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Autore: Tynuccia    24/05/2010    3 recensioni
[Gundam SEED] A quel nome sia Yzak che Dearka sobbalzarono e si sporsero per vedere se, effettivamente, la tedesca fosse dietro al biondo Comandante di ZAFT.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Risveglio

 

*

 

 Yzak Joule aveva provato dolore parecchie volte, nella sua giovane vita. Spesso, però, era di carattere psicologico: ogni volta che Athrun Zala lo batteva, per esempio, o quando suo padre era morto. In quel momento, comunque, non riuscì a non bestemmiare per la fitta che avvertì alla parte destra del suo volto.

 Si era risvegliato dopo non sapeva quanto tempo e quella sensazione terribile era stata proprio la prima che gli si era presentata: sicuramente la fortuna ce l’aveva con lui. Ricordò subito il cocente disonore provato in seguito all’attacco dello Strike, il vetro del casco spezzarsi e sfregiare la sua pelle. Per un attimo aveva visto solo rosso ed aveva udito la voce stridula di Nicol Amalfi che chiedeva aiuto a Dearka Elthman, poi il Blitz ed il Buster l’avevano riportato sulla nave, trascinando il suo Duel, il suo corpo offeso ed il suo orgoglio stracciato.

 Si mise a sedere, sferrando un pugno al materasso. Non solo si era dimostrato indegno del Mobile Suit che pilotava o della fiducia che il Comandante La Kleuze aveva riposto in lui, ma per l’ennesima volta era stato lui al centro dell’attenzione per qualcosa che non fosse un merito o un’impresa da titani. A differenza del Bastardo, passato inosservato durante l’ultima battaglia; un ruolo che non gli sarebbe dispiaciuto, viste le conseguenze.

 “Fanculo,” imprecò, scocciato e furibondo, e si lasciò cadere contro i cuscini, portandosi una mano sulle bende che gli fasciavano metà viso. Sentì i suoi capelli sfuggire da esse, disordinati, e l’odore dell’unguento che i medici avevano utilizzato per la sua ferita. Si guardò intorno e si stupì di trovarsi in camera sua, non nell’ala ospedaliera della nave.

 “Alla buon’ora,” cantilenò Dearka, seduto su di uno sgabello e con le mani poggiate sulle gambe, leggermente divaricate. Lo fissò con una smorfia e si lasciò sfuggire un sospiro stanco. “Credevamo che non ti saresti svegliato mai più.”

 “Taci!” urlò Yzak, lanciandogli un’occhiata di fuoco. Fu con immenso rammarico che scoprì un sentimento insoddisfatto, dentro di sé, mentre guardava il bel volto del suo migliore amico. Non si era augurato di trovare lui al suo capezzale, ma d’altra parte era prettamente impossibile che la sua promessa sposa fosse già sulla nave, dopotutto la notizia del suo trasferimento risaliva a meno di dodici ore prima e, in tempi di guerra, anche tre giorni potevano essere pochissimi, per raggiungere una meta. “Quanto tempo…?”

 “Quasi un giorno,” replicò il biondo Coordinator con una scrollata di spalle e facendogli capire che, allora, erano trascorse circa trentasei ore, da quel momento. “Non è poi così grave, hanno detto i medici, tant’è che ti hanno immediatamente trasferito in camera tua, ma ti rimarrà una bella cicatrice.” Tracciò con il pollice una porzione diagonale del suo viso. “Niente di catastrofico, amico, la chirurgia del giorno d’oggi ti farà tornare quello di prima in un baleno.”

 “NO!” abbaiò Yzak, sporgendosi per afferrare la stoffa celeste che sporgeva dal colletto slacciato dell’uniforme del soldato Elthman. “Io non rimuoverò quella cosa fino a quando non avrò distrutto e fatto a pezzettini quel mentecatto che pilota lo Strike! Lo voglio vedere morto, voglio ucciderlo con queste mie mani! Non solo trafiggere il suo stupido Mobile Suit con i cannoni del Duel, ma anche tagliargli la giugulare lentamente e godermi lo spettacolo del suo sporco sangue da militare dell’EAF uscire dal taglio!”

 Dearka fece per rispondergli che non c’era assolutamente bisogno di essere così minuziosamente dettagliato, ma la porta della stanza si aprì, rivelando l’alta figura del Comandante La Kleuze, con un sorriso appena accennato. Battè le mani inglobate in guanti bianchissimi, in qualche modo felice. “E bravo Yzak, ad un certo punto della guerra c’è la necessità di diventare spietati, per poter assistere alla vittoria del proprio paese.” Guardò i due diciassettenni scattare sull’attenti e scosse piano il capo. “A riposo, a riposo. Non badiamo alle formalità, vi prego.”

 “La ringrazio per essere venuto a trovarmi, signore,” disse l’albino, soddisfatto dell’interessamento del suo superiore alla sua salute. “Sono anche spiacente per quanto accaduto.” Strinse rabbiosamente le lenzuola tra le dita, utilizzando un vigore tale che quasi si squarciarono. “La prossima volta giuro che lo Strike non tornerà all’Archangel!”

