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Autore: OttoNoveTre    25/05/2010    12 recensioni
Prima classificata al concorso "Dai classici alle fanfiction"
la scomparsa dell’Impero Romano ha lasciato l’Europa senza padroni, almeno all’apparenza. Il giovane clan dei Volturi ha raggiunto una fama sufficiente per incontrare la stima dei Rumeni, ma ottenere il potere è ben altra cosa. E qualcuno lo desidera a qualsiasi costo.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Caius, Didyme, Marcus, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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rosa


Aro guardò il ragazzino che tremava nella sua morsa.

- Sai fare davvero queste cose?

Il ragazzino, sempre più confuso, scoppiò a piangere e cercò di divincolarsi.

- Sei una preda interessante…

Sorrise, affondando i denti nella carne del collo.

 

Febbraio, 507 d.C.

- Come si chiama l’ambasciatrice, Didyme?

- Viorica Celan.

- Viorica Celan…

Marcus rigirò il nome a mezza voce, tamburellando con le dita sul tavolo.

Dydime gli strinse la mano.

- Nervoso?

- Se i Rumeni si degnano di mandarci ambasciatori vuol dire che il nostro piccolo clan non merita più l’indifferenza. Ma questo significa solo che non merita più nemmeno la pace.

Dalla mano della moglie sentì risalire un tepore piacevole lungo il braccio: sorrise, mentre la calma arrivava al cuore.

- Non ti devi preoccupare, la conosco da tempo ed è una persona fidata, per quanto temibile. Sai come la chiamano nelle terre del nord? La domatrice.

- Per il suo potere, giusto?

- Si, manipola la mente, costringendo le creature ad ubbidirle. La prima volta che ci incontrammo, aveva incantato un mannaro, che le si era accucciato accanto come un cagnolino.

- E tu hai saputo incantare lei, se oggi verrà davvero qui.

Didyme si schernì, imbarazzata. La rumena poteva portare con sé anche un branco di lupi, ma tutti avrebbero trovato sua moglie adorabile.

Il portone si spalancò: entrarono Felix e Heidi, seguiti da una giovane donna. I suoi capelli erano fili di platino, la pelle ancora più pallida di come era usuale nella loro specie. Un grande medaglione dorato spiccava sul mantello di pelliccia di mannaro, mentre un diadema finissimo riluceva sulla sua fronte.

- Domina Dydime, Marcus di Volterra, Viorica Celan, ambasciatrice di Romania.

La nuova venuta porse loro l’anello con lo stemma dei Rumeni, che la moglie si affrettò a baciare, subito seguita da lui.

- Ambasciatrice Celan, desiderate bere qualcosa prima dell’incontro? Sarete stanca dal lungo viaggio.

La donna levò con grazia la mano in segno di rifiuto.

- Non amo il gusto mediterraneo, ho i miei pasti all’accampamento.

Marcus la fece accomodare su uno degli scranni attorno al tavolo. Si sedette poi accanto alla moglie.

- Da tempo non vi vedevo, amica mia. Questo incontro è stato preceduto da un lungo carteggio, ed è solo grazie alla vostra pazienza se i miei signori non vi hanno trattato come altri clan bramosi di potere. Sono certa che le nostre trattative suggelleranno un’alleanza vantaggiosa per entrambi.

Viorica srotolò davanti a sé una pergamena.

- Vi impegnerete a mantenere l’ordine nei territori mediterranei, come vassalli dei miei signori Stefan e Vladimir Dragan. Vi impegnate altresì a non commettere alcun atto di guerra nei loro confronti.

Non era una proposta contrattabile, ma un ordine.

- Ne saremo lieti.

La voce di Didyme, gentile e ferma, distese in un sorriso l’espressione dell’ambasciatrice, che ripose la pergamena e proseguì con un tono meno freddo.

- La firma ufficiale avverrà nel mio accampamento domani, assieme ai vostri fratelli. Invece, ho saputo che ci seguirete per la via del ritorno, cara Didyme.

- Desideriamo da tempo viaggiare fino ai vostri territori, e se possibile ancora più in là.

