Ciao a tutti! Sono tornata con un piccolo delirio nato
senza che me ne rendessi conto; ispirata dalla canzone “Mi Rubi L’anima” di Laura Pausini e Raf, spero che possa
piacervi e donarvi qualcosa, una sensazione, un pensiero, bello o brutto che
sia…Ma che possa darvi qualcosa!
Spero davvero che possa piacervi, a me non ha convinto
sino in fondo, ma probabilmente chi scrive ha spesso questa impressione^^ Bando
alle ciance e BUONA LETTURA!
Piccola annotazione: il rosa indica che il pezzo e le battute della canzone appartengono ad Hilary, il blu invece indica Kai, mentre il rosso significa che il pezzo è in comune.
Mi Rubi
l’Anima
Do una leggera spinta alla porta
sentendola cigolare, come se fosse quasi seccata di doversi aprire per lasciarmi
entrare. I miei occhi riconoscono alcune forme che si stagliano oltre l’oscurità di quella stanza: un letto
nell’angolo a ridosso della parete, la grande finestra centrale con le tende
lilla, la scrivania in legno chiaro e la sedia blu notte…E’ tutto come allora.
Il tempo sembra essersi fermato, rinchiuso in una bolla che ne ha impedito il
corso, lasciando come unica impronta la polvere e l’odore di chiuso.
Lentamente mi avvicino alla finestra, penetrando quella
coltre di immobilità e buio; scosto le tende e giro la
maniglia imprimendo una discreta forza fino a che non sento un rumore che mi
prepara alla luce. Tenui raggi di sole illuminano la stanza, donandole vita,
restituendole il calore e la luce, mentre l’odore dei ciliegi in fiore da fuori
prende ad espandersi anche qui dentro.
Ora
che ci ho ridato la luce dovrebbe essere tornata come prima…Ma io non la
ricordavo così…
Mi
guardo attorno: sembra quasi di trovarsi in una casa sconosciuta, non mi ritrovo
in questi spazi, non sento nulla di mio in questi oggetti e in queste pareti.
Nulla mi sussurra parole di bentornata o di ricordi…Come se io qui non ci fossi
mai vissuta…
Sollevo la valigia e la butto sul letto stanca. Non ho
neanche la voglia di aprirla; non servirebbe a nulla, se non a farmi male. Non
voglio rivedere quei vestiti e quelle foto…Ma non riesco a farne a meno. E’
assurdo, come si fa ad avere paura di una valigia chiusa? Assurdo, appunto, ma
non è della valigia in sé che ho paura, ma di quello che può
contenere…Delusione, sofferenza, sogni spezzati, ali tagliate, cuori infranti…E
tanto tempo perso. La stanza si nutre di un nuovo sospiro.
Tiro decisa la cerniera della valigia sentendola
stridere, maligna, ingannatrice, come a farmi intendere che prima o poi il suo contenuto mi travolgerà sopprimendomi.
Sgrano gli occhi sorpresa quando vedo la cosa che sta
più in vista: un quaderno con delle piume rosse e azzurre in copertina. “Strano,
credevo di averlo lasciato lì” L’avevo detto che aprire la valigia non sarebbe
stata una buona idea, ma ora che l’ho fatto non riesco
ad allontanarmi…Li voglio risentire sulla pelle, voglio sentirmi ancora male,
trafitta in petto da quei ricordi…
Le
mie mani tremanti accarezzano lievemente il bordo rifinito del quaderno,
ripercorrendone la rilegatura argentea come crini di seta. Lo prendo aprendolo
sull’ultima pagina…
“Scrivo sul
quaderno è
Tutto tempo perso e tu
Che sei aldilà del mare ed
Io non ho che te qui dentro
l'anima”
“E’ tutto tempo
perso” Quelle parole risuonano nella mia
mente, mentre con le dita circondo le ultime parole che sono contornate da una alone di penna sbavata. Una scia di
inchiostro è colata verso il basso, mentre ancora in certi punti la
pagina mostra il segno delle gocce di lacrime che l’hanno trapassata. Acqua
salata di lacrime amare che non sono state mai assorbite, ma che ancora
gocciolano dai miei occhi mentre ripercorro quelle parole anche a distanza di
giorni; acqua salata di mare, quel mare che immenso e
sconfinato crea una barriera invalicabile per gli occhi. Mi lascia priva di
emozioni, di forze e non mi lascia nient’altro che la tua
immagine…
”Disfo le valigie e
Chiamo le mie amiche e poi
Ho
ancora da studiare ed
Io che
cerco te in quelle pagine”
Getto con rabbia il quaderno senza badare a dove si poggia,
non mi interessa più. Prendo un nuovo respiro ed immergo le mani nella valigia, facendo riaffiorare i
tessuti morbidi e colorati dei vestiti insieme ai ricordi e ai profumi che sono
ad essi legati…Come se bastasse.
