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Autore: Avly    02/06/2010    8 recensioni
Salve a tutti! Una song-fic nata sulle onde di una canzone, che parla del Tempo, dell'Inquietudine, di quello strano fluido chiamato Amore. Lei, Lui, una canzone e due versi che sanno descrivere l'Amore: Odi et Amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. Spero che vi piaccie e che lascerete un commentino^^ Ps: spero che non risultino troppo OOC e sarà assurdo, ma per la prima volta non ci saranno i beyblade.
Genere: Malinconico, Song-fic, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Do una leggera spinta alla porta sentendola cigolare, come se fosse quasi seccata di doversi aprire per lasciarmi entrare

Ciao a tutti! Sono tornata con un piccolo delirio nato senza che me ne rendessi conto; ispirata dalla canzone “Mi Rubi L’anima” di Laura Pausini e Raf, spero che possa piacervi e donarvi qualcosa, una sensazione, un pensiero, bello o brutto che sia…Ma che possa darvi qualcosa!

Spero davvero che possa piacervi, a me non ha convinto sino in fondo, ma probabilmente chi scrive ha spesso questa impressione^^ Bando alle ciance e BUONA LETTURA!

 

Piccola annotazione: il rosa indica che il pezzo e le battute della canzone appartengono ad Hilary, il blu invece indica Kai, mentre il rosso significa che il pezzo è in comune.

 

Mi Rubi l’Anima

 

Do una leggera spinta alla porta sentendola cigolare, come se fosse quasi seccata di doversi aprire per lasciarmi entrare. I miei occhi riconoscono alcune forme che si stagliano oltre l’oscurità di quella stanza: un letto nell’angolo a ridosso della parete, la grande finestra centrale con le tende lilla, la scrivania in legno chiaro e la sedia blu notte…E’ tutto come allora. Il tempo sembra essersi fermato, rinchiuso in una bolla che ne ha impedito il corso, lasciando come unica impronta la polvere e l’odore di chiuso.

Lentamente mi avvicino alla finestra, penetrando quella coltre di immobilità e buio; scosto le tende e giro la maniglia imprimendo una discreta forza fino a che non sento un rumore che mi prepara alla luce. Tenui raggi di sole illuminano la stanza, donandole vita, restituendole il calore e la luce, mentre l’odore dei ciliegi in fiore da fuori prende ad espandersi anche qui dentro.

Ora che ci ho ridato la luce dovrebbe essere tornata come prima…Ma io non la ricordavo così…

Mi guardo attorno: sembra quasi di trovarsi in una casa sconosciuta, non mi ritrovo in questi spazi, non sento nulla di mio in questi oggetti e in queste pareti. Nulla mi sussurra parole di bentornata o di ricordi…Come se io qui non ci fossi mai vissuta…

Sollevo la valigia e la butto sul letto stanca. Non ho neanche la voglia di aprirla; non servirebbe a nulla, se non a farmi male. Non voglio rivedere quei vestiti e quelle foto…Ma non riesco a farne a meno. E’ assurdo, come si fa ad avere paura di una valigia chiusa? Assurdo, appunto, ma non è della valigia in sé che ho paura, ma di quello che può contenere…Delusione, sofferenza, sogni spezzati, ali tagliate, cuori infranti…E tanto tempo perso. La stanza si nutre di un nuovo sospiro.

Tiro decisa la cerniera della valigia sentendola stridere, maligna, ingannatrice, come a farmi intendere che prima o poi il suo contenuto mi travolgerà sopprimendomi.

Sgrano gli occhi sorpresa quando vedo la cosa che sta più in vista: un quaderno con delle piume rosse e azzurre in copertina. “Strano, credevo di averlo lasciato lì” L’avevo detto che aprire la valigia non sarebbe stata una buona idea, ma ora che l’ho fatto non riesco ad allontanarmi…Li voglio risentire sulla pelle, voglio sentirmi ancora male, trafitta in petto da quei ricordi…

Le mie mani tremanti accarezzano lievemente il bordo rifinito del quaderno, ripercorrendone la rilegatura argentea come crini di seta. Lo prendo aprendolo sull’ultima pagina…

 

“Scrivo sul quaderno è
Tutto tempo perso e tu
Che sei aldilà del mare ed
Io non ho che te qui dentro l'anima”

 

