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Autore: nainai    06/06/2010    2 recensioni
Il tempo, Cody, ti darà la capacità di sopravvivere ma nessuna risposta alle tue domande.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Brian Molko, Stefan Osdal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Per tutte le cose che ho perduto”
Helena
 
Lo osserva divertita da lontano. Lui tentenna, si guarda attorno nervosamente – le gambe accavallate, gli occhiali da sole immancabili, il cappello calato sulla fronte – tira fuori una sigaretta dal pacchetto e ci batte il ritmo della sua impazienza, picchiettando sul dorso della carta traslucida e della plastica protettiva trasparente. Poi la appoggia tra le labbra – con un sospiro, le è parso – prende l’accendino dal tavolo, sbuffa il fumo del primo tiro.
Brian odia aspettare, e lei è in ritardo.
Brian odia gli imprevisti, e la sua telefonata ha già il sapore di uno spiacevole incidente.
Brian odia vedere le proprie brevi vacanze rovinate dai contrattempi, e lei sta per rovinargli tutto per intero il suo weekend londinese.
Si sistema sulle spalle la chioma scura, setosa, in un gesto di civetteria involontaria, un condizionato riflesso che la porta ad assicurarsi che le pieghe della gonna cadano dritte sulle gambe snelle e che la camicetta di seta sia in ordine intorno al busto sottile. Allunga un passo, sicura sui tacchi altissimi, attraversa la strada e si gode gli sguardi ammirati degli uomini seduti ai tavolini del caffè.
Nel sole lei è colorata come il caramello, dorata e calda.
Poi lui la vede.
-Brian.- saluta affabile, raggiungendolo e posando la borsa su una delle poltroncine in vimini. Ne scosta un’altra e ci si accomoda, elegante e delicata come sempre, stendendo davanti a sé le braccia nude ricoperte di braccialetti tintinnanti. Sfila via gli occhiali, in un invito silenzioso al proprio interlocutore, e gli sorride con tutto l’affetto che quei due anni di distanza non sono riusciti a cancellare.- Ti trovo bene.- lo lusinga.
Lui sorride in risposta, sanno entrambi che lei lo avrebbe detto anche se non fosse stato vero, ma sanno anche che è vero. E tanto basta.
Schiaccia la sigaretta nel posacenere e si toglie gli occhiali da sole.
-Buongiorno, Helena, sei uno splendore.- modula amabilmente.
E nel suo caso non è così scontato: Brian Molko difficilmente tiene per sé ciò che pensa degli altri, indipendentemente dagli effetti che questo può avere.
È lui a voltarsi per richiamare una cameriera, perfetto cavaliere esattamente come se lo ricordava, gentile ed educato con la ragazzina di colore che gli si avvicina prontamente. Per Helena è un piacere da riscoprire lasciarsi coccolare per un istante dai toni morbidi della sua voce, ma quando lui torna a guardarla lei è pronta a servirgli quel “contrattempo” con tutto il candore – spavaldo – che la convivenza le ha insegnato a sfoderare in momenti come quello.
-Allora.- esordisce allegramente appena la ragazza sparisce con le loro ordinazioni, il sorriso che si allarga.- È inutile che ci giriamo intorno, Brian, ed anche se ho sempre adorato il modo in cui ti sai perdere in convenevoli...- Lui ridacchia qualcosa a mezza voce, ma lei non gli lascia il tempo di prendere la palla al balzo e strapparle l’iniziativa.- credo sia il caso di mettere subito in chiaro perché ti ho chiesto di incontrarci.
-Mh.- concede lui, nient’affatto preoccupato.
Se non lo conoscesse tanto bene quanto lo conosce, ci cascherebbe con tutte le scarpe nella sua sicurezza ostentata. La verità è che gli da un fastidio terribile che lei gli abbia ingiunto di vedersi e che lui sia stato costretto ad accettare, anche se presumibilmente quell’incontro scombina buona parte dei suoi piani per i blindatissimi due giorni di permanenza in città. Per un istante – brevissimo, sì, ma decisamente fuorviante – Helena prova un piacere immenso all’idea che lui non sappia ancora quanto intende scombinarglieli, quei piani. Poi si ricorda che non è una facile – inconcludente – vendetta quella che sta cercando e mette a tacere il rigurgito di un orgoglio che la sua intelligenza di donna adulta le ha insegnato da molto tempo a tenere a bada quando può essere controproducente. Non si va molto lontano nel “gioco dell’egoismo” con Brian Molko come compagno, e non serve a granché nemmeno quando lui è comunque il padre di tuo figlio.
