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Autore: Ely79    28/05/2010    8 recensioni
Questa sera a casa Lupin il problema non è solo la luna piena, è anche il bagno del piccolo Teddy...
Dedicata alla mia insuperabile beta Fri Rapace ed alle sue fic su questa specialissima famiglia!
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'La famiglia Lupin'
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Un bagno con papà
La porticina si aprì con uno schiocco sordo, riversando una lama di luce gialla nella soffitta polverosa. Da una finestrella incastrata nello spiovente si scorgeva il cielo sbiadito dalla luna. Tonks non ricordava ci fossero tante cianfrusaglie in quell’angusto spazio: ovunque girasse lo sguardo, pile di oggetti indefiniti svettavano fra le travi.
«Remus? Remussino-ino-ino?» chiamò una voce suadente.
Si udì un leggero raspare nell’angolo più buio, di qualcosa tentava di accartocciarsi come una foglia morta. Levò gli occhi in alto, esasperata.
«Remus!» insisté.
Questa volta il tono era più simile ad un ordine che ad un invito.
Silenzio.
Silenzio.
Uno starnuto canino.
«Andiamo scendiletto spelato, fatti vedere»
Riluttante, una sagoma si gonfiò dietro un mucchio di vecchi scatoloni. Due lampi tondi e gialli brillarono verso la donna.
«Oh, eccoti lì» sorrise. «Ho un problema con tuo figlio»

Perché quando tu hai un problema con Teddy è MIO figlio e quando ce l’ho io il problema è NOSTRO?

La creatura si avvicinò, strisciando malinconica le zampe sull’assito. La luna piena lo metteva di pessimo umore ed i problemi domestici servivano a migliorarlo. Sedette davanti alla botola, la coda allungata di fianco. Da vicino si poteva notare come gli arti anteriori terminassero con dita lunghe e robuste. Eccezion fatta per gli artigli ricurvi, erano molto simili a quelle umane. Anche i quarti posteriori erano diversi da quelli dei lupi, più affusolati e potenti, torniti.
Tonks gli diede una ripassata da capo a coda, sfiduciata.
«Fai le pulizie?» domandò, indicando i lunghi festoni di ragnatele che gl’incrostavano la pelliccia grigia.

Siamo spiritosi stasera? Avanti, che cos’ha combinato questa volta? Ha di nuovo messo un Avvincino nella bottiglia di succo di zucca in fondo al frigo? O ha usato la tua maglia dell’Oblivion Tour delle Stravagarie per scaldare un povero Gnomo infreddolito?

Non c’era bisogno di parlare, l’espressione del muso, un accenno di scodinzolio e quella specie di sospiro teso traducevano i suoi pensieri. La strega appoggiò il mento sul pavimento di legno, senza entrare.
«Teddy non vuole fare il bagno se non ci sei anche tu. Si rifiuta. Si è fatto sparire le orecchie per non ascoltarmi. Quindi, ora tu scendi, cacci quel muso a banana dentro la porta e gli fai capire che non deve fare storie, che già è tanto che sono le dieci e lui è ancora in piedi!»
Il licantropo arretrò fulmineo, puntando le zampe e scuotendo il testone. Sarebbe rimasto lì, come sempre.

Sai che non posso venire di sotto, Dora. Non voglio diventare un pericolo per voi due, anche se ho preso la Pozione.

«Remus, non mi costringere…» lo avvertì la moglie, facendo sbucare la punta della bacchetta appena oltre il profilo della botola. «Vieni subito di sotto!»
Il lupo mannaro si accucciò, ribadendo la sua irremovibilità dalla decisione e dalla soffitta.

No, non se ne parla!

«Remus, guarda che lo faccio…» lo minacciò, ma lui si appiattì maggiormente sul pavimento.

Ho detto no!

