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Autore: NoireNeige    09/06/2010    3 recensioni
"Mi si strozzò un urlo in gola al suono di quella voce così perfida e allo stesso tempo ipnotizzante."
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“correre”
L’unico pensiero che mi venne in mente fu quello. Ogni cosa che si poteva considerare razionale nel mio cervello era completamente sparita quando avevo messo piede in quella scuola abbandonata.
-Cam?- chiamai a bassa voce sperando con tutta me stessa che rispondesse. Ma, come del resto mi aspettavo, nessuno rispose. Avanzai nel lungo corridoio buio e il rumore dei miei passi rimbombò in maniera incredibilmente inquietante e surreale. Feci un lungo respiro cercando di non pensare al buio che mi attanagliava.
Buio. Ero praticamente terrorizzata soltanto da quella parola, figuriamoci trovarmici in mezzo senza torcia e non sapendo nemmeno dove andare.
Pregavo che mia cugina spuntasse all’improvviso da una porta con il solito sorriso strafottente così chè potessimo andarcene senza incontrare pericoli. Ma mentre quel pensiero si faceva strada tra i miei ancora funzionanti neuroni (gli stessi che mi avevano maledettamente convinta ad entrare il quel luogo da sola) sentii di non essere l’unica in quell’edificio. Un’inquietante  presenza si stava facendo largo e si avvicinava a me passo dopo passo facendomi rizzare i capelli sulla nuca. Sentii freddo in tutto il corpo e rabbrividii come se fossi stata attraversata da uno spirito morto.
Tra tutte le parole che potevano venirmi in mente, morto non era delle migliori.
Uno strano cigolio mi fece dimenticare tutto il resto, mi girai di scatto verso il grande portone chiuso e voltai la testa un paio di volte presa dal terrore. Per quel poco che riuscivo a vedere non c’era nulla.
Inspirai di nuovo tentando di calmarmi
tranquilla… stai calma. Devi trovare Cam e uscire immediatamente di qui”
Ero sicura che mia cugina fosse in pericolo ma non riuscivo a capire perché.
Di nuovo il cigolio, più forte e insistente. Urlai senza rendermene conto e scappai attraverso il corridoio lasciandomi dietro solo lo strisciare dei grossi stivali sul pavimento cerato. Mi fermai davanti alla prima grande rampa di scale indecisa su cosa fare. Conoscevo ogni aula di quel posto dove avevo passato gli anni della mia infanzia come scolaretta viziata.
Destra mensa, aule di musica, informatica e biblioteca. Sinistra uffici, palestra, sgabuzzini e le altre aule.
Mi guardai ancora indietro e decisi per la sinistra. Corsi più forte che potevo cercando di non inciampare nei miei stessi piedi ed entrai nella prima aula spalancando la porta con un certo fracasso. La luce della luna filtrava dalle alte finestra facendo sembrare sinistri i disegni attaccati alle pareti ormai ingialliti per il tempo. I banchi e le sedie erano tutti in disordine, alcuni per terra, altri senza nemmeno le gambe a sorreggerli. Ma più di tutto mi terrorizzò l’aria gelida che mi venne addossi appena aprii la porta: com’era possibile che in quell’aula facesse più freddo rispetto al resto della scuola?
Deglutii cercando di non scappare via urlando, constatai che Cam non era lì e me ne andai lasciando la porta aperta. Ricominciai a correre mentre il sudore freddo mi imperlava la fronte e iniziavo a respirare irregolarmente. Percepivo qualcosa dietro di me ma ogni volta che mi voltavo vedevo solo buio pesto.
