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Autore: Cassandra caligaria    04/06/2010    7 recensioni
“Renee, forza scendi!!La colazione è pronta!!”
Mi rigiro tra le mie calde coperte e sbuffando scendo dal letto.
“Arrivo mamma!”
Mi chiamo Renee Costance Finn ,detesto il mio secondo nome, l’ho “ereditato” dalla mia “dolce” nonnina paterna, l’unica cosa che mi ha lasciato quella vecchia taccagna! Ho 18 anni e vivo a Forks, una cittadina dello Stato di Washington con i miei genitori. La mia è la tipica famiglia americana media degli anni ’80 che ha conosciuto e apprezzato i benefici del boom economico degli anni ’60 e ‘70.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Charlie Swan, Renèe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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ETERNAL FLAME

RENEE’S STORY









“Renèe, forza, scendi! La colazione è pronta!”
 Mi rigiro tra le mie calde coperte e sbuffando scendo dal letto.
“Arrivo, mamma!”

Mi chiamo Renèe Costance Finn ,detesto il mio secondo nome. L’ho “ereditato” dalla mia dolce nonnina paterna, l’unica cosa che mi ha lasciato quella vecchia taccagna!
Ho 18 anni e vivo a Forks, una cittadina dello Stato di Washington, con i miei genitori. La mia è la tipica famiglia americana media degli anni ’80 che ha conosciuto e apprezzato i benefici del boom economico degli anni ’60 e ‘70.
Mia madre Marie discende da una famiglia di origine francese.
Mia nonna mi raccontava sempre da bambina che suo nonno era uno dei coloni che nel 1718 partì da Marsiglia alla volta del Nuovo Continente e che, una volta sbarcati sulla coste della Louisiana, sulle rive del Mississippi fondarono la città di New Orleans. Questo è il motivo per cui sia io che mia madre abbiamo un nome francese. Questa storia mi ha sempre affascinata e sono sempre andata fiera di avere delle origini francesi. D’altronde anche i tratti somatici di mia madre ed i miei ne sono testimoni.
Mia madre assomiglia per qualche verso a Marion Cunningham di “Happy days”: capelli biondi raccolti in uno chignon alto con tanto di ciuffo cotonato e due splendidi occhi azzurri. Un po’ rotondetta ma sempre con il sorriso sulle labbra tipico di chi nella vita ha ottenuto quello che desiderava: una bella casa con un giardino, una lavatrice, una cucina ultramoderna, una tv nel salotto e un marito premuroso, con la tipica pancia dell’uomo sposato di quarant’anni, che si è distinto sul fronte in Vietnam e che da bravo ex soldato valoroso ha ottenuto il suo agognato premio, un posto come impiegato nell’ufficio postale di Forks. Ah, che amarezza!
Io sono la tipica ragazzina americana, abbastanza alta, fisico asciutto, bionda con gli occhi azzurri ed un delizioso naso alla francese, le uniche cose che ho in comune con mia madre. Adoro leggere, in particolare le poesie, e ascoltare musica. In questo periodo, adoro le Bangles. Se mai avrò una figlia la chiamerò Susanna! Lo scorso anno sono andata di nascosto dai miei genitori a New York ad un loro concerto insieme a quella pazza di mia cugina Connie che vive a Phoenix, è stato meraviglioso! Ascoltare “Eternal Flame” mano nella mano con un ragazzo conosciuto lì, ballare come una pazza sulle note di “Hey Mickey!”. Che bei ricordi! Peccato che quella scappatella mia sia costata ben tre mesi di reclusione con tanto di benedizione da parte del pastore Todd. Come è evidente, l’unico tassello fuori posto nel quadro perfetto della famiglia felice sono io. Detesto i miei genitori, sono così finti.
Sin da quando ero bambina sognavo una famiglia allegra e numerosa come i “Robinson” o i “Bradford”, e, invece, più vado avanti più mi sembra di stare in casa Keaton! Io voglio studiare, andare via da Forks, scendere per le strade e battermi contro la violenza sulle donne! Vorrei andare in Europa, a Berlino, per cantare insieme ai miei coetanei e lottare affinché quel Muro sia abbattuto! Quando mia madre mi ha sentito pronunciare queste parole ha preso il rosario e ha incominciato a pregare per la mia anima.


