Una vita insieme
Capitolo 1
Un nuovo inizio
Arrivarono alla residenza Tyler quando era notte fonda,
durante il volo Jackie si era addormentata, mentre Rose era rimasta sveglia, i
due non aveva più parlato, semplicemente si tenevano per mano.
Scesi dall’auto, all’ingresso della villa ad accoglierli
c’era solo Pete, il Dottore si guardò attorno ricordando l’ultima volta che era
stato lì, in quella casa.
“E’ bello potervi rivedere.” Li accolse Pete con un
sorriso, ma Jackie era ancora furiosa con lui.
“Potevi venire tu a prenderci invece di mandare Chris.”
Gli rinfacciò avvicinandosi a lui pericolosamente.
“Mi dispiace tesoro, ma avevo una riunione molto
importante.” Si giustificò, sapendo bene che non bastava, ma l’uomo si rivolse
a Rose.
“Sono felice che sei ancora qui con noi.” Le disse
abbracciandola. Per poi passare la sua attenzione al suo nuovo ospite.
“Dottore.” Lo salutò un po’ scettico.
“E’ un piacere rivederti, Pete.” Ricambiò il saluto con
gentilezza, anche se un po’ forzata.
“Dov’è Tony?” chiese Jackie guardandosi attorno.
“Si è addormentato. Voleva aspettarvi, ma mezzora fa è
crollato davanti all’ennesimo cartone.” Spiegò Pete.
“Allora, chi mi spiega cosa è successo?” Chiese Pete,
facendo strada dentro la casa, Rose e il Dottore si guardarono, entrambi
sapevano che prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento,ma sembrava
che nessuno di loro voleva farlo.
“Credo sia meglio rimandare a domani. Così almeno ci
riposiamo.” Intervenne Rose, con il sollievo del Dottore, che di certo non
aveva voglia di spiegare cosa era successo.
“Ti accompagno in camera.” Disse la ragazza indicandogli
le scale.
Arrivarono al corridoio che portava alle camere, in
silenzio, non avevano più parlato da quando erano saliti sul dirigibile.
Camminavano uno accanto all’altro senza parlare.
“Tutto bene?” chiese lui.
“Uhm … si … sono solo un po’ stanca.” Gli rispose, non
molto sicura di sé.
“E da quando siamo saliti sul dirigibile che non parli.”
Spiegò lui.
“E … è successo tutto così in fretta. Devo solo
elaborare.” Spiegò con sincerità. Si fermò davanti a una porta, quasi alla fine
del corridoio.
“Credo che vale anche per me.” Le rispose, toccandosi
nervosamente il lobo dell’orecchio, sapendo anche che quello riguardava anche
il loro rapporto.
“Eccoci arrivati.” Disse, cambiando discorso aprendo la
porta a doppia anta, di legno scuro. La camera era abbastanza grande, al centro
un letto a doppia piazza, sulla sinistra accanto ad una porta una scrivania e
sulla destra un'altra porta, le finestre ricoperte con delle tende rosse,
davano sul giardino che era dietro la casa, una camera molto anonima,
evidentemente era quella usata per gli ospiti.
“A sinistra c’è il bagno.” Disse indicandogli la porta.
“Nell’armadio ci dovrebbe essere qualche vestito se vuoi
cambiarti.” Spiegò ancora indicandogli la porta sulla destra, continuava a
osservarlo. Il Dottore aveva le mani in tasca e guardava la stanza attorno a sé,
si sentiva un po’ impacciato, non sapeva cosa dirle, cosa fare, osservava tutto
attorno, senza poter calmar il forte timore di non farcela.
“Non è grande come quella che avevi sul Tardis, ma credo
che possa andare.” Disse lei abbassando lo sguardo, pensando che a lui non
piacesse la nuova sistemazione.
“Va bene, grazie.” Le rispose dolcemente.
“Se hai bisogno la mia camera è di fronte.” Disse, poi si
rese conto dell’ambiguità.
“Cioè,…,se, ecco … ti servisse qualcosa …. o se vuoi
anche … non so, parlare … puoi venire da me … se ti va.” Si corresse
imbarazzata, tenendo lo sguardo basso.
“Ne terrò conto.” Le rispose divertito da quella gaffe.
“Bene, ti lascio riposare.” Continuò riprendendo il
controllo di sé.
“Buonanotte.” Gli disse.