- Vi mostrerò i nostri castelli in Transilvania, e vedrete che una volta assaggiato il sangue del nord, quello mediterraneo vi apparrà troppo carico e volgare. Se posso chiedere, come mai lasciare vostro fratello?

Didyme si immalinconì un attimo prima di rispondere.

- Ho già visto l’impero più luminoso del mondo sgretolarsi di fronte ai miei occhi. Non voglio che a mio fratello accada ciò che è successo ai cesari. Se ci è negato il riposo della morte, che almeno un po’ di pace regni nelle nostre eterne vite.

 

Aro distolse per un attimo lo sguardo da una vecchia cartina del glorioso impero di cui il piccolo Romolo Augustolo era stato l’ultimo e sfortunato sovrano: Marcus era comparso sulla soglia della biblioteca.

- A quanto pare tu e la mia sorellina avete firmato con successo il nostro contratto di schiavitù.

- Ancora questa storia? Ancora perso nelle tue vecchie glorie imperiali, Aro Cesare Augusto? Immagino che avresti preferito lo sterminio del nostro clan e Volterra rasa al suolo.

- Come mai, se sei tanto convinto della bontà del vostro piano, tu e Didyme ci volete lasciare?

- Proprio perché non voglio finire i miei giorni a fissare una vecchia carta geografica, o ad ammuffire su un vecchio trono con la testa reclinata e la noia eterna. Hai sconfitto la morte, Aro, perché sei ancora attaccato al potere materiale?

Aro riprese a fissare la cartina, con una immobilità che tradiva la sua natura.

- Non pretendo che tu capisca, non hai mai avuto le mani in ceppi.

Furono interrotti da Didyme, che portava in mano in una mano un mazzo di violette, e nell’altra alcune tuniche ripiegate.

- Che vedo! Il mio maritino e il mio caro fratello che bisticciano ancora per colpa mia? Avanti avanti, basta musi lunghi, che non scompariremo per sempre.

Infilò una violetta fra i capelli di Aro, e un’altra nelle mani di Marcus.

- Amore, non so decidere cosa portare con me. Vedo già tutta la corte rumena che ride della provincialotta italiana vestita male. Questo mantello ti piace, per esempio? E devi ancora decidere quali dei libri vuoi portare in dono.

Marcus non seppe come reagire mentre Didyme lo trascinava via, spargendo per terra le violette e lasciando strascicare in terra le tuniche.

Anche Aro non poté fare a meno di increspare le labbra in un sorriso. Si tolse dai capelli il fiorellino e se lo rigirò tra le mani.

- Non è il potere che ti spaventa, Marcus. Semplicemente non puoi fare a meno di seguire la tua gioia, ovunque scelga di andare.

Strinse il pugno attorno al fiore, stropicciando i petali.

- Ma a me servi tu, non il tuo sorriso.

Percorse in fretta il corridoio che portava ad una delle torri. Da lì saltò sul tetto più vicino, e si diresse verso il bosco che circondava le mura di Volterra.

Giunse vicino ad uno sperone di roccia: sotto la sua ombra era rintanato un ragazzino coi capelli rossi, che alzò la testa da un corpo umano dilaniato appena vide Aro che gli si avvicinava.

Si ripulì la bocca col braccio, alzandosi in piedi, come ad aspettare un ordine.

- Clefi, caro, fammi un po’ vedere cosa hai imparato in questi giorni.

Il ragazzino chiuse gli occhi: la foresta sparì di colpo, sostituita dalle pareti della biblioteca. Dove stava lo sperone, ora si stagliava la carta dell’impero. Dalla porta, comparsa alla sinistra dei due vampiri, entrò la donna rumena con un seguito di altri vampiri biondi. Lei gettò ai piedi di Aro l’anello nobiliare dei Dragan, e si inchinò assieme al suo seguito. Aro raccolse da terra l’anello, rigirandolo tra le dita.

Un attimo dopo non teneva in mano che un ciottolo, e le nuvole ripresero a sfilacciarsi in cielo sopra di loro.

