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Autore: WindGoddess    03/06/2010    5 recensioni
[Kyman, ma tanto tanto tanto eh!]
Eric Cartman e Kyle Broflovski: due persone che in comune non hanno praticamente niente.
Per questo vanno d'accordo, perché "Gli opposti si attraggono", al di là di litigi, diversi punti di vista su qualsiasi cosa, ingiurie, prese in giro e parolacce varie.
Un rapporto "idilliaco", praticamente, ed io mi ripropongo di mostrare al mondo che, effettivamente, è così.
[Dedicata a Setsuka]
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Eric Cartman, Kyle Broflovski
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.:2:.

Open mind for a different view and nothing else matters

 

 

Our friends are sayin'
We ain't gonna last
’Cause I move slowly
And baby you’re fast
I like it quiet
And you love to shout
But when we get together
It just all works out

 

 Per il suo primo appuntamento con Kyle, Eric si era messo seriamente d’impegno a programmare ogni cosa nei minimi particolari. Non che ci fosse molto da programmare, a dire il vero.

Si sarebbero incontrati direttamente di fronte al cinema alle 7:30 p.m. in punto, avrebbero visto “Shutter Island”, sarebbero andati a mangiare al KFC e poi, prima di tornare a casa, sarebbero passati per la caffetteria dei Tweak per un caffé e un dolce.

Semplice, lineare, senza una sbavatura o una qualche proposta che sarebbe potuta essere messa in discussione. Era sicuro, quindi, che sarebbe filato tutto liscio come l’olio. Come no.

In quel preciso momento, ripensando a tutto questo e soprattutto a quanto si era sentito stupido nel constatare che sì, era decisamente emozionato al solo pensiero di uscire finalmente con Kyle, Eric si guardò un attimo attorno per fare il punto della situazione.

Era di fronte al cinema: bene.

Erano le sette e mezzo in punto, non un minuto di più: bene.

Erano lui e Kyle: più che bene.

C’era Kenny: male.

C’era anche Stan: malissimo.

< Non credo d’aver capito bene: cos’è che ci fate voi qui? >

< Il cinema non è di tua proprietà, culone. Ognuno può venirci quando più gli pare >

Eric sollevò un sopracciglio nel sentire le parole di Stan, pronunciate tra l’altro con un tono talmente scontroso che se in quel momento ci fosse stata la finale del premio “Il più acido del mondo”… diavolo, probabilmente non sarebbe stato Kyle a vincere!

< E a te proprio stasera è venuta voglia di vedere un film, non è così? >

< Hai qualche problema? >

Che perspicacia”, pensò Eric, palesando però soltanto una smorfia divertita. Certo che ce l’aveva, un problema. Era alto un metro e settanta circa, aveva i capelli neri e lisci, una fidanzata in corsa per diventare santa, portava il nome di Stanley Marsh. Il suddetto problema, d’altro canto, doveva aver intuito la decisa nota di scherno della sua reazione, considerando che si era avvicinato a lui di qualche passo con un cipiglio piuttosto arrabbiato.

< Ti ho chiesto se- >

< Stan, non c’è bisogno di litigare. Ormai ci siamo, vediamo insieme questo benedetto film e siamo tutti contenti, no? >

Eric mise una mano sulla spalla di Kyle, messosi in mezzo ai due litiganti per sedare ogni possibile battibecco sul nascere. Al litigante, per essere precisi, visto che uno dei due aveva avuto il buon senso di non far presente all’altro che aveva appena rovinato un appuntamento, cosa che di certo avrebbe potuto scatenare una rissa.   

< Sì Stan, godiamoci questo bel film tutti assieme > esclamò soltanto, dirigendosi immediatamente alla biglietteria per evitare di venire ulteriormente risposto. Fece due biglietti, uno per sé e uno per Kyle, e si congedò dagli altri con la scusa di voler andare a fare la fila per i pop-corn. Aspettando il suo turno davanti al bancone ebbe tutto il tempo di ricamare nella sua testa una sfilza di offese dirette a Stan e, al contempo, di pensare ad una piccola vendetta che certamente prima o poi si sarebbe preso.

