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Autore: Gackt_Agito    05/06/2010    1 recensioni
Non bisognava neanche rifletterci.
Avresti preferito morire, piuttosto, oh sì.
Ma diventare quello... quella cosa... ti disgustava.
Diventare un Homunculus non era il tuo sogno, dopotutto.

[ Seguito di Making a Mistake. ]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Envy, Pride, Un pò tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mistakes~'
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• Prefazione: l’idea di fare il seguito di Making a Mistake non doveva neppure esistere, all’inizio. Non era assolutamente previsto che lo scrivessi, e soprattutto con tutto il da fare che ho adesso iniziare una nuova long-fiction non era assolutamente il caso. Ma non importa. Ho deciso di proporvela: infondo tentar non nuoce, no? Vi presento dunque il primo capitolo – nella speranza che vi piaccia.
Arigatou !


The Happening - ; day number one


Riaprì gli occhi con lentezza disarmante, ma fu costretto a richiuderli a causa della luce troppo forte.
Volse il viso di lato, le palpebre assottigliate, gli arti che dolevano incommensurabilmente. Cercò di muovere una mano, che iniziò a dolere per lo sforzo.
- Aah… – la sua voce aveva qualcosa di strano, quando si lasciò scappare quel gemito. Strinse gli occhi e mugolò qualcosa.
Volse di nuovo il viso, questa volta verso un lato differente. Cercò di aprire di più gli occhi per capire dov’era, e perché.
- Un vero spreco – mormorò una voce sconosciuta alle sue spalle. – Non ne valeva la pena, Padre. -
- Non sta a te decidere, Envy. – rispose una voce imperiosa, più forte e stanca. – Avevo bisogno di un nuovo Pride. Forse, in questo modo, avremo un vantaggio su Hohenheim, oltretutto. E’ la scelta migliore… fidati. -
- Hmpf -
Non riusciva a muoversi. Per niente. Sbatacchiò confusamente le palpebre, cercando di muovere ancora una mano; lanciò un urlo spaventoso che distrusse il silenzio che era venuto a crearsi. Iniziò a mugolare di dolore, quando alla fine capì che tentare era perfettamente inutile. Rimase con gli occhi aperti a guardare il soffitto, e nel mentre ascoltava i passi silenziosi di qualcuno che si avvicinava. Riuscì a muovere solo la testa, e anche poco, verso la fonte di quel rumore. Vide un ragazzo con i capelli lunghi sporgersi davanti ai suoi occhi; lo vedeva in controluce, perciò distinguere il colore dei suoi occhi o la forma del suo viso era pressoché impossibile.
- Ben svegliato! Hai fatto bei sogni, ‘O Chibi San? – cantilenò. Lui lo guardò strabuzzando gli occhi, confuso.
- ‘O Chibi... cosa? – domandò confuso. – Do… dove sono…? – domandò ancora. – Io cosa… che ci faccio qui? -
- Ehi, ehi piccoletto! Non ti preoccupare, okay? Sei in ottime mani – e il sorriso inquietante che fece, grazie a Dio non poté vederlo.
- Chi sei… tu ? – aggiunse, storcendo appena il naso. Envy volse il viso verso un punto indefinito dietro di sé, e sbuffò.
- Ha proprio dimenticato tutto, Padre? Non c’è gusto così.
- Facci l’abitudine, Envy.
- Bah, va bene… - e volse il viso verso di lui. – Coraggio, adesso alziamoci, okay? – e lo afferrò per le spalle, sollevandolo di peso, ignorando le sue urla di protesta. Lo mise seduto. Lui si ritrovò ansante su un tavolo da laboratorio, tutto tremante. Si guardò brevemente attorno e inquadrò Envy, studiandone a fondo i contorni. Poi un’occhiata anche intorno, mettendo a fuoco il posto. C’erano un sacco di tubi e penombra. Tutto confluiva verso un enorme trono che gli dava le spalle, quindi non poteva vedere chi ci stava seduto sopra. Aggrottando le sopracciglia, inclinò il viso di lato e cercò di dire qualcosa. – Sì, sì, sappiamo già che cosa hai intenzione di chiederci. – lo anticipò Envy. – Avrai le tue risposte a tempo debito. Ora ti consiglio di alzarti e seguirmi. -
- Mi fa male… tutto. – confessò.
- Oh, non ti preoccupare. Passerà in fretta. Alzati, avanti – e lo strattonò per un braccio, facendolo urlare dal dolore. – Oh, che pacchia. Com’è che ti fa ancora così male? -
- Lo chiedi a me?
- PADRE! – tuonò, voltandosi verso il trono, Envy. – Non voglio sentirlo lamentarsi ad ogni passo, c’è qualcosa che si può fare? -
- La Pietra che abbiamo inserito nel suo corpo, era poca, Envy. Gli farà male, peccato: iniettagliene dell’altra.
Envy fece spallucce e si allontanò, prendendo a trafficare con qualcosa di sospetto. Lui si spaventò; Envy tornò che aveva in mano una siringa, ed un sorriso divertito stampato su. – Oh, non preoccuparti, ’O Chibi San… non farà poi così tanto male. – e rise – Non così tanto, almeno. -
Gli afferrò il braccio e gli ficcò la siringa in una vena. Envy premette lo stantuffo fino alla fine e la vena iniziò a gonfiarsi spaventosamente, come se volesse scoppiare. Lui urlò dal dolore, crollò in terra che aveva ancora la ferità infilata nel braccio. Dimenandosi per il dolore, urlando come un folle, sputò qualcosa in terra e rovesciò gli occhi.
- FALLO SMETTERE ! – urlava - FA MALE, FALLO SMETTERE ! -
- Padre, ti ringrazio per non avermi fatto nascere così! – Ridacchiò Envy. Si appoggiò al tavolo da laboratorio e osservò la scena; il nuovo Homunculus si dimenava a destra e a sinistra, sbattendo da tutte le parti per nascondere quel dolore, quel fuoco che gli inondava le vene fino a raggiungere il cervello, che bruciava persino quello.
Quando il dolore terminò, si accasciò silenzioso sul pavimento, ansimando, raggomitolato in se stesso. Tremava come se avesse avuto paura che potessero fargli qualcos’altro. Si stringeva convulsamente le gambe, respirando piano. Avrebbe anche pianto, se soltanto avesse potuto.
- Beh… – Envy rise. – Ben arrivato, Pride! -





   
 
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