I
miei occhi viaggiano tra mensole ed armadi mentre
ripongo le mie cose. Le voglio stipare negli angoli bui insieme ai miei ricordi
e alle mie emozioni, non voglio rivederli, anche se so che poi tornerò a
cercarli perché non posso stare lontana da loro.
Cerco intanto di spostare la mia fragile attenzione su
qualcosa che possa condurmi lontano dalle loro spire: le foto di quando ero
piccola, i libri di scuola, i dischi di musica…Tutto quello che prima era la mia
vita mi guarda immobile, in attesa che io riprenda il
comando, ma non so se è quello che voglio davvero.
Scuoto la testa dandomi dei
leggeri colpi sulle guance fino a renderle rosse. Non devo più pensarci,
basta…Devo smetterla, così non risolvo nulla…Il modo migliore per uscire da
questa coltre di immobilità e tristezza è evadere, devo
distrarmi. Afferro il cellulare con rapidità digitando frenetica i numeri di
Julia, Mao e Emily…Ho bisogno delle mie amiche, forse
sfogarmi con loro mi aiuterà.
Gli
squilli muti si susseguono ininterrottamente, mentre tutte le mie speranze
crollano come un castello di carte. La sensazione di essere sola ed abbandonata in questa spirale di buio e malinconia mi
rattrista. Non mi ha risposto nessuno…Come se non ci fosse nessuno qui oltre a
me, come se fossi tornata solo per scoprire che sono sola.
Perché? Dannazione perché? Perché quelle tre non
rispondono? Certo, mi dico in un attimo di lucidità: Mao è in Cina da Rei, Emily
e Michael a New York e Julia…Beh lei probabilmente sarà a San Pietroburgo. Sono io l’unica ad essere rimasta sola…
Mi
siedo alla scrivania aprendo un libro che avevo sul tavolo…Letteratura. Mi
concedo un sorriso piccolo e sincero. Proprio
letteratura…Lo apro facendo correre le pagine che protestano debolmente,
fino a quando non mi fermo in un punto ben preciso. E’ un testo di poesia,
eleganti parole che si accostano creando un disegno, una danza, un’emozione…Ma
non è lei ad attirare la mia attenzione, bensì delle parole scritte a matita sul
bordo del libro, contornate con dei segni astratti:
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Accarezzo quei caratteri a
matita mentre ripeto quelle parole con un lieve tono di voce, cercando di
imprimerle nella mia mente…Oppure cercando di scacciarle…Come devo fare con il
ricordo che ho di te…Ma non so se ci riuscirò.
”Da domani tutto
Come sempre tornerà
La gente il
traffico in città
Non voglio amare più così”
Mi basterebbe attendere, sarebbe sufficiente aspettare,
lasciar trascorrere il tempo che lento ed inesorabile
lenisce ogni ferita. Dovrebbe essere semplice, in fondo io non dovrei fare nulla
se non aspettare, ma è un’attesa troppo grande, che so di non poter
sopportare…Non so aspettare di guarire da te,
semplicemente perché non voglio. E’ come una ruota, il tempo
passa, calpesta i ricordi e le tristezze come la ruota di un carro,
lasciandosi alle spalle tutto ciò che ci fa soffrire…Ma cosa succede se ciò che
ci fa soffrire non è adagiato sulla terra calpestata dalla ruota, ma all’interno
del carro? Il tempo, devo aspettare il tempo…Perché mi aiuti, perché curi le mie
ferite, perché mi insegni a non amare più
così…
”Come vorrei odiarti
Farti anche del mare ma
Vorrei soltanto averti qui con me
Non voglio amare più così”
Ma perché poi dovrei avere dispiacere per te? Perché farmi
tanti scrupoli? Sorrido per la mia stoltezza. Avrei tutti i diritti di volerti
male, chi potrebbe biasimarmi in fondo? Ti odio, per quello che mi hai fatto,
per le parole che non mi hai detto, per le azioni che hai compiuto. Meriti tutto
il mio rancore, ma anche la mia verità. E la verità è come la luce nelle
tenebre, come un sorriso sulla faccia di un bambino, come i tuoi occhi color
ametista. Qualcosa che si ha bisogno di vedere per stare bene, qualcosa che si
deve sentire, provare, ricevere, capire…Avere. Come io ho bisogno di te, per
me.
