Titolo: Metamorphoses
Fandom:
Pokémon HeartGold/SoulSilver
Personaggi:
Hibiki + Red
Genere: Generale, Introspettivo
Avvertimenti:
One-Shot, What If, Missing Moments
Timeline: Final Battle
Argomento: 18° [Futuro]
Prompt: 87° - Destino
Note: L’ooc è quasi assicurato, ma visto che mi baso sui videogiochi, i
protagonisti in teoria sono privi di carattere.
°Red
e Hibiki sono, rispettivamente, i protagonisti di Pokémon
Rosso/Blu/Giallo e di Pokémon HeartGold/SoulSilver
Metamorphoses
Hibiki = Eco
Per Hibiki,
Red era sempre stato una persona importante.
Fin dai
tempi in cui non era altro che un dodicenne un po’ troppo entusiasta,
piazzato davanti allo schermo gigante del salotto mentre sua madre passava
l’aspirapolvere per la casa. Semplicemente seduto a gambe incrociate sul
tappeto, gli era stato vicino fin dall’inizio. L’aveva visto
combattere, e vincere. Passare da palestra a palestra, da percorso a grotta,
perennemente tenuto sotto controllo da reporter e cameraman in cerca di scoop.
Quasi si trattasse di un nuovo show televisivo, Hibiki lo seguiva con la fede
incrollabile di chi sa, in cuor suo, di aver puntato su cavallo giusto il
giorno delle corse.
Poi sua
madre si era stancata di vederlo così ossessionato, e l’aveva
spedito per giorni interi lontano dal salotto. Lui era
uscito di casa, portandosi appresso
E poi,
quando sua madre si era dimenticata di quella storia, era riuscito a vederlo di
nuovo.
Red era
diventato forte, più di chiunque altro, e aveva battuto il Campione della Lega. Passando dai Super Quattro
più forti di cui si fosse mai sentito parlare, era riuscito, di nuovo, a
vincere.
L’ammirazione
era restata tale per anni, in un’altalena di alti e bassi, tra scuola e
pomeriggio assolati. Ma lentamente la fede era tornata ad essere passione, e la
passione di nuovo distratta curiosità. Finché anche quella non se
ne era andata, e Hibiki era diventato grande, quasi un uomo, ed era cambiato
tutto.
~
Aveva le
mani affondate nella neve ghiacciata, e lo sguardo fisso sul bianco accecante
che aveva davanti. Aveva il fiatone, che poteva chiaramente sentir raschiare
contro la gola secca, e i muscoli intirizziti dal freddo. La pelle arrossata dalle punta delle dita ai gomiti scoperti, e le viscere che
gli si stringevano nello stomaco tanta era la tensione. Aveva freddo e caldo,
segno che forse cominciava a perdere i sensi, ma non per via delle fiamme
rossastre che Thyplosion sputacchiava ancora di tanto in tanto, a proprio volta
esausto.
Prese
fiato, rumorosamente, e nel rilasciarlo andare tossì e strizzò un
occhio, sentendoli pizzicare entrambi tanto erano lucidi.
Non stava
piangendo. Non realmente, non per un motivo preciso.
Aveva
semplicemente passato gli ultimi mesi della propria vita a vagare per una
regione che in teoria avrebbe dovuto essere casa sua, e che invece non
riconosceva. Aveva viaggiato e combattuto, seguendo le indicazioni del
Professor Elm, e si era fatto un nome. Era diventato qualcuno.
La neve si
mosse, scricchiolando come pop-corn impazziti, e Hibiki alzò per
riflesso lo sguardo. Nel farlo indietreggiò con il busto, finendo seduto
con le mani paralizzate dal freddo, e si limitò semplicemente a fissare
Red, tentando ancora di riprendere fiato.
Era
diventato qualcuno, e al fianco della propria squadra era riuscito ad arrivare
alla Lega. Si ricordava ancora come aveva riso nervosamente, la prima volta che
aveva stretto tra le mani
Aveva
battuto i Super Quattro –anche lui,
c’era riuscito anche lui- e poi Lance. Era stata una sorpresa
ritrovarselo lì, senza il minimo preavviso, affianco del proprio
Dragonite.
Perché,
nonostante la sorpresa –la felicità, lo sgomento- c’era
stata una semplice domanda, pressante e continua, ad accompagnarlo per tutto il
combattimento.
Dov’è Green.
L’uomo
che era stato il precedente Campione, l’amico
d’infanzia che era stato l’ultimo grande ostacolo di Red.
Alla fin
fine, era semplicemente diventata un’ossessione. Le Palestre di Kanto, il
Team Rocker, Green, il Professor Oak.
Il cuore di
Hibiki batteva lento, sicuro, rassegnato.
Poi le mano ruvida di Red si strinse attorno al suo braccio, e
sollevandolo di peso lo trascinò fin dentro il Monte Argento.
