Anime & Manga > Umineko no naku Koro ni
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Autore: Logic Error    10/06/2010    2 recensioni
Questa FF è ispirata ad Umineko no naku koro ni Chiru, in realtà. Premetto di non conoscere approfonditamente o dettagliatamente la storia della Chiru, ma questa "morte" di Beatrice dovrebbe essere avvenuta nel qiunto episodio della visual novel. Ad ogni modo, tralasciando visual novel e eventuali spoiler, spero che vi piaccia lo stesso.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Mai avrebbe immaginato di riuscire a provare quella sensazione.
Lei era Beatrice, la Strega senza Limiti.
Tempo, spazio, vita e morte: non erano nient’altro che pedine, pezzi d’una scacchiera che si muovevano sotto le indicazioni di una Regina Dorata troppo impegnata a calcolare le mosse successive, per dare valore ai suoi pedoni.
Dopotutto, perché avrebbe dovuto? Lei era al di sopra di tutto, tutto ciò che accadeva sul campo di battaglia era distante da lei.
Il tempo? Un’inutile costrizione facilmente superabile. Lo spazio? Non aveva senso, mille e più mondi potevano essere creati e ricreati e distrutti.
La vita? Quella degli altri, non aveva poi tanta importanza; la sua, quella autentica, era svanita molto tempo addietro.
La morte? Era stata a lungo uno dei suoi mezzi preferiti, un piccolo giocattolo pericoloso capace di enormi prodigi. Un giocattolo, comunque, estremamente distante da lei.
Mai, Beatrice avrebbe pensato che un giorno, anche per lei, la Strega Dorata, sarebbe arrivata l’ora dell’incontro fatidico con l’oscura signora dalla lunga falce.
Sedeva ancora stordita su una sedia nella stanza circolare dove a lungo lei e Battler avevano combattuto. Si portò una mano al petto e con orrore chiuse gli occhi, respirando il più forte possibile per fare pressione sulla gabbia toracica.
Un cuore che pulsava, il sangue che scorreva…possibile che fossero così importanti quelle piccole sensazioni, che lei aveva ignorato per tutta la sua esistenza?
Lei....durante quegli attimi, ore, o forse anni di…non-essere, aveva provato ciò che aveva ripetutamente inflitto ai suoi pedoni; con la differenza che, se questi ultimi avevano avuto il privilegio di non ricordare nulla, Beatrice era perfettamente cosciente di ciò che aveva sentito.
Cioè il vuoto.
L’impotenza assoluta, la sensazione di essere più astratta d’anonimo spiffero d’aria, senza un corpo, senza i sensi, senza la magia.
Si rilassò, aprì gli occhi e tento di alzarsi, dirigendosi verso qualsiasi cosa che non fosse il freddo mattone che costruiva quella sala: era rimasto solo il piedistallo dove un tempo c’era la scacchiera.
Tutto, tutto era dannatamente uguale: un perfetto cerchio di cemento pronto ad inghiottirla.
Istintivamente sentì di nuovo il bisogno di chiudere le palpebre: focalizzò la mente sul fatto che lei era ritornata alla vita e che non c’era ormai motivo di preoccuparsi.
Ritornata alla vita…già, ma la vita che adesso le aspettava non prevedeva nessuna tranquilla stanza circolare con solo due sedie e una limpida partita da giocare.
Era stata raggirata da Lamdadelta e Bernkastel, che con le loro mosse non troppo regolari, avevano provocato la sua morte. Battler era stato nominato Stregone senza Limiti. Lei, Beatrice…non era diventata nient’altro che l’ennesimo pedone della sua scacchiera.
Si voltò appena, quando sentì il fruscio delle ali di alcune farfalle dorate alle sue spalle. Battler si manifestò a lei, sulle spalle un pesante mantello porpora che gli donavano un aspetto serioso e imponente. La sua espressione, però, tradiva quest’apparenza: preoccupazione, apprensione o forse una sorte di malata curiosità gli dipingeva il volto in una maschera enigmatica.
Beatrice non aveva la minima voglia di decifrare quel puzzle: ritornò a fissare la parete, contenta che sotto i suoi occhi non ci fosse nient’altro che un uniforme colore azzurrino.
“…Come va?”
Del tutto informale, come sempre. E dopotutto era l’ultima persona che avrebbe dovuto trattarla con il minimo di reverenza.
Era stato proprio lui, appena acquisita la qualifica di Stregone, a farla rinascere.
Beatrice ne ignorava del tutto il motivo; e forse, in superficie, anche Battler preferiva non ragionarci troppo. Lei non rispose, mosse solo leggermente la testa verso destra, facendo cadere sulle spalle una ciocca dei suoi capelli, completamente liberi da qualsiasi acconciatura. Battler non sembrò mostrarsi né irritato né annoiato da quel suo comportamento: si accostò a lei, facendole compagnia nella sua contemplazione.