-Si tratta di Cody.- mette avanti Helena.
Brian ha un moto di fastidio che proprio non riesce a nascondere, probabilmente sarà il fatto che cody è la parolina magica con cui lo ha trascinato in più di una spiacevole situazione da quando la loro storia è finita. E lei no, non è proprio quel genere di donna che usa il figlio come arma contro l’ex famoso e ricco – e poi di soldi non ha proprio bisogno! – ma non è nemmeno il genere di donna che accetta di crescere quello stesso figlio da sola, fingendo che il padre sia morto in guerra ed aspettando che il ragazzino compia diciotto anni per tirare fuori una verità da copertina di rotocalco. Quindi, alla reazione dell’altro, lei risponde con calma.
-Non fare quella faccia.- lo rimprovera cambiando appena il tono. Una punta meno affabile, abbastanza perché lui le lanci un’occhiata sospettosa e renda evidente che la sta ascoltando.- È ancora tuo figlio, sai Brian?- ci scherza su con un’ironia tutt’altro che gentile.
Vede la risposta acida di Brian lampeggiare nel suo sguardo quando si volta a fronteggiarla, ma lui è attento a non pronunciare alcunché ad alta voce e lei accetta quell’armistizio riponendo le armi a propria volta. Sorride di nuovo, appena più sincera e disponibile.
-E poi non ti sto chiedendo certo la luna. Dovrai solo tenerlo con te questo fine settimana.
Per un momento Brian boccheggia, spalancandole addosso due occhi che sono enormi proprio come li ricordava – come quelli di Cody – e che stanno quasi per strapparle una risata che lui non apprezzerebbe affatto. È che certe volte è così infantile! Arriva la cameriera a salvarlo in corner dal dire qualcosa di terribilmente stupido, posa le ordinazioni sul tavolo tra loro e Brian viene distratto abbastanza da riprendere il controllo della situazione. Quando la ragazzina si allontana, lo stupore ha lasciato il posto all’indignazione di un uomo irritato da un fastidioso imprevisto.
-No.- risponde, come se lei avesse lasciato intendere la possibilità di una contrattazione al riguardo. Helena sospira, sfila il tovagliolo da sotto il piattino degli antipasti e lo apre sulle gambe.- Ho degli impegni a Londra, Helena!- argomenta Brian. Mentendo, pensa lei continuando a non guardarlo, o meglio…i suoi impegni sono di tipo tale da poter essere rimandati tranquillamente per amore di Cody.- Non puoi chiedermi di fare la balia ad un bambino per due giorni! Significa mandare a monte tutti i programmi che avevo fatto! Lunedì ripartiamo e lo sai!
-Sì, certo che lo so.- concorda pacata. Anche perché è la prima cosa che lui ci ha tenuto a precisare quando si sono sentiti per telefono.- Proprio per questo e per il fatto che dopo mancherai fino ad autunno inoltrato, questo fine settimana terrai tu Cody.- ritorce asciutta.- Anche perché io non ci sarò, Brian, ho un impegno di lavoro in Germania e non posso proprio rimandarlo. E tu non vuoi che io mi rivolga ad un giudice tutelare per dirgli che siamo dei cattivi genitori per Cody. – aggiunge alzando gli occhi ad incastrarli nei suoi.
Helena ha imparato bene ad affrontare lo sguardo di Brian, non c’è quasi più nessun trucco che quegli occhi possano utilizzare con lei e lei ha smesso da tempo di esserne affascinata, intimorita o semplicemente distratta.
 
Stefan Olsdal non è particolarmente stupito di trovarlo lì quando apre la porta, dopo aver spiato la sua presenza – e quella del bambino bruno che gli dà la mano – dallo spioncino del battente. Non è nemmeno particolarmente spiazzato nel ritrovarseli entrambi, Brian e Cody, pronti e pimpanti fuori della soglia di casa che lo guardano sfoggiando un sorriso affascinante – e niente affatto rassicurante - il primo, ed un musetto gorgogliante bollicine di saliva nonché uno sguardo vivacemente perplesso, il secondo. Stefan è un uomo che ha imparato a gestire bene gli imprevisti - è una cosa che impari quando hai come compagno di band il Re delle Trovate Impreviste - quindi non lo spiazzano e non lo allarmano più. E sa che - se lo stesso Brian che lo ha salutato scendendo dall’aereo con un “a mai più rivederci fino a lunedì, Olsdal”, adesso è lì - significa che un imprevisto è proprio ciò che gli è capitato tra capo e collo.
