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Autore: xXxOpheliac_382xXx    29/05/2010    1 recensioni
Il primo di uno dei sogni che ho fatto sui Gazetto XD In realtà era molto più semplice e breve, così ho dovuto inserirlo in un contesto che ho dovuto inventare, dato che non ero sicura neanche se nel sogno stessi per compiere 18 anni ._. spero vi piaccia! ^^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kai, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My first Gazetto’s 

dream: 


my 18th birthday!

 

“Oh, Yutaka! Davvero è per me? Kami, grazie! Sei dolcissimo!”

«Linda! Oh Linda, cazzo! Svegliatiii!».

!CABOM!

Ecco il mio buongiorno.. «Anate, sei una testa di Reita, lasciatelo dire!» sbraitai alzandomi da terra indolenzita. «Allora la qui presente sweet lolita non esisterebbe!». Yuuwa aveva iniziato a scherzare sul solito “problemino” di Rei-kun.

Che care! Anzi, che CARA! Mi aveva svegliato così dolcemente che ora mi ritrovavo con un livido enorme sul fondoschiena. Anate era ancora a terra e rideva (sicuramente non aveva sentito cosa Yuuwa avesse detto a proposito di Ryo. L’altra invece, ridendo anche lei, si alzò dalla sedia della mia scrivania, e andò in cucina. Sentivo profumo di dolci.

«Beh, allora?» mi fece Anate alzandosi. «Beh, allora cosa?» continuai io senza capire. Se avesse finito una frase, per una volta nella sua vita, non sarebbe mai morto nessuno! Mi buttai a peso morto sul letto, chiudendo gli occhi, a pancia all’aria. «Santo Mana-sama! Non dirmi che te ne sei dimenticata!» gridò, portando le mani alla testa. Sembrava disperata.

«Eh...?». Forse era il sonno che mi rendeva più idiota del solito.

«Linda! Oggi è 9!!!» continuò ad urlare. «Ah, ok!» dissi guardando per aria. Rimase in silenzio come me. Poi un pensiero mi sfiorò la mente: spalancai gli occhi e scattai in piedi. «Porca puzzola, sono 18, oggi!». Non ricordavo davvero che quel giorno avevo compiuto 18 anni dalle 8 di mattina. Anate prese a saltare, gridando come una fangirl esaltata durante un fanservice di Mana e Gackt. Mi abbracciò «Auguri, amore mio!» e iniziò a riempirmi le guance di baci.

Si sentì Yuuwa gridare dalla cucina «Chi lecca il cucchiaio di cioccolato e biscotti?». Io e Anate ci guardammo con aria di sfida, poi iniziammo a correre dall’altro lato della casa, rischiando di cadere più volte.

 

Ore 17:00.

Stavo allacciando il bustino di quell’abito della Mille Noir. Me l’aveva regalato Anate insieme a un altro costosissimo Moitié, solo che quello l’avrei messo alle 9, quando saremmo tutti andati a festeggiare per davvero, in uno dei locali più costosi di Osaka, partendo da qui, a Kobe, esattamente alle 6. Per cui, mi stavo sistemando con una certa calma, allegra più per il pensiero degli... dell’invitato speciale, che per la festa in sé.

Continuavo a guardarmi allo specchio. Forse la prima volta in vita mia che mi osservavo e pensavo “Che bello, sei una DONNA!”. Avevo i capelli acconciati in maniera molto simile ad Hizaki dei Versailles, con tutti quei boccoli dorati. Ero l’unica in quella casa che non portava i capelli tinti. Con gli anni si erano schiariti, diventando color miele. Mi pareva un peccato, anche perché per ora avevo intenzione di vestire rigorosamente gothic o kuro lolita, e troppi colori scuri poi, non sarebbero stati un granché.