“RENÈE COSTANCE FINN SCENDI IMMEDIATAMENTE!”
Rieccola che urla.
“Arrivo, mamma, il tempo di vestirmi. Non vorrai mica che scenda con il mio pigiama, ovvero la mia amata t-shirt di Lou Reed, vero!? Non si addice ad una brava signorina!”, le rispondo cercando di imitare il suo tono di voce.
Quante stupide formalità: “Renèe stai composta, tieni le gambe chiuse. Renèe cos’è quella!? Le signorine per bene non indossano le minigonne! Renèe questo non è modo di parlare!”
Dio, che inferno! Possibile che non si rendano conto che i tempi sono cambiati?! Meglio che mi vesta, altrimenti me la ritrovo in camera.
“Buongiorno mamma! Buongiorno papà!”
“Buongiorno Renèe.”, risponde mio padre distrattamente mentre continua a leggere il suo giornale.
“Renèe! Cosa hai fatto ai tuoi capelli?! Fila subito in camera a pettinarli!”
“Mamma, uno si chiama permanente, due a me piacciono così, tre Josh ieri sera mi ha detto che sono particolarmente carina con i capelli ricci!”
“Josh?! Chi è Josh?! Il figlio negro di quella poco di buono della domestica degli Stanley! RENÈE COSTANCE FINN TI PROIBISCO CATEGORICAMENTE DI FREQUENTARE QUELLA GENTAGLIA! Il figlio di una poco di buono senza padre, per giunta negro. Maria Vergine, dove arriveremo di questo passo! Tutta colpa di quei ragazzi di La Push, quegli indiani scansafatiche che si battono per i loro diritti! Senza contare tutte le leggende che circolano sul loro conto! Sono pericolosi! La signora Snow ha giurato di averli sentiti ululare quando c’è la Luna piena! E voi, povere pecorelle smarrite, li ascoltate! Renèe, tesoro, loro sono diversi da te, non dico che siano cattive persone, però non fanno per te! Thomas, caro, diglielo anche tu.”
E mio padre sollevando un po’ il capo dalla lettura del giornale, da cui sembrava essere molto preso, mi disse: “Renèe, figlia mia, io e tua madre vogliamo solo il meglio per te. E il tuo meglio è finire la scuola, diplomarti, sposare un brav’uomo bianco e benestante, con un buon lavoro ed una bella casa.”
“Che schifo! Io non voglio una vita come la vostra! Monotona! Sì, perché la vostra felicità è solo apparente! Siete ridicoli! I tempi sono cambiati, svegliatevi! Non è il colore della pelle quello che conta! Mi vergogno di essere vostra figlia! Io me ne vado!”
La mia arringa appassionata mi è costata una sonora sberla da parte di mio padre e le lacrime di mia madre. Non li sopporto. Spero solo di non diventare mai come loro.



Esco di casa e nel viale della Forks High School ho una visione. Strofino più volte gli occhi con le mani.
Oh mio Dio! Chi è costui?! Non riesco a credere ai miei occhi! Davanti a me c’è il ragazzo più bello che abbia mai visto, alto, magro, capelli ricci castani e due bellissimi e profondi occhi color cioccolato e… Sogno o son desta? Indossa la mia stessa t-shirt! Quella che uso come pigiama, la maglietta di Lou Reed! Sposto un po’ lo sguardo da quell’angelo e vedo che non è solo. È accompagnato dai ragazzi di La Push e sono tutti armati di cartelloni e striscioni per il riconoscimento dei diritti degli indiani della riserva. Senza essermene accorta mi ritrovo affiancata da uno di quei ragazzi indiani.
“Ciao, mi chiamo Billy, sono di La Push. Tu frequenti questo liceo, vero?”
“Sì, io sono Renee, piacere!”
“Piacere mio Renee. Senti, io e i miei amici stiamo organizzando una manifestazione pacifica per il riconoscimento dei diritti degli indiani, ti va di unirti a noi questa mattina? È davvero per una buona causa!”
“Certo Billy! Sono dei vostri!”
“Perfetto! Non è che riusciresti a convincere anche altre persone? Sai com’è, in questi casi, più si è, meglio è!”
“Nessun problema Billy, lascia fare a me!”
“Grazie mille, Renèe!”
Gli sorrido e mentre mi dirigo verso il cortile della scuola, per coinvolgere i miei amici nella manifestazione, sento qualcosa che mi colpisce in testa.
“AHI! Che male!”
“Scusami, scusami, scusami! Sono un disastro! L’avevo detto a Billy che non doveva lasciarmi il cartellone in mano! Ti sei fatta male?”
Alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti quel bellissimo ragazzo che avevo visto stamattina vicino a Billy.
“No, non ti preoccupare. Tutto ok, grazie!”, gli sorrido e vedo che arrossisce. Oh. Che tenero! È arrossito, allora forse non gli sono indifferente. Magari gli piaccio!