Il cambio
di temperatura fu quasi doloroso.
Con la
schiena premuta contro la parete della piccola grotta, la coperta pesante che
Red gli fece cadere addosso sembrò dolorosa come ricevere un Geodude in
pieno stomaco.
Hibiki
tossì –e la gola gli fece un male cane- mentre sentiva prima un
braccio e poi l’altro venir sollevati di nuovo, e di nuovo alzò lo
sguardo per incrociare quello quasi impassibile dell’altro.
Nessuno
dei due disse nulla, mentre Red gli infilava dei mezzi guanti un po’
malconci nel silenzio più assoluto, e lasciandogli andare le mani gli si
accovacciò davanti, allungando un braccio verso la cintola.
Hibiki si
tese appena, premendo la schiena contro la roccia –sentendo uno spuntone
conficcarglisi nella carne- e si corrucciò.
Si rese
conto che era quasi odio, quello che provava.
Red lo
guardò di nuovo, fermandosi, e si portò una mano al viso,
poggiando l’indice sulla fronte e il pollice sul mento, come pensieroso.
«
I tuoi Pokémon. » disse poi, e Hibiki si
rese conto –stupidamente, quasi- che il gracchiare confuso della
televisione non era nulla confronto alla voce originale. «
Hanno bisogni di cure. » continuò Red,
indicandogli con un dito le Poké Ball rosse e bianche al suo fianco.
Ma Hibiki
non rispose, non ancora –dopotutto, l’unica parola che gli aveva
detto fino a quel momento era stata un rabbioso « Combattiamo. »- e si limitò
a distogliere lo sguardo.
Red gli prese tutte e sei le Poké Ball, interpretando
quel gesto come un cenno di assenso, e si alzò in piedi.
Lo
trattava con indifferenza, come se non contasse nulla. Eppure per Hibiki era
diventato qualcosa di personale, più che ai tempi in cui aveva solo
dodici anni, e in quel momento non sapeva dire perché.
Green
ancora non lo riconosceva come un vero Campione, e il
Professor Oak continuava a ripetergli quanto
gli ricordasse Red, le sue imprese, il suo continuo lavoro. Giovanni gli diceva che aveva il suo sguardo, lo sguardo di quel ragazzo che tempo fa
l’aveva sconfitto.
Era
frustrante.
Si
raggomitolò nella coperta, stringendo le gambe al petto, e chiudendo gli
occhi sospirò. Red neanche lo conosceva, dopotutto.
Quando li
riaprì però quello gli era tornato davanti, seduto su uno
sgabello di legno di fronte a lui, e quasi gli fece prendere un colpo. Forse gli
avrebbe anche detto qualcosa –magari sarcastico o rabbioso, comportamento
che decisamente non gli si addiceva- se quello non l’avesse interrotto
prima.
«
Sei Silver? »
Hibiki si
rimangiò tutto quello che stava per dire, qualunque cosa fosse.
Sbatté le palpebre un paio di volte, non capendo, e sentì tutta
la frustrazione e l’umiliazione evaporare in un attimo.
«
Che c’è centra Silver? »
domandò quindi, corrucciandosi e inclinando il viso di lato, trovando
poi estremamente buffo come Red reagì allo stesso modo, perdendo a sua
volta quell’aura di intoccabile
che aveva sempre avuto.
«
Credevo fossi il figlio di… se non
sei Silver, perché mi hai sfidato così, di punto in bianco? » replicò quello, e lo disse con un tono
così confuso, scocciato e accusatorio che Hibiki quasi si sentì
in colpa.
« Ehm.
» fece per rispondere, grattandosi la testa scoperta –chissà
dove aveva perso il cappello- con aria imbarazzata. «
Io sono Hibiki. »
E abbozzando
un sorriso forzato gli tese una mano, non sapendo che
altro fare. Ma Red non ricambiò, continuando a fissarlo, costringendolo
così ad abbassarla dopo poco. Poi sospirò, sistemandosi
nuovamente sotto la coperta, e distolse lo sguardo.
«
Sono il nuovo Campione di Jhoto. »
prese così a spiegare, sperando che l’altro arrivasse alle dovute
conclusioni da solo. « E di Kanto. »
aggiunse, annuendo appena senza un motivo preciso.
Il
silenzio restò tale per qualche tempo, e a quel punto Hibiki non seppe
neanche più come continuare. Non c’era molto altro da dire.
Non sapeva
neanche lui come spiegarlo. Lui non era
inferiore a Red, lo sapeva. Ne era consapevole, e difatti non era quello ad
infastidirlo. Avevano vissuto le stesse esperienze, seguito lo stesso percorso.
