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Autore: E u r eka    23/05/2010    1 recensioni
La sua vita aveva molti scheletri nell’armadio ed era con orgoglio insensato che sfoggiava la collezione di improperi e ostilità che gli erano state gettate addosso dall’ottusità malevola degli estranei nell’infanzia e prima adolescenza. Era fiero di quel passato infangato dal dispiacere e ancor più fiero del fatto di poterlo mettere a confronto con un presente tutt’altro che semplice, ma di ovvia felicità, un futuro che ne uscisse vincitore e per nulla ammaccato dalla possibilità di non esistere. Inutile mentire o tentare di farlo, non era mai stato bravo a dir bugie sin dai tempi dell’Accademia in cui Iruka-sensei era solito scoprirne la menzogna ancor prima che aprisse bocca per giustificare il misfatto. Naruto poteva essere giudicato a ben vedere come un libro aperto per quanto concerne espressività facciale e sicuramente questo non andava propriamente a suo vantaggio, soprattutto se il suo scopo nella vita era essere un bravo ninja e il suo desiderio fosse stato un tempo di emulare l’altera indifferenza di qualcun altro.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Speculum

Speculum Cordis

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Ogni cosa, ogni oggetto, ogni luogo o persona non è semplicemente ciò che appare o sembrerebbe essere. Si è soliti affermare che la prima impressione sia sempre quella giusta, ma cosa fa credere sia davvero così? Cosa ci porta a considerare reale quel che osserviamo? Cosa spinge ad accettare per buono ciò che l’occhio rimanda?
Anche la vista più acuta e disinteressata non potrà mai cogliere a pieno la verità di quel che osserva, la mente non riuscirà mai a soffermarsi su ogni particolare.
Sfuggiranno mille minuscoli granelli di vita sincera, natura schietta, quisquilie in confronto al grande piano generale, ma che assumono una sottigliezza sfumata al pensiero che le si è comunque perdute per sempre, che non torneranno più se non nella forma di rimpianto.
Ogni immagine che colpisce la nostra attenzione o immaginazione, viene catalogata nella nostra memoria e collegata allo spunto ispiratore o alla sensazione che ne è stata ispirata.
Sarà con nostalgia che ricorderemo un’estate particolarmente felice, con tristezza un litigio con un amico, con gioia il sorriso di chi amiamo e vorremo conservare gelosamente ognuno di quei preziosi echi di passato, lottare perché non vengano dimenticati.
La sua vita aveva molti scheletri nell’armadio ed era con orgoglio insensato che sfoggiava la collezione di improperi e ostilità che gli erano state gettate addosso dall’ottusità malevola degli estranei nell’infanzia e prima adolescenza.
Sì, i primi anni in tutto quel rivangare di bei tempi andati non erano certo da considerare dei migliori o di facile considerazione, ma ne andava particolarmente orgoglioso.
Era fiero di quel passato infangato dal dispiacere e ancor più fiero del fatto di poterlo mettere a confronto con un presente tutt’altro che semplice, ma di ovvia felicità, un futuro che ne uscisse vincitore e per nulla ammaccato dalla possibilità di non esistere.
Inutile mentire o tentare di farlo, non era mai stato bravo a dir bugie sin dai tempi dell’Accademia in cui Iruka-sensei era solito scoprirne la menzogna ancor prima che aprisse bocca per giustificare il misfatto.
Naruto poteva essere giudicato a ben vedere come un libro aperto per quanto concerne espressività facciale e sicuramente questo non andava propriamente a suo vantaggio, soprattutto se il suo scopo nella vita era essere un bravo ninja e il suo desiderio fosse stato un tempo di emulare l’altera indifferenza di qualcun altro.
Non era in grado di articolare in modo opportuno una scusa verosimile a qualche sua manchevolezza, ma sembrava per controparte possedere una spiccata sensibilità a scovare quello di cui tanto era a corto. La capacità di fingere o simulare un’emozione che non gli appartenesse era un’idea che mai l’aveva sfiorato se non riguardo un unico argomento, il solo capace di smuovere quello spicchio di sole che sempre aveva stampato sul viso gioviale.
Non aveva mai brillato per capacità analitica, ma era innata in lui l’abilità a percepire il dolore altrui, una sofferenza affine a quella che lui stesso aveva patito, che ciò nonostante però nulla aveva in comune se non il pianto del cuore. Da bambino era stato tacciato più e più volte dalla parola “mostro”, senza che questa riuscisse ad assumere un chiaro significato di cosa implicasse.
