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Autore: Oducchan    18/05/2010    3 recensioni
[...]Arthur avrebbe ricordato per sempre quell’espressione. Per anni, per decenni, l’immagine devastante di quegli occhi azzurri stralunati sarebbe venuta a svegliarlo nel sonno, tormentando le sue notti e divorandogli l’anima. Anche quando quei momenti sarebbero parsi lontani e quasi dimentichi, quando la normalità sarebbe stata restaurata, Inghilterra non sarebbe mai riuscito a eludere quel ricordo.
Francis lo guardava. Lo chiamava. E quegli occhi, quegli occhi di cielo e mare, quegli occhi lo stavano scongiurando di aiutarlo.
Poi il mondo esplose in un nugolo di terra, acqua e sangue, prima che tutto diventasse nero.

War Side, vago FrUk.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Anatomia di una battaglia [Dunkerque]'
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And they call it a miracle [Dunkirk]

 

 

 

Fango. Sangue. I fischi continui degli spari.
Non c’era nemmeno più una formazione ordinata. Ormai lo sapevano tutti, che l’unica salvezza stava nella ritirata, e che non ci sarebbe stato scampo per nessuno se non fossero riusciti ad imbarcarsi su un qualunque mezzo capace di tenere il mare. Qualcuno restava a tentare di fermare l’avanzata dei tedeschi, ma il resto delle truppe rifluiva disordinato verso la spiaggia, cercando di salvare la pelle, correndo alla rinfusa tra i proiettili e le bombe che a momenti alterni cadevano al suolo.
Arthur tossì forte, cercando di liberare le vie respiratorie dalla polvere, appoggiandosi pesantemente al carro armato abbandonato che costituiva il suo momentaneo riparo. Doveva pensare, pensare, sgombrare la mente dal caos della battaglia e cominciare a far funzionare i neuroni, se voleva tirarsi fuori da quel disastro. Dannazione, avevano sottovalutato quei mangiapatate maledetti, non avevano calcolato che avrebbero potuto essere così forti da costringerli a dover abbandonare il suolo francese fino a ripiegare sulla linea del confine. E ora era bloccato in quella striscia di terra con frammenti di due eserciti in preda al panico, con Germania che lo incalzava senza tregua, poche navi a disposizione e un fucile inceppato in mano. In più, quella maledetta rana francese era sparita dalla sua vista, dopo il primo assalto, e non sapeva dove diamine fosse finita.
Doveva pensare, e anche in fretta.
Una raffica di proiettili sventagliò a pochi metri di distanza, falcidiando un paio di soldati che correvano a cercare una protezione dietro cui nascondersi: i due caddero a terra con un grido strozzato, quasi soffocato dal fragore dei bombardamenti, ed Arthur non poté esimersi di fissare, quasi affascinato, la vita che li abbandonava, rovesciando gli occhi vuoti all’indietro, nelle orbite infossate sotto l’elmetto. Pareva quasi magnetico, quello spettacolo di distruzione. Era incredibile quanto poco bastasse ad uccidere un uomo, spezzando per sempre la sua vita… dopo quasi due millenni di battaglie, ancora gli risultava impossibile credere che fosse così facile trasformarsi in un assassino e non provare assolutamente nulla nell’esserlo.
Una nuova esplosione, nuova terra proiettata in aria, e Inghilterra si riscosse, ricordandosi che aveva ancora la responsabilità di un’armata sulle spalle, nonché la ricerca di un dannato francese da effettuare. Prese un bel respiro, poi corse verso i due corpi senza vita, tuffandosi a terra al primo accenno di fuoco nemico. Cadde a poca distanza dal corpo insanguinato di uno dei due soldati, un ragazzino che dimostrava poco più di vent’anni e che pareva troppo piccolo per stare in quella divisa militare sdrucita e sporca. Un ragazzetto dagli occhi verdi privi di luce e vita, dai capelli biondi luridi di sangue e fanghiglia, la bocca spalancata in una muta protesta.
Dio, gli somigliava.