E presumibilmente ha anche la consistenza del bimbetto gorgogliante che si sta infilando il dito in bocca in questo momento.
-No, Brian.- ci tiene a specificare.
Ma sa già che quel “no” sarà messo a durissima prova e non dubita di sentirlo trasformare in un “sì” in tempi da manuale.
Questo nemmeno quindici anni di lavoro assieme glielo hanno insegnato.
-Sei pessimo, Stefan. Non ci fai nemmeno entrare? Cody è stanco, è stato a ruzzolare nel parco fino ad ora.
Sospira, ogni concessione è una rinuncia sul terreno di battaglia ma si sposta dalla porta e viene premiato da un gridolino divertito e soddisfatto di Cody, che si libera dalla mano del padre e rotola dentro a tutta la velocità che le gambette tozze gli concedono. Non fosse un pupo tanto grazioso, Stefan immagina che troverebbe più facile cacciarlo fuori con quella serpe che si trova per padre.
Padre che, intanto, ha preso possesso di casa sua con tutta la flemma padrona che lo contraddistingue nell'invadere lo spazio vitale altrui.
Non crede di averlo mai visto introdursi discretamente nell'esistenza di qualcuno, Brian preferisce di gran lunga le entrate ad effetto e gli scoppi accesi.
-Stef, chi è?- chiede una voce dalla cucina.
-Oh, ma c'è anche Dave!- trilla allegro il bruno, svolazzando in direzione dell'altro ospite della “magione”.
“Ah, sì che c'è David, Brian”, formula pigra la mente di Stefan mentre lui lascia il battente perché si richiuda con un tonfo, “viviamo assieme!”
Non si spreca a farlo notare. Tanto sarebbe inutile quanto tutte le decine di volte precedenti in cui il suo cantante - e migliore amico - ha preferito ignorare quella verità fastidiosa per continuare entusiasticamente a violare la loro privacy senza neppure prendersi la briga di annunciarsi.
Ovviamente il suddetto David è affatto felice nell'affacciarsi alla soglia ad arco della cucina per ritrovarsi a meno di mezzo metro da quello che sta assumendo velocemente i contorni di un incubo ad occhi aperti, come comunica il suo sguardo che si sposta rapido ed implorante verso il compagno in cerca di un sostegno che Stefan non si sente di dargli. In piedi a braccia conserte dietro la schiena, Stefan Olsdal si sente tanto un traditore della patria e sicuramente un gran vigliacco.
-Brian...- constata a mezza voce David.- Che accidenti ci fai qui?
-Cosa vuoi che ci faccia?!- ritorce con il proprio peggiore candore il cantante.- Certo che ne fai di domande strane, David! Piuttosto, c'è del caffè in questa casa?- s'informa dribblando elegantemente l'altro per entrare di prepotenza in cucina a caccia di quanto richiesto.
In salotto Stefan intercetta il dito accusatore che il suo compagno gli sta puntando addosso e si limita a stringersi nelle spalle in un chiaro “cosa ti aspetti che faccia?! lo conosci!”, che non sortisce affatto l'effetto sperato. David gira rabbiosamente sui tacchi all'inseguimento dell'intruso, abbandonando bassista e bambino a vedersela da soli in salone, ed intercetta Brian un istante prima che cominci ad armeggiare pericolosamente con la macchina del caffè. Quando lui non oppone alcuna resistenza nel cedergli il bricco trasparente per accomodarsi in attesa all'isola centrale, David ha quasi la tentazione di romperglielo in testa. Desiste solo perché si ritroverebbe senza un lavoro e, presumibilmente, senza un ragazzo. E non vuole davvero scoprire che Stefan tiene comunque più a Brian che a lui...
-Beh, in ogni caso io ero lì a farmi una paccata e mezza di cazzi miei, mh?- inizia a raccontare il bruno, come se il discorso stesse proseguendo da sempre e tutti loro dovessero essere, quindi, perfettamente in grado di capire a cosa si stia riferendo. David lancia una seconda occhiata a Stefan proprio mentre lui fa il suo ingresso nella stanza con Cody appeso al collo che strillacchia felice di aver raggiunto nuove “altezze”.- Ed Helena mi chiama e mi fa “dobbiamo incontrarci!”, in tono così categorico che voglio vedere voi a dirle di no!