Un mese. Tanto aveva aspettato prima che Kyle riuscisse a farsi entrare in testa che stare con una persona non equivaleva a darsi qualche fugace bacetto nascosti nell’ombra e fare finta di nulla davanti agli altri. Aveva insistito più volte, avevano discusso, Kyle aveva protestato urlando con quella vocetta stridula che si ritrovava perforandogli i timpani… ma alla fine si era convinto ad uscire con lui. Eric non ci sperava quasi più, ma a quanto pareva aveva cantato vittoria fin troppo presto. Il suo ragazzo, nella sua immensa ingenuità -giusto per non dire stupidità-, aveva infatti avuto la brillante idea di dire tutto al suo Super Migliore Amico del cazzo, finendo col farglielo ritrovare tra i piedi in un momento che sarebbe dovuto essere di certo non “intimo”, ma ci si sarebbe potuto avvicinare molto, volendo. La presenza di Kenny, invece, proprio non riusciva a spiegarsela, ma di certo non era lui a rappresentare il problema maggiore. Il ragazzo dietro al bancone lo richiamò alla realtà, porgendogli la sua porzione gigante di pop-corn affogati nel burro fuso. Eric pagò, fissando l’enorme confezione come se si aspettasse che essa gli potesse suggerire il modo più facile e doloroso per liberarsi di Stan, se non per sempre, almeno per quella sera. Avendo capito, dopo qualche secondo, che dai pop-corn non sarebbe mai arrivata la risposta sospirò sconfitto, deciso ormai a raggiungere gli altri -e non l’altro, cosa piuttosto fastidiosa da sottolineare- e a godersi per lo meno il film. Prima di entrare nella sala, però, volle comunque fare un’ ultima, piccola preghierina.

Fa’ che siano giusto quattro posti liberi e solo un paio vicini“.

Varcò la soglia con gli occhi chiusi, fiducioso che tutte le persone presenti quella sera nel cinema fossero lì per guardare il loro stesso film. Li aprì di colpo, pronto ad individuare quei due fantomatici e unici posti vuoti e occuparli seduta stante.

Gli bastò appena un decimo di secondo per rendersi conto che esisteva al mondo un unico appellativo adatto alla situazione in cui si trovava invischiato in quel momento: sfiga.

La sala era completamente deserta, praticamente tutta la gente si era riversata in quella adiacente a vedere chissà quale romanticheria. Altro che “due soli posti vicini”, avevano l’imbarazzo della scelta su dove sedersi! Per giunta, una volta deciso dove sistemarsi, Stan aveva fatto in modo che Kyle finisse esattamente tra loro due, evidentemente per tenerlo meglio sott’occhio. Certo, avrebbe potuto protestare e chiedere di cambiar posto, ma aveva decisamente troppa stima di sé stesso per poterselo permettere. Per quanto potesse essere egoista, narcisista, insensibile e anche un po’ viziato non era di certo più un poppante col moccio al naso, per cui giudicò fin troppo l’essere finito per lo meno vicino a Kyle, il quale, dal canto suo, gli concesse un “Mi dispiace” sussurrato un secondo prima che la sala si oscurasse e partissero i trailer. A quel punto Eric decise di deporre le armi e mettersi il cuore in pace, rosicandosi il fegato in silenzio e contando di far scontare il tutto a Kyle il prima possibile in modi decisamente piacevoli. Per lui, almeno. Gli era persino passata la fame, tanto che diede l’enorme confezione di pop-corn a Kenny senza averne toccato uno, con sentiti ringraziamenti di quest’ultimo. Così, senza null’altro che potesse fare, cercò per lo meno di concentrarsi sul film e goderselo, riuscendo a stare tranquillo per una ventina di minuti circa e avendo modo di apprezzare notevolmente l’inizio e il suo dolce profumo di frutta.

“Profumo di frutta?”.

Lentamente, col collo irrigidito e con estrema circospezione, si voltò pian piano alla sua destra, venendo quasi investito da quel profumo agrodolce proveniente dalla testa rossa di Kyle, mollemente appoggiata sullo schienale a meno di un centimetro dalla sua spalla.