“Buonanotte Rose.” Rispose, poi lei andò via, lasciandolo
da solo. Si voltò a guadare ancora la stanza, per poi buttarsi sul letto
sbuffando.
Si rigirò nel letto, sperando di potersi addormentare,
senza riuscirci, si voltò ancora una volta, guardò la sveglia che segnava le
tre passate.
La sua mente brulicava di idee, non riusciva a trovare pace, sapeva bene che per
calmare quei dubbi e incertezze c’era solo un modo, palare con lui. Doveva
ammettere, però che era molto difficile anche solo guardarlo, senza pensare al
suo alterego, al vero Dottore e a tutto quello che ha perso. Si passò la mano
sul viso sbuffando, si alzò sapendo bene che non sarebbe riuscita a
riaddormentarsi, mise la sua vestaglia e uscì dalla camera. Si fermò un istante
davanti a quella di lui, chiedendosi se anche lui era tormentato, se anche lui
non riusciva a dormire, nonostante la sua nuova condizione. Scosse la testa e
proseguì, non era la prima volta che passava la notte in bianco, dopo aver
visto il Dottore alla spiaggia, aveva trovato molte difficoltà
nell’addormentarsi, così aveva iniziato a lavorare al suo progetto speciale, un
modo per tornare da lui.
Quando scese le scale, tra il silenzio e il buio della
casa, sentì qualcuno borbottare quasi disperato, sorrise nel capire subito di
chi si trattava, a quanto pare anche lui aveva avuto la sua stessa idea.
Arrivò in cucina e lo trovò seduto al tavolo, con il
microonde completamente smontato nel tentativo di sistemarlo, sorrise divertita
a quell’immagine.
“Tutto bene?” chiese, facendolo saltare in aria per la
sorpresa, farfuglio qualcosa di simile al suo nome, ma una torcia che teneva in
bocca, lo rese incomprensibile.
“Che stai facendo?” gli chiese avvicinandosi, mentre
metteva giù la torcia.
“Ecco … ho visto che non funzionava … stavo cercando di
sistemarlo.” Le rispose un po’ imbarazzato.
“Ti va del tè?” gli chiese cambiando discorso.
“Volentieri.” Le rispose sorridendole.
Rose mise il bollitore sopra, sentiva il suo sguardo
curioso su di lei, si imbarazzò ricordandosi che aveva una semplice vestaglia e
il suo pigiama.
“Non riesci a dormire?” le chiese.
“Neanche tu.” Gli rispose sorridendo, mettendosi seduta
al tavolo, di fronte a lui. Entrambi evitavano di guardarsi dritti negli occhi.
“Non sono ancora abituato.” Le rispose rimettendosi a
sistemare il microonde.
“Troppo silenzio?” disse lei, sapendo bene che gli
mancava il ronzio del Tardis.
“Già.” Le rispose imbarazzato. Silenziosamente, si fermò
a guardarlo.
In quel momento per la prima volta, si rese conto che si
era comportata in modo egoista, lui aveva bisogno del suo aiuto, del suo
sostegno. Le cose per lui era più difficili, era sempre stato abituato a
viaggiare, aveva visto tante cose, conosciuto tante persone, e adesso si
trovava intrappolato in questo mondo parallelo in un corpo umano. Stava per
parlare, quando il bollitore l’avvertì che l’acqua era pronta. Si alzò, prese
due tazze e le bustine per il the. Mentre versava l’acqua nella tazza, lui si
alzò e si avvicinò prendendo la sua tazza.
“Oh! Non hai idea di quanto mi sia mancato il tuo te.”
Disse annusando la bevanda calda.
“Non ho più incontrato nessuno, in tutto l’Universo che
fa del the così buono.” Le disse, rimettendosi seduto al tavolo, mentre lei
prendeva dei biscotti dalla dispensa.
“Aspetta, assaggia questi.” Disse mettendo i biscotti al
centro tavola, mentre si metteva seduta. Il Dottore ne prese uno e lo assaggiò,
sorrise subito quando si rese conto cos’era.
“Dolcetti alla banana.” Disse con entusiasmo.
“Li adoro.” Continuò prendendone altri, Rose lo guardava
divertita, le era mancato così tanto questi loro momenti. Quando, dopo
l’ennesima avventura si mettevano davanti ad una tazza di the caldo, a parlare
per ore e ore a consolarsi a vicenda quando ne avevano bisogno.
