Non tornavo a Sinea da cinque anni. Da quando io e Alberto ci eravamo lasciati.
Quel piccolo paese del sud Italia, che io avevo sempre sentito come la patria, nonostante fossi nata e cresciuta al nord, era ormai un ricordo lontano, offuscato dalle tante esperienze che avevo fatto in tutti quegli anni e che ormai mi dividevano profondamente da quelle terre.
Avevo sempre percepito quei territori caldi e verdi, bagnati da un mare di una trasparenza indescrivibile, come se fossero casa mia. Sentivo che mi appartenevano, che facevano parte di me molto di più della città fumante di rabbia fredda e grigia in cui abitavo.
E proprio lì avevo incontrato Alberto. Avevo spesso pensato che lui fosse davvero l'uomo della mia vita. Mi illudevo di aver trovato l'amore vero, quello in cui dare e ricevere sono sullo stesso piano, quello in cui l'affetto verso l'altro è molto più grande dell'attenzione verso se stessi.
La nostra storia era costellata da incontri generalmente bimensili e alternati. Qualche volta scendevo io, qualche volta saliva lui. Eppure, quelle poche volte che ci vedavamo, ci amavamo alla follia, come due amanti la prima notte d'amore.
Sicuri che la nostra storia sarebbe durata per sempre, progettavamo insieme un futuro stupendo, una famiglia, una carriera, una casa e tanti cani da curare. Un amore infinito, una passione incessabile e inacessibile a chi stava all'infuori di noi.
Dopo tre anni di promesse, la nostra storia cominciò a decollare e finì, come finiscono tutte le storie di quando si è giovani.
Non tornai più a Sinea, non cercai più gli amici che avevo in quel paese, provai in tutti i modi a dimenticarmi di tutte le estati passate in quel posto, tra i vicoli stretti e bianchi, tra i muri delle case di tufo accaldate nell'ora della siesta, tra gli alberi di pesche e di cachi dei nostri orti e in quelli di sconosciuti, in cui ci divertivamo a rubare le fragole e le ciliegie.
Avevo vissuto, in quei posti, la maggior parte dei momenti più felici della mia vita, da quando, bambina, tornavo dalla campagna con mio papà, mano nella mano, reggendo tra le braccia un cesto di prugne e fichi appena raccolti, a quando passavo le giornate al mare con Alberto, stesi sulla spiaggia a infangarci di sole e di sudore.
Sì, ero quasi riuscita a dimenticare quei luoghi.
Eppure, tutto quello che mi era successo, tutto quello che era cambiato in me e attorno a me, non era stato sufficiente a bianchettare completamente il ricordo dei miei giorni felici. Degli unici giorni veramente felici che avevo avuto nella mia vita. Giorni di una felicità pura e semplice, come nei cinque anni che mi separarono da Sinea non ne ebbi mai.