Note: questa fan fiction partecipa allo SfigaFandom Fest di
Fanworld.it con il prompt Howl's Moving Castle, Howell
Jenkins/Sophie Hatter, boschi di querce.
Howl alzò di poco la testa, rendendo
visibile alla luce tremolante del crepuscolo una parte di viso e lasciando
nell’ombra l’altra metà infagottata nella coperta del letto.
«Bagnato.» usò un tono volutamente nasale e quell’unica parola fu
seguita da altrettanti laconici starnuti. Eppure era come si fossero
improvvisamente illuminati i suoi occhi che diede a Sophie motivo di pensare
che quel Galles non dovesse essere poi tanto male in fin dei conti.
Lui la vide osservare pragmatica la
porzione di giardino su cui affacciava la finestra incantata e si ritrovò senza
un perché ben preciso ad aggiungere particolari al precedente discorso,
descrivendoglielo con una dovizia che lei avrebbe definito affettuosa:
«Il sole lo vedi sempre, anche quando piove e l’aria nelle
pianure è così pulita che se fosse visibile ti ci
specchieresti. Tutto è verde
o azzurro e profuma di carbone e terra. Sono sicuro avresti da ridire
sull’umidità, troppa per i tuoi gusti, ma ti metterei a
tacere portandoti ai
boschi di querce. Le querce sono simbolo di forza e protezione sai e
sono così
alte che le fronde sembrano toccare il cielo. Sono imponenti e di una
testardaggine cocciuta nel modo in cui sono ancorate alla terra e
continuano a
cercare l’alto, ma anche sagge. Si dice siano custodi del sapere
del tempo e di
un potere che non conosce fine. Un po’ come te direi, anche se
non hanno il tuo
lato ficcanaso.» Le lanciò uno sguardo pensieroso, prima
di tossire alzando
nuvolette di polvere grigiastra e di sporcizia.
Sophie gli diede le spalle dandosi
della stupida da sola e così nascondendo gli occhi lucidi, perché il discorso
del Mago l’aveva commossa più di quanto non volesse dare a vedere e anche per
evitare di rispondere opportunamente al poco velato insulto. In fondo poteva
comprendere quell’amore per la propria casa, essendo lo stesso sentimento che
provava lei per Market Chipping e il fatto che le mancasse, benché non
propriamente felice, era una cosa naturale.
«Sembra davvero un posto meraviglioso.» si costrinse quindi
a replicare e poi a dire sincera: «Mi piacerebbe vederle le
querce.»
Il mago sorrise sghembo, riemergendo
dalla montagna di fazzoletti di carta e cercando di apparire affascinante anche
col naso gocciolante e il viso paonazzo nel rossore.
«Un giorno ti ci porterò.» le promise
concludendo poi tragicamente: «Sempre che non muoia prima di dolore e
solitudine.»
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