Cerco di non pensarci. Afferrò il fucile che il poveretto stringeva ancora tra le mani, glielo strappò via con decisione e lo strinse al petto, rotolando nella terra secca per nascondersi dietro un arbusto di sterpaglie poco lontano. Respirò a fondo.
Doveva andarsene.
Non poteva morire lì, non dopo essere scampato a una vita lunga secoli e a centinaia di altre battaglie –Bannockburn, Azincourt, Poitiers, Bosworth Field, Saratoga, Trafalgar, Waterloo, Verdun, la Somme,- non poteva farsi fucilare come un cane da un tedesco che non avrebbe avuto nemmeno il coraggio di guardarlo in viso mentre premeva il grilletto. Non poteva morire, lasciando casa sua in mano ai quei dementi dei suoi fratelli, e tantomeno lasciare la guerra in quello stato.
Perdipiù aveva anche un francese da ritrovare, per San Giorgio!
Per tanto, riempiendosi la mente esclusivamente del solo imperativo di correre, scattò barcollando in piedi e scese di gran carriera la collinetta, ignorando le salve di piombo che cadevano al suolo, cercando di dirigersi verso la spiaggia, guidato dalle grida di un battaglione di soldati, finché non trovò malauguratamente una buca nel suolo che lo mandò lungo e disteso per terra.
Perse l’elmetto.
Perfetto, anche la sfortuna ci si metteva. Come se dover ripiegare in fretta e furia, con scarsa osservanza delle prassi e con la coda tra le gambe non fosse sufficiente. Ma quando sarebbe arrivato a casa l’avrebbero sentito, quei pomposi generali, loro e la loro fantastica strategia! Non prima di aver redarguito più francesi possibili per la loro stupidità sovraumana, lasciare un confine intero sguarnito, ma quando…
-Angleterre?-
Come punto da una vespa, Arthur scattò immediatamente in piedi, rischiando d’inciampare di nuovo, e abbrancò con forza l’interlocutore per le spalle, agitandolo sul posto, a tal punto che quello parve quasi spaventato dalla reazione inaspettata.
-Damned frog!- strillò, mentre il sollievo per averlo finalmente sottomano rischiava seriamente di farlo soffocare –Si può sapere dove ti eri cacciato? Dobbiamo andarcene di qui, subito!-
Francis sobbalzò, cercando all’istante di sottrarsi alla presa per tornare a combattere al fianco dei suoi uomini: -Non posso, devo restare! Se ce ne andiamo, ci trucideranno, non posso permetterlo!-
Quasi in risposta, colto dal panico, Arthur lo strinse più forte, costringendolo a fermarsi e urlando per sovrastare il tuonare dei cannoni in avvicinamento.
-Cosa vuoi fare, idiota? Moriremo tutti sul serio, se restiamo! Dobbiamo andarcene!-
Ma invece di starlo a sentire, Francis si svincolò, gettandosi il fucile ad armacollo e allontanandosi di un passo, fissandolo come turbato. Inghilterra, in quel momento, desiderò come non mai potergli leggere nella mente, pur di sapere cosa stava passando in quella maledetta capoccia. Ma non capiva che non c’erano soluzioni? Non capiva che non potevano fare altro? Non capiva che…
Una bomba esplose a pochi metri di distanza, proiettando una nube di terra e detriti nell’aria, come un enorme fiore che si apriva sbocciando gigantesco dal terreno; l’onda d’urto li fece barcollare uno addosso all’altro, tanto che ad Arthur cedette una gamba, e interruppe bruscamente la conversazione, assordando entrambi per degli istanti lunghi secoli.
Dio, era un delirio.
Inghilterra tentò di muoversi, saggiando la resistenza dei propri arti, e scosse con una gomitata il francese, rimasto immobile e ammutolito a fissare lo scempio da poco formato. A valle, verso la linea del mare, qualcuno urlò.
-Colonel! Colonel Kirkland!-
Arthur non riuscì nemmeno a pensare, a quello che stava facendo. Anche in seguito, quando la sua mente tornò a rivivere straziata quei momenti, si era reso conto che non c’era stato un impulso razionale in tutto quello: aveva solamente agito d’istinto, come rispondendo a quel richiamo.