“Io senza te
che vita è”
“Ogni sera esco e
Tu sei li che guardi me
Da quella foto al mare
ed
Io ti chiuderei in una
scatola”
Chiudo la porta alle spalle senza curarmi del rumore,
lasciandomi scivolare lungo il liscio legno scuro, come se fossi un peso
incapace di reggersi in posizione eretta. Tutto è avvolto nell’oscurità, non ho
neanche la forza di accendere la luce tanto sento le ossa ed i muscoli privi di energia e volontà. Non so quanto resto
lì addossato alla porta, col capo reclinato di lato e le braccia abbandonate
come spoglie lungo i fianchi ad ascoltare il vento picchiare contro i vetri
della stanza. Fuori nevica, la neve candida imbianca le strade di Mosca dandomi
l’illusione che anche il mio animo sia immacolato come il cuore della mia
città…Ma so benissimo che non è così.
Dopo un tempo che mi pare infinito mi muovo sentendo le ossa protestare e perdo
l’equilibrio finendo steso a terra col viso affondato nel tappeto d’ingresso. Mi
gira la testa…I colori vorticano attorno a me come impazziti, i suoni e gli
odori si fanno più accesi e mi sento perso in quell’oblio di vuoto e follia
nel quale sto cadendo sempre più.
“Devo aver mandato giù qualcosa di troppo” Rido e le mie
risate stonate e false muoiono nel tappeto così come la mia patetica scusa. In
che razza di stato mi sono ridotto; ad ubriacarmi e
girare senza meta per Mosca come se non avessi uno scopo o una morale…Ed in
effetti una morale non ce l’ho più…Un senso per tutto quello che faccio non ce
l’ho più…L’ho lasciato andare via. Mi trascino verso il divano con movimenti
lenti ed impacciati, cercando di alzarmi, ma è tutto
inutile. Alzo lo sguardo solo quando un tenue raggio di luna illumina
nell’oscurità della stanza un portafoto d’argento posato sulla mensola. Mi
avvicino reggendomi a tutto ciò che ho intorno. Sorrido prendendo l’oggetto
luminoso e sedendomi sulla poltrona. Accarezzo i contorni della persona in
figura ripercorrendo i suoi capelli castani leggermente ondulati, i suoi occhi
color cioccolato che sorridono e le sue labbra rosate. Sullo sfondo la spiaggia,
il mare, il vento che conduce piccoli fiori in una danza mentre dietro di lei le
onde si infrangono sulla scogliera.
Chino il portafoto sulle mie gambe escludendolo dalla
mia vista…Perché l’ho lasciata lì quella dannata foto? Non potevo farla sparire
come ho fatto per il resto delle cose tanto dolorose
quando amate? Ho radunato e riposto tutto dentro una scatola, una cassa per
tutto ciò che ho rinnegato, per tutto ciò che amo e tengo segretamente sotto il
letto. Come se stessi solo aspettando di riprenderli.
“Mi ha telefonato
Quella che non molla
mai
Ma se l'amassi forse
Io
potrei con lei dimenticare te”
Mi
lascio andare ad un sorriso spento, mentre il mio cellulare vibra
attraverso la stoffa dei pantaloni. Deve essere lei. Non faccio neanche lo
sforzo fisico di prendere il telefono e rispondere…Lo lascio semplicemente
squillare a vuoto, fino a che come un brutto sogno prima o
poi finisce, lasciandomi di nuovo immerso nel mio oblio di tristezza e
nostalgia.
Fuori nevica ancora…
Il
telefono squilla ancora, questa volta per più tempo. Di certo non molla…Eppure
mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro o no? La
verità è che sono un idiota; potrei benissimo stare meglio se le rispondessi. Di
certo una come lei sa come farti dimenticare ogni
preoccupazione, quindi perché no?
