello sentire l’eco in quella grande casa vuota. Harry aveva visto dei grammofoni dall’aria antica nei corridoi, e dei grandi dischi con nomi come Vivaldi, Bach e Mozart, ma non li aveva mai sentiti suonare neanche una volta nei sette giorni da cui si trovava lì.

« Ti piace la musica classica? Ho visto i dischi » aggiunse.

« Non a me » disse Draco, senza voltarsi. « A te ».

Harry sbatté le palpebre diverse volte.

« Oh » disse, mentre si dirigevano verso una porta laterale.

« Non sembri il tipo, vero? » disse Draco.

« Eh » disse Harry, senza parole.

« Mi era mancata la tua dialettica, Harry » disse Draco, scuotendo la testa.

Harry sorrise a mezza bocca, mentre camminava dietro di lui, e lasciavano insieme la casa. Harry non era mai stato in quella parte di giardino del Malfoy Manor – o forse sì. Non ricordava. Aveva guardato il giardino dalle finestre, per lo più, ma non ricordava quel lato. Draco lo conduceva senza parlare, ma sorpassando una piccola fontana rotonda, con sopra un putto di marmo, si voltò a gettargli un’occhiata, e si rigirò quasi subito; a Harry parve che le sue labbra fossero ancora più pericolanti.

Si voltò un attimo a guardare la fontana, ma non gli ricordò nulla, e proseguì.

Quando Draco si fermò, Harry lo affiancò e guardò davanti a sé.

« Sono... belli » disse, guardando i papaveri che chiazzavano tutto il prato di fronte a loro, arrossandolo come qualche volta, raramente, aveva visto arrossire le guance di Draco. Non di recente, però – era come una strana farfalla di pensiero. Non provò a prenderla.

« Certo che lo sono » disse Draco. Si ficcò le mani in tasca e alzò il mento, che parve più tagliente che mai nella chiara luce del mattino. « Sono i miei fiori preferiti » aggiunse, nel piccolo silenzio che si venne a creare. « Devono esserlo ».

Harry abbassò il capo e si schiarì la gola, e gettò un breve sguardo fugace al viso di Draco, contratto come se la luce del sole lo facesse soffrire.

« Mi piacciono molto » disse, e si chinò fino a sfiorarli con le ginocchia, e poi si inginocchiò del tutto e allungò un dito a toccare i petali fragili. « Sono molto... belli ».

« L’ ho già detto che mi mancava la tua retorica? » disse Draco, ma si sedette anche lui sull’erba, le sue scarpe nere contro l’erba e il violento rosso dei papaveri.

« Pensavo che il fiore dei nobili fossero le rose » disse Harry. « Perché i papaveri? »

Draco lo guardò, mentre il vento alzava i petali rossi e i suoi capelli biondi.

« Dicevi che mi si addicevano » disse infine. « Alti e tronfi ».

« Non tronfi » protestò Harry, incapace di pensare di aver detto qualcosa del genere al ragazzino seduto nell’erba – in un qualche modo era tornato un ragazzino, lo erano tornati entrambi, anche se Draco gli aveva detto che avevano vent’anni.

Ma sembrava molto piccolo, in quel momento.

Draco si girò verso di lui, con gli occhi scintillanti e freddi. Harry si portò una mano dietro la nuca, e guardò i papaveri che, cadendo il vento, tornavano ad abbassare i petali.

« Non tronfi » ripeté, in imbarazzo. « Forse solo un po’, uhm... vanagloriosi ».

« Ho paura che siano sinonimi, Harry » disse Draco, ma quando Harry si voltò, stava sogghignando. Anche i suoi capelli erano ricaduti sulla fronte, scompigliati, e Harry sorrise.

« Perché mi hai portato qua? »

Draco fece un verso piccolo e sprezzante.

« Non otterrai di farmelo dire ad alta voce, Potter. Bada a te ».

« Non sono sicuro che sia una cosa leale, tenermi all’oscuro di tutto ».

« Sono un Serpeverde, Potter » disse Draco, e lo guardò alzando gli angoli delle labbra. « Non esistono cose leali, nella mio perverso pensiero gerarchico ».

« Dovete essere davvero malvagi, voi Serpeverde » sorrise Harry.