“Tutto bene?” le chiese interrompendo il corso dei suoi
pensieri.
“Si, stavo solo pensando.” Gli rispose scuotendo la
testa.
“Tu, come ti senti invece?” gli chiese senza alzare lo
sguardo.
“Oh … beh … è tutto un po’ strano.” Le rispose
continuando a mangiare.
“Ho parlato con mio padre.” Iniziò a dire lei.
“Su cosa?” chiese non capendo.
“Su te. Cioè, adesso che sei umano e che starai qui,
dovrai avere un nome e altre cose del genere.” Spiegò Rose seriamente.
“Un nome? Io c’è l’ho un nome.” Si lamentò.
“Dottore, non è un vero e proprio nome e lo sai bene.” Lo
richiamò lei dolcemente.
Si sorrisero e
ripresero a sorseggiare il loro the, rimasero un po’ in silenzio gustandosi la
tranquillità del momento e il loro the, senza mai alzare lo sguardo.
“Mi dispiace.” Gli disse, quasi in un sussurrò.
“Per cosa?” scattò sorpreso, lei continuò a guardare la
tazza.
“Sei bloccato qui, senza Tardis, senza la possibilità di
andartene, con un corpo umano.” Continuò senza alzare mai lo sguardo.
“Si, ma bloccato qui con te non è poi così male.” Gli
disse sorridendo, ricordando il momento in cui fu lei a dirlo. Arrossì
ricordando quella volta, su quel pianeta.
“Lo pensi davvero?” gli chiese per avere una conferma.
“Si.” Rispose semplicemente, sorridendole.
“Se vuoi, potrei venire con te, domani.” Gli propose timidamente, cambiando discorso.
“Ecco..pensavo che potrei aiutarti … si diciamo ad
abituarti al fatto che adesso sei umano.” Continuò lei, imbarazzata.
“Lo faresti davvero?” chiese lui invece.
“Ne sarei felice.” Lo tranquillizzò.
“Sempre se non vuoi che sia mia madre ad aiutarti.”
Scherzò lei.
“Ti prego no!” la pregò. Risero insieme e continuarono a
bere il loro the e parlare di tutto e niente, fino a quando entrambi non decisero
di tornare nelle loro camere.
“Tra poco dovremmo alzarci.” Si lamentò Rose, mentre
attraversavano il corridoio.
“Mi dispiace, non volevo tenerti sveglia tutta la notte.”
Si scusò lui, fermandosi davanti alle loro camere.
“Tranquillo, tanto non avrei dormito comunque.” Lo
tranquillizzò.
“Allora ci vediamo tra un paio di ore.” Lo salutò lei.
“Certo, a dopo.” Ricambiò lui sorridendole dolcemente.
Il Dottore era sdraiato su quello che era il suo nuovo
letto, non era riuscito a dormire, nonostante sentiva la stanchezza.
Si concentrò sulle nuove sensazioni che quel corpo gli
trasmetteva. Il battito del suo unico cuore, la circolazione del sangue più
lenta, e poi un implosione di sensazioni, ogni volta che si trovava accanto a
Rose.
Ripensò alla chiacchierata che aveva avuto con lei, lo
aveva riportato indietro nel tempo, quando erano insieme nel Tardis.
Per tutto il tempo che era stato senza Rose, aveva
sentito la mancanza delle loro chiacchierate con patitine e the, aveva sentito
la mancanza di lei che gironzolava nel Tardis, sempre alla ricerca di qualcosa
da fare o che gli trotterellava dietro, ansiosa di una nuova avventura. Certo,
gli piaceva la compagnia di Martha e Donna, ma nessuna delle due, era riuscito
a colmare il vuoto lasciatogli dalla sua preziosa Rose.
Si fermò un attimo a riflettere su suoi ricordi. Poteva
davvero definirli suoi? Era strano perché ricordava perfettamente ogni
sensazione e ogni particolare del suo passato, ma in realtà sapeva bene che non
era lui, ma erano i ricordi del suo alterego. Sbuffò, stringendo il ponte
nasale con l’indice e il pollice, strizzando gli occhi, stufo di tutti quei
dubbi.
