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Autore: Glance    07/06/2010    5 recensioni
Sei mesi, la conoscevo da soli sei mesi. Eppure potevo dire di esistere veramente solo da quando il battito del suo cuore scandiva ogni momento che passavo con lei. Sei mesi e oggi sarebbe stata la ricorrenza della sua nascita, il suo compleanno. Il fatto che fosse nata era qualcosa per cui festeggiare, qualcosa che bastava a giustificare la creazione dell’intero mondo.(Quello che di Edward non é stato scritto in NEW MOON)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Il ricordo di una sera in cui avevo osato rubare quello che mi era proibito.
La bellezza di una vita che dorme ignara e indifesa. L’avevo vegliata nascosto, invisibile tra le mie infinite domande, i mie timori.
Divorato dal bisogno di assecondare una natura da cui fuggivo da tempo immemorabile.
L’istinto che lottava contro ogni mia ragione, contro la forza di una razionalità che davanti a quel mistero che lei era veniva meno.
Notti dove rimanevo immobile, nascosto. Oscuro custode dei suoi sogni, appena bisbigliati tra quelle parole che contenevano frasi che mi raccontavano, che mi facevano richieste cariche d'aspettativa.
La luce del giorno mi aveva poi consegnato al suo sguardo e lei mi aveva guardato come si guarda un angelo. Con lo stesso stupore.
Un angelo della notte, vestito di tenebre: l’avvolgevo con il mio sguardo e nel mio abbraccio.
Perché aveva ricambiato quell’offesa con l’amore?
I suoi occhi increduli mi avevano riconosciuto, accarezzato, si erano poggiati su di me oltre la polvere di anni che mi erano scivolati addosso senza lasciare tracce. L’avevo presa tra le braccia e non ero fuggito e non era fuggita, mentre la bestia mai così feroce in me valutava mille modi per portare a compimento gli affondi sul quel fragile collo.
Contenevo, contrastavo.
Su ogni gioia il suo balzo sordo.
Invocavo quei morsi, morendo ogni volta, volendo su di me ogni castigo che venisse a soffocare quella voglia del suo sangue.
Il suo sangue che aveva reso il mio sguardo furente, lo stesso che ora mi rendeva forte.
La mia maschera che mi celava agli altri si era sgretolata sotto le sue dita.
Maledetto e ubriaco di lei.
Avrei continuato a camminare nel mio deserto, tra la mia rabbia, nel disgusto per me stesso, tra infinite menzogne. Quelle che lasciavo al mio passaggio erano orme insanguinate.
Le avevo spezzato il cuore pronunciando una bugia. La sua vita, la sua semplicità erano tutte lì soffocate da ciò che ero.
Per me non c’era vecchiaia, pericoli, il suo cammino ne era un percorso inevitabile.
Quanto ero stato stupido!
E tornavano ricordi di notti d’inverno, di strade che mi avevano visto ramingo. Senza sapere quale fosse la mia meta o il mio scopo, preda di ogni debolezza. Un cadavere che a sua volta uccideva.
Il mattino risorgeva sul mio sguardo smarrito e morto. Ricordi di un tempo in cui la mia vista mi restituiva i contorni sfocati di rosso di città sconosciute.
Non appartenevo più al mondo dei vivi, ma scavavo alla ricerca di una morale che alleviasse il mio supplizio. La luce si negava ai mie occhi, disertando il mio cielo e io solo una bestia che si aggirava in cerca dell’uomo che ero stato.
Nutrendo in me il desiderio di essere salvato.
Avevo avuto il dono del suo cuore, di giorni leggeri che non conoscevo e mai avrei creduto di percorrere.
La sorte di quel ragazzo che aveva perduto le sue lacrime, spento i suoi occhi e il battito del suo cuore, mi aveva tormentato.
La mia anima era morta, ma lei mi aveva rapito facendomi prigioniero del suo paradiso.
La sventura sembrava essere il mio solo oblio. Ma sarei potuto morire d’amore.
La mia noia indolente, tutti i fardelli, non sarei più stato capace di ricordarli con lei.
Ero stato prigioniero della mia ragione, senza conoscere la felicità di vivere le piccole cose assaporandole attimo dopo attimo.