Poi si udì in lontananza una risata. Il suono più spettrale e perverso che avessi mai sentito… si ripetè di nuovo e poi ancora. Ed ogni volta sembrava sempre più vicino a me, quasi come mi stesse per raggiungermi da un momento all’altro. Singhiozzai e continuai a correre inciampando e rischiando di cadere; spalancai una porta dopo l’altra mentre le lacrime e il panico si facevano strada dentro di me
-Cam…- mormorai aprendo l’ennesima porta e trovando ancora l’aula deserta e spettrale. Lasciai uscire il pianto frastornata e mi guardai attorno in segno di resa. Mia cugina non c’era, poteva essere ovunque magari già sul punto di morire. Ed io la stavo cercando in quella scuola pur sapendo che qualcosa, o meglio qualcuno mi stava seguendo, probabilmente per farmi del male visto che negli ultimi due mesi mi era capitato spesso di essere seguita da uomini vestiti di nero. Tutto era cominciato quando…
Spalancai gli occhi e indietreggiai come se volessi sottrarmi al buio. Improvvisamente mi era tutto chiaro.
Eljiah.
Da quando l’avevo conosciuto la mia vita aveva preso la fatidica piega disastrosa che nessun essere umano vorrebbe avere. Aggressioni, inseguimenti, omicidi e altre strane e inquietanti coincidenze. Solo due giorni prima Eljiah e Cam si erano conosciuti… e ora lei era sparita, andata a giocare a nascondino con degli amici.
Giocare a nascondino…
Eljiah sapeva che avevo paura del buio. Sapeva che avrei fatto di tutto per Cam e, ne ero certa, centrava qualcosa con tutti quegli strani fatti.
Cercai di respirare senza farmi prendere dal panico anche se avevo già il fiatone per la paura.
Eljiah aveva portato lì mia cugina per tendermi una trappola. Voleva che io arrivassi lì, voleva terrorizzarmi per poi… fare quello che aveva iniziato quella sera senza che me ne accorgessi.
Era Eljiah che voleva uccidermi, non Manuel.
Scossi la testa in preda al tremore e ricominciai a correre lungo il corridio, ad aprire le porte senza controllo.
Se restavamo lì saremmo di sicuro morte quella notte
-CAM???CAM DOVE SEI???- mi fermai davanti all’ultima porta, poi seguiva un’altra rampa di scale
“dio…Dio ti prego dimmi che sei qui Camilla, dobbiamo andarcene!”
Aprii piano la porta di uno spiraglio e mi accorsi che dentro non era vuota. Le tapparelle, sta volta abbassate, non mi permettevano di vedere quasi nulla, ma mi ero accorta subito che i tavoli e le sedie non c’erano e al loro posto tante corde pendevano dal soffitto.
Strabuzzai gli occhi incredula… sembravano tanti salami appesi al soffitto. Feci un passo in avanti e sentii qualcosa di fibroso e ruvido che mi sfiorava l’orecchio. Spalancai gli occhi, il cuore mi schizzò in ogni punto del corpo e cominciò a pulsare all’impazzata. Trattenni il respiro mentre le lacrime scendevano a fiotti e il terrore mi annebbiava la vista.
Erano capelli.
Urlai e feci due passi avanti inciampando nell’unica sedia che si trovava di fronte a me e sentii ogni parte del mio corpo che andava a sbattere contro le cose appese ai fili del soffitto che cominciavano ad ondeggiare a destra e a sinistra bloccandomi il passaggio. Indietreggiai inoltrandomi nella stanza buia, quella prigione agonizzante. In pochi secondi realizzai contro cosa stavo continuamente sbattendo. Bambole.
C’erano bambole di ogni grandezza impiccate al soffitto ogni dieci centimetri, la stanza ne era piena. Cercando di non lasciarmi andare all’orrore di quei minuscoli corpicini mi voltai con il viso verso il muro e arrivai a tentoni al centro della stanza. Lì, proprio davanti a me intravidi nella penombra l’unico cappio vuoto, più grande degli altri con un pezzo di carta che ciondolava dal tessuto di corda. Lo presi in mano e mi accorsi che c’era scritto qualcosa. Sforzai la vista per leggere i grandi carattere scuri. Poi sussultai rumorosamente.
C’era scritto il mio nome.
Nello stesso istante compresi di non essere più sola, sentii un respiro dietro di me. Subito dopo qualcuno mi prese una spalla e la strinse
-buonanotte mia piccola bambolina-
Mi si strozzò un urlo in gola al suono di quella voce così perfida e allo stesso tempo ipnotizzante.
Non era la voce di Eljiah.
   
 
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