-Non mi sognerei mai di dire di no ad Helena, Brian, lei ed Alex rientrano in quel novero di donne che mi hanno convinto che essere gay sia una soluzione più che accettabile!- ci scherza su Stefan, sistemando Cody sullo sgabello di fianco al padre nonostante le sue manifestazioni di disappunto al riguardo.
David accenna una risatina ma non interviene e non si volta, così che non vede lo sguardo minaccioso di Brian che, palesemente, non ha nessuna voglia di scherzare, al di là del finto tono giocoso/casuale che sta sfoggiando per quella discussione. Come se loro due - David e Stefan - avessero davvero bisogno di una spiegazione per sapere dove andrà inevitabilmente a parare.
Il bricco trasparente s'incastra con un leggero scatto proprio sotto il bocchettone della macchina, David la accende e torna all'isola, appoggiandosi al ripiano, in attesa, rassegnato al finale di quella parodia insulsa.
-Allora capirai che non ho proprio potuto rifiutarmi di tenere Cody con me questo fine settimana.- “Bingo!”, pensa David intercettando la medesima allocuzione nello sguardo divertito del compagno.- Anche perché lei ha cominciato tutta una trafila sul fatto che deve andare all'estero per lavoro e che non saprebbe proprio come fare...Insomma, non ve la faccio lunga, ha avuto il barbaro coraggio di insinuare che siccome non la aiuto a tenere il bambino, allora lei sarebbe stata costretta a rivolgersi agli assistenti sociali!- esclama concitato.
-Agli assistenti sociali?- ripete Stefan, sinceramente sorpreso.
Brian annuisce vigorosamente, scandalizzato.
-Figuratevi se voglio che degli assistenti sociali si impiccino di mio figlio!- sbotta rabbioso.- Che poi voglio dire, non capisco davvero perché la faccia tanto lunga. Mia madre ha cresciuto me e Barry completamente da sola e non mi pare che nessuno di noi due ne abbia mai risentito.
-Sul punto avrei delle obbiezioni, Vostro Onore.- commenta David sarcastico.
-Brian, tua madre non ha lavorato un solo giorno in tutta la sua vita e tuo padre, in ogni caso, viveva con lei, a parte i viaggi di lavoro.
-Con questo che vorresti dire?- ritorce Brian storcendo il naso.
-Che non è la stessa cosa.- esplicita sbrigativo David, prima di voltarsi per recuperare tazze e caffè.
-A grandi linee.- ammette Stefan davanti allo sguardo del proprio migliore amico.
Cody si tuffa, mani avanti, sulla prima delle due tazze che David posiziona davanti a loro e suo padre reagisce in modo asettico ed istintivo, sfilandogliela da sotto il naso prima che possa raggiungerla ed assicurandosi poi che il bambino non cada dallo sgabello traballante.
-Solo perché io ho un lavoro più impegnativo.- ci tiene a precisare. E Stefan evita di fargli notare che nell'immaginario collettivo (per carità! con ogni considerazione del caso, eh!) si ritiene molto più impegnativo dirigere una grande Banca che non saltellare sui palchi di mezzo mondo con canzoni pop-rock di discutibile successo - Ma non mi pare di essermi rifiutato di aiutarla nei limiti del possibile! Non avrei accettato di tenere Cody con me, altrimenti, nonostante questo sconvolga tutti i miei piani.
-Siamo in dirittura di arrivo!- commenta David prima di affondare il naso nella propria tazza.
Brian gli tira un'occhiata trasversale di puro disappunto che lui ignora.
-Non ne dubito, Brian.- concorda Stefan serafico.- E, quindi, visto che sei consapevole dei tuoi doveri di padre e che il tuo senso di responsabilità ti ha correttamente indicato la strada del sacrificio per amore di tuo figlio, come mai sei qui a rompere le palle di venerdì sera?
 
-Consolati, almeno la giornata si è completamente guastata.
-Spero che si bagni fino al midollo, che gli venga una bronchite e che stavolta ci resti secco.
Stefan ride, consapevole di quanto David stia esagerando una stizza che prova solo in parte.