La sua innocenza meritava di avere il tributo di lacrime da versare.
Con lei avevo creduto di intravedere la salvezza della felicità, ma la dannazione è eterna e non conosce redenzione.
Ingoiavo il mio veleno, la gola mi bruciava, la sete che mi stringeva in una morsa di dolore fino a soffocarmi era l’inferno, ma l’avrei affrontato per lei. La mia condanna, la mia pena eterna se serviva alla sua salvezza.
Avrei continuato all’infinito a scegliere la vita, la sua vita, sempre e comunque.
In quel mio inferno personale, in quella dannazione che sarebbe stata la mia eternità.
La vergogna, il rimproverarmi all’infinito. Errori che sarebbero tornati nello schermo dei miei occhi che le avrei celato, il mio essere ignobile e la mia rabbia.
Ma mai avrei permesso che mi venisse strappata.
Valutava Aro e la sua sete si sovrapponeva alla mia, così ugualmente intense, così inevitabilmente uguali. Le immagini della sua mente invasero la mia. Nei miei occhi il viso di Bella, snaturato dei suoi tratti, glaciale e granitico come il mio, come tutti loro.
I suoi occhi splendenti di vita, imprigionati nella trasparenza immobile del vetro.
Rossi, distanti e vuoti. Senza più un’anima da riflettere e raccontare. Come me.
“Ho sete, tanta sete.” Ripeteva la voce mentale di Aro a cui faceva eco quella del mio mostro.
Ma poi il ricordo dell’odore della pioggia sui suoi capelli, dell’erba sotto i nostri corpi, il chiarore della luna, e poi il suono di un campanile che rintoccava mezzogiorno.
L’orrore della mia stupidità che ci aveva condotti fin lì. Sentire la mia sete, subirla, non mi avrebbe più allontanato da lei.
Aro e quella sua richiesta che l’avrebbe resa schiava per l’eternità. Legata a quel mio mondo inesorabilmente, dove il mio egoismo l’aveva imprigionata.
Aro e quella richiesta che avrebbe comunque decretato una fine.
Ero immobile capace solo di emettere un sibilo sordo nell’attesa.
Io che non potevo più dormire, dannato e morto, che per il mondo non sarei dovuto esistere non riuscivo a descrivere neanche a me stesso i sentimenti che in quel momento si agitavano in me.
Non riuscivo ad articolare nessuna parola.
Paura. Era paura quello che provavo, di sentire le sue labbra emettere la risposta che più temevo.
Non potevo permetterle di accettare la desolazione di tutto quel niente. Non poteva dimenticare ogni umano dovere solo per potermi seguire nel tormento della mia esistenza.
Aro la forza della seduzione che sapeva parlare della morte teneramente.
Aro che si muoveva con la grazia della lusinga.
Era tutto lì nella sua mente quel nuovo scenario, io lo vedevo.
Fu Caius a spezzare il silenzio dell’attesa.
- Che cosa?- Chiese ad Aro. La sua voce quasi un sussurro, priva d'inflessione.
“Chissà poi cosa vuole, ma certo la sua esistenza non è scialba come la mia, per lui tutto è estremamente più interessante, migliore. Quando non si può morire, e non possiedi alcuna dote non ti rimane che il malumore con cui convivere.” Pensava Caius mentre ascoltava la risposta di Aro.
- Caius, non dirmi che non ne vedi le potenzialità.- Ribatté Aro affettuoso.- Non incontro talenti così promettenti da quando abbiamo trovato Jane ed Alec. Ti rendi conto di quali possibilità avrebbe se si trasformasse in una di noi?-
Le spalle di Caius si alzarono impercettibilmente mentre abbassava lo sguardo seccato. “ Non capisco, non ti capisco Aro.” Volò il suo pensiero e mi raggiunse mentre lo sguardo di Jane si accendeva indignato per il confronto. “ Non sono gelosa, non mi lascerà mai.” Pensava la piccola Jane.