E’ tutto tempo perso” Quelle parole risuonano nella mia mente, mentre con le dita circondo le ultime parole che sono contornate da una alone di penna sbavata. Una scia di inchiostro è colata verso il basso, mentre ancora in certi punti la pagina mostra il segno delle gocce di lacrime che l’hanno trapassata. Acqua salata di lacrime amare che non sono state mai assorbite, ma che ancora gocciolano dai miei occhi mentre ripercorro quelle parole anche a distanza di giorni; acqua salata di mare, quel mare che immenso e sconfinato crea una barriera invalicabile per gli occhi. Mi lascia priva di emozioni, di forze e non mi lascia nient’altro che la tua immagine…

 

Disfo le valigie e
Chiamo le mie amiche e poi
Ho ancora da studiare ed
Io che cerco te in quelle pagine”

 

Getto con rabbia il quaderno senza badare a dove si poggia, non mi interessa più. Prendo un nuovo respiro ed immergo le mani nella valigia, facendo riaffiorare i tessuti morbidi e colorati dei vestiti  insieme ai ricordi e ai profumi che sono ad essi legati…Come se bastasse.

I miei occhi viaggiano tra mensole ed armadi mentre ripongo le mie cose. Le voglio stipare negli angoli bui insieme ai miei ricordi e alle mie emozioni, non voglio rivederli, anche se so che poi tornerò a cercarli perché non posso stare lontana da loro.

Cerco intanto di spostare la mia fragile attenzione su qualcosa che possa condurmi lontano dalle loro spire: le foto di quando ero piccola, i libri di scuola, i dischi di musica…Tutto quello che prima era la mia vita mi guarda immobile, in attesa che io riprenda il comando, ma non so se è quello che voglio davvero.

Scuoto la testa dandomi dei leggeri colpi sulle guance fino a renderle rosse. Non devo più pensarci, basta…Devo smetterla, così non risolvo nulla…Il modo migliore per uscire da questa coltre di immobilità e tristezza è evadere, devo distrarmi. Afferro il cellulare con rapidità digitando frenetica i numeri di Julia, Mao e Emily…Ho bisogno delle mie amiche, forse sfogarmi con loro mi aiuterà.

Gli squilli muti si susseguono ininterrottamente, mentre tutte le mie speranze crollano come un castello di carte. La sensazione di essere sola ed abbandonata in questa spirale di buio e malinconia mi rattrista. Non mi ha risposto nessuno…Come se non ci fosse nessuno qui oltre a me, come se fossi tornata solo per scoprire che sono sola.

Perché? Dannazione perché? Perché quelle tre non rispondono? Certo, mi dico in un attimo di lucidità: Mao è in Cina da Rei, Emily e Michael a New York e Julia…Beh lei probabilmente sarà a San Pietroburgo. Sono io l’unica ad essere rimasta sola…

Mi siedo alla scrivania aprendo un libro che avevo sul tavolo…Letteratura. Mi concedo un sorriso piccolo e sincero. Proprio letteratura…Lo apro facendo correre le pagine che protestano debolmente, fino a quando non mi fermo in un punto ben preciso. E’ un testo di poesia, eleganti parole che si accostano creando un disegno, una danza, un’emozione…Ma non è lei ad attirare la mia attenzione, bensì delle parole scritte a matita sul bordo del libro, contornate con dei segni astratti:

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.

Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Accarezzo quei caratteri a matita mentre ripeto quelle parole con un lieve tono di voce, cercando di imprimerle nella mia mente…Oppure cercando di scacciarle…Come devo fare con il ricordo che ho di te…Ma non so se ci riuscirò.


”Da domani tutto
Come sempre tornerà
La gente il traffico in città
Non voglio amare più così”

 

Mi basterebbe attendere, sarebbe sufficiente aspettare, lasciar trascorrere il tempo che lento ed inesorabile lenisce ogni ferita. Dovrebbe essere semplice, in fondo io non dovrei fare nulla se non aspettare, ma è un’attesa troppo grande, che so di non poter sopportare…Non so aspettare di guarire da te, semplicemente perché non voglio. E’ come una ruota, il tempo passa, calpesta i ricordi e le tristezze come la ruota di un carro, lasciandosi alle spalle tutto ciò che ci fa soffrire…Ma cosa succede se ciò che ci fa soffrire non è adagiato sulla terra calpestata dalla ruota, ma all’interno del carro? Il tempo, devo aspettare il tempo…Perché mi aiuti, perché curi le mie ferite, perché mi insegni a non amare più così…


”Come vorrei odiarti
Farti anche del mare ma
Vorrei soltanto averti qui con me
Non voglio amare più così”


Ma perché poi dovrei avere dispiacere per te? Perché farmi tanti scrupoli? Sorrido per la mia stoltezza. Avrei tutti i diritti di volerti male, chi potrebbe biasimarmi in fondo? Ti odio, per quello che mi hai fatto, per le parole che non mi hai detto, per le azioni che hai compiuto. Meriti tutto il mio rancore, ma anche la mia verità. E la verità è come la luce nelle tenebre, come un sorriso sulla faccia di un bambino, come i tuoi occhi color ametista. Qualcosa che si ha bisogno di vedere per stare bene, qualcosa che si deve sentire, provare, ricevere, capire…Avere. Come io ho bisogno di te, per me.