Prima ancora che riuscisse a dire qualcosa, le sue gambe si erano mosse da sole. Prima ancora di fare un passo completo, le dita della mano sinistra afferrarono quel che trovarono a portata di mano di Francia –un braccio, un lembo di divisa, una mano, che importava- e quelle della destra si serrarono con forza attorno al fucile. Prima che Francis potesse dire qualcosa, Inghilterra iniziò a correre.
Non capiva nemmeno cosa stava facendo. Caracollava malamente, diretto alla battigia, trascinandosi dietro l’altro ben più recalcitrante, e continuava a correre, a correre, a correre, la bandoliera che sbatteva contro i polpacci, la divisa che gli stringeva il collo, la giacca lurida di fango che schizzava dagli scarponi. A un certo punto doveva anche essersi messo a urlare, perché la sentiva, la sua voce rimbombargli nelle orecchie, come se fosse appartenuta ad un'altro.
Un grido di rabbia e dolore, un grido di guerra, un grido disperato.
-Arthur!- Francis lo chiamava, sì, lo sentiva, ma dove fosse finita la tempra per rispondere non lo sapeva, bastava che corressero e arrivassero a quelle dannate barche, evitando la morte. Il cielo ormai grigio di fumo, squarciato dal bagliore dei bombardamenti, la sabbia sotto le suole spesse, il vento tagliente sul viso, il sangue –si era ferito, sì? Si era ferito, dannazione- appiccicaticcio sul volto.
Riuscì a rallentare solo quando focalizzò, mettendo a fuoco nonostante il sudore che colava dalla fronte, un’unità di artiglieri e un nutrito gruppo di soldati che si stavano imbarcando alla bell’e meglio su un paio di barche di fortuna. Una già si stava allontanando dalla riva, l’altra era quasi in partenza, quando uno dei militari lo riconobbe, agitando con foga un braccio.
-Colonel Kirkland! Here!-
 Francis aveva smesso di fare resistenza pareva quasi essere più leggero. Arthur lo strinse con più vigore – qualunque cosa stesse tenendo tra le mani, gli bastava che ci fosse, se era calda era meglio, sì, calda andava benone- e percorse gli ultimi metri, scivolando quasi lungo l’ultimo pendio ed evitando per un soffio una selva di proiettili. Gli uomini a bordo –per la stragrande maggioranza inglesi, salvo qualche belga- balzarono in piedi, tendendo le braccia verso di loro.
Riuscì ad afferrarle, quelle mani. Riuscì a stringerle, sentirle addosso, mentre tentavano di issarlo a bordo. Ma la sua mente non pareva nemmeno interessata, concentrata invece sul legame, fisico, che lo teneva unito a Francis.
Francis.
E mentre veniva malamente issato a bordo, le dita la persero, quella presa, scivolando per via dell’acqua salmastra. Urlò, agitandole per tentare di trattenerlo, si voltò di traverso arrivando a rischiare di cadere in mare per tornare ad afferrarlo.
Francia avanzava pesantemente nell’acqua via via più fonda, ancora spinto dalla sua corsa. Un braccio teso, i capelli appiccicati al viso, l’espressione stravolta, cercava di raggiungerli. I militari strillavano qualcosa, ma Arthur non riusciva nemmeno a sentirli, teso, con tutto sé stesso, a cercare di afferrarlo, di prenderlo, di raggiungerlo.
Si guardarono negli occhi, proprio mentre una granata si abbatteva al suolo lì, a neanche un metro.
Arthur avrebbe ricordato per sempre quell’espressione. Per anni, per decenni, l’immagine devastante di quegli occhi azzurri stralunati sarebbe venuta a svegliarlo nel sonno, tormentando le sue notti e divorandogli l’anima. Anche quando quei momenti sarebbero parsi lontani e quasi dimentichi, quando la normalità sarebbe stata restaurata, Inghilterra non sarebbe mai riuscito a eludere quel ricordo.
Francis lo guardava. Lo chiamava. E quegli occhi, quegli occhi di cielo e mare, quegli occhi che amava, quegli occhi lo stavano scongiurando di aiutarlo.
Poi il mondo esplose in un nugolo di terra, acqua e sangue, prima che tutto diventasse nero.