La mia rabbia incontenibile ribolliva in me, nel mio petto, mentre aspettavo. Lei non poteva voler vivere come una sonnambula. Aveva diritto a vivere nel suo mondo reale, non poteva voler conoscere la miseria del mio. Ma ero in fin dei conti un essere egoista e per un attimo valutai i vantaggi se la sua scelta fosse caduta nel mio mondo.
Avremmo camminato insieme, avrebbe cacciato correndo al mio fianco, senza pensieri, senza sofferenze. Le stesse leggi avrebbero regolato le nostre esistenze. Condividendo, potendo essere me stesso, ascoltando i miei desideri, ricompensato dopo aver sofferto tanto.
Ma poi guardai gli anni di rimpianti sedimentati su quel mio cammino di speranze infrante. Conoscevo le conseguenze di ciò che ero, di quella scelta e non potevo volere questo per lei. Non potevo solo per l’egoismo di averla al mio fianco.
Non c’era un cielo per qualcuno come me, solo sofferenza e un’infinità di timori da poterle dedicare mentre una sete malsana mi scorreva dentro.
I ricordi di quando mi trascinavo tra vicoli maleodoranti tornò con il suo disgusto che stonava con la sua dolcezza mortale.
Mi odiavo!
E non avrei mai potuto in un modo o nell’altro smettere di farlo, per me, per lei, per tutto quello che avevo portato nella sua vita, per tutto quello che era sfuggito dalla mia, divorato dalla febbre e dal dolore in quell’infausto risveglio.
Ma l’amavo e questa era la sola realtà a cui credevo a cui avrei dato ascolto.
Un giorno sarebbe sparita con la meraviglia di aver vissuto. Avrebbe raggiunto il suo cielo.
Sarebbe scomparsa e a me sarebbe rimasta la storia di quella mia pazzia. Tra libri di letteratura fuori moda, ritornelli insignificanti che all’inizio avevano riempito notti di silenzi, mentre ascoltavo, fissandola, la vertigine della vita che non mi apparteneva più.
Lei sarebbe andata lontano nell’unico posto dove non avrei potuto raggiungerla.
Il suo amore mi aveva restituito al mio sonno, guardarla dormire, perso nel suo odore e nei suoi sogni.
Avevo giustificato i miei gesti con argomenti falsi, tra allucinazioni di realtà di mostri, ma invidiavo ciò che era innocente, il sonno di chi poteva sognare.
E poi era arrivata lei e il mio addio al mondo, al tempo, lo dimenticai.
La mia eternità sarebbe stata troppo immensa senza di lei. Non ci sarebbero state più voglie, più nulla e sarei sparito, nel nulla che mi aveva generato.
Ma adesso era lei ad avere cura della mia vita e io mi sarei preso cura della sua.
Lei mi aveva rapito nella mente e nel corpo annullando ogni sforzo. Tutto ciò che sarebbe venuto d’ora in avanti non sarebbe costato alcuna fatica.
Lei era la mia anima, splendevo della sua luce.
- No grazie. – La voce che era la melodia della mia vita suonò in quel luogo in un sussurro appena udibile, spezzato dalla paura.
Il mio sollievo e la mia angoscia, il sospiro di Aro.
- Che peccato. Che spreco.- Il pericolo spalancò le porte del terrore, la somma di giorni, i più tristi che avessi mai potuto ricordare di avere avuto salutarono la fine che sentii vicina, e fu come essere preda di una indicibile debolezza, relegato senza speranza ai confini di quel mondo d’ombra fatto di ombre che mi avrebbe dato la giusta fine, che non potevo accettare per lei.
Cercai nella mia mente una via d’uscita, dovevo sviare l’attenzione da lei.
Averla incontrata era stato come fare un tuffo in acque limpide, lavato dal lerciume di quell’esistenza dannata. Mi aveva dato per destino la felicità, e io in cambio rimorsi e scuse.
La mia esistenza troppo immensa, la sua vita forte di ogni bellezza, i morsi di una felicità troppo dolci da potervi rinunciare.
Sentivo approssimarsi l’ora della fine e cercavo una fuga da quella situazione, dal mio passato che interferiva nel presente. Non potevo rinunciare, dire addio a tanta bellezza.
Avevo avuto ragione di provare il disprezzo che sentivo. Soltanto il giorno prima il cielo sopra di me aveva ascoltato i miei sospiri rassegnati che non mi abbandonavano ancora.