Si voltò, diretto al nascondiglio.
«Ci tieni proprio a farti rimettere il guinzaglio, coso ululoso?» sbraitò salendo un altro gradino ed ergendosi fino alla vita oltre il riquadro luminoso. «Sai che figurone farei giù al parchetto, a portarmi a spasso un bestione come te? Una volta pulito, certo, adesso sei disastroso… Direi a tutti che sei di una razza vecchia e pericolosa, che si tiravano dietro i derelitti senza soldi per difendersi. A tono con le tue paturnie, no? E non ti terrei lontana la tua carissima Babette! Sai che ti adora splendida la barboncina francese della signora Keller! Arf! Arf! Arf!» lo punzecchiò, imitando alla perfezione i versi della corteggiatrice.
La minaccia andò a segno. La creatura s’immobilizzò, una zampa sollevata a mezz’aria e il pelo ritto sulla schiena. Se c’era un essere che Remus temeva era proprio quel batuffolo bianco dal muso aguzzo e antipatico: gli faceva la corte da umano, figurarsi una volta trasformato! Correva il rischio di venir violentato da un affarino che gli arrivava sì e no al ginocchio.
Si voltò, puntando Tonks con le orecchie abbassate sul capo e le zanne scoperte.
«È inutile che provi ad intimidirmi, sai che lo farei… e porterei anche la macchina fotografica» rincarò, appoggiando i gomiti sulle assi graffiate.
Inspirò profondamente l’aria stantia e tornò dalla donna a muso basso.
«Bravo il mio cucciolino obbediente!» cinguettò ironica, scompigliandogli il pelo attorno al collo.

Non voglio rischiare.

***

La testa turchese di Teddy sporgeva contrariata oltre il bordo della vasca, gli occhi castani stretti in due ostinate fessure. Aveva i capelli bagnati che gli aderivano scomposti alla fronte, dandogli un aspetto ribelle. Non c’era traccia di bolle o resti di bagnoschiuma nell’acqua: era tutto sparso sul pavimento in chiazze viscide e multicolori. Si era impuntato con tanta decisione che la madre, spazientita, non era stata più in grado di svitare un tappo senza far esplodere la bottiglia.
Il viso tondo s’illuminò quando vide la maniglia abbassarsi e comparire un profilo non umano. Sorrise, mostrando il vuoto lasciato da un incisivo. Aveva perso il dente due giorni prima e ancora quello nuovo stentava a farsi vedere.
«Papà!» gridò, scorgendo finalmente la sua ancora di salvezza.
Remus fiutò forte l’aria, starnutendo più volte e agitando la testa da un lato all’altro. I profumi dei saponi sparsi a terra erano acuiti dall’odorato del lupo e lo stordivano.
«Avanti, fila dentro e sgridalo!» brontolò Dora dal corridoio assestandogli una vigorosa spinta alla schiena.

Sgridarlo? E come dovrei…

Stava per terminare la domanda, quando una zampa poggiò sulle piastrelle fredde e scivolose. La stanza divenne un miscuglio di piastrelle-azzurre-asciugamani-faccia-di-Teddy-bottglie-buttate-a-terra-piastrelle-bianche-e-azzurre-lampada-vasca-ginocchia-di-Dora-spazzolini-da-denti-porta-accapatoi-tenda-della-doccia-paperella-di-gomma-lavandino. Con un tonfo molle e acquoso, il licantropo finì lungo disteso come il trofeo di un cacciatore del Nord America.
Con fatica, appoggiò il muso sulla vasca, l’unico punto che gli sembrò abbastanza sicuro per recuperare un po’ d’equilibrio e guardò suo figlio, aggrappato pochi centimetri più in là.
«Stai bene, papà?»

Per niente, ma grazie del pensiero.

Cercò con lo sguardo Tonks, che se ne stava appoggiata allo stipite, ridendo come una pazza.

Ecco un altro motivo da aggiungere alla lista del perché non dovrei scendere.