Troppo vicino. Dette un’occhiata veloce a Stan, rincuorandosi nel vederlo totalmente assorbito dal film e… no, un attimo. Si era sentito… rincuorato? No, cazzo! Come gli era saltato in mente di preoccuparsi di Stan anche per un solo, misero istante? Chi credeva di essere per imporre a quel modo la sua volontà su di lui e su Kyle? Qualcuno si era forse mai permesso di dirgli che non doveva stare con Wendy o di mettergli i bastoni tra le ruote quando usciva con lei? Non gli sembrava fosse mai andata così, per cui al fastidio si sostituì inevitabilmente -e ovviamente- la rabbia. Stan aveva fatto di tutto per far sì che Kyle lo lasciasse fin dal primo giorno in cui era venuto a conoscenza di loro due, che per una strana coincidenza, chiamiamola così, corrispondeva proprio al giorno stesso in cui si erano messi insieme, dopo una settimana circa di sms, chiamate e discorsi del tipo “Decidiamoci o facciamo vecchi”, “Pensiamoci ancora qualche anno, così magari ci passa” o ancora “Se lo viene a scoprire mia madre mi scuoia vivo”, e questa di certo non l’aveva detta lui. D’accordo, forse non erano esattamente la coppia perfetta, per non dire la più insospettabile di tutte, ma questo dava per caso il diritto a Stan, come a chiunque altro, di metter dito tra di loro? No, certo che no. Ovviamente no! Per questo doveva fargliela pagare, altro che comportarsi da persone mature! No, qui ci voleva qualcosa che facesse per lo meno rosicare Marsh in modo atroce e vistoso. La sua attenzione, a quel punto, era ormai completamente distolta dal film e dedita a ben altro tipo di pensieri. Doveva cercare di farsi venire una buona idea, possibilmente qualcosa di sottile, subdolo e cattivo.

Sembrava proprio, tuttavia, che il suo lato oscuro e dispettoso quella sera non volesse funzionare. Non gli veniva in mente assolutamente nulla di appropriato o di anche lontanamente soddisfacente e questo, neppure a dirlo, lo indispettì non poco. Cominciò a pensare che ormai stava diventando decisamente troppo buono, che si stesse rammollendo, che stesse insomma perdendo il suo smalto cartmanesco. Mentre era ancora tutto impegnato a escogitare, pensare, architettare, d’improvviso sentì Kyle spostarsi ancora di più verso di lui, fino a poggiare completamente la testa sulla sua spalla con estrema naturalezza, come se fosse stato lui in persona a chiedergli di farlo. E lì ebbe un’idea incredibilmente stronza.

Non particolarmente cattiva né subdola, ma di sicuro fortemente irritante. Forse la sua astuzia era tornata improvvisamente indietro, forse era appena diventato la prova vivente che un aiuto, per qualsiasi cosa ti serva, te lo dà sempre la persona più impensabile, forse era quel dannato profumo fruttato che gli stava dando alla testa, fatto sta che fece semplicemente la cosa più spontanea del mondo: alzò un braccio e lo poggiò sulla spalla di Kyle. Non c’era nulla di male, nemmeno se non fosse stato il suo ragazzo, ma come previsto il suo movimento non sfuggì a Stan che, Eric notò con la coda dell’occhio, assunse un’espressione prima leggermente sorpresa, ma che poi si fece via via più scioccata e, soprattutto, arrabbiata.

Macchè, troppo riduttivo! Furiosa, era questo il termine esatto.

In quel preciso istante la sua attenzione tornò stranamente al film, che fece ovviamente solo finta di guardare. Un po’ perché non stava capendo un accidenti di quanto stesse accadendo, un po’ perché era troppo occupato a godere di una vecchia quanto amata sensazione.

Ah, il dolce e delizioso Sapore della Vendetta, quel nettare paradisiaco che si riesce a gustare solo nel momento in cui una tua semplicissima e innocente azione riesce a far girare notevolmente le palle al tuo nemico e a danneggiarlo visibilmente!

Un sapore gustoso ma, ahimè, di breve durata. Non erano di certo circondati da una folla di persone, sarebbe stato di sicuro inevitabile almeno un urlo da parte di Stan, se non un vero e proprio susseguirsi di offese a lui dirette. Le cose, invece, andarono meglio di quanto previsto. Come se gli avesse involontariamente letto nel pensiero, Kyle alzò la testa dalla sua spalla, gli lanciò uno strano sorriso d’intesa e cominciò a baciarlo. Eric non poté dirsi di certo preparato ad una simile azione da parte sua, anzi, lo credeva totalmente incapace di prendere iniziative del genere. Non poté però fare a meno di scoppiare a ridere dentro di sé quando sentì Stan emettere un mugolio di frustrazione. Non poté dargli torto, in effetti. Di certo avrebbe voluto far scoppiare un putiferio, peccato solo che non fosse stato lui a cominciare ma aveva fatto tutto Kyle. Non che gli dispiacesse, semmai tutto il contrario, ma l’aveva visto che lui non aveva fatto niente, no? Era stato il suo amico a cominciare, evidentemente era quello ciò che voleva e lui si stava semplicemente impegnando a non fare altro che darglielo. Perciò che Stan si fottesse, lui di certo avrebbe continuato. Dopo una manciata di appaganti minuti decise che, per il momento, poteva anche ritenersi soddisfatto e fece per allontanarsi, anche perché aveva una voglia matta di lanciare un’occhiata furtiva a Stan e controllare il suo stato di incazzatura, molto elevato secondo le più rosee previsioni. Prima che potesse fare un altro movimento, sorprendentemente, Kyle lo afferrò per la nuca di scatto, imponendogli così di continuare ciò che avevano fatto fino a pochi attimi prima: limonare selvaggiamente.

