- “correre”
- L’unico
pensiero
che mi venne in mente fu quello. Ogni cosa che si poteva considerare razionale nel mio cervello era
completamente sparita quando avevo messo piede in quella scuola
abbandonata.
- -Cam?-
chiamai a
bassa voce sperando con tutta me stessa che rispondesse. Ma, come del
resto mi
aspettavo, nessuno rispose. Avanzai nel lungo corridoio buio e il
rumore dei
miei passi rimbombò in maniera incredibilmente inquietante e surreale.
Feci un
lungo respiro cercando di non pensare al buio che mi attanagliava.
- Buio. Ero
praticamente terrorizzata soltanto da quella parola, figuriamoci
trovarmici in
mezzo senza torcia e non sapendo nemmeno dove andare.
- Pregavo che
mia
cugina spuntasse all’improvviso da una porta con il solito sorriso
strafottente
così chè potessimo andarcene senza incontrare pericoli. Ma mentre quel
pensiero
si faceva strada tra i miei ancora funzionanti neuroni (gli stessi che
mi
avevano maledettamente convinta ad entrare il quel luogo da
sola) sentii di non essere l’unica in quell’edificio.
Un’inquietante presenza
si stava facendo
largo e si avvicinava a me passo dopo passo facendomi rizzare i capelli
sulla
nuca. Sentii freddo in tutto il corpo e rabbrividii come se fossi stata
attraversata da uno spirito morto.
- Tra tutte le
parole
che potevano venirmi in mente, morto non
era delle migliori.
- Uno strano
cigolio
mi fece dimenticare tutto il resto, mi girai di scatto verso il grande
portone
chiuso e voltai la testa un paio di volte presa dal terrore. Per quel
poco che
riuscivo a vedere non c’era nulla.
- Inspirai di
nuovo
tentando di calmarmi
- “tranquilla… stai calma. Devi trovare Cam e
uscire immediatamente di qui”
- Ero sicura
che mia
cugina fosse in pericolo ma non riuscivo a capire perché.
- Di nuovo il
cigolio, più forte e insistente. Urlai senza rendermene conto e scappai
attraverso il corridoio lasciandomi dietro solo lo strisciare dei
grossi
stivali sul pavimento cerato. Mi fermai davanti alla prima grande rampa
di
scale indecisa su cosa fare. Conoscevo ogni aula di quel posto dove
avevo passato
gli anni della mia infanzia come scolaretta viziata.
- Destra
mensa, aule
di musica, informatica e biblioteca. Sinistra uffici, palestra,
sgabuzzini e le
altre aule.
- Mi guardai
ancora
indietro e decisi per la sinistra. Corsi più forte che potevo cercando
di non
inciampare nei miei stessi piedi ed entrai nella prima aula spalancando
la
porta con un certo fracasso. La luce della luna filtrava dalle alte
finestra
facendo sembrare sinistri i disegni attaccati alle pareti ormai
ingialliti per
il tempo. I banchi e le sedie erano tutti in disordine, alcuni per
terra, altri
senza nemmeno le gambe a sorreggerli. Ma più di tutto mi terrorizzò
l’aria
gelida che mi venne addossi appena aprii la porta: com’era possibile
che in
quell’aula facesse più freddo rispetto al resto della scuola?
- Deglutii
cercando
di non scappare via urlando, constatai che Cam non era lì e me ne andai
lasciando la porta aperta. Ricominciai a correre mentre il sudore
freddo mi
imperlava la fronte e iniziavo a respirare irregolarmente. Percepivo
qualcosa
dietro di me ma ogni volta che mi voltavo vedevo solo buio pesto.
- Poi si udì
in
lontananza una risata. Il suono più spettrale e perverso che avessi mai
sentito… si ripetè di nuovo e poi ancora. Ed ogni volta sembrava sempre
più
vicino a me, quasi come mi stesse per raggiungermi da un momento
all’altro.
Singhiozzai e continuai a correre inciampando e rischiando di cadere;
spalancai
una porta dopo l’altra mentre le lacrime e il panico si facevano strada
dentro
di me
- -Cam…-
mormorai
aprendo l’ennesima porta e trovando ancora l’aula deserta e spettrale.