Intanto lo ha visto, prima, buttato sul tappeto dello studio a giocare con Cody ed un mucchio di penne colorate! incurante del fatto che quelle stesse penne stessero ampiamente contribuendo a ridisegnare i suoi amati pantaloni nuovi molto più di quanto non stessero facendo per la formazione artistica del piccolo.
Il gioco si è trasformato presto in una travolgente lotta indiani contro cowboy che ha visto Stefan nella parte di un improbabile Clint Estwood e si è conclusa con un pupo sfinito e sonnecchiante sul divano in soggiorno. Lui ne ha approfittato per uscire in terrazza a fumare una sigaretta e David per concedersi una doccia ed un cambio abiti veloci. Al rientro di entrambi nella stanza, il bambino è di nuovo sveglio ed attivo e si guarda attorno con aria famelica e sguardo fin troppo vigile.
Stefan è ancora impressionato da quanto, a parte per i colori, Cody possa somigliare a suo padre con quegli occhi enormi e quell'aria da monello furbetto.
-Non capisco come tu possa averglielo permesso.- riprende David in un mugugno insofferente.- Santo Cielo, Stefan! è venerdì e siamo chiusi in casa a fare da baby sitter!
-Guarda il lato positivo della cosa, sappiamo entrambi che se gli avessimo mandato a monte la serata avremmo pagato le conseguenze del suo malumore per eoni.- ribatte seraficamente il bassista, raggiungendo Cody che, saltato giù dal divano, si sta incamminando mezzo a gattoni e mezzo a balzelli in un improvvisato percorso di guerra tra i divani ed il tavolino del salotto.- Dove vai, signorino?- s’informa sorridendo al bambino, che gorgoglia in risposta.
-…mamma…?- borbotta con fare interrogativo Cody.
-Mamma, sì. Mamma è al lavoro, amore.- gli confida Stefan sollevandolo in braccio prima che provi a dare la scalata ad un vecchio cassettone sistemato tra il muro ed il divano.- La vedi lunedì, la mamma. Questi due giorni stai con papà, lo zio Stef e lo zio David.
-…evid.- ripete meccanicamente Cody, già distratto dalla consapevolezza che, a quell’altezza, il lampadario sembra immensamente facile da raggiungere…
-Sì, zio David che ora va a preparare la cena, perché non so tu, piccola pulce, ma io e lo zio Stef abbiamo fame!- annuncia David.- Stefan, attento a non farlo morire fulminato, sono quasi certo che per questo “tuo marito” potrebbe ucciderti.
-Mamma.- ripete convinto il bambino mentre Stefan segue il consiglio di David portandolo lontano dalle fonti di illuminazione elettrica.
-Uhm...Cody, sarà meglio che tu ti arrenda all'idea che tua madre non verrà a salvarti per i prossimi due giorni.- gli confida lo svedese osservando il visetto perplesso del bambino.- E sai, per quanto capisca perfettamente la bontà delle sue ragioni, non sono del tutto certo che sia davvero la scelta migliore per te.- aggiunge con un sospiro.
-...mh!- sbotta il bimbo, annuendo vigorosamente come avesse capito.
Stefan sorride, gli dà un bacio sulla guancia, a cui Cody risponde con un gorgoglio felice ed un sorriso enorme, e poi lo rimette a terra perché possa riprendere le sue esplorazioni della casa. Quando David li raggiunge per annunciare che la cena è pronta, Stefan e Cody stanno giocando a nascondino tra il letto e la porta dell'armadio e le risate del bambino e lo scalpiccio dei suoi passetti caracollanti riempiono casa in un modo che fa sorridere il ragazzo nell'affacciarsi alla soglia della stanza.
-Tana per Stefan nascosto dietro la cassettiera!- strilla David indicandolo tra gli urletti di Cody, che parte subito in quella direzione per cascare tra le braccia pronte dello svedese.- Sei troppo alto! La testa non ti ci sta mica lì dietro.- argomenta con convinzione il suo compagno.
-Ma non mi dire!- sbuffa sarcastico Stef, sollevando Cody in braccio.- Andiamo a fare la pappa?
-Bruuuugh- gorgoglia lui.
-Lo prenderò per un sì.- gli concede divertito l'uomo, avviandosi alla porta.
Non ha il tempo di uscire però. Cody comincia ad agitarsi con la convizione ostinata dei capricci infantili, scalciando e dimenandosi tanto da fargli credere che possa cadere da un momento all'altro. Stefan si affretta a rimetterlo a terra, solo per vederlo acquietarsi appena acquista consapevolezza della consistenza del pavimento sotto i piedini.