E, ovviamente, come dire di no?

Ma sì, fanculo a Stan e a Di Caprio!” pensò.

Non era tipo a cui piaceva andare al cinema solo per sbaciucchiarsi con la propria ragazza –o, come nel suo caso, col proprio ragazzo-, anzi. Da amante di film quale lui era non si sarebbe mai permesso di cadere in simili sciocche tentazioni in quello che lui considerava quasi un luogo sacro, tuttavia pensò che, per una volta, poteva anche permettersi un simile lusso. Non solo perché Kyle baciava dannatamente bene e quella era la prima volta che mostrava le sue doti per un periodo di tempo superiore al minuto, ma anche perché… cazzo, Stan stava stringendo i braccioli della sua poltrona in modo tanto convulso che se ne sentiva lo scricchiolio anche a due posti di distanza!

Va bene, la serata di certo non era andata come previsto e, anzi, pensava che fosse completamente rovinata. Invece non solo si era vendicato per bene di colui che avrebbe voluto mandarla completamente a monte, ma c’era anche il piccolo, importante particolare che si stava eccitando da morire. Quelle labbra, quella lingua, quel sapore, quel… Kyle, porca puttana!

E pensare che si era insultato mille e più volte davanti lo specchio quando aveva realizzato che si era preso una cotta per lui! Ma chi, al posto suo, avrebbe mai potuto dargli torto? Dove diavolo aveva imparato a baciare a quel modo? E perché solo in quella situazione aveva tirato fuori questa sua arte? Proprio quando cominciò a pensare alla maniera più discreta possibile di farselo lì, sulle poltrone, senza che gli altri due se ne accorgessero minimamente, le luci si accesero all’improvviso e sul maxi-schermo presero a scorrere i titoli di coda. Il film era ormai giunto alla sua conclusione e con lui anche quella situazione così dannatamente piacevole. Si staccarono con un sonoro schiocco di labbra. Eric guardò Kyle in viso, deciso a sussurrargli un ringraziamento per avergli fornito quella splendida occasione, ma tutto ciò che riuscì a fare fu soffocare una risata quando notò che il volto del ragazzo era diventato del colore dei suoi capelli: rosso come il fuoco. 

< Finalmente ci avete dato un taglio! Credevo vi voleste mangiare a vicenda! >.

La voce di Kenny risuonò alta e cristallina per la prima volta in quella serata, spezzando anche il palese imbarazzo in cui era piombato Kyle, seppur per poco.

< Che vuoi, avevo un bel po’ da recuperare > rispose Eric con un sorriso soddisfatto.  

< Certo, come no > bofonchiò irritato Stan, mettendosi il giubbotto con una certa fretta e annunciando il suo imminente ritorno a casa. 

< Ma Stan, dove vai? Possiamo andare a mangiare da qualche parte, è ancora presto p- >

< Non mi va, e poi mi sembra proprio che a te piaccia la cattiva compagnia > sbottò, sorpassando Kenny con poca grazia e dirigendosi verso l’uscita. Kyle rimase interdetto da quella risposta, ma era pur sempre del suo migliore amico che si trattava e non avrebbe mai potuto lasciarlo andare a quel modo.

< Scusami. Torno subito > disse rivolto a Eric, dopodichè si affrettò a raggiungere l’amico anche se non aveva la più pallida idea di cosa dirgli. Uscito fuori dalla sala si stupì nel non vederlo e, al contempo, ci rimase decisamente male. Possibile che fosse tanto arrabbiato con lui da scappare a quel modo? Uscì fuori dal cinema e, fortunatamente, lo scorse camminare a testa bassa poco lontano.

< Stan! > lo chiamò < Ma che diavolo ti prende? > domandò una volta che l’ebbe raggiunto, afferrandolo per un braccio.

Stan si fermò, divincolandosi con forza e guardandolo decisamente arrabbiato.