 

“Io senza te che vita è”

 

“Ogni sera esco e
Tu sei li che guardi me
Da quella foto al mare ed
Io ti chiuderei in una scatola”

 

Chiudo la porta alle spalle senza curarmi del rumore, lasciandomi scivolare lungo il liscio legno scuro, come se fossi un peso incapace di reggersi in posizione eretta. Tutto è avvolto nell’oscurità, non ho neanche la forza di accendere la luce tanto sento le ossa ed i muscoli privi di energia e volontà. Non so quanto resto lì addossato alla porta, col capo reclinato di lato e le braccia abbandonate come spoglie lungo i fianchi ad ascoltare il vento picchiare contro i vetri della stanza. Fuori nevica, la neve candida imbianca le strade di Mosca dandomi l’illusione che anche il mio animo sia immacolato come il cuore della mia città…Ma so benissimo che non è così.

Dopo un tempo che mi pare infinito mi muovo sentendo le ossa protestare e perdo l’equilibrio finendo steso a terra col viso affondato nel tappeto d’ingresso. Mi gira la testa…I colori vorticano attorno a me come impazziti, i suoni e gli odori si fanno più accesi e mi sento perso in quell’oblio di vuoto e follia nel quale sto cadendo sempre più.

“Devo aver mandato giù qualcosa di troppo” Rido e le mie risate stonate e false muoiono nel tappeto così come la mia patetica scusa. In che razza di stato mi sono ridotto; ad ubriacarmi e girare senza meta per Mosca come se non avessi uno scopo o una morale…Ed in effetti una morale non ce l’ho più…Un senso per tutto quello che faccio non ce l’ho più…L’ho lasciato andare via. Mi trascino verso il divano con movimenti lenti ed impacciati, cercando di alzarmi, ma è tutto inutile. Alzo lo sguardo solo quando un tenue raggio di luna illumina nell’oscurità della stanza un portafoto d’argento posato sulla mensola. Mi avvicino reggendomi a tutto ciò che ho intorno. Sorrido prendendo l’oggetto luminoso e sedendomi sulla poltrona. Accarezzo i contorni della persona in figura ripercorrendo i suoi capelli castani leggermente ondulati, i suoi occhi color cioccolato che sorridono e le sue labbra rosate. Sullo sfondo la spiaggia, il mare, il vento che conduce piccoli fiori in una danza mentre dietro di lei le onde si infrangono sulla scogliera.

Chino il portafoto sulle mie gambe escludendolo dalla mia vista…Perché l’ho lasciata lì quella dannata foto? Non potevo farla sparire come ho fatto per il resto delle cose tanto dolorose quando amate? Ho radunato e riposto tutto dentro una scatola, una cassa per tutto ciò che ho rinnegato, per tutto ciò che amo e tengo segretamente sotto il letto. Come se stessi solo aspettando di riprenderli.

 

“Mi ha telefonato
Quella che non molla mai
Ma se l'amassi forse
Io potrei con lei dimenticare te”

 

Mi lascio andare ad un sorriso spento, mentre il mio cellulare vibra attraverso la stoffa dei pantaloni. Deve essere lei. Non faccio neanche lo sforzo fisico di prendere il telefono e rispondere…Lo lascio semplicemente squillare a vuoto, fino a che come un brutto sogno prima o poi finisce, lasciandomi di nuovo immerso nel mio oblio di tristezza e nostalgia.

Fuori nevica ancora…

Il telefono squilla ancora, questa volta per più tempo. Di certo non molla…Eppure mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro o no? La verità è che sono un idiota; potrei benissimo stare meglio se le rispondessi. Di certo una come lei sa come farti dimenticare ogni preoccupazione, quindi perché no?