 “Non giurare,” lo ammonì La Kleuze, insolitamente paterno, ma senza perdere un briciolo del suo untuoso carattere. “Perché poi, se non riesci a mantenere la parola data, chi ti è intorno potrebbe rammaricarsi. Non ho ragione, Hahnenfuss?”

 A quel nome sia Yzak che Dearka sobbalzarono e si sporsero per vedere se, effettivamente, la tedesca fosse dietro al biondo Comandante di ZAFT. “Sì, signore,” udirono infatti. Lei avanzò piano nella stanza, le mani intrecciate davanti al seno e le lacrime che le scorrevano sul viso. La preoccupazione era evidente nei suoi occhi violacei e la sua uniforme da Red Coat presentava sporadiche macchiette bagnate sul petto.

 “Forza, Elthman,” disse l’uomo, sorridendo. “Lasciamo che i futuri coniugi Joule possano trascorrere qualche minuto in compagnia. Non sappiamo mai quando dovremo scendere ancora sul campo di battaglia.”

 Il giovane non se lo fece ripetere due volte e lo seguì in corridoio, dopo aver battuto un’amichevole pacca sulla spalla di Shiho, ancora in piedi davanti al letto. Una volta che la porta si fu nuovamente chiusa e l’eco dei passi dei soldati estinta, lei gettò le braccia al collo del suo fidanzato, singhiozzando senza ritegno contro la sua maglietta celeste. I suoi bei capelli castani, legati all’estremità, gli solleticarono le narici ed il rabbioso albino potè increspare leggermente le labbra, stringendo a sua volta la giovane mentre andava a poggiarsi contro i cuscini. Si sentì stupido e vulnerabile, ma anche decisamente appagato. Non aveva mai pensato che la sola presenza della sua promessa sposa avrebbe potuto migliorare in maniera così drastica il suo umore nero.

 “Avevi promesso che saresti stato attento,” lo rimproverò debolmente Shiho, staccandosi per poterlo guardare. Gli fece scorrere l’indice sulle bende e la preoccupazione che le offuscava lo sguardo con le lacrime si appesantì. “Eppure guarda qua…”

 “Se fosse così grave sarei ancora in infermeria,” le fece notare lui, socchiudendo l’occhio, rilassato. Alzò una mano per prendere la sua. Che stesse cercando di convincerla di stare bene quando lui stesso si sentiva uno schifo era una presa in giro fatta e finita, ma aveva il sentore che glielo doveva, dopo averla mortificata a causa della testa calda che si ritrovava. L’attirò a sé e le diede un velocissimo bacio sulla fronte, accennando al sorriso di prima. “È bello averti sulla Vesalius,” borbottò imbarazzato e lei annuì, abbracciandolo di nuovo.

 

*

 

 La sirena d’allarme rimbombò potente nei corridoi e nelle stanze, ma Yzak Joule era già sveglio, dolcemente immerso nel tepore delle coperte e delle braccia strette attorno alla sua vita. Nel buio era riuscito a cogliere il bel corpo della sua innamorata, a vedere quanto pacifico fosse il suo volto addormentato. Si era destato qualche ora prima e l’aveva trovata ancora al suo capezzale, il capo poggiato sulle braccia conserte, a loro volta posizionate sul materasso, e lo sguardo perso nel vuoto. Non c’era voluto molto prima che la nuova vicinanza e la passione prendessero il sopravvento ed ora, mentre una nuova minaccia incombeva sulla nave di ZAFT, sembrava quasi che per loro il mondo si fosse farmato al piacere che li aveva fatti tremare in precedenza.

 “Yzak?” Shiho aprì gli occhi quando lui si sciolse dalla sua presa e si mise a sedere, indossando velocemente la biancheria intima, seguita dall’uniforme. “Dove stai andando?”

 “Non lo senti, l’allarme?” L’albino spiò oltre la sua spalla, godendosi per l’ennesima volta la soave visione della sua promessa sposa avvolta solo nell’oscurità e nient’altro, ma con un tono di voce abbastanza scocciato. “Devo andare.”

 “N-non puoi!” esclamò lei, impaurita. Si mise a carponi, afferrando la stoffa scarlatta della sua giacca ancora aperta. “Nelle tue condizioni…”

 “Va tutto bene,” la rassicurò Yzak, sedendosi sul bordo del letto e sospirando. Le sistemò gentilmente la frangia, sentendosi invincibile perché aveva qualcuno da cui tornare, una volta finita la battaglia. “La prossima notte la trascorreremo ancora insieme; idem quella dopo e quella dopo ancora.”

 Shiho si risolse ad annuire e gli accarezzò i capelli, sfiorandogli le labbra con un dito, lentamente, quasi a non voler terminare quell’idilliaco momento. Lo guardò avvicinarsi alla porta e si avvolse il petto con il lenzuolo, prima di chiamarlo. Gli sorrise divertita quando la guardò, curioso di sapere cosa volesse. “Spaccagli quel culo da membro dell’EAF anche da parte mia.”

 “Farò il possibile, Shiho.” E, per non deluderla, non giurò, né promise. Semplicemente si limitò a ghignare mestamente. Mentre si dirigeva all’hangar, decise che il suo obiettivo primario sarebbe stato quello di non perdere la vita. A lei, almeno, lo doveva.

  
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