< Non puoi avere la faccia tosta di chiedermi una cosa del genere! >

< Non credi di stare esagerando, adesso? >

< Esagerando? T-tu… l’hai fatto apposta! Ti sei fatto abbracciare e sbaciucchiare da Cartman apposta! >

< Grazie tante, stiamo insieme > esclamò in un sussurro, temendo che qualche passante casuale potesse origliare cose che, per il momento, era meglio tenere segrete il più possibile alla popolazione di South Park. Peccato solo che la sua uscita avesse contribuito a far innervosire Stan maggiormente.

< V-voi… >  balbettò, cercando di trovare le parole adatte, < Voi non state insieme come tutti gli altri! Siete… cazzo, siete fuori dal mondo! >

< Posso capire che sia incredibile ma… so che ti chiedo uno sforzo enorme, ma potresti per favore provare a non comportarti a quel modo scontroso quando siamo tutti insieme? >

< Perché non capisci? > esclamò l’altro, addolcendo leggermente il tono e guardando Kyle con espressione a metà tra il triste e lo scoraggiato, < Io… ti giuro, non avrei detto una singola parola se fosse stato… non lo so, qualunque altra persona! Persino Garrison mi sarebbe andato bene, ma Cartman… > fece una smorfia disgustata al pronunciare il suo nome, < Che sia lui… proprio non riesco a sopportarlo, figurarsi accettarlo! >

< Ma non potresti- >

< Cazzo, amico, è Cartman! Avreste dovuto insultarvi e fregarvi i pop-corn a vicenda, magari… lanciarveli addosso, ma di certo non stare lì a scambiarvi la saliva! >

< Scusa, ma non sarebbe stato peggio? Abbiamo trovato un modo per andare d’accordo, non è meglio così? > domandò Kyle, cercando di buttarla un po’ sul banale e sperare che quella discussione finisse al più presto.

< Andare d’accordo? Voi non potete andare d’accordo! Siete… siete un nazista ed un ebreo, sembrate una grottesca coppia di comici! Se non fate ridere fate ribrezzo, te ne rendi conto? L’unico motivo per cui ancora non ho detto nulla a tua madre è che ho troppa pietà di te per poterlo fare, anche se sono convinto che il tuo sia… non lo so, un fottuto capriccio che durerà al massimo qualche altro giorno! >    

< Stan, adesso basta! Stai esagerando e mi stai offendendo! >  

< Non sto esagerando, voglio farti ragionare! >

< Credi non ci abbia già pensato? Ci ho ragionato eccome, e questa è stata la decisione che ho preso! Non accettare un bel cazzo se proprio non ci riesci, io di certo non vengo a importi niente! >

< Ma come, non è questo che hai cercato di fare fino a poco fa? >

< NO! >

Quel suo grido, contrapposto al tono piuttosto pacato con cui aveva condotto la discussione fino a quel momento, stupì Stan a tal punto da ammutolirlo e Kyle, da parte sua, non si curò di certo di moderarlo. Era ora che dicesse all’amico ciò che riteneva giusto.

< Mi parli come se avessi deciso di uccidere qualcuno e non mi sta bene! Non sto commettendo un crimine, lo capisci che te la stai prendendo troppo per una stronzata? Sì, sto con Cartman. E non uno qualsiasi, ma Eric Theodore, lo stronzo che mi prendeva per il culo un minuto sì e l’altro pure da bambini. Da bambini, Stan! Abbiamo diciassette anni adesso, te ne rendi conto? No, non mi interrompere! > esclamò, notando un’azione di protesta, < Se proprio non hai alcuna voglia di accettare la cosa mi sta bene, ma per lo meno prova a rispettare la mia decisione se davvero ti reputi il mio migliore amico! >

Parlò quasi senza riprendere fiato e, quand’ebbe finito, non si diede nemmeno pena di aspettare la risposta. Semplicemente, girò i tacchi e ritornò verso il cinema senza voltarsi. All’ingresso lo aspettavano Eric e Kenny, alquanto perplessi nel vederlo così nervoso e anche perché non avevano potuto far finta di non sentire l’ultima parte della discussione. Con la voce alta che si ritrovava Kyle c’era piuttosto da chiedersi chi fosse il sordo che non aveva sentito nulla, in tutta South Park. Eric tentò di dire qualcosa ma venne zittito, afferrato per un braccio e trascinato letteralmente via.

< Scusaci Kenny > sbottò Kyle verso il ragazzo biondo, che mormorò qualcosa facendo spallucce. Eric lo salutò con un cenno della mano, poco prima che girassero un angolo e Kenny scomparisse dalla loro vista.