Quanti dannati aveva osservato costretto a guardare tra una carità che era morta.
Il tempo era passato e ci conoscevamo tutti.
Facevamo ribrezzo, ma eravamo beneducati, corretti nelle relazioni con la gente e questo già poteva lasciare interdetti e far stupire. Non creavamo disordine ma eravamo distanti da tutto ciò che era eletto, nessuna benedizione solo ringhi di falsi prescelti da avvicinare con coraggio e umiltà i soli eletti del nostro mondo e non ci avrebbero benedetto.
Cercai in me ancora una volta la ragione, tra il malessere che si originava dal non essermi immaginato per tempo in quale guaio saremmo potuti finire.
La colpa era mia e mi sarei accusato di tutti gli sviluppi che ne erano scaturiti.
Non pensavo di fuggire alla mia condanna quando parlai, ma piuttosto di evitare il peggio per lei e mia sorella. Avrei parlato alla razza antica cercando l’incongruenza delle loro leggi , non mi sarei dato per vinto. Al di la della notte sfuggiva la mia ricompensa ad un futuro eterno, avrebbero fatto a meno di me.
Una volta avevo avuto una giovinezza, amabile ed eroica tutta da scrivere. Per quale delitto o errore mi ero meritato quella sfortuna, la debolezza di quel momento?
Come era possibile che si pretendesse che le bestie scoppiassero in singhiozzi di dolore, che i morti avessero brutti sogni? Non trovavo la logica di una spiegazione e forse oggi sarebbe terminata la relazione con il mio inferno quello più antico che mi aveva aperto le porte.
Avrei fatto parte di quei corpi morti che sarebbero stati giudicati. Avevo cercato d’inventare nuove possibilità, chiesto perdono per essermi nutrito di menzogna anche se venni ingannato a mia volta.
La severità di questa nuova ora stava per approssimarsi. La mia gola sibilò.
La proposta è “unitevi a noi o morirete”, vero? L’ho capito appena siamo entrati e tanti saluti alle vostre leggi-. Gli occhi di Bella si fissarono su di me, sulla mia furia.
Cercavo le parole da dosare con cura.
La severità di un giudizio, della sentenza si approssimava come un’ora nuova sul quadrante di un orologio. Avrei stretto a me quella nuova realtà dell’inganno che non conosceva carità, che era per me sorella della morte.
Forse prima mi sarebbe stato concesso di chiedere perdono per la menzogna che ero, tra l’assenza di mani amiche che non mi avevano soccorso.
Ma avrei cercato fino alla fine una vittoria, mentre digrignavo i denti. La mia mente avrebbe accantonato i suoi ricordi immondi, dileguato i miei ultimi rimpianti.
Aro placò i suoi sospiri ammorbanti guardandomi perplesso. - Ma certo che no, eravamo qui riuniti Edward, in attesa del ritorno di Heidi. Non di voi.- Fuori l’approssimarsi della sera e io che cercavo solo vendetta, ma dovevo mantenere la calma e la lotta dentro di me era furente, mentre la tenerezza per lei incontenibile.
Continuava a guardarmi con lo sguardo dilatato dalla paura. Io conoscevo l’inferno e vi avevo condotto tenendola per mano anche lei, mi ero sentito autorizzato a possedere un’anima e un corpo con la sua verità di vita.
-Aro.- Sibilò la voce di Caius.- La legge li reclama.-
Nella grande piazza di quel borgo vociare di fanciulli, tra il rintocco del campanile che mi aveva visto luminoso. Lo sventolio di drappi rossi, le salite che avevano accolto la corsa di Bella, la sua tristezza. Il mio sguardo si posò su Caius incenerendolo.
- Spiegati.- Gli dissi non appena la sua idea si fu placata. Volevo che gli altri sentissero.
