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Autore: Dea Elisa    24/05/2010    5 recensioni
Un giorno qualsiasi. Anzi, una notte qualsiasi.
Un diagnosta, una donna e un gioco vecchio come il mondo.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Cavallo.”
“Noo.”
“Asino.”
“Sì, come te. Ma ti pare un asino?”
Wilson continuò a sgranocchiare le patatine dalla ciotola arancione sprofondato nella poltrona di House.
“Che noia però.”
“Foreman, fuori di qui.”
A Cameron sfuggì una risata.
“Anche tu.”
La indicò dopo aver sciolto le dita da quell’intrigo che stava proiettando sulla parete.
Un mugugno, uno sbuffo, un commento sull’incapacità relazionale di House.
E l’oncologo rimase l’unico superstite.
“Cento dollari che non indovini entro le tre.”
Wilson si allungò a stringergli la mano.

Toc toc.
“Avan… oh, ecco a voi la signora della notte, prego dottoressa Cuddy…”
La donna, con sorriso forzato, compì un passo all’interno.
“Vedo che lavorate.”
“Alla grande.”
“Sto ancora aspettando i risultati della biopsia al colon del mio paziente.”
“Caalma, calma. C’è tutta la notte.”
“Ho visto uscire Foreman e Cameron. E non avevano un’espressione del tutto soddisfatta.”
“Hanno finito il turno. Ciooooè” inclinò la testa in uno strano sorriso, “ho finito la pazienza di sopportarli. Perché, come vedi, questo è un gioco abbastanza serio, e abbiamo bisogno di persone altrettanto serie. Vuoi partecipare?”
Wilson scosse animatamente la testa per dissuaderla dall’accettare.
“Solo se risolvi il caso entro lunedì mattina” negoziò.
“Consideralo già risolto.”

Lisa si accomodò sulla sedia dietro alla scrivania e House riprese il suo divertente gioco sulla parete illuminata dalla lampada.
“Cammello. Rinoceronte. Coccodrillo” tentò di nuovo l’amico, evidentemente scocciato.
“Naah.”
Wilson si alzò in piedi e sfilò cento dollari dal portafoglio.
“Vado a dormire.”
“Lo sapevo!”
“Notte” lo salutò la Cuddy.
E li lasciò soli.

“Dunque, visto che non hai detto nulla, hai ancora… un tentativo.”
La dottoressa fece il giro della scrivania e si fermò dietro di lui.
“Dai, rifallo” gli chiese mordicchiandosi il labbro inferiore.
House unì di nuovo le mani per mostrarle l’ombra di quell’identificabile creatura.
Il suo profumo gli solleticava le narici estasiandolo in quella luce così soffusa e tenue dell’ambiente.
“House.”
I suoi capelli gli sfioravano il collo, tant’era vicina.
“House” ripeté.
Il suo nome sussurrato al suo orecchio lo fece tornare alla realtà.
“Stai bene?” gli domandò preoccupata.
Lui, in un movimento lento, instabile e titubante, terminò il suo gioco e le mani di cui si era servito cercarono ora il corpo della donna.
Le tastò i fianchi, sotto il soprabito, dopo essersi voltato di fronte a lei.
Lei, inizialmente restia da quell’incoerente comportamento, s’irrigidì, timorosa di reagire.

Le labbra socchiuse, gli occhi non in grado di fissarsi su una forma che non fosse quella circolare degli occhi di House, le mani tremanti che si andarono a poggiare delicatamente sul suo petto come se tra i due elementi sopravvivesse un cuscinetto d’aria, e il desiderio di lui di averla più vicina fecero da cornice a quell’improbabile circostanza.

Era un gioco idiota; ancor più stupido se si teneva conto della conseguente trascuratezza delle condizioni del paziente di cui si stava occupando.
Ecco, questo era quello che la Cuddy avrebbe dovuto rinfacciare al diagnosta, sempre preso dai suoi passatempi inutili.

Fu lui a baciarla.
Qualche istante di inconcepibile, di assurdo.

Una corsa indietro nel tempo, per riassaporare istanti perduti di desideri infranti.
Ma non durò più di qualche secondo, che si andò a sommare agli altri identici istanti di una giornata uguale alle altre.

“Buonanotte” gli disse poi con stento in un sospiro, mantenendo gli occhi bassi per non incontrare di nuovo i suoi.
House, incapace di rispondere e di assumere un’altra espressione sul suo volto a parte quella di colui a cui avevano rubato il giocattolo preferito, la lasciò andar via, in quella gonna bordeaux che intravedeva sotto il cappotto.
“Ah.”
La Cuddy si voltò.
“Era mamma Bambi.”

Impossibile, disse House tra sé e sé.
Impossibile!
Come diavolo…

Aveva.
Indovinato.
Gli occhi spalancati di chi non crede all’evidenza.
Santo cielo.
Afferrò la pallina bianca e rossa dalla scrivania e la gettò contro il muro in un gesto di stizza.

Poi la lasciò cadere a terra e scivolare in un angolo della stanza.

---

“Cuddy!” un grido che riecheggiò per alquanti istanti nei corridoi bui e deserti.

E il suono regolare dei tacchi di lei cessò all’improvviso.

Si avvicinò, rapido quanto poteva, zoppicando.

Lo stava aspettando.
Davanti all’ascensore chiamato.
Con un sorriso lo guardava arrivare trascinando dietro di sé la gamba dolorante.

“Hai barato. Devi avere per forza barato!” esclamò con un minimo di fiato corto per la corsa.

“Mi dispiace, House. Ma non puoi sempre averla vinta tu.”

Poi, come se non l’avesse baciata,
come se lei non avesse indovinato,
entrò in quell’ascensore.

E tutto tornò opaco come prima.


   
 
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