-Ehi...cucciolo...- mormora lo svedese, scostandogli i ricci scuri dal viso per studiare la sua espressione disorientata. Cody si mordicchia il pugno e si guarda attorno.- Che ti prende...?
Quando tira via le braccia, lasciandolo camminare incerto verso la fonte della sua attenzione, lo vede barcollare instabile sulle gambine fino alla porta della stanza. Cody si appende al battente per scostarlo via dalla propria traiettoria e David, perplesso quanto il compagno, si affretta ad aiutarlo. Dietro il legno il bambino scopre l'oggetto misterioso della sua curiosità: il  legno liscio e colorato di una vecchia chitarra che ha visto tempi migliori. Cody si siede lì davanti, allunga una mano verso le corde spesse e le aggancia malamente con l'indice ed il medio nel tentativo vano di tirare fuori un suono.
Quando la chitarra resta muta, Stefan e David lo vedono girare gli occhi verso di loro con un interrogativo silenzioso negli occhietti svegli. Sorridono.
-P...pa...p-pà?- domanda incerto.
Il sorriso muore sulle labbra di Stefan e David mentre si guardano.
-...e ora chi glielo dice a Brian?- mormora David.
 
David si è portato Cody a dormire. Stefan è entrato in camera da letto e li ha visti, abbracciati tra cuscini e coperte, ronfare beatamente, il piccolo pancia all'aria e l’altro attento a tenergli un braccio attorno alla vita per evitare che rotolasse giù dal materasso. La stizza di David, del resto, si è sciolta davanti ad un Cody starnazzante quell'unica parola come un mantra tutta la sera. Sembra che appena imparato a dirlo, “papà” - in tono sempre più alto e sicuro - sia diventato la formula magica di un incantesimo dalla riuscita improbabile. Papà non è apparso alle invocazioni di Cody, ma lui ha preso la cosa con uno stoicismo ammirevole, trasformando la litania in un sottofondo rumoroso dei propri giochi, finché il sonno non lo ha fatto crollare di nuovo sul divano in soggiorno.
Brian è educato come sempre - quando vuole - si annuncia al cellulare per non disturbare, con uno squillo breve, e Stefan si avvia alla porta per aprirgli, fa scattare il portone e poi la serratura nell'ingresso. Pochi minuti e lo sguardo brillante e sorridente dell’altro è lì davanti a lui.
-Potevi lasciarlo qui stanotte, se volevi.- gli dice.
-Oh, no. Non volevo disturbarvi oltre.- borbotta il cantante.
E Stefan sa che sta mentendo perché si sta già guardando attorno alla ricerca del bambino e la smania con cui perlustra la stanza gli dà la misura di quanto si sia pentito della scelta fatta. Sorride amareggiato, chiudendo la porta e facendolo soffrire un altro po’.
-Com'è andata la serata?- s'informa colloquiale.
-Uhm? Oh...bene...- sminuisce Brian scrollando le spalle.- Cody è stato buono?- chiede, ma la risposta non lo interessa e prosegue quasi immediatamente con l’ennesima frase di circostanza, mentre lo segue in cucina.- Mi spiace davvero di aver bloccato te e David in casa, contavo sul fatto che non aveste impegni ma effettivamente non ve l'ho chiesto...
Stefan avrebbe voglia di scoppiare a ridere ma si trattiene, nascondendosi nel frigorifero con la scusa di cercare qualcosa di fresco da bere.
-Grazie del pensiero!- lo prende in giro tornando a voltarsi per trovarlo già accomodato al bancone dell'isola centrale. Preleva due flute dal lavello e li posa sull'isola insieme con una bottiglia di vino bianco.- Non cambierai mai.- afferma, occhi nei suoi e sorriso garbato.
Brian ricambia con una risatina imbarazzata, offrendosi di stappare la bottiglia e porgendo la mano perché Stef gliela consegni insieme al cavatappi.
-A cosa brindiamo?- chiede poi osservando compiaciuto l'etichetta, prima di versare.
Stefan si accomoda sullo sgabello ed alza il bicchiere, fronteggiandolo da sopra un sottilissimo strato di bollicine trasparenti.