Stavo finendo di sistemare un cappellino in pizzo, in modo da non doverlo riallacciare ogni cinque minuti, quando sentii squillare il citofono. Anate e Yuuwa iniziarono a gridare, chiedendo l’una all’altra di andare a rispondere. Alla fine, ovviamente, quella che si piegava era Anate, nonostante tutti i borbottii mentre raggiungeva il salone. La si sentiva benissimo anche dalla mia stanza!

Continuavo a controllare che il trucco fosse a posto, quando irruppe in camera la lolita con il fiatone. «Ma che cavolo...?» «Kai... sta arrivando» mi disse richiudendosi la porta alle spalle. Rimasi a fissare il muro per un po’, poi cacciai un urlo. Corsi verso l’armadio, prendendo le prime zeppe che mi capitarono sotto mano. Mi era caduto il cappellino e iniziai a maledirlo in tutte le lingue del mondo più quelle marziane e venusiane. Le gambe mi tremavano, come anche le mani, così mi vidi costretta a tentare di infilare le scarpe più volte.

Il campanello. Era il campanello! Sentii Anate correre nuovamente in salotto.

«Ciao, Yutaka! Ci stiamo ancora preparando, così...» «Oh, figurati! Mea culpa, mea culpa! Sono venuto in anticipo addirittura di un’ora!».

La lolita piombò di nuovo in camera «Ti dai una mossa sì o no?» mi disse fra i denti. «Ci sto provando!» risposi mentre tentavo di allacciare i cinturini delle scarpe. La sentii sospirare e andare via. Era di là! Yutaka era di là, e fra un po’ mi avrebbe vista... vestita così, che non riuscivo a riconoscermi neanche io.

Mi avvicinai alla porta, presi un gran respiro e mi avviai al salotto passando per il piccolo disimpegno. Mi fermai qualche passo dopo la porta. Lui era in piedi, a braccia incrociate, e stava vicino l’ingresso a guardare i quadri miei e di Yuuwa appesi alla parete. Gli erano sempre piaciuti, quelli della mia migliore amica, intendo. Si voltò verso di me sorridendo. Come avevo previsto, nel vedermi rimase un attimo interdetto, poi riprendendo a sorridere si avvicinò a me, tenendo qualcosa dietro la schiena. Ah, Yutaka! Chi se ne importa del regalo.

«Ciao!» mi disse guardando in basso. Era imbarazzato? Ah, sì, era imbarazzato! «Eheh...» feci io come instupidita, mentre lo salutavo con la mano. Non dovevo apparire proprio intelligente in quel momento. «Sei... beh, insomma... diversa...? Ah! Il tuo regalo!» mi porse un pacchetto blu con nastri rossi. Lo posai sulla libreria lì accanto. Non apparivo intelligente e neanche simpatica, così facendo, nonostante continuassi a sorridere anche io. Gli tornai di fronte. Ci conoscevamo da anni, era il mio migliore amico, ma quel giorno, per un motivo o per l’altro, avevamo preso il motivo del nostro incontro con un significato diverso.

Abbassai la testa, smettendo di ridere per un attimo, poi «Oh, Yutaka! Davvero è per me? Kami, grazie! Sei dolcissimo!». Lui iniziò a ridere «Ma se non l’hai neanche aperto, baka!». Risi anch’io «Ma ho sognato che ti dicevo così». Rimanemmo in silenzio a guardare per terra. Comunque sia qualcuno doveva darsi una mossa, no? E non so quale convinzione di poter anche solo provarci, mi spinse a fare una cosa del genere... «Kai...» lo richiamai sottovoce, facendo un passo in avanti per arrivare a sentire i nostri corpi che ormai si sfioravano. Ridacchiò appena «Buon compleanno, Linda». Portai le mani sulle sue spalle larghe, mi misi in punta di piedi (con le zeppe arrivavo appena all’altezza di Ruki!) e lo baciai. Be’.. gli avevo appena sfiorato le labbra ma era un progresso, no?

«Grazie...»

   
 
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