Senza accorgermene risollevo il portafoto guardando la Tua immagine mentre mi sorridi. Un colpo al cuore mi costringe a chinarmi leggermente in avanti, fino a sfiorare con le labbra la superficie del vetro che racchiuse il mio più grande tesoro e mostra il mio più grande sbaglio. Non posso farlo, non potrei mai…Perché non basterebbe una vita o una nuova persona per dimenticare te…

 

“Poi delle vacanze
Quanto se ne parlerà
Storie leggere dell'età
Non voglio amare più così”

 

Ho quasi finito di sistemare la valigia, il sole illumina la mia stanza immobile donandole un po’ di colore, anche se è del tutto priva di gioia. Dal fondo della valigia tiro fuori un portafoto in argento con incisi sopra delle piume d’aquila intrecciate con dei motivi floreali. Al suo interno un’immagine cattura inevitabilmente il mio campo visivo. Sorrido. I tuoi lineamenti freddi e distaccati si scontrano con l’allegro calore che esce fuori da visi di tutti i soggetti della foto. Ci siamo tutti, l’allegra brigata, un gruppo di amici in vacanza al mare. I miei occhi corrono rapidi senza soffermarsi su nessuno, fino a che non si posano definitivamente su di te…Il cuore accelera i battiti mentre con le dita sfioro il tuo profilo. Me la ricordo quell’estate…E’ stata qualche anno fa, ed è come se fosse recente; posso ancora avvertire il sapore della salsedine sulla pelle, i tuoi occhi color ametista che mi scrutano da lontano, la tua voce rara ed inconfondibile che ancora mi fa stringere il cuore come se fosse di cartapesta.

Ho proprio bisogno del Tempo…Che sia lui ad insegnarmi a non amare più così.

 

“Voglio anche scherzare
Non drammatizzare ma
Più parlo e più ti vedo qui con me
Non voglio amare più così”

 

Lascio cadere la foto sul letto indossando un paio di scarpe ed uscendo fuori. Non so cosa mi spinge a farlo, ma so che se non respiro aria immediatamente poi mi sentirò soffocare. Ho deciso di andarmene, ero fermamente convinta della mia scelta oppure no? Non è stata una mossa troppo azzardata? I dubbi che credevo di aver assopito nel fondo della mia coscienza riaffiorano violenti ed imprevisti, ed io non sono pronta a rispondere.

Non posso tornare indietro…Infondo cos’è che credo di fare? Cosa spero di ottenere? Di tornare a Mosca e sperare che mi stia ancora aspettando? Illusione. Basta, devo darci un taglio. “Smettila Hilary, basta con i dubbi e con le domande” Mi affaccio al belvedere che sovrasta la città di Tokyo, lasciando che miei capelli corrano incontro al vento, mentre dei brividi di freddo mi sfiorano. “Potrei sempre ricominciare” All’improvviso una nuvola copre il sole caldo del mattino lasciandomi per un attimo senza luce e calore. Mi tornano in mente quelle parole scritte a matita…

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. Sorrido, finalmente sincera con me stessa…Incredibile come a distanza di secoli le emozioni siano sempre le stesse, come possano rimanere immutate nel corso di tanto tempo. Ha ragione Catullo, si odia e si ama, non si può sapere come questo possa avvenire, si sa solo che avviene e che è la nostra tortura…La nostra più bella tortura, aggiungerei io. Alzo gli occhi verso il cielo tornato nuovamente sereno e caldo. Mi lascio trasportare dall’abbraccio del sole risentendo sulla pelle le tue braccia forti e salde. Non è il sole a scaldarmi, ma il tuo fiato, le tue parole e i tuoi occhi.

Non voglio più amare così…Perché tanto non avrò bisogno di amare qualcuno di diverso da te…

 

“Io senza te che vita è”

 

E’ la mia tortura e la porterò con me, non posso schiacciarla sotto il carro della mia vita semplicemente perché non è sotto le ruote, ma sopra…Accanto al guidatore del carro.

 

Apro lo scatolone sotto il letto, rivedendo tutti gli oggetti ed i ricordi che mi sono più vicini. Le mie dita corrono alla ricerca di qualcosa a cui non so dare un nome, so solo che è lì e la mia mente lo sta cercando per me. Ad un tratto mi fermo, accarezzando il dorso rigido di un libro dalla copertina rossa. Lo prendo a due mani sicuro e lo apro facendo scorrere i miei occhi fino ad una pagina precisa, fino a che non incontro delle parole scritte a matita con la mia calligrafia sul bordo della pagina.

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.

Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

 

“Non voglio amare più così…”

 

- Sto arrivando Kai -

 

 

Finita^^ Beh spero che commenterete con sincerità e senza alcun timore^^ Sapere le vostre opinioni è molto importante per me, quindi vi aspetto!!

 

 

Only for you my friends,

 Avly

 

  
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