RENÈE COSTANCE FINN, TORNA SULLA TERRA!
Maledetta vocina antipatica! Sempre nei momenti meno opportuni! Mentre discorro amorevolmente con la vocina antipatica che soggiorna da ben 18 anni nella mia testa, mi accorgo che quello splendido ragazzo continua a fissarmi imbambolato. Decido di osare di più, gli sorrido di nuovo. Lui abbassa lo sguardo, continuando a diventare sempre più rosso, quasi viola. A quanto pare se n’è accorto anche il suo amico Billy, che gli molla uno scappellotto sulla nuca e gli sussurra qualcosa in un orecchio.
Sorridendo soddisfatta, entro nel cortile del liceo e raggiungo il mio gruppo di amici.
 

“Buongiorno popolo!”
“Ciao Renèe!”, mi salutano in coro.
“Fatto colpo stamattina, eh?!”


David, il mio migliore amico nonché primo ragazzo. Ci conosciamo dai tempi dell’asilo, ci siamo messi insieme alle medie, ma eravamo troppo piccoli e soprattutto io lo vedevo come un fratello e lui vedeva me come una sorella. Da quando non stiamo più insieme, il nostro rapporto è ancora più forte e sincero.


“Ma che dici David?!”
“Dai Renèe, ti conosco! Ti guardava con una faccia da pesce lesso impagabile! E tu te lo stavi letteralmente mangiando con gli occhi!”
“David, hai ripreso a guardare le telenovela sul canale spagnolo con tua nonna?! Pensavo avessi smesso!”, lo prendo in giro.
Tutti i miei amici scoppiano a ridere, compreso David che mi abbraccia e mi schiocca un dolce bacio sulla guancia.
“Ti voglio bene Renèe e spero che tu sia felice.”
“Grazie David, anch’io ti voglio bene e anche a me sta molto a cuore la tua felicità, ma davvero sto bene così”.
La mia ultima storia è stata un po’ burrascosa ed io ho sofferto tanto, ecco perché David si prodiga quasi ogni giorno di trovarmi un bravo ragazzo con cui essere davvero felice. Ma io sto bene così, ho i miei amici e quando ho voglia di divertirmi lo faccio senza troppi problemi, evidentemente non è ancora arrivato il tempo di mettere la testa a posto per me.
“Ragazzi, laggiù stanno organizzando una manifestazione pacifica per il riconoscimento dei diritti degli indiani, ci uniamo a loro, vero?”
“Ma certo!”, mi rispondono quasi all’unisono.
“Bene! Vediamo di coinvolgere anche qualcun altro!”
“Ci pensiamo noi!”
Eccola, la solita Lucy, potrebbe sembrare la tipica ochetta cheerleader, però io che la conosco bene, so che sotto quella maschera si nasconde una ragazza dal cuore d’oro, che proprio in questo istante sta usando tutto il suo charme con i ragazzi del quarto anno. Penso che qualcuno stia per avere una sincope! Ha portato con sé anche Claire, la più timida del nostro gruppo, ma anche la migliore amica che si possa avere.
Nel frattempo anche David, Justin e Matt hanno raccolto un bel gruppo di ragazze che parteciperanno alla manifestazione, il mio migliore amico non si smentisce mai: riesce ad esercitare un fascino sulle ragazze incredibile.


Ci avviciniamo a Billy e agli altri ragazzi di La Push.
“Eccoci!”
 “Renèe, sei una grande! Non avrei mai pensato che tanta gente potesse interessarsi alla manifestazione! Grazie di cuore! E ora andiamo!”
Gli sorrido e raggiungo i miei amici. Tutti insieme iniziamo a camminare per le strade della piccola Forks intonando “Imagine” di John Lennon, che viene ribattezzata da Billy come “l’inno della giornata”.
Alla manifestazione c’è anche Josh insieme alla sua ragazza Jenny, la nipote della signora Stanley… Se lo sapesse mia madre! Noto con molto piacere che ogni tanto l’amico di Billy mi fissa, poi quando me ne accorgo distoglie lo sguardo fingendo di fischiare. Arrivati a La Push, Billy propone di tuffarci tutti in acqua vestiti. David mi solleva per i fianchi e mi fa volare letteralmente in acqua. Iniziano scherzi e spruzzi a non finire!
 