Solo dopo qualche attimo di silenzio, ricominciò.
Insistere sull’argomento della…morte di Beatrice, non aveva senso. La priorità adesso era farle riacquistare fiducia e ricostruire la donna determinata che a lungo gli aveva tenuto testa.
“Appena ti senti pronta, dobbiamo ricominciare…”
“Non ho nulla da ricominciare. Io sono stata eliminata dal gioco.”
Battler si voltò per un istante ad osservarla. Il suo volto era impassibile, anche le labbra rosee erano una linea perfettamente orizzontale sul suo viso, un taglio senza espressione.
I suoi occhi, di quel celeste così intenso e vivo in passato, erano diventati quasi d’un grigio impenetrabile, senza vita.
I suoi capelli, ondulati e dorati, scendevano ribelli sulle sue spalle e sulla sua fronte, non esprimendo però vivacità, ma soltanto quel senso di resa che aveva ormai già pervaso Beatrice.
Forse, nonostante la magia, lui non era riuscito a riportarla davvero in vita.
“Beatrice…”
Lei sospirò, senza però muoversi minimamente, come una stupenda venere di marmo.
“Perché l’hai fatto…perché mi hai…riportato in vita…?” Quella domanda lo portò a scavare per un attimo nel profondo della sua anime, e improvvisamente accortosi che la risposta era troppo intima persino per se stesso, lasciò perdere il cuore e diede retta alla mente, che lo spinse a ragionare.
Una Beatrice che…avrebbe preferito non rinascere? Voleva significare una Beatrice disposta a perdere la partita, a rinunciare al suo orgoglio e alla vittoria. No, qualcosa non tornava.
Ci sarebbero stati mille interrogativi a cui Battler avrebbe potuto trovare una soluzione semplicemente chiedendo a lei, ma sapeva che solo uno nascondeva gelosamente la soluzione madre di tutti quegli avvenimenti.
“Beatrice…perché, perché hai deciso di iniziare questo gioco…?”
“A lungo, Battler, ho vissuto. Se davvero la mia può essere definita esistenza. Essere una strega senza Limiti ti insegna presto che il confine tra ciò che è lecito e non, è molto flebile. E lo stesso vale per la vita e la morte. Ho visto nascere e morire intere generazioni, ho potuto creare e distruggere mondi che nemmeno la più sfrenata fantasia avrebbe potuto immaginare. Ben presto ho perduto tutto ciò che possedevo di umano…e dopotutto, fu proprio allora che diventai una strega. Ma se quella che all’apparenza può apparire una benedizione, si trasformò a lungo andare in una condanna.”
Sospirò, per prendere fiato: com’era faticoso portare alla luce certe verità che pesavano come macigni, mai spostati per secoli.
“Il riposo...noi streghe non possiamo mai riposarci. E non intendo il bisogno momentaneo di dormire…capisci? E’ un’oppressiva mancanza alla quale non possiamo mai sopperire: il riposo eterno. Il dare senso alla nostra esistenza. L’eternità non verrà mai ricordata, perché ciò che esiste per sempre appartiene ad un mondo in cui i gesti e le emozioni hanno perduto valore. Voi…voi umani, così fragili e indifesi…eppure la vostra vita ha significato, può lasciare un segno. Perché così com’è limitata e circoscritta la vostra esistenza, tanto più i vostri sforzi e il vostro sangue rimarranno sulla terra in segno del vostro passaggio. Io…questo era il mio desiderio, riuscire a riposarmi…smetterla di giocare con le farfalle…”
Il discorso di concluse quando quel filo impercettibile che era la sua voce accompagnò l’avvicinarsi della testa di Beatrice al suo petto, come ennesimo segno di resa. Battler non proferì parola, rimase immobile ad ammirare la strega più temibile di tutte confessare il suo desiderio per ciò che gli umani da millenni rifuggono: la morte.
Non che non ci credesse, ma avrebbe voluto sciogliere quella tensione e farla ritornare in se, quindi disse: “No, non m’ingannerai di nuovo. Se davvero il tuo desiderio era quello di…riposare, non avresti combattuto così strenuamente contro di me. Mi avresti semplicemente lasciato vincere.”
Lei rise sommessamente: Battler non aveva ancora capito che, nelle sue parole, non aveva minimamente lasciato spazio alla psicologia, ma soltanto ad una piccola parte dei rimorsi e rimpianti che l’avevano sapientemente trasformata in una strega.
“Credo che ormai tu abbia capito quanto io sia orgogliosa…e poi, non potevo mica lasciar vincere uno come te troppo velocemente.”