Sentì dei rumori fuori dalla sua camera, che lo
distrassero dai suoi pensieri, qualcuno si era alzato, erano passate circa due
ore e mezza da quando lui e Rose si erano salutati, questo significava che era
ora di alzarsi. Scese dal letto e si rimise le sue converse, uscì dalla camera
e per casualità Rose stava uscendo dalla sua.
“Buongiorno.” La salutò sorridendo, la ragazza si voltò
sorpresa.
“Ciao, pensavo stessi ancora dormendo.” Gli rispose. Il
Dottore la guardò con attenzione, il sole le faceva brillare i capelli sciolti
sulle spalle.
“Non avevo molto sonno.” Le rispose quasi ipnotizzato dalla
luce dei suoi occhi.
“Vedo che non ti sei cambiato.” Le fece notare iniziando
a camminare, si guardò, soddisfatto, perché indossava ancora il completo blu.
“E’ l’unico che ho.” Le rispose raggiungendola.
“Questo significa che ci toccherà fare un po’ di
shopping.” Gli disse, il Dottore roteò gli occhi al cielo.
“Devo proprio?” si lamentò.
“Se ti va, possiamo andare oggi pomeriggio.” Gli propose
timidamente, lui la guardò scorgendo un po’ di rossore sulle guance.
“Non devi lavorare?” le chiese grattandosi la nuca.
“Tranquillo, mi sono guadagnata un paio di giorni
liberi.” Gli spiegò.
“Allora, che ne dici?” chiese ancora.
“Volentieri. Almeno non rischio di passare tutto il
pomeriggio con tua madre.” Le rispose.
“Ohi, vedi di abituarti a lei.” Gli disse sorridendo,
mentre entrarono in sala da pranzo dove Jackie, Pete e Tony stavano già facendo
colazione.
“Oh eccoli finalmente.” Li salutò Jackie, Rose andò
subito a salutare il fratellino, che sembrava la copia del padre.
“Dormito bene?” chiese invece Pete, il Dottore non sapeva
come rispondere.
“Oh … beh … devo ancora abituarmi.” Disse sedendosi al
tavolo, Rose si mise accanto.
“Eravate in cucina per caso, stanotte?” chiese Jackie
sospettosa.
“Perché?” chiese Rose.
“Ho trovato due tazze di the, e il microonde mezzo
smontato.” Si lamentò la donna, guardando in direzione del Dottore.
“Volevo sistemarlo.” Si giustificò l’uomo.
“Adesso lo possiamo buttare.” Disse la donna quasi
disperata.
“Ohi, avrei potuto benissimo sistemarlo, se avessi avuto il
mio cacciavite sonico.” Rispose lui un po’ acido, Rose si schiarì la voce,
facendogli capire che era stato un po’ scortese.
“Le vecchie abitudini non muoiono, vero?” continuò la
donna.
“Ehi, datevi una calmate entrambi.” Li richiamò Rose, il
padre invece li guardava sorpreso.
“Cercate di andare d’accordo, intesi?” continuò a rimproverare
Rose, guardando i due.
“Bene, adesso facciamo colazione.” Continuò la ragazza.
“Rose, stasera tocca a te raccontare la storia a Tony.”
Le disse Pete.
“Ti prego non ricominciare con la storia degli Shliteen.”
Aggiunse Jackie, il Dottore incuriosito alzò lo sguardo verso la ragazza.
“L’ultima volta si è messo a lanciare aceto ai nostri
ospiti perché pensava che erano alieni.” Continuò Jackie.
“Rose gli racconta sempre le vostre storie per farlo
addormentare.” Spiegò Pete, la ragazza imbarazzata nascose il viso mentre
beveva la sua tazza di the.
“Ma davvero? Interessante.” Disse il Dottore, soddisfatto
guardandola.
“Stai zitto.” Lo rimproverò lei sorridendogli.
Rose e il Dottore furono accompagnati dall’autista
all’istituto Torchwood. La bionda era rimasta in silenzio per tutto il tempo,
non sapeva se mostrargli o meno il canone dimensionale, avrebbe dovuto spiegargli
un po’ di cose, e non sapeva come l’avrebbe presa. Inoltre così avrebbero
dovuto affrontare il delicato argomento di quello successo ai Daleks, a Donna e
sopratutto al suo alterego e alla decisione di lasciarli indietro. No, quella mattina avrebbero fatto
semplicemente il giro dell’istituto.