 

“È già il tramonto. Dobbiamo tornare a  casa.”
“Già. Ragazzi dobbiamo andare se non vogliamo restare in casa fino al prossimo semestre! Speriamo che i nostri non abbiano scoperto dove siamo stati oggi!”
“Già, e tu, Renèe, come giustificherai a Marie “Rin tin tin” Finn il fatto che sei completamente bagnata?”
“David! Sei il solito pessimista! Magari mia madre non è in casa!”
“No, infatti già la vedo alla centrale della polizia a denunciare la tua scomparsa! Le lezioni sono finite due ore fa!”
“Oh mio Dio! Siamo in ritardassimo!”
“Bentornata sulla Terra, Renèe!”
Faccio una smorfia a David e vado a salutare i ragazzi di La Push.
“Grazie ancora Renèe, spero di poter passare presto un’altra splendida giornata come questa con tutti voi!”
“Grazie a te Billy! Era da tanto che non ci divertivamo così! A presto!”
 


Io e David siamo davanti al cancello di casa mia. Sono un po’ restia ad entrare, se i miei scoprono quello che ho fatto oggi è la fine.
“Buona fortuna, Renèe!”
“David, ti prego, non lasciarmi entrare da sola!”, piagnucolo.
“No no, mia cara! Già devo sopportare la mia di madre! Su, entra! Ci vediamo domani a scuola!”
“Ciao…”, rispondo mesta, presagendo già le mille domande che mia madre mi porrà.
Apro la porta e stranamente in salotto non c’è nessuno.
Bene, se riesco ad arrivare alle scale illesa, forse mi risparmierò la predica sui vestiti e i capelli bagnati.


“RENÈE! COSA HAI FATTO? PERCHÉNON SEI ANDATA A SCUOLA OGGI?! MI HA TELEFONATO IL PRESIDE STAMATTINA PER DIRMI CHE ERI DAVANTI ALLA SCUOLA MA NON SEI ENTRATA! E NEMMENO I TUOI AMICI LO HANNO FATTO! HO INCONTRATO LA MADRE DI LUCY TUTTA PREOCCUPATA, PERCHE’ ERANO LE CINQUE E SUA FIGLIA NON ERA ANCORA TORNATA A CASA! MI SPIEGHI COSA DIAMINE AVETE COMBINATO OGGI!? E NON ACCETTO SCUSE BANALI, PERCHÉ ALTRIMENTI L’UNICA COSA CHE VEDRAI DI QUI AL COLLEGE SARA’ IL COLORE DELLE PARETI DELLA TUA STANZA!!!”

“Mamma calmati o divento sorda! Lasciami spiegare!”
“Non vedo l’ora”, mi risponde indignata, battendo il piede destro per terra.
“Potrei andare prima a fare una doccia, rischio davvero di ammalarmi…”, chiedo con voce flebile.
“Va bene, ma fa presto! Più tempo passa senza sapere cosa hai fatto oggi, più la tua punizione aumenta, sappilo!”
“Sì.”, rispondo in un sussurro.
Vado di sopra e mi chiudo in bagno. Dopo aver fatto una bella doccia calda rilassante indosso il pigiama e scendo in cucina, dove trovo mia madre nelle vesti di Sherlock Holmes.


“Mamma, dov’è papà? Come mai non è ancora rientrato?”, tento di sviare il discorso su mio padre.
Si gira e mi sembra di scorgere due fiamme nelle sue iridi cerulee, brutto segno.
“Tuo padre è a casa del signor Flew, ha detto che aveva delle foto interessanti da mostrargli, ne sai qualcosa? Ah, per la cronaca, domani vai a salutare David, parte per la scuola militare. QUESTA VOLTA AVETE PASSATO IL SEGNO! COSA DIAVOLO VI PASSA PER LA TESTA? NELL’ANNO DEL DIPLOMA PER GIUNTA! STATE PREGIUDICANDO IL VOSTRO FUTURO! MANIFESTATE PER I DIRITTI DEGLI INDIANI CON I RAGAZZI DI LA PUSH, BIGIATE LA SCUOLA, MA SIAMO IMPAZZITI! PER NON PARLARE DELL’ERBA CHE IL PADRE DI DAVID HA TROVATO NELLA SUA STANZA!”