< Kahl, dove st- >

< Zitto! > lo interruppe, continuando a trascinarlo incurante degli sguardi curiosi delle persone che incrociavano. Con tutti i crucci che aveva per la testa figurarsi se aveva spazio per occuparsi delle occhiate di qualche semi-sconosciuto che non sapeva farsi i cazzi propri! Piuttosto, la sua mente era tutta incentrata sulla figura di Stan trafitto da mille freccette immaginarie, anche se il sentimento predominante non era la rabbia. Più che altro, si sentiva decisamente avvilito. Aveva commesso un’azione che tra amici non bisognerebbe mai fare: aveva litigato con lui e l’aveva piantato in asso per il suo ragazzo, ma la cosa non gli dispiaceva affatto.

Quando aveva deciso di mettersi con Eric il suo primo pensiero era stato proprio il timore di come avrebbe reagito Stan alla cosa e i fatti avevano dimostrato che era una paura più che fondata. Ma lui lo stava trattando come se fosse pazzo o chissà quale terribile azione avesse commesso, senza fare il minimo sforzo per… no, non “accettare la cosa”. Kyle sapeva benissimo che una richiesta del genere avrebbe voluto dire davvero troppo, ma dannazione! Erano amici, sì o no? E allora perché non poteva semplicemente dire “Rispetto la tua decisione ma sappi che non la condivido per niente e forse non ci riuscirò mai”? Di certo non lo avrebbe fatto saltare dalla gioia, ma era già qualcosa, una sorta di patto a cui avrebbe potuto benissimo sottostare. E invece…

< Cosa diavolo c’è di sbagliato in tutto questo? > sbottò a voce alta.

< Che mi stai rovinando il giubbotto a furia di tirarlo! Vuoi lasciarmi sì o no? >

Ma Eric non aspettò che Kyle si fermasse. Con uno strattone si liberò dalla sua presa, fermandosi poi per constatare il danno che, per fortuna, era pressoché nullo.

< S-scusami > arrivò una flebile risposta.

< Un cazzo! Che t’è preso? >

< Stan… >

A quel nome Eric alzò gli occhi al cielo. Si stava davvero spazientendo.

< E basta, Kyle! Non ne vuole sapere di me e te, punto! Fattene una ragione! >

< Ma è il mio migliore amico! Non… > deglutì, abbassando lo sguardo, < Non posso… far finta di niente. Non mi va che lui non mi parli più perché… > e non riuscì a finire la frase. Continuare sarebbe stato come ammettere che anche per lui stare con Cartman era un problema, un intralcio al tranquillo scorrere della sua vita. E da una parte era effettivamente così, ma lui vedeva quella perturbazione della sua tranquillità come una cosa positiva, quel piccolo cambiamento che ogni tanto è bene che avvenga perché, in caso contrario, si rischia di affogare nella routine e, di conseguenza, nella noia.

< Perché stai con me? > fu Eric a concludere la frase. Ricevette come risposta un cenno d’assenso con la testa.

< E questo è davvero un problema così grosso? >

< N-no >

< Riformulo la domanda: tu lo vedi davvero come un problema così grosso? >

< No! Certo che no! >

< E allora cosa, maledizione? Gli passerà, di che ti preoccupi? >

Già, di cosa si preoccupava?

< Che… che non gli passi >

< Che stronzata >

Kyle sollevò di scatto la testa, irritato da quella risposta. Faceva presto a parlare, Eric, visto che l’unica persona il cui giudizio potesse vagamente interessargli, saputo che stavano insieme, aveva emesso un lungo e sonoro fischio di approvazione e gli aveva anche regalato qualche preservativo colorato! Inutile dire che questa persona era Kenny.

< Tu… sei fortunato, ecco! Non ti fai problemi a preoccuparti solo di te stesso, per te i giudizi degli altri contano meno di zero! >

< Beh, chiamami scemo >

< Io non sono fatto così! Per me è importante che Stan rimanga mio amico, gli voglio bene e non voglio perdere la sua amicizia perché… >

< Perché stai con me? >

Di nuovo. Kyle si morse la lingua quando incontrò lo sguardo carico di sufficienza di Cartman.

< Io… non voglio dire che lo vedo come un problema > cercò di giustificarsi.

<  Mi sembra proprio il contrario. Pensavo fossi convinto, visto anche quanto ne abbiamo parlato >

< Sono convinto, infatti! Non voglio tornare indietro, voglio solo andare avanti, mettere un piede davanti all’altro e vedere questo dove mi porterà! >

< E se questo comportasse camminare senza Stan? >

Kyle aprì la bocca per rispondere, ma quando il suo cervello ebbe metabolizzato alla perfezione la gravità di quella domanda riuscì solo a produrre un gemito strozzato. Come rispondere ad una domanda del genere?

