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Autore: Rota    31/05/2010    6 recensioni
Soffia il vento, muovendo i capelli leggeri come fronde d’ alberi stanchi.
L’anima volteggia assieme alla polvere del deserto – leggiadra, senza più peso ad ancorarla a terra.
Solo gli occhi sono fissi, immobili su un oggetto statico: un mantello e una spada che si ergono impavidi, a sfidare l’alto e luminoso sole.
Nel cielo, qualche nuvola di vapore bianco.

**[SECONDA classificata al contest indetto da Mayumi_san sul forum di EFP "Shakespears contest"]**
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yoko Littner
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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alberi stanchi Dopo tanti anni dalla sua morte, di fronte alla tomba di Kamina, Yoko parla. E’ un monologo, anche questo, un monologo doloroso dell’innamorata all’uomo che non c’è più, di un guerriero che riconosce un altro guerriero e che si dispera della propria apparente inutilità.
Vorrei “giustificare” il tono duro con cui faccio parlare Yoko. Potrebbe parere OOC, tuttavia io vorrei ricordare quanto questa donna, nel suo privato, si sia dimostrata disperata per la perdita di Kamina e quanto abbia mostrato il lato del suo carattere duro e severo a chiunque. Per questo motivo, personalmente, non lo ritengo OOC ☺








Alberi stanchi




Soffia il vento, muovendo i capelli leggeri come fronde d’ alberi stanchi.
L’anima volteggia assieme alla polvere del deserto – leggiadra, senza più peso ad ancorarla a terra.
Solo gli occhi sono fissi, immobili su un oggetto statico: un mantello e una spada che si ergono impavidi, a sfidare l’alto e luminoso sole.
Nel cielo, qualche nuvola di vapore bianco.

Imbraccia il fucile, Yoko. Lo imbraccia con mani tremanti – di commozione o di rabbia, difficile saperlo così – senza accennare a voltare la testa.
Anche se la luce sferza il suo sguardo, accecando con un bagliore prorompente.
Anche se il freddo della notte punge la sua pelle, tendendo i muscoli alla ricerca di un riparo.
Anche se lacrime che sanno di nero bagnano le ciglia e le labbra, tentando di trattenere ogni sospiro di troppo.
Yoko imbraccia il fucile, e alla fine parla.