Inizio a sentire le guance rigate da calde lacrime.
David.
Il mio unico sostegno. L’unico raggio di Sole in una cittadina perennemente coperta dalle nuvole del pregiudizio. L’unica persona che mi capisce e che mi aiuta a sopravvivere in questa insulsa cittadina, domani parte per la scuola militare e chissà quando lo rivedrò. Èvero, all’apparenza posso sembrare una ragazza frivola e con la testa fra le nuvole, ma quando ti ritrovi a vivere in una famiglia come la mia e in una cittadina popolata da persone grette e bigotte, o ti crei un mondo tutto tuo in cui rifugiarti, come ho fatto io, oppure ti adegui a loro per non impazzire.
Siamo negli anni ottanta, in tutti gli Stati Uniti d’America si respira aria di cambiamento, solo qui il mondo sembra essersi fermato a più trent’anni fa.
“Renèe, smettila di piangere e spiegami per quale assurda ragione oggi hai partecipato a quella manifestazione! Lo sai come la pensiamo io e tuo padre e come dovresti pensarla anche tu. Sai anche a cosa andrai incontro fino al diploma. Scuola, casa e chiesa. E dimenticati le vacanze estive a Phoenix con quella matta di tua cugina Connie. Questo è quanto. Ora puoi anche andare in camera tua. Smettila di piangere, non serve a niente. Ah, dimenticavo. Userai il telefono solo per motivi scolastici. Buonanotte.”


E così, con il cuore a pezzi, gli occhi arrossati e lo stomaco vuoto, mi dirigo verso la mia stanza, chiudo a chiave la porta e piango fino a quando non cado sfinita tra le braccia di Morfeo.
 

“RENÈE! SVEGLIA LA COLAZIONE E’ PRONTA!”


Ecco, è iniziata la prima di una lunga serie di giornate terribili. Oggi David parte e tra qualche ora andrò a casa sua a salutarlo. Per fortuna, nonostante tutte le restrizioni dettate da mia madre, mi hanno concesso di andare a salutarlo. Mi mancherà terribilmente.
Mi alzo dal letto, mi vesto e scendo a fare colazione. Stessa scena di tutte le mattine: mio padre che legge il giornale sorseggiando il suo caffè, mia madre che spalma lo sciroppo d’acero sui pancakes appena preparati e la tv che immancabilmente trasmette una delle tante puntate de “La casa nella prateria”.

“Buongiorno.”
“Buongiorno Renèe, penso sia inutile aggiungere altro. Tua madre ti ha già informato, quindi tra mezzora ti accompagno a casa di David. Dovreste vergognarvi, dei ragazzi di buona famiglia come voi che mandano all’aria tutto quello che hanno costruito per una stupida manifestazione. Guarda qui! Dopo questo potete dimenticarvi l’ammissione nei college più prestigiosi degli Stati Uniti!”
Mi porge il suo giornale, dove in prima pagina c’è una foto che ritrae Billy, me, David, Claire, Lucy, Justin, Matt e tutti gli altri ragazzi del liceo. La mia attenzione, però, cade su quel ragazzo bellissimo di cui non so il nome, l’amico di Billy. Sorride nella foto, mentre guarda nella mia direzione. È bellissimo. Non leggo neanche l’articolo, già immagino le stupidaggini che si sono inventati.
“Papà, posso tenerlo?”
Non so neanche come mi sia uscita fuori una domanda del genere. In un momento tragico come questo, non penso a David che sta per partire né a quando lo rivedrò, non penso che di qui al diploma vivrò in clausura, non penso a nulla, se non a quel meraviglioso sorriso che presto finirà sull’anta del mio armadio accanto al poster di Lou Reed. Mio padre mi guarda scioccato, mia madre apre la bocca per dire qualcosa ma non riesce a dire nulla.
È la prima volta che la vedo senza parole, e sono io l’artefice del miracolo!
“Va bene”, balbetta dopo un po’ mio padre, “posso sapere il perché, però?”
Ecco, brava Renèe, ed ora cosa ti inventi? Per ricordo?
Così mi spediscono direttamente in qualche manicomio per giovani donne. No, devo puntare tutto sul pentimento.
“Lo voglio tenere come una sorta di memento, per ricordarmi di non fare più nulla di sconsiderato.”
 Mia madre sorride soddisfatta e mio padre mi accarezza dolcemente una guancia.
“Piccola, queste sono esperienze che servono a crescere, e, anche se ora ti sembrerà dura da sopportare questa punizione, un giorno ci ringrazierai.”