Aro accarezzò la testa del ragazzino.

- Ben fatto.

 

Didyme stava armeggiando da tempo attorno ad un vestito rosso.

- Lo voglio portare domani alla firma del trattato, voglio essere maestosa.

Le cinse la vita con le braccia, e la baciò sui ricci.

- Tu sei sempre bellissima. E, se posso osare, la tua bellezza risalta ancora meglio senza vestiti addosso.

Didyme lo scostò ridendo, e ritornò ad armeggiare con i nastrini del vestito.

- Ha un bel colore porpora.

- Non è porpora, è amaranto. Dono da Reggio Calabria di Caius e Dora di ritorno dalla Grecia. Vedi com’è più cupo? Come il sangue.

- O come i tuoi occhi.

La strinse di nuovo a sé e le sollevò il mento con la mano.

- O come le tue labbra.

Stava per posare il bacio, quando Caius si precipitò dentro la loro stanza.

- I Rumeni non hanno rispettato i patti: hanno invaso la città con un’orda di neonati. Stanno uccidendo a casaccio la popolazione. La tua amica Viorica è una donna dai molto volti, a quanto pare.

Didyme si era pietrificata.

- Non è possibile, non Viorica.

Prese le mani di Marcus.

- Forse è stato un malinteso, voglio andare a parlarle. Forse usando il mio potere avremo ancora una possibilità…

Un ringhio uscì dalla gola del marito.

- Ho voluto porre anche io la mia fiducia in questa pace, ma a quanto pare capiscono solo il linguaggio delle zanne.

Caius si avvicinò loro.

- Mi dispiace Didyme, non è più possibile. Resterai qui al sicuro con Dora e Sulpicia. Marcus, Aro ci desidera per organizzare la controffensiva. E se Didyme vorrà fare quattro chiacchiere con la sua amica, posso provare a portare qui la sua testa, quando la troveremo. Ti aspettiamo nell’atrio.

Didyme continuava a tormentarsi una ciocca di capelli, e prese a passeggiare nervosa per la stanza. Marcus le diede un bacio.

- Sei troppo ingenua, amore mio, e troppo buona nel giudicare gli altri. Spero che questa storia finisca al più presto, voglio tornare qui tra le tue braccia. Il tuo bel vestito lo useremo per festeggiare la nostra vittoria.

Uscì anche lui dalla stanza. Didyme seguì il suono dei suoi passi giù per le scale, poi si mise a camminare nervosa per la stanza. Valutò se raggiungere Dora e Sulpicia per avere un po’ di compagnia, ma l’immagine di Viorica traditrice continuava a roderle il cervello.

- Al diavolo! Voglio vedere cosa succede, non possono impedirmi di partecipare alla battaglia.

Fu con un balzo alla porta e la spalancò.

Si trovò davanti una figura ammantate di nero. Presa alla sprovvista le ringhiò contro, poi si accorse che era un membro della loro guardia.

- Tullio, mi hai spaventato.

L’uomo rimase in silenzio e le si avvicinò. Tirò fuori da sotto il mantello una cannula di metallo, che brillò alla luce delle torce, e la puntò contro di lei.

- Mi dispiace, Domina.

- Cosa…

Era sotto il potere di Viorica? Didyme si concentrò sulle emozioni che provenivano dall’uomo, tentando di riconoscere quella sensazione di annebbiamento delle percezioni che la dominazione  mentale della rumena causava. Ma le emozioni che la investirono furono come una cascata: prima freddezza e cinismo, poi un velato rimorso, ma sopra tutte una paura incontrollabile.

Ma non di Viorica.

 Si rivolse verso Tullio.

- Ti manda lui, non è vero?

Gli occhi di Tullio si dilatarono per un istante, la sua mano che reggeva la cannula cominciò a tremare.

- Non osavo sperare che ci avrebbe lasciato andare senza fare nulla, ma non ha nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia…

- Domina, io…

Lo zittì con un gesto, poi si concentrò per infondergli calma. Le bastava sapere solo un’ultima cosa.

- E Marcus?