Caius la indicò con un dito scheletrico.- La ragazza sa troppo. Le hai rivelato i nostri segreti.- La voce sottile. “ Lei è già morta perché ostinarsi in questa farsa”. Nubi si addensarono sulla mia eternità, su quel mare di lacrime da non poter versare che ricordavo calde come lei. Quella era la fine del mondo lontano anni luce dalla mia casa, dalla mia famiglia in una città mostruosa di una notte senza fine.
ma in quell’ora di amarezza sembrò aprirsi uno spiraglio. Raccolsi su di me brandelli di una calma che andava cadendo a pezzi.
- Eppure mi sembra che nella vostra combriccola ci siano altri umani.- Precisai. Il mio pensiero volò a Gianna e ne feci chiaro riferimento.
Sul volto di Caius apparve un ‘espressione nuova. Forse era un sorriso. Il principe era irritato.
-Sì.- Confermò.- Ma quando non ci sono più utili, diventano fonte di sostentamento. E tu non farai altrettanto con lei. Se rivelasse i nostri segreti, saresti pronto a distruggerla? Credo di no.- Disse.
E il tempo degli assassini scese sulla sua voce.
-Io non…- Le parole di Bella e lo sguardo di Caius a fulminarla.
-E non sei nemmeno disposto a trasformarla in una di noi.- Proseguì estasiato nel pregustare l'imminente distruzione.-Perciò lei rappresenta un punto debole. E'la sua vita che reclamiamo voi potete andare se lo desiderate.- L'estasi della distruzione, il nutrirsi della crudeltà che sentii arrivarmi dalla sua mente.
Il mio ringhio venne a scoprirmi i denti.
Quell' amore, la mia felicità indicibile da non riuscire ad essere sopportabile. Un amore che nei romanzi che lei amava leggere annientava come poteva non morire? Dunque saremo morti insieme, se fosse stato inevitabile. Diedi fondo a tutte le risorse, scandagliai quelle menti alla ricerca di un punto debole, una falla che mi desse una possibilità.
Dovevo essere un maestro che sapiente suonava la sua musica.
-Come pensavo.- Disse Caius e fu un lampeggiare di occhi. Felix si fece avanti impaziente. -A meno che...- Aro con le sue pose di falsa tenerezza lo interruppe. La piega della discussione sembrava non soddisfarlo.
- A meno che non sia tu stesso a darle l'immortalità.- Le mie labbra si corrugarono nell'attimo d'esitazione che ne seguì. Avrei voluto nuovamente le mie lacrime a bagnarmi gli occhi, poter sentire il mio cuore battere furioso di rabbia. La chiave per aprire le porte di quella prigione stretta nelle mie mani. Con le spalle al muro senza via d'uscita. Davanti a me la bellezza di una vita e la morte con il suo sibilo a cui sottrarla.
Sentire la sua pelle rabbrividire. Pensieri si susseguirono veloci. L'angoscia per ciò che avevo sempre temuto, da cui avevo sempre cercato di difenderla: diventare come me, parte del mio mondo. Una voragine mi si aprì davanti . Non avevo scelta, ma se avessi giocato d'astuzia forse...
-E se lo farò?- Avevo trovato l'amore e come un gentiluomo di un tempo lontano che mi aveva visto parte di se dovevo trovare il modo di proteggerla. Mettere da parte rimpianti e commozione. Accettare solo per uscire da lì, portarla in salvo, lontano.
Aro sorrise e in me s'insinuò lo scetticismo che si tramutò in certezza quando lessi nella sua mente le sue intenzioni. “ Dovrai promettere e mantenere. Non ci saranno seconde possibilità”.
Se lo farai, vi concederemmo di tornare a casa e di salutare il mio amico Carlisle.- La frustrazione sul mio viso.
Ma temo dovrai impegnarti con una promessa.- Ed ecco nuovamente il tempo degli assassini, ciò che ero, a cui appartenevo. Quel tempo che mi camminava incollato addosso farsi incontro con la sua mano da immortale sollevata, ero quello, uno di loro e ciò che erano sarei diventato, ma poi era arrivata lei e tutto era cambiato. Mi fissava Aro con il sorriso della vittoria di chi ha circondato la propria preda in un abbraccio senza speranza. Le mie labbra rigide e il viso cupo di Caius che si rilassava. Una smorfia che incontrò lo sguardo implorante di Bella.
Prometti.- Sussurrò. - Ti prego.- Come poteva pregarmi per ottenere l'accesso a quel mondo.