Certo, certo, vi ringrazierò per avermi rovinato la vita negli ultimi mesi di liceo. Ma su quale pianeta vivono!? Sfodero, comunque, il mio miglior sorriso falso e finisco la mia colazione.


Dopo un quarto d’ora sono con mio padre davanti alla porta di casa di David. Sento già un terribile magone salire su, ma cerco di ricacciarlo giù. Devo essere forte per entrambi, chissà quanto sta soffrendo lui ora. Suono il campanello e mi ritrovo davanti la signora Flew con in viso i segni di una notte passata insonne a piangere. Evidentemente neanche lei è felice di quello che suo marito ha deciso per David. Ho sempre pensato che Dorothy Flew fosse diversa da tutte le altre madri di Forks, e ne è la prova il fatto che appena mi ha vista sulla soglia di casa sua ha iniziato a piangere e mi ha stretta a sé, gesto che mia madre e nessun’altra madre di Forks si sarebbe mai concessa.
“Sali Renèe, David sta sistemando le ultime cose.”, mi dice con la voce rotta dal pianto.
Salgo le scale e senza bussare entro in camera di David.
È in piedi, vicino alla finestra. Indossa la divisa della scuola militare. Appena si volta verso di me, con il viso rigato dalle lacrime, corro ad abbracciarlo e libero anch’io le lacrime troppo a lungo represse. Non c’è bisogno di parole tra di noi, non ce n’è mai stato. È sempre bastato uno sguardo per capirci, un piccolo gesto per consolarci, un sorriso per darci la forza di vivere in questo mondo di matti.
“Mi mancherai Renèe, tantissimo. Lì, per i primi tempi potrò ricevere telefonate solo dai miei genitori, ma sappi che ti penserò sempre. Devi essere forte per entrambi, devi continuare a lottare per quello in cui credi, per entrambi. Va’ via da Forks appena puoi, studia e fa’ sì che tutti i tuoi sogni si avverino. Se tu sarai felice, lo sarò anch’io.”
“Ti voglio bene David, e te ne vorrò sempre”.
Riesco a dirgli solo questo, continuo a piangere mentre lui mi abbraccia e mi accarezza i capelli. Siamo seduti stretti l’uno all’altra sul pavimento della sua camera, quando entra sua madre per informarci che devono accompagnarlo alla stazione. Ci alziamo e mi stringe ancora a sé, mentre io continuo a piangere disperatamente. Poi mi dà un ultimo bacio sulle labbra, carico di dolcezza e di profondo affetto, quell’affetto che da anni ci lega come due fratelli, e che, nonostante la distanza e tutto il resto, ci darà la forza per andare avanti.
 
Sono passati esattamente tre anni da quel giorno. Ricordo ancora l’inferno che ho vissuto nei mesi successivi alla partenza di David e la voglia disperata di fuggire via da Forks. Fortunatamente al college i miei genitori non c’erano e ho ripreso le care vecchie abitudini di un tempo, anche se senza i miei amici non è stata la stessa cosa.

Sono diventata un’insegnante di scuola materna, i bambini mi piacciono molto. È un lavoro appagante, anche se mal retribuito. Oggi sono iniziate le vacanze di Natale e purtroppo questo significa ritornare a Forks per trascorrere le feste con i miei genitori. Ma stasera, al diavolo tutto e tutti si festeggia!

È l’addio al nubilato della mia carissima amica Lucy. Mi sembra incredibile che lei, la cheerleader più desiderata del liceo di Forks, la cui storia più lunga è durata tre settimane, ha intenzione di sposarsi, e con chi poi!? Con Justin, il nostro amico d’infanzia e compagno di scuola.
Dopo aver fatto una bella doccia ed essermi preparata, esco di casa per raggiungere le mie amiche. Claire, che studia letteratura a Yale, è arrivata ieri da New Heaven. Io e lei siamo le damigelle della sposa. Lucy ha studiato qui con me a Seattle per un anno, ma tornando a casa per le vacanze di Natale di due anni fa, durante il primo anno di college, ha scoperto di essere innamorata di Justin e di essere ricambiata. Da allora, ha lasciato l’università per stare accanto a lui. Hanno aperto un ristorante a Forks che gestiscono insieme.