Incontrato bene o male le stesse persone, le stesse sfide. Hibiki aveva persino
dovuto, ad un certo punto, fare in modo che il Team Rocket -lo stesso che Red
aveva sconfitto tre anni prima- evitasse di riacquistare potere. Era come se
avesse dovuto
Da quel
punto di vista, Hibiki era persino superiore
a Red.
Eppure,
ancora una volta, non bastava.
Red
continuava a fissarlo, come a voler cercare di intuire il suo percorso mentale.
Ma, forse non riuscendovi, qualche istante dopo interruppe i suoi pensieri.
«
Mi hanno parlato di te. » disse mentre si alzava
in piedi all’improvviso, riottenendo così l’attenzione -ma
soprattutto lo sguardo- del più piccolo. Gli diede le spalle e,
superando un paio di massi un po’ appuntiti, prese a muoversi per la
grotta.
Che,
nonostante il luogo sperduto in cui era situata, sembrava essere piena.
Di scatole
e sacchi, di vestiti sparsi in giro e di fornelli a gas. C’era un pezzo
di legno che avrebbe dovuto essere una scrivania –Hibiki ricordava ancora
la sensazione della polvere sotto le dita, quella volta che aveva visto la
stanza di Red- e cianfrusaglie varie in giro,
disordinate e talvolta consumate dal tempo.
Il
più piccolo continuò a fissarlo -sentendo man mano il freddo
dissiparsi dalle guance arrossate fino alle punta
delle dita- muovendosi appena.
«
Il professore e Green. » riprese a parlare Red,
dando a Hibiki l’impressione che non fosse molto abituato fare
conversazione. Si chiese per la prima volta perché si trovasse
lì, alla cima del Monte Argento, e perché avesse chiuso i
contatti con il resto del mondo. Sentì un brivido e, di nuovo, si chiese
se sarebbe mai diventato come Red anche
in quel senso.
Un rumore
un po’ forte, seguito da un jingle fin troppo
familiare, lo riportarono nuovamente alla realtà.
«
Ma non mi avevano detto saresti arrivato. Qual è il problema? »
Gli
sembrava tutto fin troppo lontano. Quel posto, quel titolo di Campione a cui non riusciva ancora a
credere. La sua vita, da tre anni prima fino a quel momento, era stata
più e meno influenzata dalla presenza di Red.
Il
completamento del Pokédex, le Medaglie. Kanto, il Team…
Hibiki
sorrise, corrucciandosi quasi incredulo, e si lasciò uno sbuffo dal naso
che sapeva di risata.
« Non voglio essere te. »
E lo disse
con la consapevolezza di chi non ha fatto altro che rimuginare per tutto il
tempo e si ritrova la risposta lì, proprio nell’unico punto in cui
non aveva guardato.
Aveva
avuto sempre il terrore di non essere all’altezza di Red, quando in
realtà non aveva fatto altro che emularlo.
Hibiki voleva la propria indipendenza, la propria storia. Aveva cominciato ad
interessarsi ai pokémon perché entusiasta delle lotte di qualcun altro, e quindi per riflesso, di
conseguenza. Aveva lottato per
somigliare a qualcuno che neanche lo
conosceva, qualcuno che aveva influenzato così tanto la sua vita da
renderlo una specie di brutta copia.
Hibiki
voleva, in un certo qual senso, essere reale. Indipendente.
Vide Red
tornargli davanti, e tenne alto il viso per seguirlo con lo sguardo. Quello poi
gli si accovacciò davanti, di nuovo, e lo fissò.
«
Che cosa vuoi, allora? » domandò semplicemente, prima di
porgergli, dopo un attimo di pausa, tutte e sei le sue Poké Ball.
« Combattere? »
Hibiki
guardò le Poké Ball, e la mano nuda di Red. I guanti di
quest’ultimo, che ora gli fasciavano le dita, e tutto quello che lo aveva
portato fino a quel punto.
Sorrise, scuotendo la testa, e si riprese
i pokémon.
« No. » rispose, stringendosi
un’ultima volta nella coperta prima di alzarsi, finalmente, in piedi. « Non ora. »
« L'eco è spesso
più bella che la voce da essa ripetuta. »
Oscar Wilde
Metamorphoses
Fine
Scuse dell’autore
Note:
Lo so,
farei meglio a lasciar perdere questo fandom, perché a quanto pare non
fa per me. E’ una What if, e quindi “potrebbe anche essere”,
ma sinceramente ci credo poco anch’io.
Il punto
è che la parola “Hibiki”, in giapponese, vuol dire
“Eco”. E quindi ho scritto tutto questo. Per di più è
una palla introspettiva, e io con l’introspezione non c’azzecco
niente.
In ogni
caso. Ringrazio tutti quelli che hanno letto (ovvero io, il mio gatto e
l’Istituto dell’Igene Mentale) e ne approfitto per ringraziate le persone
che mi hanno recensito la precedente fic su
Pokémon, Hi jack.
Speriamo
bene.
Alla
prossima.