All’entrata ad aspettarli c’era Chris, ci mancava solo
lui per complicare il giro, sperava solo che era lì per tutt’altro. Anche se,
doveva ammettere, che si divertiva a vedere il Dottore preso dalla gelosia.
“Ciao Chris.” Lo salutò educatamente sorridendogli.
“Ciao Rose. Dottore benvenuto a Torchwood.” Ricambiò il
saluto, vide il Dottore sorriderli forzatamente.
“Sono già stato qui.” Gli disse un po’ rude, Rose gli diede
una gomitata.
“Mi dispiace.” Chiese scusa.
“Vi ho portati questo.” Disse il ragazzo consegnando un
tesserino al Dottore.
“Dottore John Smith?” chiese leggendo.
“Beh, Rose ci ha detto che è un nome che usava spesso,
quindi provvisoriamente lo può usare anche qui.” Spiegò l ragazzo.
“Andrà benissimo.” Intervenne Rose.
“Pete mi ha chiesto di accompagnarvi nel giro.” Disse il
ragazzo, Rose roteò gli occhi, ogni tanto si sentiva trattata come una
ragazzina.
“Possiamo cavarcela da soli.” Gli rispose, cominciando a
camminare seguita dagli altri due che si studiavano attentamente.
“Dove andiamo per prima cosa?” chiese il Dottore.
“Per prima cosa, potremmo andare nella stanza del …”
iniziò a parlare Chris, ma Rose lo fermò bruscamente.
“Ascolta Chris, io e il Dottore sappiamo cavarcela anche
da soli. Torna da mio padre e fatti dare un lavoro più adatto a te.” Disse
tutto d’un fiato, non voleva essere brusca, ma in quel momento, non le andava
di portare il Dottore nella sala del canone dimensionale. Il ragazzo chiese
scusa e si allontanò.
“Sei stata un po’ scortese, sicura di stare bene?” gli
chiese il Dottore.
“Si, sono solo un po’ nervosa.” Gli rispose sorridendo.
“Più tardi mi farò perdonare da Chris.” Disse con
provocazione, sapendo bene che il Dottore ne sarebbe stato geloso, infatti si
allontanò borbottando qualcosa, gli corse subito dietro aggrappandosi al suo
braccio con naturalezza.
“Sai, se non ti conoscessi direi che sei geloso.” Lo
provocò.
“Non sono geloso. Non ne ho motivo, in fondo.” Le rispose
evitando di guardarla.
“Andiamo ti mostro questo posto.” Gli disse facendogli
una linguaccia, conducendolo nella direzione giusta, visto che lui aveva preso la
strada per uscire.
Gli mostrò molte cose dell’Istituto, il posto dove
venivano catalogati tutti gli oggetti o pezzi di astronavi ritrovati in giro
per il mondo. Le armi venivano portate in un altro reparto, deve veniva
catalogate e sigillate, pronte ad essere usate nelle gravi crisi, come quella
appena risolta. Il reparto che si occupava di tenere d’occhio tutte le attività
aliene sulla terra, intervenire quando diventavano ostili.
Arrivarono al piano desiderato, tra i corridoi un via vai
di persone, che guardavano curiosi verso Rose, il Dottore non capiva il motivo
di quei sguardi, inizialmente aveva pensato che fosse per la sua presenza, ma
poi notò , che in realtà guardavano proprio lei.
“Eccoci arrivati.” Disse la ragazza fermandosi davanti ad
una porta bianca, fece passare il suo tesserino sullo scanner elettronico
accanto alla porta.
Aperte le porte, il Dottore poté notare, davanti a loro
una decina di persone tra scienziati e impiegati, gironzolavano tra le varie
scrivanie.
“Questo è il tuo ufficio?” chiese incredulo, lei gli
sorrise.
“No, il mio ufficio è in fondo. Questo è il reparto che
dirigo.” Spiego seguendo lo sguardo del Dottore.
“Seguimi.” Lo invitò,
continuando a camminare, accanto all’ultima porta c’era un altra scrivania da
cui spuntò una ragazzo, molto famigliare per il Dottore, infatti si trattava di
Ianto Jones, o per lo meno, la versione di questo universo.
“Salve Miss Tyler, è un piacere rivederla.” La salutò
avvicinandosi.
“Ciao Ianto. Ti presento il mio amico il Dottore … John
Smith.” Lo presentò.