“Come puoi volere che ti faccia questo amore mio?” La guardavo con tutta l'angoscia che l'intero mondo poteva essere capace di contenere, mentre nei miei occhi scorrevano le immagini degli unici ricordi che ormai sentivo di possedere. Le nuvole delle mattine di Forks, il sapore di baci tra la sofferenza e la paura di un solo errore che le sarebbe costato indicibilmente, il suo profumo, la nebbia di quella che adesso consideravo casa che non pensavo potesse mancarmi, la devastazione del primo incontro in un'aula dell'ennesima scuola, la pioggia umida, fredda, che lei proprio non riusciva a sopportare. Quella confessione innocente fatta proprio a me.
A quel punto Alice con le immagini che tante volte avevo visto scorrere, mi sollevò da quella promessa.
Si fece avanti e si avvicinò ad Aro tenendo la mano alzata. Ci voltammo verso di lei. La guardai muoversi portatrice di ritrovata speranza.
Non disse nulla e Aro allontanò le proprie guardie, che nervose avevano fatto già un passo verso di lei. Le si avvicinò prendendole la mano con una luce curiosa ed impaziente negli occhi.
Osservavo mia sorella e quello che dei suoi pensieri conoscevo già, osservavo la morte senza lacrime avanzare verso di lei con la mente aperta ad ogni possibilità, osservavo il mio amore disperato e bellissimo.
Le mani di Alice tra quelle di Aro, il suo viso chinato su quell'intreccio gli occhi chiusi per concentrarsi. Mia sorella ferma ed impassibile al contrario di me che non potei evitare di far scattare i denti. Nessuno osava muoversi. Aro sembrava immobilizzato mentre immagazzinava pensieri e ricordi e visioni di futuro. Ad un tratto la sua risata soddisfatta nella sua decisione.
E' stato davvero affascinante.- Alice Abbozzò un sorriso, Bella tornò a respirare io ad avere la mia vita nuovamente al sicuro tra le mie mani.
Sono lieta che ti sia piaciuto.- Aro era strabiliato, dal potere di Alice. Ignorava che qualsiasi cosa poteva intervenire a cambiare quello che aveva appena visto, ma questo era un bene lo avesse ignorato.
Che gran cosa vedere ciò che hai visto...specialmente gli eventi che non si sono ancora compiuti.- Scosse la testa sbalordito.
Ma che si compiranno.- Precisò calma Alice.
Sì, sì, ormai è tutto chiaro. Non c'è alcun problema ne sono sicuro.- La delusione di Caius era pari a quella di Felix e Jane.
Aro!- Esclamò, nervoso. Ma Aro pensava alle opportunità di quella scelta.
“Talenti!” La sua mente ripeteva. “ Strabilianti, assolutamente necessari.”
La sua passione la nostra salvezza.
Caius, mio caro.- La sua risposta accompagnata da un sorriso.- Non essere impaziente pensa alle opportunità! Non si sono uniti a noi oggi, ma ci resta la speranza per il futuro. Immagina quanta gioia potrebbe portare la giovane Alice, da sola alla nostra piccola famiglia...e poi sono curiosissimo di scoprire cosa diventerà Bella.- Non riuscivo a tollerare di sentire il suo nome pronunciato dalla bocca di Aro che non si rendeva conto di quanto relativo fosse quello che aveva visto.
Perciò ora siamo liberi di andarcene?- Chiesi più sollevato dalla certezza che quella decisione non sarebbe cambiata. Sì, sì.- Rispose.- Ma vi prego tornate a trovarci. E' stato davvero incantevole!- Era euforico e trionfante il capo dei Volturi.
E noi ricambieremo la visita.- Promise Caius, più lucido di Aro. Gli occhi sbarrati come lo sguardo di un rettile.- Per assicurarci che avrete rispettato le decisioni. Fossi in voi non attenderei troppo. Non diamo mai una seconda opportunità.- Serrai le mascelle annuendo. Caiuis non possedeva talenti di lettura del pensiero o preveggenza, ma intuiva che avrei fatto di tutto per non dare seguito a quell'accordo. La cosa importante in quel momento però era solo uscire da lì e al più presto. Tornò a sedersi vicino a Marcus immobile e disinteressato.
