Il traffico del sabato
mattina si affanna caotico verso il centro di Londra, per fortuna conosco le
strade della zona e fermo la mia moto davanti alla rossa facciata della chiesa
appena in tempo.
Sono ritornato questa
mattina, dopo tre giorni di viaggio per via del mio lavoro di nell’Ordine, ma
non potevo mancare proprio il giorno del tuo matrimonio.
-Si sposa sabato alle
undici.-, una voce opaca, passiva, forse timorosa di farmi del male, lontana nel
tempo e nello spazio, ma capace di ferirmi nel profondo.
Non aveva avuto bisogno
di dire altro né di presentarsi, l’avevo
riconosciuta subito, l’ultimo amico che mi è rimasto, che non si è dissolto
come tutti gli altri dopo che avevo rinnegato mio padre e il Signore oscuro:
per stare con te, ero entrato a far parte dell’Ordine.
L’unica persona che non è
svanita con le prime nebbie, come il tuo amore.
Eterno.
-Eterno non è per sempre-, ti
ammonivo affondando il viso nei tuoi capelli rossi, sparsi sul cuscino dopo che
avevamo fatto l’amore, mentre il sole inondava la nostra stanza e per noi non
esisteva più né ieri né domani.
-Per me lo sarà- ribattevi
rincominciando a baciarmi.
La tua eternità è durata
poco.
“L’espace d’un matin”,
direbbe un poeta francese.
Sono tornato per guardare
ancora una voltai tuoi profondi occhi blu.
Sei splendida e radiosa, coi
capelli lunghi a incorniciare il tuo volto da bambina, meravigliosa come ti
avevo sempre sognata per me.
Alle tue spalle tua madre
piange, senza ritegno: se ci fossi stato io al tuo fianco, al posto di Potter,
sarebbe terrea dalla rabbia.
Non mi ha mai sopportato.
Ho gli occhiali scuri, il
bavero alzato e la barba lunga, nessuno mi ha riconosciuto, non temere,non
voglio farti del male.
Solo per un attimo, quando
trionfale attraversi la navata al suono dell’organo, stretta al braccio di quell’uomo che ha preso il mio posto, mi levo gli occhiali
e ti fisso mentre mi passi accanto.
Quando incontri i miei occhi
grigi, ti stringi a lui in cerca di protezione, le pupille dilatate dal terrore
e le labbra serrate e tremanti.
Esco sul sagrato ad attendere
la tua apoteosi.
Offese dal mio dolore, in
questo giorno di festa, si aprono le cataratte del cielo.
-Sposa bagnata, sposa
fortunata- starnazzano estasiate le tue amiche e le loro madri, oche giulive
vestite a festa, mentre ti gettano addosso manciate di riso.
Fortunata lo sei di certo.
La pioggia ti cancella le
lacrime che importune iniziavano a rigarti le guance.
Potrai continuare a fingere
con lui.
Non si accorgerà di nulla.
Almeno per ora.
Fine