«Ehi, che ci fai lì in terra? L’addetta ai cascamenti sono io!» sghignazzò, guardando il marito che cercava di raddrizzarsi, scivolando dappertutto, con la pelliccia impiastricciata più di prima e coperta di bollicine.
Gli era impossibile restare immobile su quella superficie, era come trovarsi su una lastra di ghiaccio e poco importava se non correva il pericolo di finire immerso nell’acqua gelata. Le punte degli artigli grattavano tra i solchi delle piastrelle, incapaci di far presa per più d’un secondo. Tremava per lo sforzo di tenersi bocconi. Alla fine, fu costretto a sedersi contro lo spigolo tra la vasca ed il muro, nella speranza di non slittare a pancia all’aria.
Timidamente, il bambino si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
«Papà, salvami. Mamma vuole farmi il bagno, ma io sono pulito!» e per dimostrarlo allungò le mani fino al suo muso.
Remus si ritrasse un poco, per timore che arrivasse a sfiorare i canini che sporgevano fra le labbra. In realtà al mannaro serviva a ben poco guardare: la sua vista animale era pessima. Ma da sotto le unghie sentiva arrivare l’inconfondibile odore del terriccio del giardino, dell’erba, del sugo di pomodoro della cena e di una merendina, quasi certamente presa e mangiata di nascosto. La punta della lingua scivolò velocissima fra i denti appuntiti, verso quell’aroma invitante. Stava morendo di fame: la trasformazione lo lasciava sempre un po’ affamato e in soffitta non avevano certo un ristorante. Teddy rise, sentendosi leccare. Brioche all’albicocca, buonissima, deliziosa, divina. Doveva trovare il modo per chiederne una a Dora senza rivelare il furto.
Lei però sembrava interessata a tutt’altro genere di conversazione.
«Sì, sei pulito come un Vermicolo! E poi è sabato, e il sabato sera si fa il bagno! Poche storie!»
«Papà…» piagnucolò, cercando dietro le iridi gialle quelle più scure e comprensive del padre.

Avanti Teddy, non è la fine del mondo. Io pagherei per farmi un bagno adesso…

«Ti preeeeeego!» lo supplicò abbracciandolo, incurante del pelo che gli si incollava addosso.

Andiamo, non fare così. Hai sette anni! Sei grande per metterti a fare i capricci.

Cercò di ignorare i capelli che da azzurri erano diventati castano chiari, come i suoi. Stava proprio giocando tutte le carte possibili per evitare quel supplizio.
«Senti signorino, tuo padre ha un odore orribile quand’è bagnato, per cui mollalo! Solo nostro cugino Felpato ha fatto di peggio, quando si è rotolato nell’immondizia per sfuggire alla cattura degli Auror! Tecnica efficace per farsi passare come randagio, ma credimi, puzzava come una discarica marcia. Vero, Rem?»
Il lupo mannaro annuì vigorosamente, guaendo disperato.

Oh, non ricordarmelo… le mie narici gridano ancora vendetta!

E per apparire più convincente si coprì il muso con una zampa.
«Ma io non voglio fare il bagno!» si lamentò, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Mosso a pietà, il padre si allungò verso di lui, strofinando il muso contro la sua testa. Per quanto gli dolesse ammetterlo, era bello poter stare con suo figlio anche durante la luna piena. Anche se sentiva il mantello tirare e pizzicare dappertutto. Il suo piccolino non lo temeva, la sua innocente temerarietà lo preoccupava e lo inorgogliva.
«Spiegami perché cavolo non lo vuoi fare! Il sabato sera ti infili sempre in vasca con tuo padre e non…»

Che ti prende?

Perché si era interrotta di colpo?

Cos’hai in mente? Perché quella faccia?

Aveva un’espressione davvero inquietante. E furba. No, meglio definirla perversa. Sì, perversa era la definizione giusta, perché aveva capito cosa lo attendeva.

Oh, no. No! Ninfadora, no! Non pensarci nemmeno!