Era un suono sgradevole, specie se sempre accompagnato da diffidenza timorosa e disprezzo negli sguardi degli adulti, che a quel modo lo sgridavano per la sua essenza diversa dalla loro, ma che davvero nulla gli aveva dato se non senso di inadeguatezza verso il mondo che lo rifiutava e ambizione a diventarne parte. L’incontro con altri “mostri” gli aveva aperto gli occhi sulla meschina situazione che era stato costretto a subire, l’imbroglio con cui era stato raggirato. Gli aveva mostrato che la solitudine dolorosa, il forzato allontanamento da una quotidianità normale l’avessero reso forte, capace di trasformarla a proprio favore. E se tanto prima aveva scoperto che l’unica sua colpa fosse di essere il contenitore di una qualche creatura particolarmente pericolosa, una nuova consapevolezza l’aveva colpito.
Aveva sofferto ed ora gli spettava quella fetta di felicità a lungo rimandata. Ogni lacrima doveva essere corretta in risata, ogni ferita risanata e mutata in cicatrice, ogni schiaffo morale in carezza. Per ogni graffio un bacio e per ogni incubo un sogno, le paure in speranze e l’odio in amore. Gli spettava tutto questo, era suo di diritto eppure sapeva bene di doverselo conquistare.
Non si può aspettare che un desiderio si avveri da solo, bisogna essere in grado di avvicinarsi al traguardo e rendersene meritevoli. Per questo aveva combattuto contro i nemici, che questi fossero in carne ed ossa o semplici spettri nati dal terrore inconfessato delle persone che lo circondavano.
Voleva trasformare quel dubbio in certezza, rassicurare ognuno e cancellare la suggestione creata da qualcosa di sconosciuto, affrontare ogni tempesta con audacia e risolutezza e fare in modo che tutti riuscissero a vedere ciò che di buono vi era in lui oltre quella ripugnante cosa nascosta e sigillata al suo interno.
Abbattere il muro di omertà e sospetto, crearne uno di fiducia e rispetto, diventare l’eroe di cui si aveva bisogno e che suo padre voleva che fosse. Essere libero da quella catena di ostilità e rancore senza fine.
L’eventualità che tali condizioni si realizzassero era stata in qualche modo scalfita dall’abbandono di uno degli ingranaggi che la muovevano, ma non distrutta perché la fede era sempre accanto a lui, compagna e alleata in quella battaglia contro la vendetta.
Il momento in cui i suoi sforzi erano stati riconosciuti in tutto il loro apprezzamento era avvenuto all’ennesimo confronto con un avversario. Allora gli era davvero sembrato che ogni suo sacrificio non fosse stato vanificato, ma avesse trovato un suo motivo d’esistere e in ogni sorriso degli abitanti gli era parso di vedere un se stesso bambino smettere di piangere e ridere insieme a lui.
Non più mostro, ma salvatore, aveva scoperto il piacere del difendere, che non era mera soddisfazione nell’ammirazione, ma proveniva  dall’essere stato finalmente accettato. Aveva raggiunto uno dei suoi obiettivi, ma ne rimaneva un altro ben più importante. Aver acquisito lo status di paladino non cambiava ciò che era e rimaneva e anche se adesso quella parte da sempre cacciata veniva accolta, ciò non stava ad indicare che fosse giusta. 
Restava sempre sbagliata, ma in qualche modo contorto meno di quanto fosse stata prima, dato che non si macchiava più del crimine della ribellione.
E lui intendeva perseguire la strada che aveva scelto, aspirava a dare il massimo e mantenere saldo tra le dita quell’ideale di perfezione, nonché vagheggiamento ad occhi aperti, con tutta la fatica che esso comportava.
Sapeva di non poter essere impeccabile e se c’era una cosa che aveva compreso, era che il principale ostacolo da abbattere fosse proprio la Volpe, limite la propria paura inconfessata di venirne sopraffatto.
Aveva imparato a convivere col se stesso che non faceva parte di lui, prendendo atto di quella scomoda presenza, quella macchia indelebile che non gli precludeva nulla, non più, ma rendeva solo tutto più difficile. 
Eppure, non poteva evitare di provare a volte una forma di rabbia che non conosceva rancore, ma piuttosto aveva il sapore della malinconia, un qualcosa di animalesco che prepotentemente si affacciava, manifestandosi nelle situazioni in cui tutta la sua determinazione non era abbastanza, non era sufficiente allo scopo. Non odiava quella parte oscura di sé, ma non poteva neppure amarla e sapeva che fino a quando non fosse stato capace di conciliarsi con lei, nessuna promessa e avvenire sarebbero stati al sicuro. Doveva imparare a conoscere se stesso, ma oltre ogni comprensione era necessario ci fosse anche amore. Doveva prima amarsi per amare gli altri e proteggerli, tuttavia, nonostante sapesse quale fosse la cosa giusta da fare, compiere quel semplice gesto era tutt’altro che facile.