« Non ne hai idea. Mangiamo i bambini, rubiamo la verginità alle ragazze e ogni tanto » ora guardò Harry dritto negli occhi « corrompiamo i Grifondoro più ingenui ».

« Sei sicuro che la nostra storia non abbia avuto inizio con un tragico tentativo di omicidio? » chiese Harry, sorridendo ancora di più. Draco non aveva mentito, lo faceva ridere.

« La verità è che mi hai quasi ammazzato in un bagno, quando avevamo sedici anni, e poi ti sei messo a piangere gridando il tuo amore per me ».

« Oh, dio. Dimmi che non l’ ho fatto » supplicò Harry, quasi certo che Draco stesse mentendo, ma avrebbe dovuto chiedere conferma a qualcuno dei suoi amici, appena si fosse ricordato i loro nomi.

« Certo che l’ hai fatto » disse Draco, fiero. « Davanti a Snape ».

A questo Harry non rispose subito, cercando di ricordarsi Snape, e quando non lo sentì ribattere, Draco si voltò.

« Ah, già » disse. « Non ricordi. Nemmeno Snape? Alto, nero, unto, naso enorme? »

« Ho come un brivido ogni volta che dici il nome, se ti può consolare » disse Harry ridendo, e Draco rovesciò indietro la testa, con un moto di trionfo.

« Ho sempre detto che ti faceva paura. Ah, Potter! Un punto per... »

Harry non era sicuro che facesse parte della terapia, mentre toccava con le labbra l’angolo della bocca di Draco. Era molto strano, tendersi verso di lui così, mentre il sole gli riscaldava la schiena e i capelli di Draco tornavano ad alzarsi per il vento.

Harry rimase immobile. Il respiro di Draco gli toccava una guancia, lento e fresco. Lo aveva toccato solo per qualche secondo, breve e bollente.

« Potter? »

« Andava bene? » chiese Harry, raddrizzandosi impacciato gli occhiali e deglutendo. Gli occhi di Draco rimanevano comunque troppo vicini ai suoi – avrebbe potuto contare tutte le ciglia, e disegnare la parabola delle sue sopracciglia. « Io, insomma, immagino di dover fare un po’ di... uhm... »

« Pratica? » suggerì Draco.

Harry lo guardò, e Draco, i contorni del suo viso, i suoi capelli fini sembrarono un passo più vicini di quanto fossero mai stati.

« Dimmi una cosa » disse Harry, sbattendo le palpebre. « Pensi che mi tornerà mai la memoria? »

Draco scrollò le spalle e non rispose subito.

« I Medimaghi dicono che non c’è molto da fare » disse infine. « Dicono che è un effetto collaterale delle maledizioni di Voldemort. Ma non crederci » aggiunse, sicuro, « sono tutti degli incompetenti. Ho già preso appuntamento con i migliori al mondo ».

« Davvero? » chiese Harry, alzando le sopracciglia.

« Sì, beh » disse Draco, e con la mano si tolse i capelli dagli occhi e sorrise mostrando i denti. « Ho toccato i tasti giusti, diciamo. Se uno ha una lunga e stimata storia famigliare di ricatti alle spalle, perché non onorarla? »

« Non lo hai fatto » disse Harry, mezzo divertito e mezzo indignato, e totalmente, totalmente vinto dal sorriso di Draco.

« Certo che l’ ho fatto. Lo sai che lo farei ».

« Lo so? » disse Harry, e Draco lo guardò.

« Lo saprai » disse, con quel suo modo arrogante e strascicato di parlare.

« Saprò anche del cucchiaino? » lo provocò Harry, con un sorriso.

Draco sogghignò.

« Oh, lo saprai molto bene ».

« Hai detto che non sarebbe stato come la prima volta, però » disse Harry. « Draco. Sei davvero sicuro di... »

« Beh » lo interruppe Draco, e Harry fu felice che gli avesse impedito di terminare la domanda. « Ho detto che non sarà come la prima volta. Non significa che non possa essere meglio. Ora, per esempio, so quanto a fondo possono arrivare dieci centimetri d’argento, se non li si impugna con decisione nei momenti topici ».

Harry rise.

« Non sono sicuro di volerlo sapere ».

« Ma lo saprai » disse Draco, con un sorriso trionfante. « Lo saprai ».

Note dell’Autrice:

Auguri ♥♥♥ *la uccide di cuoricini*

   
 
Leggi le 17 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ernil