“Salve, ho sentito parlare di lei.” Disse il ragazzo
stringendogli la mano, il Dottore gli sorrise con educazione.
“Bene, noi siamo nel mio ufficio, chiamami solo se si
tratta di un emergenza, intesi?” specificò la ragazza.
“Certo. Le porto il solito pranzo?” chiese educatamente.
“Oh … giusto il pranzo.” Si ricordò che era ora di
pranzo, e che loro non si erano fermati un attimo.
“Immagino che anche tu abbia fame.” Disse rivolgendosi a
lui.
“Oh … be … ecco …” non sapeva
cosa risponderle, in genere non sentiva mai la fame, quindi non sapeva come
capirlo. Per sua fortuna, però Rose si rese conto della sua difficoltà.
“D’accordo Ianto, ordina per due.” Disse rivolgendosi al
suo assistente, che si allontanò. Rose si voltò ancora verso di lui.
“Tranquillo affronteremo anche questo.” Gli disse
sorridendo.
“Bene. Non mi fai vedere il tuo ufficio?” le chiese
notando che la ragazza non accennava un passo verso le porte.
“Si, ma prima devo avvertiti.” Disse imbarazzata.
“Di cosa?” chiese confuso.
“Ecco … ho passato diverso tempo qui …. E diciamo non è
il posto più ordinato di questo mondo.” Disse abbassando lo sguardo, sorrise
divertito.
“Oh avanti, Rose ho visto a tua camera sul Tardis. Questo
non può essere peggio.” Disse avvicinandosi alle porte ed entrando.
“Ok … è anche peggio!” esclamò guardandosi intorno. La
stanza era invasa da strani oggetti, documenti e libri. Sul divanetto notò una
coperta disfatta e un cuscino, segno che la ragazza aveva passato lì molte
notti. Sul muro notò qualcosa di particolare, che non si aspettava, Rose rimase
dietro di lui. Si avvicinò alla cornice, sorridendo orgoglioso di quello che vedeva.
“Ti sei diplomata?” le chiese sorpreso.
“Beh ... per lavorare qui, dovevo avere una certa
qualifica.” Gli rispose imbarazzata.
“Ti sei diplomata … con il massimo dei voti anche.” Disse
continuando a leggere.
“Lascia perdere quel pezzo di carta.” Gli rispose
mettendosi seduta sul divanetto.
“Lasciare perdere? Rose è una cosa meravigliosa.” Disse
mettendosi accanto a lei sul divano.
“Beh, mi serviva il diploma per entrare all’Università.”
Disse timidamente, il Dottore la guardò di nuovo sorpreso.
“Sei iscritta all’università?” chiese.
“Beh, si … fisica quantistica …” disse abbassando lo
sguardo. Il Dottore, la guardava con molto orgoglio, Rose Tyler, la stessa
ragazzina che lavorava come commessa di un negozio, adesso dirigeva un intero
reparto di Torchwood, ed era diventata una brillante studentessa.
“Rose Tyler, sei davvero brillante.” Le disse con molto
orgoglio. Si voltò verso di lei rendendosi conto di quanto erano vicini,
deglutì lentamente.
“Sono … sono davvero felice per te.” quasi in un sussurrò.
“Grazie.” Disse imbarazzata.
Era così bella, e così pericolosamente vicina a lui in
quel momento. L’avrebbe potuta baciare in quel momento, del resto erano da
soli, inoltre non riusciva a togliersi dalla mente, quel bacio, il bacio che
lei gli aveva dato sulla spiaggia, tutte le sensazione che aveva provato a
stringerla a se, il brivido che aveva sentito nel capire che la stava baciando,
tutte le sensazioni che provava ogni volta era accanto a lei o che
semplicemente la guardava. Per la prima volta da quando erano in quel mondo,
incontrò il suo sguardo, c’era paura e confusione, ma il suo unico cuore gli
stava chiedendo di farlo, di toccare di nuovo quelle labbra, gli sembrava di
impazzire. Si avvicinò ulteriormente a lei. Purtroppo vennero interrotti quando
Ianto bussò alla porta.
“Il nostro pranzo.” Disse lei con poco fiato.
“Giusto, il nostro pranzo.” Ripete lui, senza realmente
rendersi conto. Rose si allontanò per andare ad aprire, spezzando così il loro
momento.
Fine
1° Capitolo
Revisione
Settembre 2011
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