COME UN ADDIO Escluderlo dalla sua vita era stata la cosa migliore da fare. Lisbeth Salander innamorata. Bah. Lisbeth avviò il suo PowerBook.
Grazie di essermi stato amico.
Se lui avesse saputo… A volte si perdeva a pensare come sarebbe potuta essere la vita con lui… ma poi le parole “ragazzina patetica” le si stampavano in mente, indelebili, e si convinceva che era meglio così.
Patetica… era questo che le bruciava di più. Non voleva, non poteva sentirsi patetica.
Comunque, se se lo fosse tenuto vicino lo stesso, la situazione pian piano sarebbe degenerata.
Era molto meglio così.
E Lisbeth Salander non voleva che nessuno, nemmeno lui, avesse dei diritti su di lei. Già in troppi ne avevano avuti, e poi com’era finita?
Quasi inconsciamente avviò anche Asphixia 1.3 ed entrò nell’hard disk chiamato “MikBlom/Laptop”.
Sul desktop, in bella vista, spiccava una cartella: “Lisbeth Salander”.
Spalancò gli occhi. Lui sa che posso entrare nel suo computer…!
Esterrefatta, l’aprì e vi trovò dentro un file Word, denominato “A Sally”.
Cliccò due volte sull’icona e si trovò davanti una sorta di mail. Per lei. Da “Dannato Blomkvist”.
La lesse, fintamente distratta - non voleva ammettere nemmeno a se stessa quanto la colpisse quella lettera.
Le chiedeva aiuto per l’indagine. Era convinto che lei sapesse molto di più di lui e la polizia messi insieme. Ed era vero, ovvio. Ma soprattutto, la pregava quasi disperatamente di mettersi in contatto con lui.
Lisbeth Salander rimase qualche minuto immobile davanti al computer, cercando di fare ordine nella sua mente confusa.
Ebbe un moto di rabbia. Lisbeth Salander non era mai confusa.
Ributtò indietro quei patetici sentimenti e, impassibile, creò un altro documento, “A Mikael”, nella cartella con il suo nome.
Lo rilesse più e più volte.
Lisbeth si rese conto di avere un groppo in gola. Si chiese da quanto tempo non piangesse.
Una lacrima le raggiunse lo zigomo, portando via con sé una scia di matita nera, come un ricordo che col tempo svanisce, ma lascia una vaga sensazione di angoscia.
Si asciugò rabbiosamente le lacrime.
Il suo messaggio suonava spaventosamente come un addio.
E forse lo era.