Sono le 22 e siamo davanti alla discoteca più in di Seattle.
“Ragazze, fra due giorni mi sposo! Non ci posso credere! Non mi sembra ancora vero!”
“Credici, mia cara. Questa è la tua ultima serata da signorina e ti assicuro che sarà M-E-M-O-R-A-B-I-L-E!”
Lucy e Claire mi sorridono, a distanza di anni la nostra amicizia è rimasta la stessa, anzi si è rafforzata, ma soprattutto, noi siamo rimaste le stesse!
Claire è sempre quella studiosa e tranquilla, Lucy , sebbene sia diventata monogama, è sempre l’allegra chiacchierona, ed io sono sempre la solita pazza, con la testa fra le nuvole, che vive in un mondo tutto suo.
Entriamo nella discoteca, e, dopo aver bevuto un paio di drink, iniziamo a ballare con dei ragazzi. La serata, o meglio la nottata, si conclude a casa mia con la visione del film “Ultimo tango a Parigi”. Inutile dire che il viso di Claire durante la visione del film ha assunto tutte le tonalità di rosso esistenti in natura, scatenando una serie di battutine maliziose da parte di Lucy e le mie risate.
 

“Che mal di testa! Da oggi non bevo più!”
“Buongiorno sposina! Pronta per tornare a Forks e sposarti? Certo che non bevi più, da oggi diventi ufficialmente una signora e come tale dovrai astenerti da ogni fonte di peccato!”
Scoppio a ridere. Quando penso al matrimonio mi viene in mente mia madre. Non riesco proprio ad immaginare Lucy nei panni di una donna sposata e madre di famiglia!
“Ridi, Renèe, la prossima sarai proprio tu!”
“Non credo mia cara! È ancora lontana l’alba del giorno in cui mi vedrete su un altare!”
 
 
La cerimonia è stata perfetta e commovente. Lucy era bellissima, avvolta dal candore del suo vestito. Sono vicina al tavolo del buffet, quando mi accorgo di essere osservata. Mi giro e stento a credere a quello che i miei occhi vedono. Di fronte a me, in tutto il suo splendore c’è il ragazzo che vidi quel giorno alla manifestazione, quel ragazzo che ancora popola i miei sogni e la cui foto, ritagliata dal giornale di tre anni fa è ancora sull’anta del mio armadio. Agisco d’istinto, come ho sempre fatto, mi avvicino a lui e mi presento.
“Ciao, mi chiamo Renèe. Sei un invitato dello sposo o della sposa?”, gli dico porgendogli la mano. D’altronde io conosco sia Justin che Lucy, i loro amici sono i miei amici, e mi stupisce il fatto che sia qui oggi.
Lui prontamente stringe la mia mano e mi accorgo che è sudata. Le sue guance si imporporano e balbettando mi risponde:
“Piacere mio, Renèe, il mio nome è Charlie. Sono un invitato dello sposo. Ho conosciuto Justin al servizio di leva militare, eravamo compagni di stanza.”
Ecco svelato l’arcano.
“Sei di Forks?”
“Sì, sono di Forks. E tu, Renèe?”, mi domanda, continuando a diventare sempre più rosso. Quel colore sulle guance gli dona particolarmente.
“Anch’io sono di Forks, anche se da tre anni a questa parte ci torno soltanto per le feste. Vivo a Seattle.”
Continuando a parlare, scopro tante cose di lui. È tre anni più grande di me, questo spiega il motivo per cui non ci siamo mai visti a scuola. È molto amico dei ragazzi di La Push, ha studiato legge e dopo la leva militare ha deciso di entrare in polizia. Ora lavora alla centrale di Forks. Ha un sorriso bellissimo e degli occhi magnetici.
Close your eyes, give me your hand, darling.
Do you feel my heart beating?

“Eternal flame. È la mia canzone preferita!”, esclamo.
“Ti va di ballare?”
Sgrano gli occhi per lo stupore e gli sorrido prendendolo per mano.
Questo ragazzo è speciale, tenero ma intraprendente. Mi piace.
Cullati dalle note di una delle più belle canzoni d’amore, iniziamo un lento che vorrei non finisse mai.
 
 










 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Questa one shot l'avevo scritta tanto tempo fa, è la mia prima ‘creazione’. Credo che Renèe sia un personaggio molto interessante e poco tenuto in considerazione nella storia. In fondo, è la madre della protagonista!
Bando alle ciance, fatemi sapere cosa ne pensate e buonanotte!!!
 
  
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