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Autore: bluemary    30/05/2010    7 recensioni
Lei gli appartiene, e lui la brama allo stesso modo con cui brama il potere, come se la giovane Redfield fosse solo una diversa e più intima sfaccettatura del suo trionfo.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albert Wesker, Claire Redfield
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storia che partecipa allo Sfigafandom di Fanworld, con il prompt “Resident Evil, Wesker, sangue”. Dedicata alle compagne (o vittime? XD) di travio Calbalacrab e Solarial.


While your lips are still red

In mezzo alla grigia massa di inutili esseri umani, a cui a stento concede qualche sporadica riflessione durante la sua giornata, solo una ragazza si è guadagnata un’attenzione diversa dal semplice rancore che riserva ai pochi sopravvissuti della S.T.A.R.S. e ai rari folli che osano intralciare il suo cammino. Lui stesso non comprende ancora quale particolare abbia risvegliato il proprio interesse nei suoi confronti, ma la sua immagine aveva cominciato a infestargli la mente forse perfino prima che la prendesse come prigioniera: talvolta come una giovane donna in agonia ai suoi piedi, talvolta come un’altera assassina ai suoi ordini, è stata un’ospite fissa nei suoi pensieri, stuzzicandolo nelle vesti di un giocattolo da tormentare fino a quando non si sarebbe rotto inesorabilmente o si sarebbe rassegnato ad accettarlo come legittimo padrone.
Lei è stata l’unica abbastanza speciale da diventare una risorsa preziosa, che avrebbe sacrificato con autentico rimpianto; l’unica pedina non da distruggere ma da manipolare, da forgiare secondo i suoi desideri.
L’unica che sia riuscita a sfuggirgli.
Con la mascella contratta per l’irritazione, percorre con lo sguardo il corpo steso inerte sul letto vicino, indugiando sulle ciocche ramate che incorniciano un volto sereno, malgrado un fiotto di sangue ormai rappreso le imbratti il mento.
Claire Redfield è morta.

L’aveva fronteggiata per la seconda volta, quel giorno, pervaso dal sottile piacere di poterla tormentare a piacimento, allargando i solchi che aveva cominciato a scavare nel suo animo logorato dalla prigionia.
- Ancora mi combatti, Miss Redfield? Non hai capito che l’unica tua possibilità di sopravvivere è arrenderti al mio volere?
- Allora cosa aspetti a uccidermi? – era stata la sua risposta, pronunciata con quell'indomabile ribellione che la caratterizzava – Non mi piegherò mai a te, razza di folle bastardo!
Lui le aveva sorriso, incurante del suo violento sfogo. La determinazione che la spingeva a non arrendersi mai, nemmeno dinanzi a lui, l’incredibile capacità di sopravvivenza di cui aveva dato prova in più occasioni, in passato e nel presente, e il suo lato vulnerabile, carico di tutte quelle emozioni che non aveva mai imparato a nascondere e forse nemmeno lo desiderava… erano tutti particolari che lo incuriosivano, e, malgrado provenissero dalla sorella del suo nemico, gli risultavano quasi degni di rispetto.
- Tu mi interessi, Miss Redfield.
– aveva mormorato, allungando le dita in direzione della sua guancia – Perché dovrei uccidere una potenziale alleata?
La ragazza gli aveva scostato bruscamente la mano, indietreggiando fino a ritrovarsi intrappolata tra il suo corpo imponente da assassino e la parete alle sue spalle; eppure i suoi occhi chiari ancora lo sfidavano, con un bagliore indomito che neppure la disperazione della prigionia era riuscita a offuscare.
- Morirei piuttosto che aiutarti.
- Cosa ti fa credere di avere la possibilità di scegliere il tuo destino, Claire? Non hai nessun potere in mia presenza. Nemmeno quello di decidere se vivere o morire.


Aveva già preventivato che lei morisse, se si fosse dimostrata troppo testarda per accettare la sua generosa offerta di una vita al suo fianco, in qualità di più fidata e preziosa collaboratrice. Ma doveva essere uccisa dalle sue mani, dopo una sua insindacabile decisione e secondo le modalità che avrebbe deciso a suo totale piacimento.
Si toglie gli occhiali da sole, per non avere barriere tra i propri occhi color del sangue e il volto pallido di quella che, nelle ultime settimane, è stata un’alternativa stranamente piacevole all’abituale solitudine.
Non doveva andare così.