Perché amarsi era davvero qualcosa di complicato, specialmente in considerazione del fatto che l’altro sé fosse ben lungi dal voler dargli una mano in quell’arduo compito di intesa.
Ecco, porgere l’altra guancia per farsela prendere a pugni non era esattamente allettante.
Finalmente era arrivato il tempo del faccia a faccia e doveva ammettere che non si sarebbe mai aspettato qualcosa del genere e che fosse lontano da ogni idea che avesse fatto o avrebbe potuto fare in proposito.
Ok, parte oscura, Volpe e tutto il resto, ma vedere una cosa simile entrava fuor di dubbio nelle cose più strane a cui avesse assistito in vita sua e per uno abituato a trasformarsi in una bestia a code o a far comparire centinaia di proprie copie, era davvero, davvero inusuale da dire.
Fu perciò con un sorriso al contrario ed una più che giustificata meraviglia stupefatta, che incrociò lo sguardo del suo opposto, arrivando alla prematura conclusione di aver involontariamente evocato una sua copia. Eppure c’era qualcosa che non quadrava, l’aveva notato subito, ma se ne era ritratto l’istante dopo, quasi infastidito da quella vista e dal pensiero che essa suscitava.
Perché quell’essere non poteva essere lui e sebbene fosse stato avvisato, non avrebbe mai pensato che quell’incontro l’avrebbe scombussolato a quel modo o fatto infuriare tanto.
Scrutò dapprima impensierito l’ombra di fronte a sé, assistendo all’incupimento della propria immagine, l’abbruttirsi di un se stesso che stentava a riconoscere come propria parte.
Era come trovarsi di fronte ad uno specchio, eppure in modo così diverso da lasciarlo spiazzato, perché quel riflesso non aveva nulla di familiare e non comprendeva chi fosse lo sconosciuto che indossasse i suoi vestiti e si arrogasse il diritto di usare la propria voce e trasfigurargli il volto in quel modo orribile.
Era un estraneo che lo sbeffeggiava con quel ghigno irrisorio e sprezzante, gli occhi torbidi di acqua melmosa color fango, familiarmente appoggiato alla Volpe che alle sue spalle appariva più mostruosa e terribile che mai e lo incalzava con ringhi simili a risate rancorose.
E mentre quel suo alter ego dava ascolto alle blande parole del demone, facendosi accarezzare e giocando col fuoco che lo circondava –quello stesso fuoco dal colore cremisi del sangue che, lo sapeva bene, se lui avesse sfiorato l’avrebbe bruciato- Naruto se ne stava lì immobile ad osservare quel sogno, incubo o qualunque altra cosa fosse, prendere la consistenza effimera della realtà.
L’espressione sconvolta scomparve, cedendo il posto ad una orripilata.
Perché, checché ne dicesse o pensasse al riguardo, quel che gli stava di fronte era una parte di sé e un’alternativa a quel che sarebbe successo –stato- se avesse scelto l’opzione più facile.
Lasciarsi travolgere invece di combattere, piegarsi invece di piegare.
Occhi nel passato contro occhi nel presente, volere contro altro volere, Naruto contro Naruto, diversi eppure uguali. Quello era lui, non un altro sé, ma una parte di sé e come tale andava riconosciuta.
Non c’era nulla di nuovo o di spaventoso ora in quel riflesso al rovescio. Naruto, l’uno o l’altro o forse entrambi –cambiava davvero qualcosa?- sorrise e non c’era più ombra di indecisione tra loro. Naruto lo fissò spaesato, interdetto da quell’improvviso cambiamento e Naruto sorrise ancor più apertamente, sfrontato e serio come mai prima d’ora.
Il suo cuore apparteneva anche all’altro perciò più di chiunque altra persona poteva ben capirlo, comprendere quale sarebbe stata la sua risposta.
Arrendersi?Oh, no.
Il passato oramai non lo feriva più. Non soffriva più perché era grazie a quello stesso passato se aveva il presente e sarebbe esistito un futuro.
Unì le mani pensando intensamente a quello che avrebbe voluto dire sin dall’inizio, ma non era stato capace di esprimere e la scritta focalizzata apparve alle sue spalle nero su bianco, fiera e sicura come colui che l’aveva segnata, dimostrazione di quel che fosse, rappresentasse, inseguisse.
L’altro parve incrinarsi impercettibilmente a quella vista e c’era una nota di fondo nella sofferenza sorda che gli urlò contro, un’isteria che aveva solo bisogno di comprensione, di una compagnia che non fosse quella soffocante del demone che lo esulcerava.