< Io… io non lo so > disse sinceramente.

< Proprio la risposta che mi aspettavo >

Eric, contrariamente a qualunque aspettativa, sorrise. Gli mise una mano sulla spalla e cominciò a camminare lentamente, seguito da Kyle come un cagnolino.

< Lo sai che mi piaci parecchio, ma non ti negherò che sarei pronto a lasciarti se a te venisse in mente anche solo per un attimo di scegliere quel cretino a me. Non perché vorrei monopolizzarti… cioè, in realtà lo vorrei, ma… lasciami dire che tu hai proprio un concetto distorto di come si sta con una persona >

< C-che intendi dire? > chiese Kyle, timoroso che con quel discorso Eric volesse lasciarlo per davvero. E diavolo, se gli dispiaceva.

< Che non puoi pensare ad ogni possibile e immaginabile fattore esterno e fartene un problema. Se sei deciso a fare una cosa devi farla per davvero, non puoi essere buono solo a parole! Vuoi stare con me? Bene, allora devi smetterla di farti i problemi per Stan. Lo so che non capisco, che non me ne frega mai niente e che sono un insensibile, ma potresti anche fidarti di quello che dico, una volta tanto! >

< Cioè? >

< Gli passerà, Kahl. Gli do qualche giorno al massimo, poi finirà di fare l’idiota e ti chiederà scusa >

Kyle annuì, ma senza troppa convinzione. Non era in una maniera così semplice che Stan Marsh sarebbe tornato sui suoi passi per una cosa che lui considerava tanto grave, crescendo era diventato decisamente cocciuto su alcune cose. Eppure… fidarsi di Eric? Poteva anche provarci, in fondo non aveva poi tutti i torti.

< Forse… forse hai ragione tu > convenne alla fine, sentendosi decisamente più sollevato.

A quel punto, però, l’unica cosa che rimaneva da fare era pregare che anche Stan la pensasse come Eric e che si preoccupasse della loro amicizia come la cosa più importante di tutte.

 

 

+ + + + + + + + + +

 

 

Quando aprì la porta e vide un Kyle dall’espressione indecifrabile piantato sulla soglia, Eric dovette ammettere che, probabilmente, non si sarebbe mai abituato alle sue frequenti visite, soprattutto se si presentava con uno smagliante sorriso a trentadue denti.

< Avevi ragione > esclamò, entrando in casa Cartman senza neppure chiedere il permesso.

< Su cosa? >

< Su Stan. Mi ha chiamato poco fa e… beh, si è scusato. Insomma, abbiamo fatto pace >

Eric fece finta di stupirsi della cosa mentre si richiudeva la porta dietro le spalle.

< Ottimo, ci ha messo solo una settimana. È più sveglio di quanto credessi >

< Smettila di sfotterlo > lo rimproverò Kyle, ma la sua voce non aveva per nulla un tono aspro, più che altro l’aveva detto per abitudine. Non era mai capitato che litigasse a quel modo con Stan, che entrambi si arrabbiassero al punto da dirsi delle cattiverie. Il fatto che si fossero riappacificati, quindi, lo faceva sentire estremamente contento. Tuttavia, in quei giorni, aveva riflettuto anche molto sulle parole di Eric, sentendosi estremamente stupido al pensiero che, alla domanda “Sceglieresti me o Stan?” non aveva saputo dare una risposta concreta. Certo, la domanda non era delle più semplici e forse la sua era stata la risposta che, al momento, poteva risultare la più giusta. Il motivo per cui si era sentito stupido, in realtà, ce l’aveva proprio di fronte agli occhi in quel momento: era Cartman che gli faceva mettere in discussione il suo stesso modo di essere, con la sua dannata e innata sicurezza nel sapere alla perfezione ciò che voleva e come avrebbe agito in questa o quella situazione. Lui era praticamente tutto l’opposto, prima di dare una qualsiasi risposta aveva bisogno di riflettere, pensare bene, rimuginare su qualsiasi altra opzione possibile e disponibile. Non poteva non ammettere, quindi, che un po’ lo ammirava per questo.

< Sei da invidiare, sai? > disse all’improvviso e con la più assoluta sincerità.