- Vivrà.

Sorrise.

- Per fortuna.

Aprì le braccia.

- Fai quello che devi fare.

La fiamma la investì, il vestito si afflosciò in una nube amaranto.

 

Marcus affondò le zanne nel collo di una neonata, e le spezzò con la morsa la spina dorsale, per gettarne poi il corpo in una catasta bruciante di corpi. Le aveva appena impedito di uccidere una bambina, che riuscì a correre in braccio alla madre. Gli umani di Volterra erano terrorizzati, chi poteva si era chiuso in casa, ma molte abitazioni erano state incendiate dai neonati, così anche le strade erano piene di persone che tentavano di rifugiarsi nell’ombra o di sfuggire ai denti dei vampiri.

- Un po’ di movimento! La diplomazia non è mai stata il mio forte.

Caius aveva appena gettato un altro corpo nel falò. Marcus stava per rivolgergli un ghigno divertito, ma sentì una fitta lancinante sul petto, che lo costrinse ad accasciarsi a terra per un attimo.

- Che succede?

Provò a rispondere, ma anche la voce non riusciva ad uscire dalla gola, come se gli fosse mancato il fiato d’improvviso.

Poi un urlo da Felix, alle sue spalle.

- Il palazzo brucia!

Si rialzò in piedi a fatica, e vide una colonna di fumo nero provenire dalla piazza principale. Lo invase il terrore più folle che avesse mai provato.

- Didyme!

Stava già per balzare verso il palazzo, quando arrivarono da quella direzione tre figure nere. Per un attimo si riaccese la sua speranza. Riconobbe Dora e Sulpicia, ma quando riconobbe il volto di chi le accompagnava, sentì rinascere di nuovo il ringhio in fondo alla gola.

- Tullio, dov’è mia moglie?

L’uomo stava tremando violentemente. Scorse tra le pieghe del suo mantello un barlume di colore. Un colore rosso intenso.

Ringhiò e lo prese per il bavero.

- DOV’E’ DIDYME?

Tullio gli porse un fagottino di stoffa bruciacchiata.

- Io… non sono riuscito ad arrivare in tempo, pare fosse lei il loro obiettivo e…

Sentì il suo urlo come fosse quello di un estraneo, prese la testa della guardia e la schiantò sotto il muro più vicino, poi lo gettò nella catasta di corpi brucianti.

Non rimbombava che un nome nella sua testa.

- VIORICA CELAN!

- Non serve che urli, Marcus, sono qua.

La donna bionda comparve assieme al suo seguito sulla piazza della città. Teneva in mano una testa mozzata.

Marcus si scagliò contro di lei: due vampiri biondi gli sbarrarono la strada, ma perforò ad entrambi la giugulare, scagliandoli alle sue spalle. Viorica alzò la mano che reggeva la testa.

- Fermo!

Sentì il suo corpo che si faceva sempre più pesante: era immobile in mezzo alla piazza, mentre Viorica gli si stava avvicinando. Alle sue spalle erano arrivati Caius e Aro con tutta la guardia. Attorno, gli umani di Volterra avevano percepito che da quello scontro sarebbero dipese le loro vite.

- Anche con lei hai usato i tuoi trucchi, strega? Lei si fidava di te!

- Ed io di lei, Marcus. A quanto pare qualcuno ha tradito la fiducia di entrambe.

Gettò la testa ai piedi di Marcus: era un ragazzino coi capelli rossi, la bocca contratta in un ghigno di dolore e gli occhi sbarrati.

- Questo ragazzo sa creare illusioni: questa notte ci ha ingannati facendo comparire la vostra guardia nel mio accampamento. Peccato che le illusioni non abbiano odore… Una volta scoperto il trucco è stato facile trovarlo. Ho conservato la sua testa perché tu possa ascoltare dalla sua stessa bocca chi lo ha mandato.

Marcus fissò la bocca del ragazzino, che cominciò ad articolare con difficoltà due parole.

- A…Aro di Volterra…

La piazza intera era sprofondata nel silenzio.

Dopo alcuni interminabili istanti, Aro cominciò ad applaudire.