Il disappunto di Felix si palesò in un ringhio.
Ah, Felix,- disse Aro sorridente e divertito,- Heidi sta per arrivare. Abbi pazienza.- Sapevo che da lì a poco si sarebbe consumato l'ennesimo scempio di vite e non volevo che Bella si trovasse lì. Dovevamo andare via subito.
Aro ci pregò di attendere che fosse calata la sera prima di uscire dal palzzo, poi rivolto a Felix si fece consegnare la mantella e me la porse. La indossai.
Ti sta bene.- Sospirò Aro. Trattenni un ghigno.
Grazie, Aro. Aspetteremo al piano di sotto.- Mi voltai e circondai i fianchi di Bella con un braccio mentre Aro ci salutava.
-Andiamo.- Dissi chinandomi ed esortandola a camminare, mentre Alice la proteggeva dall'altra parte. Mia sorella mi guardò con un'espressione rigida sul volto.
-Non siamo stati abbastanza veloci.- Mormorò. Annuii preda dell'angoscia. Di lì a poco si sarebbe consumata una tragedia e non avrei potuto risparmiare Bella da quell'orrore. Istintivamente la strinsi al petto e con lo sguardo cercai il primo spiraglio utile che mi avesse permesso di allontanarla da lì in fretta, ma era tardi la comitiva di turisti che avrebbe fatto da pasto accompagnata da Heidi a cui aveva fatto riferimento Aro ci passò accanto. La sua voce melodiosa ad accoglierli. Non fu difficile per Bella capire quale sarebbe stata la sorte di tutte quelle persone. Il suo viso era terrorizzato e le lacrime le inondavano gli occhi. Accelerai il passo costringendola a correre, ma non fu sufficiente, da lì a poco iniziarono le urla.



Eccomi con un nuovo aggiornamento. Spero vi piaccia.
Come sempre il mio grazie a chi segue, legge , preferisce e ricorda.
Questo capitolo ha preso ispirazione da una delle mie letture “ Arthur Rimbaud e per il precedente da Emily Dickinson”

A voi che avete lasciato la vostra opinione un abbraccio forte.



Ninfea Blu

Ciao. No, non sbagli il capitolo è meno diretto perché secondo me il momento lo richiedeva. Edward ascolta, valuta, fa riferimenti e comparazioni. La capacità di pensieri simultanei in questo lo aiuta. Può perdersi nei suoi percorsi mentali e contemporaneamente cercare di capire la situazione. Ti confesso che invece è un discorso a parte entrare nella mente di Aro. NO, non è facile scandagliarla. Spero di essere riuscita almeno in parte a farlo e a rendere l'idea del momento particolare. Mi fa piacere ti sia piaciuto. Speriamo ti coinvolga anche questo. Baci. Glance.


arte
Come sempre grazie dell'attenzione che poni nel commentare. Sono lieta che continui ad apprezzare e che come ho delineato gli altri personaggi ti sia piaciuto. Non è stato un lavoro facile da fare specialmente con Aro. Anche questo capitolo è stato abbastanza impegnativo, ma spero di essere riuscita a renderlo al meglio. Ancora grazie. Un bacio. Glance.


Cicciolgeiri
Ho cercato di fare più presto che ho potuto con il nuovo aggiornamento, ma il capitolo è stato abbastanza impegnativo. Spero che ti sia piaciuto. Baciotti. Glance


giugiucullen
Che bello. Sono contenta. Spero di continuare ad avere la tua attenzione e il tuo entusiasmo. Baci. Glance.


ANNALISACULLEN
Spero di aver soddisfatto la tia curiosità e che il nuovo capitolo, anche se un po' in ritardo ti piaccia. Aspetto di sapere cosa ne pensi. Baci. Glance


lon8tana
Carissima, ben tornata, mi fa piacere che tu stia leggendo la mia versione di New Moon. Spero ti piaccia, sto cercando di fare del mio meglio per rendere il punto di vista di Edward. Aspetto la tua opinione. Baci. Glance
  
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