< Lo so, sono un ottimo esempio >

< Ora non esageriamo > lo ammonì < Piuttosto… non mi chiedi cosa mi ha detto? Come abbiamo fatto pace? >

< Ti ho per caso fatto capire che me ne frega qualcosa? Tu, piuttosto! Sei venuto solo per dirmi questo? >

< Più o meno >

< No, perché avr… Che vuol dire “più o meno”? >

Kyle incrociò le braccia dietro la schiena, assumendo un’espressione fintamente ingenua.

< Beh, passavo di qui e… > si avvicinò ad Eric < … ho notato che la macchina di tua madre non era in garage… > era a pochi centimetri dal suo viso < … e pensavo che fossi solo. Magari potrei tenerti un po’ di compagnia, così mi faccio perdonare per venerdì scorso >

Il sorriso che Eric sfoggiò nel sentire quelle parole era talmente largo che avrebbe potuto far invidia allo Stregatto. Idem dicasi per l’espressione furbetta che ne seguì subito dopo.

< Cavolo, così sì che mi piaci! > esclamò, attirandolo a sé prendendolo per la vita.

Con un gesto fulmineo gli tolse anche il cappello, facendolo cadere a terra e, incredibilmente, Kyle non se ne curò.

< Potresti cominciare con un bacio > gli sussurrò Eric soffiandogli sulle labbra < Ma bada che non ne accetto uno di durata e intensità minore di quello che mi hai dato venerdì al cinema. Vedi di darti da fare > concluse.

< Saprò farmi perdonare > rispose Kyle, un attimo prima di spingerlo contro il muro del corridoio e cominciare a baciarlo esattamente come gli era stato richiesto. Doveva ammettere a sé stesso che un bel po’ imbarazzato si sentiva ma, incredibilmente, anche la voglia di farsi perdonare da Eric era tanta.

Di farsi perdonare.

Da Cartman.

“Mi sto rincretinendo, perdo colpi” pensò, ma non poteva negare che quella situazione aveva già del paradossale di suo, tanto che tutto il resto poteva solo essere oro colato. Ebbene, anche cercare il perdono di Eric Cartman passava in secondo piano rispetto allo starci insieme. Eric, dal canto suo, se solo avesse saputo quello che gli frullava nella testa in quel momento lo avrebbe spiaccicato al muro. Non tanto per il tipo di pensieri, ma più che altro perché se Kyle pensava quelle cose voleva di certo dire che non si stava concentrando abbastanza per il bacio. Questo, senza ombra di dubbio, lo avrebbe fatto incazzare da morire. Già quell’ultima settimana era passata in modo pessimo a scuola, con loro due praticamente divisi per evitare casini e altri litigi, e quel poco che parlavano a telefono era tutto un lamentarsi per Stan, pensare a Stan, parlare di Stan. E diavolo, a pensarci bene anche lui in quel momento stava pensando a Stan! Decise definitivamente di scacciare via la sua immagine, concentrandosi solo nel godersi meglio Kyle e quelle labbra tanto dotate che si ritrovava. Un’ultima promessa, però, non poté non farla a sé stesso: la prossima volta che Stan si fosse messo in mezzo a loro due sarebbe stata la volta buona che l’avrebbe ucciso, togliendolo definitivamente via dalle palle sue, di Kyle e di quella sfortunata donna che rispondeva al nome di Wendy Testaburger.

 

  

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Note dell’autrice

Questa storia mi ha fatto penare. L’ho riscritta tre volte, riletta un milione e ancora non mi soddisfa. Ma credo proprio che più di così non possa fare, è già tanto essere riuscita a completarla in un limite di tempo inferiore a dieci anni. Il finale è un po’ alla buona, portato avanti in maniera piuttosto veloce ma, lo ripeto ancora una volta, meglio di così non sono riuscita fare.
Il titolo, trovato all’ultimo momento, è preso da quella stupenda canzone che è “Nothing else matters” dei Metallica, invito come al solito chi non la conoscesse ad ascoltarla, che ne vale la pena. La traduzione del titolo è "Apri la mente per un nuovo punto di vista e nient'altro ha importanza" , mentre quella della seconda strofa di Opposites Attract usata all'inizio di questa storia, è:

"I nostri amici dicono
che tra noi non durerà
Perché io mi muovo piano
e, baby, tu sei veloce.
A me piace la tranquillità
e a te piace gridare
Ma quando stiamo insieme
tutto funziona alla grande"

Ringrazio di cuore chi ha commentato il capitolo precedente, chi ha letto senza commentare, chi ha messo la raccolta tra i preferiti e chi tra i seguiti :)
Spero che questo capitolo non vi faccia troppo schifo *w*
Alla prossima

 WindGoddess

  
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