- Bene carissima, molto bene! Ma che discepoli deliziosi questi barbari dell’est. Divide et imperat, saggezza latina ma vedo che avete fatto vostro il concetto mirabilmente. Cosa di meglio per sterminare un clan che mettere l'uno contro l'altro i suoi stessi capi?

Si rivolse alla guardia.

- Avete mai visto voi quel ragazzino?

Tutti scossero il capo.

- E che fine fanno i neonati che non vengono approvati da me e dai miei fratelli?

Caius rispose con la voce piena di disprezzo.

- Eliminati, ovvio.

Aro sorrise un istante prima di tornare minaccioso.

- Accusarmi dell’assassinio di mia sorella per mettermi contro Marcus e lasciare che fossimo noi stessi a finire il lavoro che avete iniziato stanotte. Peccato, perché un piano del genere va curato più nei dettagli. Non portate più il vostro prezioso anello, mia cara Viorica?

Un rantolo d’odio uscì dalla bocca della vampira.

- Non l’ho qui con me, è all’accampamento.

- Allora vorrete spiegarmi cos’è questo.

Aro scosse la tunica di Didyme, e da essa cadde e tintinnò sul terreno un oggetto dorato. Marcus riconobbe l’anello che aveva baciato quella mattina.

La rabbia che lo assalì ignorò la pesantezza del suo corpo. Riuscì a balzare verso la vampira, infrangendo gli effetti del suo potere.

Dietro di lui, anche gli altri membri della guardia partirono all’attacco.

Viorica schivò il suo attacco, e gli afferrò un braccio tirandolo a sé.

- Attento Marcus, sei vittima di una illusione ancora più potente, a cui vuoi credere per non cadere nella disperazione.

- STA’ ZITTA!

Le artigliò la faccia e strappò la pelle di marmo in quattro tagli dalla fronte alla gola. La vampira urlò dal dolore. Marcus affondò ancora di più le dita nella carne, e piantò l’altra mano in profondità nel braccio.

- Credevo in lei soltanto, giuravo in lei soltanto, riponevo in lei soltanto la mia fede, la mia forza, il mio orgoglio, tutto il mio mondo, tutto quel che sogno, e tutto quel che spero... Non c’è inferno troppo crudele che possa accogliere chi me l’ha strappata.

Viorica tentava di divincolarsi col braccio libero, ma Marcus non sentiva nemmeno i suoi denti affondare nella carne della sua mano. La costrinse ad indietreggiare, poi con un ultimo balzo la portò con sé in una casa in fiamme.

Le lingue di fuoco avvolsero presto il corpo della donna e le sue mani, ma non sentiva nemmeno il dolore.

- Vuoi morire anche tu, pazzo?

Non le rispose, aspettò solo che il fuoco consumasse la sua carne fino all’ultimo urlo. Quando non rimase che un fantoccio di carne bruciata, le strappò il diadema dalla fronte ed uscì dalla casa.

Fuori regnava di nuovo il silenzio: i suoi fratelli erano riusciti ad uccidere la scorta, ed aspettavano davanti ad una folla di umani terrorizzati.

Man mano che usciva dalla casa, sentiva la sua pelle cicatrizzarsi ed i suoi capelli ricrescere. Rimasero solo, appena visibili, i solchi del veleno di Viorica.

Arrivato al centro della piazza, alzò il diadema: dalla folla si levò un grido di trionfo.

 

- Ha trascinato con sé la creatura di Satana tra le fiamme dell’inferno, ma lui ne è uscito indenne!

- Dio gli ha concesso quella forza mostruosa per combattere il male!

- Ora la nostra città non dovrà più temere i vampiri, grazie al grande santo Marco che ci è stato mandato come protettore!

- Ho sentito che andrà in Romania per debellare del tutto quelle bestie immonde.

Aro passeggiava ascoltando divertito le chiacchiere della folla. Un fratello santo era sempre una cosa utile. Giocò un poco col ciottolino in cui l’anello si era ritrasformato dopo che avevano bruciato anche la testa del povero Clefi. Peccato, un ragazzino sveglio e fedele.

