Eccoti qui. Come sempre, come al solito. A fissare lo stallo della tua vita.
Niente più riflessi di parvenze di gioia. Uccisa dalla normalità tanto agognata – di questo, sì, forse ti sei pentita.
Le dipendenze che non vuoi.
Le cose che non saprai.
Il fatto che non sei ancora pronta, e questo lo sai.
La rabbia. Il dolore. Semplicemente l’assenza.
Ed è inutile gridare alla vita quando non hai più voce. Quando nessuno ti può sentire. È come mettersi i vestiti solo davanti allo specchio.
E quel sorriso che comincia a pesare. Quelli che non riesci a dare. La tua voglia assurda di (ri)cominciare.
Le frasi a metà delle canzoni. Perché, sì, un pezzo va bene, ma l’altro no!
E il dire “Mi manchi” che non si può sapere, tabù.
Davvero ti chiedi come ce la farai, e se l’uomo è fatto per soffrire o no.
Le frasi scritte e cancellate: la tua vita tradotta in lettere.
Ma è colpa mia se mi piace guardare il cielo e gli alberi a primavera?
Sì.
Ti prego, se dall’iperuranio della mia mente mi stai ascoltando, lasciami stare.
Lasciami andare.
C’è davvero un punto in cui non ce la faccio più, e mi sembra sempre questo.
Mi credi se ti dico basta? Basta! Ho bisogno d’aria, non di te. Davvero, stavolta davvero.
Forse è per questo che non mi piaccio.
Non ce la sto facendo a fare quanto volevo. Scusami, mi sto rimettendo davanti.
Mi sembra davvero di essere arrivata alla fine. E alla fine devo ritornare a me. Possibile che ti abbia già vissuto tutto? È già finito?, mi chiedo mentre mi accorgo che non esiste il soggetto di questa frase.
E se sto male è perché non posso più dire “L’ho fatto per te”. Perché questo, no, lo faccio per me.
Davvero. Ciao.
Niente più riflessi di parvenze di gioia. Uccisa dalla normalità tanto agognata – di questo, sì, forse ti sei pentita.
Le dipendenze che non vuoi.
Le cose che non saprai.
Il fatto che non sei ancora pronta, e questo lo sai.
La rabbia. Il dolore. Semplicemente l’assenza.
Ed è inutile gridare alla vita quando non hai più voce. Quando nessuno ti può sentire. È come mettersi i vestiti solo davanti allo specchio.
E quel sorriso che comincia a pesare. Quelli che non riesci a dare. La tua voglia assurda di (ri)cominciare.
Le frasi a metà delle canzoni. Perché, sì, un pezzo va bene, ma l’altro no!
E il dire “Mi manchi” che non si può sapere, tabù.
Davvero ti chiedi come ce la farai, e se l’uomo è fatto per soffrire o no.
Le frasi scritte e cancellate: la tua vita tradotta in lettere.
Ma è colpa mia se mi piace guardare il cielo e gli alberi a primavera?
Sì.
Ti prego, se dall’iperuranio della mia mente mi stai ascoltando, lasciami stare.
Lasciami andare.
C’è davvero un punto in cui non ce la faccio più, e mi sembra sempre questo.
Mi credi se ti dico basta? Basta! Ho bisogno d’aria, non di te. Davvero, stavolta davvero.
Forse è per questo che non mi piaccio.
Non ce la sto facendo a fare quanto volevo. Scusami, mi sto rimettendo davanti.
Mi sembra davvero di essere arrivata alla fine. E alla fine devo ritornare a me. Possibile che ti abbia già vissuto tutto? È già finito?, mi chiedo mentre mi accorgo che non esiste il soggetto di questa frase.
E se sto male è perché non posso più dire “L’ho fatto per te”. Perché questo, no, lo faccio per me.
Davvero. Ciao.