Si voltò verso di lui, incontrando il suo sguardo. Avrebbe voluto continuare quella frase, ma non ci riuscì. Lasciò ai suoi occhi esprimere ciò che le sue labbra si rifiutavano di dire: che, dopotutto, lasciarlo vincere dopo pochi round, avrebbe significato che ben presto lui non avrebbe più fatto parte del suo mondo.
Battler sembrò capire in quel mare azzurro quale sfumatura cogliere e stupidamente distolse lo sguardo per qualche secondo.
“…sono stato così ottuso a non capire.”
“Quindi adesso, rimedia al tuo errore…uccidimi e continua la tua battaglia.”
Ma mentre lei pronunciava quelle parole, le mani di Battler si posarono sulle sue guance, pronte a ricevere le lacrime che stavano per scorrere dagli occhi di lei.
“Non puoi chiedermi di fare una cosa del genere…”
Beatrice chiuse gli occhi, rifiutando con tutta se stessa quell’atmosfera che si era creata: lei doveva odiarlo, doveva odiare il mondo e il modo in cui era…aggrapparsi a quei piccoli attimi di felicità, l’avrebbe fatta soltanto soffrire di più.
Che poi…era davvero felicità quella?
“Perché…! E’ il mio ultimo desiderio…”
“No, non lo è. Non desideri morire, bensì vivere. E nel senso più profondo del termine. Credi che arrenderti alla morte ti consentirà di farlo? Non credo proprio. Hai ragione quando dici che gli uomini sono speciali proprio perché la loro fragilità li porta ad atti quasi…divini. Ma forse non hai provato anche tu ora cosa vuol dire morire? Hai una battaglia da terminare. Anzi, abbiamo. Quelle due sono ancora piene della loro immortalità e forza, hanno ancora la presunzione di un dio. Ma la nostra forza è diversa. Siamo guidati dalla disperazione, dal dolore…e dalla speranza. Siamo più forti. Morire non serve a niente quando hai ancora conti in sospeso.”
Beatrice lo ascoltò ancora con gli occhi chiusi, tentando di chiudere cuore e anima all’unica persona che ormai ne aveva già preso il controllo. Le dita di Battler si muovevano gentili sul suo viso, accarezzandone di tanto in tanto i contorni.
Combattere ancora, sembrava essere destinata a questo.
Ma forse qualcosa era diverso: combattere non per il gusto di farlo, ma per un’ideale.
Combattere per sconfiggere Lamdadelta e Bernkastel, combattere per riappropriarsi del proprio gioco, combattere per se stessa.
Si sentiva una stupida, perché un insulso umano le aveva insegnato tutto ciò, ma ormai Battler era diventato qualcosa di diverso per lei, un qualcosa che non riusciva ancora ad inquadrare.
Forse nel momento sbagliato, aprì gli occhi e lo guardò in viso.
“…e poi, vorresti forse lasciarmi da solo?”
I loro sguardi si incrociarono di nuovo e lei si sentì definitivamente in un nuovo mondo: forse la sua terra dorata l’aveva già trovata ed era proprio davanti ai suoi occhi.
Cambiare discorso era l’unica cosa che avrebbe potuto salvarla da quel desiderato esilio.
“…non mi hai ancora risposto. Perché mi hai riportato in vita?”
L’espressione di Battler sembrò rassegnata, quasi come se la risposta fosse ovvia.
Si avvicinò al volto di Beatrice, premendo lievemente le sue labbra contro quelle di lei.
Quanto durò, nessuno fu in grado di dirlo, ma Beatrice capì che in quegli attimi avvenne la vera magia che poté farla rinascere per davvero.
Ancora troppo vicini per non essere tentati da un nuovo bacio, lui le sussurrò: “…se non lo dici a nessuno, prometto di fare altrettanto con il tuo segreto.”
“Bastardo” fu l’unica cosa che venne in mente a Beatrice, mentre s’interruppe il loro contatto, o almeno solo quello fisico.
Battler si allontanò un po’, come in attesa di qualcosa.
“…ma adesso non montarti la testa Battler. Ricordati che prima o poi finirai a pulirmi le scarpe con la lingua.” Lui rise, sinceramente contento che fosse ritornata la Beatrice di prima; con una piccola modifica: sadica, irascibile, orgogliosa e almeno in piccola parte felice. “Bene, ma adesso è tempo di riprenderci il nostro gioco. Quelle due hanno già combinato abbastanza. E’ tempo di fare scacco matto.”
Battler le porse la mano, attendendo che Beatrice si risistemasse i capelli.
La Strega Dorata si avvicinò, fiera e imponente nel suo lungo vestito, poggiando con pacato vigore la sua su quella del suo nuovo alleato e infine, col bacio che le bruciava ancora sulle labbra sussurrò:
“Checkmate.”
   
 
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