Peccato anche per Tullio, ma quel mattino sarebbero partiti per la Romania. Tornò in biblioteca a guardare la sua amata cartina dell’impero.

- Bello, forse un po’ troppo piccolo. Chissà se c’è qualcosa di interessante oltre le Colonne d’Ercole?

 

Febbraio, 1760 d.C.

Carlisle era rimasto pietrificato dal gesto di Marcus. Non aveva mai visto il vampiro abbandonarsi alla rabbia, quindi lo sguardo di folle dolore con cui aveva gettato una vecchia veste nel fuoco lo colpì profondamente.

Ma era durato solo un istante, poi gli occhi rossi avevano ritrovato la loro freddezza, la loro noia d’eternità.

- Peccato, l’avevo messa via come ricordo di mia sorella.

Aro era arrivato alle sue spalle.

- Quanto tempo fa è successo?

- Nel 500, ai tempi della prima battaglia coi Rumeni. E’ stata l’ultima occasione in cui una scintilla animava gli occhi di mio fratello. Scintilla di odio: ha distrutto e ucciso fino alle fondamenta dei loro castelli. Perfino Caius era spaventato dalla rabbia che lo muoveva.

- Come un fiume in piena...

- Io amo dire come un tornado.

Carlisle guardò l’amico con curiosità.

- Suscitato d’improvviso, ha devastato tutto ciò che incontrava sul suo cammino. Ma è durato un istante, per poi lasciare solo morte e silenzio. Questo non l’avevo calcolato, a dire il vero…

- Cosa?

Aro lo guardò, e Carlisle intravide per la prima volta una tristezza fugace che gli passava sul fondo degli occhi.

- Non avevo scelta.

Fissò gli ultimi brandelli di stoffa consumati dal fuoco del camino.

- Quanto poco rimane di un uomo se gli rubi il sorriso.

Carlisle in quell’istante pensò che Aro stesse parlando Marcus.

Molto tempo dopo capì che parlava anche di se stesso.







Making of:
Storia scritta per il concorso "Dai classici alle fanfiction" e arrivata PRIMA. Tutto ciò mi riempie di gioia&letizia. Ringrazio ancora qui la giudice, vogue91, per la velocità, il giudizio professionale e per aver aspettato la mia lentezza, concedendomi una proroga.
Le direttive erano di creare una storia basandosi su una citazione , un colore e un tempo atmosferico. La mia citazione era di D'Annunzio (la dice Marcus quando uccide Viorica, ed è ripresa nel titolo), il colore l'amaranto e il tempo il tornado.

La storia è ambientata nel 500 d.C., ovvero quando i Volturi hanno surclassato il clan dei Rumeni, prima egemone in Europa. La Meyer ci dice anche che questo coincise con la “santificazione” di Marcus, che diviene patrono di Volterra per avere scacciato i vampiri. Nonostante non sia specificato, ho immaginato che fosse un buon momento per ambientare gli eventi che hanno portato alla morte di Didyme. Questa è la mia ipotesi su come sono andate le cose. Viorica e Clefi sono personaggi originali. Il clan Volturi avrà di certo compreso altri membri oltre a quelli descritti nel libro, così come il clan rumeno prima dello sterminio. Il tubo di metallo che compare ad un certo punto è quello con cui Caius ucciderà Irina in Breaking Dawn: io lo chiamo amichevolmente lo "zippo".
Il cognome di Stefan e Vladimir è un omaggio ad un'amica. Ciao amica!
La scena di Marcus che getta la veste nel fuoco si riallaccia ad una drabble che avevo scritto nella raccolta "In secondo piano". Si era dimenticato che la tunica era amaranto e non porpora ^^
I poteri di Viorica e Clefi li ho concepiti per esigenze di trama, epperò sono pure uguali a due poteri del gioco "Vampiri: la Masquerade", ovvero dominazione e mesmerismo. Si vede che ormai fanno pare del mio cervello ad un livello profondo...
Grazie a chiunque leggerà!