Senza accorgermene risollevo il portafoto guardando la
Tua immagine mentre mi sorridi. Un colpo al cuore mi costringe a chinarmi
leggermente in avanti, fino a sfiorare con le labbra la superficie del vetro che
racchiuse il mio più grande tesoro e mostra il mio più grande sbaglio. Non posso
farlo, non potrei mai…Perché non basterebbe una vita o
una nuova persona per dimenticare te…
“Poi delle
vacanze
Quanto se ne parlerà
Storie leggere dell'età
Non voglio amare più così”
Ho quasi finito di sistemare la valigia, il sole illumina
la mia stanza immobile donandole un po’ di colore, anche se è del tutto priva di gioia. Dal fondo della valigia tiro fuori un
portafoto in argento con incisi sopra delle piume d’aquila intrecciate con dei
motivi floreali. Al suo interno un’immagine cattura inevitabilmente il mio campo
visivo. Sorrido. I tuoi lineamenti freddi e distaccati si scontrano con
l’allegro calore che esce fuori da visi di tutti i
soggetti della foto. Ci siamo tutti, l’allegra brigata,
un gruppo di amici in vacanza al mare. I miei occhi corrono rapidi senza
soffermarsi su nessuno, fino a che non si posano definitivamente su di te…Il
cuore accelera i battiti mentre con le dita sfioro il tuo profilo. Me la ricordo quell’estate…E’ stata qualche anno fa, ed è come
se fosse recente; posso ancora avvertire il sapore della salsedine sulla pelle,
i tuoi occhi color ametista che mi scrutano da lontano, la tua voce rara ed
inconfondibile che ancora mi fa stringere il cuore come se fosse di cartapesta.
Ho
proprio bisogno del Tempo…Che sia lui ad insegnarmi a
non amare più così.
“Voglio anche
scherzare
Non drammatizzare ma
Più parlo e più
ti vedo qui con me
Non voglio amare più
così”
Lascio cadere la foto sul letto indossando un paio di scarpe
ed uscendo fuori. Non so cosa mi spinge a farlo, ma so
che se non respiro aria immediatamente poi mi sentirò soffocare. Ho deciso di
andarmene, ero fermamente convinta della mia scelta oppure no? Non è stata una
mossa troppo azzardata? I dubbi che credevo di aver assopito nel fondo della mia
coscienza riaffiorano violenti ed imprevisti, ed io non
sono pronta a rispondere.
Non
posso tornare indietro…Infondo cos’è che credo di fare? Cosa
spero di ottenere? Di tornare a Mosca e sperare che mi stia ancora
aspettando? Illusione. Basta, devo darci un taglio. “Smettila Hilary, basta con
i dubbi e con le domande” Mi affaccio al belvedere che sovrasta la città di
Tokyo, lasciando che miei capelli corrano incontro al vento, mentre dei brividi
di freddo mi sfiorano. “Potrei sempre ricominciare” All’improvviso una nuvola
copre il sole caldo del mattino lasciandomi per un attimo senza luce e calore.
Mi tornano in mente quelle parole scritte a matita…
Odi et amo. Quare id faciam,
fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et
excrucior.
Sorrido, finalmente sincera con me stessa…Incredibile come a distanza di secoli
le emozioni siano sempre le stesse, come possano rimanere immutate nel corso di
tanto tempo. Ha ragione Catullo, si odia e si ama, non si può sapere come questo
possa avvenire, si sa solo che avviene e che è la
nostra tortura…La nostra più bella tortura, aggiungerei io. Alzo gli
occhi verso il cielo tornato nuovamente sereno e caldo. Mi lascio trasportare
dall’abbraccio del sole risentendo sulla pelle le tue braccia forti e salde. Non
è il sole a scaldarmi, ma il tuo fiato, le tue parole e i tuoi occhi.
Non voglio più amare
così…Perché tanto non avrò bisogno di amare qualcuno di diverso da
te…
“Io senza te che
vita è”
E’ la mia tortura e la
porterò con me, non posso schiacciarla sotto il carro della mia vita
semplicemente perché non è sotto le ruote, ma
sopra…Accanto al guidatore del carro.
Apro lo scatolone sotto il
letto, rivedendo tutti gli oggetti ed i ricordi che mi
sono più vicini. Le mie dita corrono alla ricerca di qualcosa a cui non so dare un nome, so solo che è lì e la mia mente lo
sta cercando per me. Ad un tratto mi fermo,
accarezzando il dorso rigido di un libro dalla copertina rossa. Lo prendo a
due mani sicuro e lo apro facendo scorrere i miei occhi
fino ad una pagina precisa, fino a che non incontro delle parole scritte a
matita con la mia calligrafia sul bordo della pagina.
Odi et amo. Quare id faciam,
fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
“Non voglio
amare più così…”
- Sto arrivando Kai -
Finita^^ Beh spero che
commenterete con sincerità e senza alcun timore^^ Sapere le vostre opinioni
è molto importante per me, quindi vi
aspetto!!
Only
for you my friends,
Avly