Cercò di buttarsi da un lato, ma le dita di allargavano inermi sul pavimento, lasciandolo in balia dell’incantesimo. Ebbe abbastanza presenza di spirito per non dimenarsi mentre veniva sollevato per la collottola e fatto penzolare sopra la vasca. Avrebbe potuto ferire il bambino e spaventarlo a morte. Non avrebbe mai potuto perdonarselo. Quella strega era… una strega! Era riuscita a trovare una fattura di cattura e fluttuazione che agisse anche sul suo stadio lunare.
«Su Teddy, da bravo, fai posto a papà»
Remus ringhiò, sperando d’incutere un minimo di terrore alla consorte. Tentativo miseramente fallito al contatto con l’acqua tiepida che lo fece trasalire e agitare. Alti spruzzi si riversarono sulle pareti e sui vestiti di Tonks, facendo ridere di gusto il ragazzino.
«Calmati papà! Ci sono io con te!» disse Teddy, tendendo le braccia per aiutarlo.
Non lo stava implorando di prestare attenzione alla sua presenza, lo rassicurava allo stesso modo in cui lui lo calmava quando era spaventato. Al sentirlo pronunciare quelle parole, il licantropo si bloccò uggiolando, lasciandosi guidare verso il fondo della vasca. Era una sensazione molto strana, quella dell’acqua calda che s’infilava sotto la pelliccia, arrivando a scaldare la cute. Riusciva a sentire ogni pelo sollevarsi e ondeggiare, quasi come se fosse la brezza ad intrufolarsi fra di loro. E ancor più strano era il contatto con Teddy.
«Guarda papà, ho i piedi pelosi anch’io!» ridacchiò.
Il manto grigio s’insinuava fra le sue dita facendogli il solletico, circondava i piedi lisci e rosei appoggiati sopra i suoi ossuti e ispidi. Remus avrebbe voluto sorridergli, per fargli sapere quanto apprezzava il gesto. Mancando la possibilità, si limitò a schizzargli dell’acqua sulla faccia. Prontamente, lui rispose alla stessa maniera, scatenando una breve battaglia.
«Ottimo» si congratulò Dora, osservandoli. «Ora che siete belli zuppi, passiamo alla pulizia!»
Poco dopo, erano entrambi avvolti da una soffice schiuma rosa confetto ed un paio di spugne a forma di Tebo li strofinavano energicamente. Lo scoppiettio delle bolle infastidiva Remus, per non parlare del nugolo di minuscole goccioline che gli entrava di continuo nel naso o fra i denti, ma evitava di darlo ad intendere.
«Ecco perché non volevo fare il bagno! La mamma mi fa usare le robe delle femmine!» obbiettò Teddy, scavando nella coltre profumata per farsi spazio.

Sopporta, figliolo, sopporta… sono tutte così. Quando Harry ha sconfitto Voldemort, Ginny cos’ha fatto? Gli ha dato un anno di tempo e poi l’ha sposato. Se le fai arrabbiare trovano il modo di vendicarsi e tua madre non fa eccezione. Te ne farai una ragione crescendo, almeno spero.

«Fatti tuoi che mi hai fatto saltare i nervi e le bottiglie. Il bagnoschiuma Pioggia di fragoline di bosco è l’ultimo rimasto in casa. Quindi vedi di non sporcarti per tutto il resto del week-end»
Un’intimidazione più che sufficiente.

***

La domenica mattina, nonostante la sveglia fosse l’ultimo dei suoi pensieri, Ninfadora Tonks aveva l’abitudine di alzarsi presto per andare a comprare i dolci per la colazione al negozio giù all’angolo. Lasciò il sacchetto con le brioche in cucina e salì le scale.
Sbirciò in camera. Sul lettone, i due maschi Lupin dormivano a faccia in giù, tutti e due nella stessa posizione con le braccia distese sotto al cuscino. Portavano lo stesso pigiama, nel senso che suo marito portava i pantaloni e suo figlio la casacca dello stesso pigiama. Remus doveva essersi vestito a tentoni perché i pantaloni erano al contrario e lei lo ricordava avvolto nella coperta ai piedi del letto. Prima o poi avrebbe capito che l’unico pericolo che poteva far correre loro era di sfinirli con le sue ansie insensate.
«Ma guardali, i miei maghetti tutti profumati!» commentò soddisfatta.
Tornando verso la cucina per preparare la colazione, gettò un’occhiata al bagno. Sul sapone seccato sul pavimento c’erano segni di piedi, zampe e coda. Il resto era invaso da tappi di plastica, asciugamani usati, sporcizia non meglio identificata e dai lunghi crini del mantello di Remus. Lo scarico era intasato e la vasca era ancora piena d’acqua per metà. Un’acqua grigiastra e torbida.
Dora storse il naso.
«Bene, e adesso chi la svuota questa?»

   
 
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