“Giurai, una volta, di non fare mai ritorno a questi luoghi. Di scansare i ricordi ad essi legati, di concentrarmi su qualcosa di meno futile che non fosse un passato che non si può più recuperare.
Chiamami folle – chiamami vile – ma non c’è stato giorno in cui io non abbia rivisitato questo posto. Con la memoria, con i miei pensieri, eppure ci sono sempre passata.
Davvero ironico, non trovi anche tu?
Chi come me ha una causa che si rinnova nel tempo, dacché morte e nascita si mescolano in ogni singolo istante nella vita di un guerriero, non dovrebbe badare alle cose che si lascia dietro la schiena.
Ma forse è proprio questo il punto.
Temo di non averti mai voltato le spalle in maniera definitiva, Kamina.
Per questo mi ritrovo qui, a parlarti, dopo tutti questi anni.
Lo ritengo necessario, benché tu non abbia più orecchie per sentirmi né bocca per rispondermi. D’altronde, quando mai mi hai davvero ascoltata? Quelle uniche volte che mi mostrai davanti a te come semplice donna, tu non eri più uomo – non potevi dare retta alle mie ragioni, perché troppo nobili ideali ti muovevano, rendendoti per me irraggiungibile.
Per questo le tue labbra pronunciavano parole pazze, animate da quella follia tipica dei geni o degli idioti.
Ora che invece non sei altro che una semplice idea, polvere nella nuda terra, cenere che ingrassa solo i vermi, le mie parole arriveranno da qualche parte.
Non necessariamente a te, ma almeno non resteranno sospese nel vuoto senza trovare una loro ragione.
Mi spezzasti il cuore, quel giorno. Hai portato via – spazzato senza possibilità di cambiare nulla – ogni briciola di felicità che avevo dentro, che tu stesso avevi impiantato forse in maniera distratta. Era il mio animo quello che si è frantumato, allora, rimanendo sordo e muto a tutto il resto.
Credere in una speranza non è forse degno degli uomini? Lasciarsi ammaliare dalla prospettiva di una vita migliore è una debolezza così bestiale da non poter essere perdonata?
Io non ho mai puntato il dito al cielo, non ho mai detto frasi folli che facevano solo gonfiare i petti dei miei compagni di orgoglio e di coraggio indebito – eppure sulle mie spalle hanno vissuto uomini e donne, vecchi e bambini, per anni e anni interi.
Io ho protetto la vita, tu l’hai colorata di una ragione.
Questa è sempre stata la differenza tra me e te.
Io ho badato sempre alla materialità, all’immediato, alla concretezza delle cose. Per me le cose importanti erano la fame, il freddo, il pericolo concreto che ogni giorno portava assieme agli Uomini Bestia. Per questo io ho avuto in mano il mio fucile.
Tu eri diverso, Kamina. A te non interessavano cose banali come la fisicità. Lo hai dimostrato in tanti modi diversi, a cominciare dalla tua morte. Non eri un uomo come tutti gli altri – questo lo si poteva capire semplicemente guardandoti in viso. Non badavi allo stomaco che brontolava, non al sangue che usciva dalle ferite, non al caldo insopportabile, non alla morte che incombeva.
Era l’anima ciò che più ti premeva salvaguardare. Senza quella sapevi benissimo quanto un essere umano assomigliasse ad una bestia, quanto ad un semplice sasso con la facoltà di muoversi. Questo non ti andava giù, non lo potevi accettare.
Quindi scaldavi i cuori, scaldavi le coscienze con le tue parole – con le tue dannate idee – senza badare ad altro.
Eppure eri consapevole di cosa volesse dire morire. Se magari prima lo ignoravi o non lo intendessi bene – relegando ad un angolo nascosto della tua anima la consapevolezza di essere limitato – palesarti davanti agli occhi cosa fosse un cadavere ti ha aperto alla verità. Da qui la tua ragione d’essere ha trovato una motivazione ancora più grande con cui alimentarsi e vivere.
I vigliacchi muoiono molte volte prima della loro morte. L’uomo coraggioso sperimenta la morte una volta sola.
Nella tua limitatezza di uomo fisico hai cercato la via che conducesse all’immortalità dell’anima – la vittoria ultima sui nostri nemici invincibili.
L’hai trovata, Kamina. Nella follia di pensare che la dignità di un uomo vale più di ogni altra cosa, persino più della sua stessa vita. E’ stata follia, è stata pura follia.
Perché, ora, cosa ci rimane?
Un ricordo, un’idea, un ideale a cui rivolgere i sorrisi.
Alle volte, però, preferirei a tutto questo un amante da stringere con le mie braccia.
Sono morta assieme a te, tante – tantissime – volte. Perché non ho saputo staccarmi dalla mia materialità di donna tradita, non sono riuscita ad essere completamente un guerriero devoto al suo scopo.
Concreta come ero e come sempre sarò, sono arrivata a concepire me stessa solo attraverso i miei sentimenti.
Non sono una stupida, Kamina? Non rideresti di me?
Probabilmente no. Come quella volta, ti limiteresti a baciarmi e a sorridermi, perché ogni cosa attraverso le tue labbra, attraverso le tue parole, era possibile. Persino amare un folle.
Ed eccomi mentre parlo ad un semplice fantasma.
Anche questo si potrebbe annoverare tra le tue vittorie personali. Dannatamente ironico, dannatamente privo di senso – come tutta la tua persona, dopotutto.
Ma non entusiasmarti troppo, stupido che non sei altro. Ero venuta qui solo a salutare e basta.
Ora me ne vado.
Addio, Kamina.
Questa volta si spera per sempre…”

Si voltano le spalle esili alla tomba – lapide pregna di ricordi immortali.
Gli occhi sono asciutti, il vento ha cessato di soffiare dolce. Immobile, la terra forma dune dai lineamenti gentili.
Anche il sole, oramai, si è nascosto dietro l’orizzonte, lasciando spazio alla notte portatrice di ristoro e di sogni lieti.

Yoko cammina, affondando i piedi nei granelli di sabbia, quasi ad arrancare in avanti.
Il fucile non sparerà più proiettili, cadrà stanco nel suo giaciglio assieme a tutti gli altri. Non è più questo il momento della battaglia.
Il guerriero allora rientra, lasciando alla deriva qualcosa di sgradito, perché l’anima non pianga ancora e si prosciughi completamente.

Con le braccia ben strette attorno al petto, Yoko si protegge da ogni intemperia.
Perché vile è l’animo – eppure così umano, eppure così fragile.










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Signori, questa cosuccia s'è classificata SECONDA al contest su Shakespear a cui era iscritta *O*
Qui il link, a voi <3
Che dire? spero vi sia piaciuta ^^
...
Notate QUANTO è bellino il banner? *O*
   
 
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