Lasciai
uscire il pianto frastornata e mi guardai attorno in segno di resa. Mia
cugina
non c’era, poteva essere ovunque magari già sul punto di morire. Ed io
la stavo
cercando in quella scuola pur sapendo che qualcosa, o meglio qualcuno mi stava seguendo,
probabilmente per farmi del male visto che negli ultimi due mesi mi era
capitato spesso di essere seguita da uomini vestiti di nero. Tutto era
cominciato quando…
- Spalancai
gli occhi
e indietreggiai come se volessi sottrarmi al buio. Improvvisamente mi
era tutto
chiaro.
- Eljiah.
- Da quando
l’avevo
conosciuto la mia vita aveva preso la fatidica piega disastrosa che
nessun
essere umano vorrebbe avere. Aggressioni, inseguimenti, omicidi e altre
strane
e inquietanti coincidenze. Solo due giorni prima Eljiah e Cam si erano
conosciuti… e ora lei era sparita, andata a giocare
a nascondino con degli amici.
- Giocare
a nascondino…
- Eljiah
sapeva che
avevo paura del buio. Sapeva che avrei fatto di tutto per Cam e, ne ero
certa,
centrava qualcosa con tutti quegli strani fatti.
- Cercai di
respirare
senza farmi prendere dal panico anche se avevo già il fiatone per la
paura.
- Eljiah aveva
portato lì mia cugina per tendermi una trappola. Voleva
che io arrivassi lì, voleva terrorizzarmi per poi… fare
quello che aveva iniziato quella sera senza che me ne accorgessi.
- Era Eljiah
che
voleva uccidermi, non Manuel.
- Scossi la
testa in
preda al tremore e ricominciai a correre lungo il corridio, ad aprire
le porte
senza controllo.
- Se restavamo
lì
saremmo di sicuro morte quella notte
- -CAM???CAM
DOVE
SEI???- mi fermai davanti all’ultima porta, poi seguiva un’altra rampa
di scale
- “dio…Dio
ti prego dimmi che sei qui Camilla, dobbiamo andarcene!”
- Aprii piano
la
porta di uno spiraglio e mi accorsi che dentro non era vuota. Le
tapparelle,
sta volta abbassate, non mi permettevano di vedere quasi nulla, ma mi
ero
accorta subito che i tavoli e le sedie non c’erano e al loro posto
tante corde
pendevano dal soffitto.
- Strabuzzai
gli
occhi incredula… sembravano tanti salami appesi al soffitto. Feci un
passo in
avanti e sentii qualcosa di fibroso e ruvido che mi sfiorava
l’orecchio.
Spalancai gli occhi, il cuore mi schizzò in ogni punto del corpo e
cominciò a
pulsare all’impazzata. Trattenni il respiro mentre le lacrime
scendevano a
fiotti e il terrore mi annebbiava la vista.
- Erano capelli.
- Urlai e feci
due
passi avanti inciampando nell’unica sedia che si trovava di fronte a me
e
sentii ogni parte del mio corpo che andava a sbattere contro le cose appese ai fili del soffitto che
cominciavano ad ondeggiare a destra e a sinistra bloccandomi il
passaggio.
Indietreggiai inoltrandomi nella stanza buia, quella prigione
agonizzante. In
pochi secondi realizzai contro cosa stavo continuamente sbattendo.
Bambole.
- C’erano
bambole di
ogni grandezza impiccate al soffitto ogni dieci centimetri, la stanza
ne era
piena. Cercando di non lasciarmi andare all’orrore di quei minuscoli
corpicini
mi voltai con il viso verso il muro e arrivai a tentoni al centro della
stanza.
Lì, proprio davanti a me intravidi nella penombra l’unico cappio vuoto,
più
grande degli altri con un pezzo di carta che ciondolava dal tessuto di
corda.
Lo presi in mano e mi accorsi che c’era scritto qualcosa. Sforzai la
vista per
leggere i grandi carattere scuri. Poi sussultai rumorosamente.
- C’era
scritto il
mio nome.
- Nello stesso
istante compresi di non essere più sola, sentii un respiro dietro di
me. Subito
dopo qualcuno mi prese una spalla e la strinse
- -buonanotte
mia
piccola bambolina-
- Mi si
strozzò un urlo
in gola al suono di quella voce così perfida e allo stesso tempo
ipnotizzante.
- Non
era la voce di
Eljiah.