-Al mio migliore amico,- esordisce lentamente, strappando all'altro un'espressione sottilmente soddisfatta. Brian alza il bicchiere, ma prima che possa farlo tintinnare contro il suo Stefan prosegue apatico - che è uno degli uomini più impegnati che io conosca.- afferma piatto.- E poi al primo “papà” detto da Cody.
La faccia di Brian, mentre Stefan beve e lo osserva di nascosto, è una maschera di cera.
Il bicchiere rimane intatto sul tavolo della cucina.
 
Sebbene ci metta tutta l'attenzione del mondo, Cody si sveglia comunque. Brian gli posa un bacio leggerissimo sulla tempia, cullandolo per convincerlo ad appoggiare nuovamente la testolina ricciuta contro il suo petto, al riparo del giubbotto di pelle che lo protegge dalla fitta pioggerellina inglese. Il bambino sospira, il suo respiro caldo contro il collo fa sorridere Brian, gli posa una mano sulla guancia, delicatamente, per assicurarsi che l'acqua non lo raggiunga mentre attraversano la strada in direzione della jaguar parcheggiata contro il marciapiede.
Brian sa che Stefan li sta guardando da sopra il terrazzo; apre lo sportello e sistema il bambino sul sedile, rimboccandogli il giubbotto attorno al corpicino mentre ancora si muove in cerca di una posizione più comoda e poi sistemando la cintura perché lo protegga nel breve tragitto fino a casa. Quando ha finito, si gira e solleva una mano in direzione della figura scura ritta sullo sfondo della notte. Stefan ricambia e resta lì mentre anche lui sale in macchina e si allontana.
Ed è il loro modo di perdonarsi un po’ tutto, scambiarsi quel saluto silenzioso prima di lasciarsi. Ed anche se Brian lo sa che ha ben poco da perdonare a Stefan – la “cattiveria” di quella sera non è davvero tale, ma il solito rimprovero da amico paziente che lo svedese non manca mai di fargli, con tutta la delicatezza ma anche la determinazione che gli sono proprie – Stefan sa, invece, quanto per lui possa essere difficile accettare di aver sbagliato. E, quindi, sì, è necessario anche quel saluto e dirsi che da domani tutto torna alla normalità di sempre.
Una normalità dal sapore strano. Brian guarda Cody sul sedile di fianco, ora del tutto sveglio, che osserva il mondo con quegli occhi troppo grandi spalancati come potessero inghiottire il buio e ridargli luce in cambio. Sorride. La colpa è sua se quella parola si è persa per sempre e non avrà mai più lo stesso sapore; pensa che è ridicolo, perché lo aveva messo da conto che “non ci sarebbe stato” e che Cody avrebbe detto “papà” ad un immagine trasmessa da uno schermo.
Invece no. Invece non c’è stato, ma la colpa è solo sua. E se, già generalmente, la normalità ha il sapore dello straordinario nella sua vita, per una volta tanto non è nemmeno uno straordinario così eccezionale. È solo la mancanza di un padre distratto.
Cody si ribella alla cintura, le manine afferrano la portiera e Brian fa scattare la sicura centralizzata, mentre il bambino si arrampica con le braccia ed il viso fino al vetro, e rallenta l’auto gettandogli uno sguardo di tanto in tanto per assicurarsi che non si tiri in piedi sul sedile. Ma Cody resta buono con il naso incollato ad un finestrino coperto di gocce piccole che scivolano in basso e le segue con il dito, il fiato che si condensa sulla superficie trasparente.
-Quella si chiama “pioggia”.- dice Brian lento.
Cody lo guarda e poi torna a schiacciare il viso al vetro.
-…ghia!- trilla con convinzione.
 
Nota di fine capitolo della Nai:
 
Nuovo esperimento, indotto, stavolta, dalla volontà di far piacere un personaggio alla cara Keiko – giudice del terzo round del “Dodici Mesi di Feldetà” Contest.
Lei odia Brian Molko, la sottoscritta ama Brian Molko e, quindi, con l’arroganza che sempre la contraddistingue in questi casi, spera di riuscire a far piacere il personaggio anche a chi legge con tutti i “pregiudizi” del caso.
 
A parte questo, la storia non ha grandissime pretese – oh, invece sì, ma nella realizzazione pratica si sono perse praticamente tutte! XD – e confido solo che possa divertirvi, piacervi o intenerirvi soltanto.
Io sarò felice di qualsiasi attenzione possa suscitare da parte vostra.
Con affetto,
MEM
  
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