Ricorda quello ci hanno fatto, come ci hanno isolato!Il male, l’imbroglio, le lacrime!Abbiamo sofferto..è stato straziante..!Non credere a quei maledetti del             Villaggio, alle loro lusinghe!
C’erano lacrime in quelle parole, scagliate nell’aria con la medesima violenza con cui erano state provocate, un pianto segreto tra punti di contatto inesistenti, debolezza e incapacità di incassarne i colpi impietosi e poi c’era un sorriso caldo, fiducioso che voleva accogliere tutta quella pena tormentata, spazzarla via come squarci di nubi che offuscavano il sole e la limpidezza del cielo.
Un volto familiare e fraterno, amorevole, mani tese verso gli artigli stretti a pugno.   

«Penso che dovresti provare a credere in te stesso. Al te stesso in cui credono gli abitanti del Villaggio.»
Ancora rabbia iraconda nell’altro e dolore, tanto, tanto, così tanto da sembrare insormontabile,  come un muro compatto impossibile da valicare.

Per te io sono solo un fastidio?Cosa diavolo ho rappresentato per te?
Naruto lo osservò, si osservò e comprese.
Capì il dolore di quel suo lato rimasto confinato nei ricordi e nei giorni di buio e grigiore dell’infanzia. Quel suo sé non aveva mai conosciuto la gioia dell’affetto, mai visto la dolcezza del sorriso di Sakura, la bellezza di quello sigillato negli occhi di Sasuke, quello silenzioso di Kakashi e quello paterno di Jiraya.. non poteva perdonare, non poteva capire ciò che lui aveva avuto in regalo dalla sua famiglia e il desiderio di proteggere quell’amore infine regalatogli.      
Lo vide gettarglisi contro e aprì le braccia, accogliendolo in un abbraccio che sapeva non aveva mai ricevuto prima d’allora.
Come poteva provare rancore verso se stesso? Odiarsi? Ora si rendeva conto di cosa significasse, cosa intendesse. Non compassione, ma amore. La chiave era quella, la risposta era lì, sotto il suo naso.
Strinse a sé la figura cupa che altri non era se non quel bambino piangente rimasto solo sull’altalena dell’Accademia.