- Non sei stanca di ribellarti inutilmente?
Aveva le dita strette attorno al suo collo, mentre l’altra mano le aveva fermato il polso, interrompendo l’attacco con cui aveva cercato di raggiungerlo al volto. Non si era neppure disturbato a toglierle quell’arma rudimentale, una scheggia tagliente di vetro recuperata chissà dove, prima di scaraventarla contro la parete più vicina.
In un silenzio carico di compiacimento, era rimasto a guardarla rialzarsi faticosamente, sempre con il vetro in suo possesso e le labbra ostinatamente sigillate, ammirando ogni particolare di quella che aveva cominciato a ritenere il suo personale e prezioso esperimento: lei era la sorella del suo nemico, che avrebbe manipolato fino a renderla una fedele alleata o avrebbe distrutto nel tentativo.
Malgrado il corpo tremante per il dolore, la ragazza lo aveva fissato dritto in volto, senza alcuna esitazione.
- Mi libererò di te, in un modo o nell’altro.
Era stato un lampo improvviso, un movimento del polso così inaspettato da impedirgli di reagire con la solita prontezza. L’aveva raggiunta solo la frazione di secondo successiva, con le mani tese ormai inutilmente verso la macchia vermiglia che si allargava sul suo torace, gli occhi dello stesso colore fissi sul sangue che aveva cominciato a sgorgarle anche dalla bocca socchiusa.
La sua stupida prigioniera si era pugnalata al petto, abbastanza a ridosso del cuore da rendere inutile qualunque soccorso.
Non appena aveva compreso l’entità della ferita, la sua voce per la prima volta aveva abbandonato il tono impersonale che la caratterizzava, velandosi di una sorpresa dall’eco dolorosa.
-
Dear heart!
Claire gli aveva sorriso mentre si accasciava tra le sue braccia.
- Fottiti… Wesker.


Ha vinto.
Ha vinto ancora una volta.
Il semplice fatto che dinanzi a lui ci sia il corpo senza vita di chi ha follemente rifiutato di piegarsi al suo volere rappresenta l’ennesima prova della sua supremazia. Eppure non può impedirsi di provare uno strano senso di rammarico per la perdita così improvvisa della sua prigioniera. In silenzio rivive l’istante in cui la ragazza si era lasciata cadere addosso al suo torace, la sensazione di quel corpo fragile e caldo a ridosso del proprio cuore immortale, le proprie labbra tese per catturare l’ultimo suo respiro, mentre i suoi occhi chiari si spalancavano sorpresi nell’agonia, e il sapore ferruginoso del suo sangue che ancora adesso gli macchia il volto.
La sua prigioniera era stata splendida anche nella morte.
- Che spreco. – mormora, combattuto tra l’impulso di scostarle la ciocca di capelli che le attraversa il viso e la collera che gli suggerisce di infierire sul suo corpo inerte, per sfogare almeno in parte la frustrazione di averla persa così. Invece rimane immobile, scrutando con la solita espressione impassibile l’unica sua vittima che continua a stuzzicargli la mente anche dopo aver esalato il suo ultimo respiro; una scia bruciante di fastidio lo pervade, non appena nota l’ombra di un sorriso, dietro il sangue che le imbratta le labbra. La vista del suo volto sereno, come mai era stato durante le giornate di prigionia, lo spinge ad allungare la mano verso la siringa che giace già pronta nell’armadietto vicino.
È un attimo: prima ancora di vagliare con attenzione i pro e i contro della sua scelta, guidato dagli ultimi strascichi di emozione che la sua logica non è riuscita del tutto a sovrastare, torna al suo fianco e le inietta il liquido azzurro nell’incavo del gomito.
Poi non gli resta che attendere.
La probabilità di riuscita è inferiore al quaranta per cento. Ma il suo bisogno di averla nuovamente nelle sue mani è un’urgenza non del tutto comprensibile o calcolabile, a cui la sua razionalità risulta incapace di ribellarsi o anche solo associare il concetto di sconfitta: Claire Redfield è sua, e saranno solo le sue mani a darle la morte.
Lentamente le sfiora la guancia, per una volta quasi infastidito dai guanti che gli impediscono di avere la diretta percezione della sua pelle sulle proprie dita. A guidarlo non è un semplice impulso sessuale, ma qualcosa di molto più profondo e ossessivo, che risveglia il più oscuro anfratto della sua coscienza; lei gli appartiene, e lui la brama allo stesso modo con cui brama il potere, come se la giovane Redfield fosse solo una diversa e più intima sfaccettatura del suo trionfo. La desidera viva, un’eterna prigioniera, per tormentarla, minacciarla, ridere ancora dei suoi futili tentativi di tenergli testa; e poi consolarla quando non riesce più a lottare, mostrarle il lato più gentile e benevolo dell’inflessibile Dio che è diventato. Per baciarle la bocca sporca di sangue e sentirla muovere sotto la propria, nel tentativo di assecondarlo o respingerlo, stringendo a sé un corpo che non sarebbe mai stato inerte.
Due occhi rossi, identici ai propri, si spalancano all’improvviso sotto il suo sguardo, accompagnando il respiro convulso di chi è rimasto in apnea fin troppo a lungo.
Con la mano sempre appoggiata delicatamente sulla sua guancia, piega le labbra macchiate del suo sangue in un sorriso appena accennato.
- Bentornata, dear heart.
   
 
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