 

 

L’odore asettico di medicinali fu la prima cosa che avvertì, quando aprì gli occhi. C’era troppo sole e troppa luce, in quel posto, e contrastava malamente con gli ultimi ricordi che aveva.
Poi, improvviso e lacerante, ogni tassello tornò al suo posto, permettendogli di Ricordare.
-Francis!-
-Sta’ buono. C’era chi ti dava per morto, non voglio dare questa soddisfazione al mondo-
Piano, Arthur mise a fuoco la stanza in cui si trovava, ritrovandosi a fissare un uomo corpulento seduto accanto al letto; ricordava quella fisionomia, per quanto quando era partito per il fronte fosse diventato suo boss solo da pochissimo.
-Dove…?-
-In ospedale – rispose quello, piegandosi leggermente di lato per accendere il sigaro che stringeva tra i denti – Sei a Londra, figliolo. Dobbiamo ringraziare il cielo per averti portato a casa integro. C’è mancato poco-
La Nazione corrugò appena la fronte, cercando di muoversi . Ma subito fitte di dolore in una serie di parti del corpo lo convinsero che fosse meglio restare sdraiato, senza fare sforzi. L’uomo borbottò qualcosa che non riuscì a comprendere, e la cosa non gli piacque affatto.
-Che è successo…?-
-I tedeschi ci hanno cacciato fuori dall’Europa, che siano dannati. Adesso sarà difficile, senza quei maledetti frogeaters a darci una mano, combattere contro i nazi, ma non ho alcuna intenzione di dargliela vinta. Pertanto, hai il divieto assoluto di avvicinarti a meno di tre metri da un campo di combattimento. Non ho intenzione di mandare la mia Nazione al macello-.
Arthur batté le palpebre, sentendosi parecchio confuso, e fu lì lì per rispondere male –stava scherzando, restare in panciolle? Ma quando mai!-, quando un dettaglio catturò la sua attenzione, facendogli trovare la forza di porre la domanda che gli premeva più di tutte dal suo risveglio.
-Senza… Dov’è Bonnefoy?-
L’uomo si alzò senza fretta in piedi, appoggiandosi a un bastone laccato poggiato accanto alla sedia. Trasse un paio di boccate, soffiando nuvole di fumo caldo, poi si voltò verso la porta, incamminandosi.
-La Repubblica Francese si è arresa questa mattina. Ora sono uno stato collaborazionista-
Winston Churchill uscì dalla stanza, chiudendo con lentezza la porta alle sue spalle prima di incamminarsi verso l’uscita. Tuttavia, non poté evitare di udire il grido di lacerante dolore emesso dalla nazione rimasta oltre quel battente.
L’Inghilterra era rimasta sola.
Di nuovo.

 

 

 

 

 

 

Informazioni per Dunkirk, qui. 

Non provate mai a cercare di riassumere secoli di storia inglese in una riga: vi troverete a dover scegliere tra migliaia di battaglie e a doverne sacrificare qualcuna. Ho citato alcune delle più importanti  (Bannockburn –guerra anglo-scozzese; Azincourt e Poitiers –guerra dei Cent’Anni; Bosworth Field –Guerra delle Due Rose; Saratoga –guerra d’Indipendenza Americana; Trafalgar e Waterloo -guerre napoleoniche; Verdun e la Somme –WWI)

Ho voluto provare a descrivere l’aspetto più tragico della guerra. Spero di essere riuscita a raggiungere un risultato accettabile.

Note per il finale: c’è un motivo, se ho messo Arthur in un ospedale, pressoché ferito. Con la ritirata di Dunkirk – o “miracolo”, come spesso viene definito”- gli inglesi persero ingenti numeri di uomini, mezzi e armi. Il loro esercito venne praticamente dimezzato.

C'è Winston, sì. Non sono riuscita a non farlo. Perdonatemi.

-Note tecniche: Churchill divenne Primo Ministro il 10 maggio 1940, l'evcuazione terminò il 4 giugno, la Francia firmò l'armistizio il 22 giugno. Sì, Arthur è rimasto al tappeto parecchio <_<

 

 

Per Prof, perché la aspettava da una vita.

Besitos
wolvie

   
 
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