Ecco la valutazione:
1°Classificata
OttoNoveTre “In Te Soltanto”

-Grammatica: 10/10
Non ho riscontrato né errori di grammatica né di ortografia. Ti devo solo segnalare un errore di battitura “vecino”. Oltre a questo, fai un buon utilizzo della punteggiatura, il che aiuta la scorrevolezza delle frasi.

-Lessico: 10/10
Ho trovato la terminologia da te scelta davvero adatta al tipo di storia. Non è troppo aulica né troppo dimessa, e inoltre ti sei dovuta confrontare con un modo di parlare risalente a secoli fa, riuscendoci peraltro molto bene.

-Stile: 9/10
La storia si legge con facilità, è scorrevole e devo dire che prende. Solo in alcune parti ho trovato dei passaggi poco comprensibili, che ho dovuto leggere più di una volta prima di capirli a pieno, specialmente nella parte centrale. Ma non è niente di trascendentale, e non mina alla complessità della storia.

-Originalità: 10/10
Dieci forse è basso come punteggio. Hai tratto spunto da qualcosa che nel libro viene trattato per due frasi, e hai scritto una fanfiction davvero interessante. Non avevo mai immaginato come avesse potuto essere Marcus prima della morte della moglie, personaggio su cui peraltro non mi ero mai soffermata. La sua morte era semplicemente un dato di fatto, mentre tu l’hai trattata approfonditamente, e in modo decisamente gradevole.

-Attinenza alla citazione: 15/15
La citazione esprime molto nella tua storia. Al di là del punto in cui l’hai inserita, trovo che sia la spiegazione stessa di quello che Marcus è diventato dopo la morte di Didyme, le ragioni per cui è diventato una persona spenta, senza quasi nessun motivo per continuare a vivere.

-Attinenza al colore e clima assegnati: 15/15
Ho trovato davvero buona la metafora della rabbia di Marcus come un “tornado”, è sicuramente espressiva, e ho apprezzato l’astrazione del concetto. Per quanto riguarda il colore, nulla da dire, l’hai inserito come la traccia richiedeva.

-Trama: 5/5
Sei stata in grado di trattare un avvenimento fondamentale in modo più che approfondito, senza lasciare nulla al caso. La trama è davvero ben sviluppata in tutti i suoi punti, oltre ad essere apprezzabile il parallelismo fatto fra Marcus “prima” e “dopo”. È sicuramente una storia intrigante, che spinge alla lettura. E ti assicuro che non lascia insoddisfatti.

-IC: 10/10
Devo dire che Marcus mi aveva lasciata perplessa nel leggere le prime pagine della storia. Ma, come ho detto prima, hai sciolto le mie perplessità grazie anche alla citazione. Perché è una cosa perfettamente logica che, accanto alla donna amata, lui sia stato un uomo felice, ben lontano dal tenebroso Volturo che siamo abituati a vedere nella saga. Ottimo anche l’IC di Caius, hai descritto con minuzia le sue manie di grandezza, e la caratterizzazione di Didyme. Ammetto che l’avrei immaginata diversamente, ma questo considerando il carattere dello stesso Marcus nel XXI secolo, mentre così è perfettamente logico e credibile che fosse innamorato di una donna del genere, che fosse la sua ragione di vita.

-Giudizio personale: 5/5
La tua storia è apprezzabile sotto molteplici punti di vista. Innanzitutto, mi ha offerto una nuova prospettiva su Marcus. È un personaggio che mi ha sempre affascinata, proprio per la miriade di sottointesi che lasciava, e che tu hai spiegato così bene. Oltre questo, è lo stesso svolgimento dei fatti che è davvero interessante. Hai dimostrato sicuramente di possedere un’ottima fantasia, hai creato una trama coinvolgente e per niente scontata. Intrigante anche l’inserimento del personaggio di Viorica, che ha reso il tutto più movimentato. Ottima davvero, una gran bella storia. Complimenti.
Totale: 89/90

Premi Speciali:

Premio Originalità: OttoNoveTre “In Te Soltanto”


   
 
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