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Autore: MrEvilside    25/05/2010    3 recensioni
« Quello è il Grande Carro, me l’ha detto mio padre » dichiarò Ciel con fare orgogliosamente saputo. « Se fai attenzione, puoi vedere le stelle che lo compongono… Le vedi? »
« Ma non è una carriola? »

[Ciel/Elizabeth]
[what if...? post-manga e missing moment pre-manga]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford
Note: What if?, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La Carriola Del Tempo Che Fu

Eppure un tempo ridevi
e mostrandomi il cielo
mi disegnavi illusioni e possibilità.

« Elizabeth, vuoi sposarmi? »
Ciel era splendido nel pronunciare quella frase che erano stati i loro genitori a decidere a chi dovesse essere donata. Le palpebre si socchiudevano sull’occhio blu in un’espressione serena, le labbra morbide si increspavano in un sorriso, un braccio era stato elegantemente portato dietro la schiena ed il gemello era teso nella sua direzione.
Così splendidamente falso – e, tuttavia, quale favola è reale?

« Guarda, Lizzy! » Entusiasta, il bambino le indicò il cielo ammantato di stelle ed oscurità. « Sai che cos’è quello? »
Elizabeth tentò vanamente di riconoscere quel che aveva attratto l’attenzione del cugino. « No, » dovette ammettere infine, impercettibilmente stizzita « e tu? »
« Quello è il Grande Carro, me l’ha detto mio padre » dichiarò Ciel con fare orgogliosamente saputo. « Se fai attenzione, puoi vedere le stelle che lo compongono… » Si spostò maggiormente vicino a lei e gliele mostrò, allungando il braccio al di sopra della sua spalla. « Le vedi? »
« Oh… » La bambina osservò, assorta, sino a che non distinse il disegno che legava gli astri l’uno all’altro, sopra le loro teste. « Ma non è una carriola? »
« Una carriola? » le fece eco il bambino, confuso. « No, » la corresse, seppur incerto « è un carro ».
« A me sembra una carriola » ribadì la cugina. « Forse ti ricordi male, oppure lo zio si è sbagliato » suggerì, di modo da sottolineare l’ipotesi non espressa che lei avesse ragione.
Ciel aggrottò la fronte, meditando se suonasse meglio “Grande Carro” o “Grande Carriola”. « No, dev’essere un carro » decise infine. « Ti assicuro che mio padre ha detto che era un carro e che, quando sarò io il signor Phantomhive, mi condurrà attraverso l’universo » raccontò in tono solenne.
« Posso venire con te? » domandò Elizabeth, affascinata.
Il cugino le prese una mano e le mise all’anulare l’anello che la mamma gli aveva detto di portare da quando suo padre l’aveva chiesta in sposa. « Vorrei che tu fossi la signora Phantomhive » affermò, contraendo i lineamenti in un’espressione di ferma decisione che stonava con il suo volto d’infante « e che insieme avessimo tanti bambini. Non c’è dubbio che tu verresti con me: la mamma mi ha spiegato che a me non crescerà mai il seno per allattare i miei figli e che non posso averne senza una donna. Dunque, vuoi sposarmi? »
La bambina rise e gli gettò le braccia al collo. « Sì! » sentenziò. « Voglio sposarti e viaggiare con te sul Grande Carro! »
E loro ci credevano davvero, che un giorno una carrozza di stelle avrebbe permesso loro di percorrere l’universo.

Elizabeth posò la mano sul suo palmo. « Sì, Ciel » sorrise.
Il conte le donò la fede che un tempo era appartenuta a Rachel, imitando quella notte di tanti anni prima, quando erano soltanto due bambini – quella notte, perlomeno, era stata reale.
Adesso, al contrario, la giovane donna si sentiva come immersa nel sogno di qualcun altro che, alle loro spalle, tirava i loro fili, mandando avanti quella penosa commedia di marionette.
Guardando oltre la spalla del suo promesso, incontrò il sorriso sardonico dipinto sulle labbra del maggiordomo nero – c’è ancora tempo, silenziosamente commentava quella bocca infida; tempo per che cosa, soltanto lui ed il giovane nobile ne erano a conoscenza.
Contro quella consapevolezza si erano infranti il sorriso di Ciel ed il desiderio di attraversare l’universo su una carrozza che avrebbe striato il cielo della polvere che componeva gli astri.
Ed Elizabeth, impotente, viveva la sua fiaba nell’attesa del giorno in cui Sebastian avrebbe detto che non c’era più tempo e le avrebbe sottratto anche quella.


La cometa di Halley © Irene Grandi
  
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