«Tu sei me e io sono te. Se sono così adesso è tutto grazie a te. E’ per te che sono forte.. Grazie di tutto, ma ora basta.»
Riposo.
L’altro Naruto era odio, ma non per suo desiderio. L’odio era l’unica cosa che avesse posseduto e con cui fosse venuto a contatto. L’odio degli abitanti e di quel suo sé che l’aveva sempre tenuto in catene, sigillato e temuto in egual misura. Paura, sdegno, indifferenza: questo era stato il suo credo, l’aria che aveva respirato, l’acqua e il pane di cui si era cibato. Questo aveva riempito il suo cuore.
Aveva sognato l’amore, l’aveva bramato più di ogni altra cosa, ma aveva imparato a disprezzare quel bisogno insoddisfatto che tanto lo aveva fatto soffrire.
Naruto era amore, puro e semplice. Aveva compreso che per ricevere qualcosa bisognasse darne in quantità uguali. Naruto dava amore in ogni suo sorriso e risata, in ogni gesto e combattimento e questo la Volpe non poteva accettarlo perché sapeva avrebbe segnato il suo destino, la disfatta sua e dei suoi sogni di distruzione e vendetta.
L’altro Naruto comprese cosa avesse voluto spiegargli e scomparendo, spalancò gli occhi che di nero non serbavano nulla se non il miraggio di quel rancore che tanto a lungo gli aveva obnubilato la vista e l’anima. Riusciva a vederli ora. I volti di tutti sorridergli grati, con quell’affetto da sempre negato. Il rosso nebuloso che gli aveva riempito d’arancio fiammato i ricordi, veniva rimpiazzato dai toni gentili e sconosciuti del giallo canarino e del fiordaliso turchese e del verde speranza, del rosa vivo e profondo del ciliegio in fiore, dell’ametista e del grigio perlaceo, di un arcobaleno appena sbocciato in un prato d’ardesia. L’ombra venne illuminata dalla luce e non fu più sola. C’era solo cenere tra le braccia, polvere nerastra dai riflessi dorati.

Era a casa ora.

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N/A:

Penso dovrei fornire alcune spiegazioni riguardo ciò che avete appena letto. Nel caso non lo aveste capito, lo so a volte non sono molto chiara mentre scrivo -.-, tutto è ambientato e accade nel 495 capitolo. O meglio era come lo avevo immaginato prima che uscisse. Dopo averlo letto ho apportato alcune modifiche ai dialoghi e qualche altra cosa qui e lì, ma più o meno tutto è rimasto uguale.
L’ultimo paragrafo riguardo i colori non è una semplice lista.. ci tengo a precisarlo perché ci ho messo una vita a scriverlo e dopo infinite titubanze al riguardo ho deciso infine di inserirlo. Come dicevo, non è scritto a casaccio tutt'altro. I colori sono quelli degli amici, dell’amore, della vita e affetto che l’altro Naruto (questo scrivere l’uno e l’altro è stato abbastanza problematico e snervante a volte XD) non aveva conosciuto, ma ora, ritornando ad essere parte integrante del cuore, riesce a vedere e sentire finalmente.
Credo il resto sia abbastanza comprensibile, se così non fosse non fatevi problemi e chiedete pure che sono qui per questo ;)
Un saluto a tutti e un abbraccio a chi leggerà e apprezzerà questo scritto.
Spero vi giunga qualcosa di mio, grazie <3  

  
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