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Autore: Tetide    11/06/2010    6 recensioni
Magda è una bella ragazza, che all'apparenza ha tutto; tutto, tranne ciò che più vorrebbe veramente. Così, trascina stancamente la sua vita tra il lavoro, che comunque la soddisfa molto, e gli amici, i quali la riempiono di attenzioni. Ma tutto questo non basta a placare il suo vuoto esistenziale; perlomeno, fino a che il destino...
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora una volta - Capitolo 1





Ancora una volta





CAPITOLO 1

All’inizio della primavera, Berlino è una città brulicante di vita, forse più di ogni altra parte d’Europa.
Beninteso: la grande capitale della Germania è sempre una città assai viva e stimolante, sia dal punto di vista culturale che sociale, e gremita  costantemente di turisti fino all’inverosimile, turisti attratti non soltanto dalle sue bellezze monumentali, ma anche (e maggiormente) dalla sua enorme memoria storica e dalla grande influenza che questa città e la sua gente ha esercitato nel quadro internazionale degli ultimi due decenni del Novecento, soprattutto dopo la caduta del Muro.
Questa atmosfera di rinnovamento, di nuova rinascita, si respira maggiormente nei caffè della Kufurstendamm(1), frequentati da gente di ogni età, ma tutti desiderosi di vivere il cambiamento in prima persona.
E così era anche in quel mattino di fine primavera.
Sedute ad un tavolino sotto le verdi frasche di un albero stavano due ragazze; una era allegra e spigliata, e continuava a rivolgersi all’indirizzo dell’altra, che, di contro, aveva un’aria assorta e malinconica, a tratti anche triste, e si limitava ad ascoltarla, lo sguardo assente.
L’amica continuava a gesticolare animatamente.
“… E avresti dovuto vedere le loro espressioni, ti dico! Tutte una peggio dell’altra, un vero spettacolo!!”,
“Mmmh…” fu tutto ciò che l’altra diede per commento, annuendo all’amica,
“Magda…? Ci sei?”, l’altra la scosse per un polso; quella sollevò un po’ gli occhi nella sua direzione.
“Sì, Beate, ci sono”,
“Scusa, ma mi sembra che tu oggi sia più pensierosa del solito”,
“No, ti sbagli; deve essere una tua impressione”,
“Sarà…”, Beate tornò a rivolgere la propria attenzione sul gelato che aveva davanti.
Sospirando, Magda si rizzò sulla sedia, appoggiandosi con il busto alle braccia, che a loro volta poggiavano sul tavolinetto; rivolse lo sguardo alla strada brulicante di gente e veicoli.
Beate la guardò di sottecchi, continuando a gustarsi il gelato: che la sua migliore amica Magda fosse una bella donna, nessuno poteva metterlo in discussione: i lunghi boccoli scuri che incorniciavano un viso affilato, sul quale spiccavano due magnetici occhi viola, facevano pensare ad un dipinto di Raffaello, e la perfetta curva della bocca sembrava disegnata ad arte da un pittore, davvero; quello che non ci si poteva spiegare era quel suo atteggiamento distaccato e freddo verso tutto ciò che significasse vita ed entusiasmo. Sebbene avesse da poco passato i trent’anni, infatti, Magda si comportava come una tranquilla signora di mezz’età: niente entusiasmi facili, niente slanci e guizzi vitali improvvisi, niente sorprese organizzate (e godute) all’ultimo minuto: persino la precedente notte di Capodanno l’aveva trascorsa seduta al tavolo a chiacchierare con alcuni colleghi, mentre la maggioranza di loro si scatenava in pista al ritmo di mazurke improvvisate e merengue.
Indubbiamente, Magda di entusiasmo per la vita ne aveva poco. Davvero poco.
E lei sapeva benissimo il perché.
E fu allora che un pensiero, rapido come un fulmine, attraversò la mente di Beate.
Quel giorno erano esattamente cinque anni…
Accidenti, come aveva fatto a dimenticarsene? Se solo se lo fosse ricordato, non sarebbe stata tanto addosso all’amica, comprendendo perfettamente il perché dell’accentuarsi delle sue malinconie di quel giorno.
Si diede mentalmente della stupida per non averci pensato.
Per rimediare, decise allora di portare i pensieri di Magda altrove, ben sapendo che difficilmente vi sarebbe riuscita.
“Stavo pensando… stavo pensando perché non vieni con noi, Sabato prossimo? Io e Kurt stavamo pensando di andare a fare un picnic sulla Sprea(2), a qualche chilometro da qui”,
“Forse… chissà…”,
“E dài!” l’amica le posò una mano sul polso, con fare esortativo “Mio fratello sarebbe contentissimo di vederti! E’ da Natale scorso che non ti vede e continua a chiedermi di te”.
Magda sorrise tristemente: sapeva bene del debole che il fratello di Beate, Kurt, aveva da sempre per lei; il problema era che lei non lo ricambiava, e questo in un certo senso la faceva soffrire quasi quanto lui; Kurt era un ragazzo d’oro, ed avrebbe meritate ben altre attenzioni, pensava.
“Allora? Non mi rispondi?” la incalzava l’amica; lei fece sì con la testa un paio di volte “D’accordo, vengo”,
“Ottimo!! E porta anche il costume, magari ci faremo un bel bagno!!”, Beate batté le mani con fare entusiasta. Magda sorrise di nuovo: l’entusiasmo dell’amica era davvero contagioso, pensava; da quando la conosceva, cioè dai tempi dell’Università, Beate era sempre stata così, pronta a partire in quarta per qualunque cosa attirasse la sua attenzione; e, una volta partita, era come un treno in corsa: nessuno la fermava più!!
Un po’, Magda la invidiava: un tempo, le due erano state molto simili, piene di vita e di voglia di fare: erano le leader incontrastate del loro gruppo. Ma quei tempi in cui il suo animo somigliava così tanto a quello dell’amica di sempre erano ormai lontani, pensò: la vita le aveva riservato ben dure esperienze, esperienze tali che avrebbero spento anche il più indomabile degli incendi.
“O.K.” fece Beate prendendo la borsa ed alzandosi “Adesso devo proprio andare. Devo tornare in ufficio, scusami. Ci vediamo!” baciò Magda su una guancia.
La ragazza rimase sola; tirò un profondo respiro e girò la testa ad osservare ciò che la circondava: un paio di coppiette passeggiavano mano nella mano, alcuni ragazzini sui pattini si rincorrevano schiamazzando, un anziano signore spingeva avanti un passeggino… sorrise, abbassando gli occhi. Una perfetta scena di primavera, pensò.
Ma lei non ne faceva parte, se non come spettatrice. Spettatrice… da quanto tempo quella parola era divenuta il suo attributo perenne, quasi un secondo nome? Tre anni, forse quattro? Non lo ricordava nemmeno lei. Spettatrice… sì, era la parola giusta: è proprio questo che era della vita, la sua e quella degli altri; all’apparenza, aveva tutto: un bel lavoro da bibliotecaria, quello che aveva sempre desiderato e per il quale aveva lottato tanto; un mucchio di amici, colleghi e non, che la riempivano di regali e di affetto, in questo facendo a gara con i due fratelli; i genitori ancora in buona salute, nonostante l’età; una bella e grande casa alla periferia di Berlino, vicino a quella di uno dei membri della band tanto in voga, i Tokio Hotel… tutto, all’apparenza: all’apparenza, appunto.
In realtà, aveva assai poco.
Cinque anni. Ora ricordava bene: erano cinque anni che la sua vita si era frantumata.
E da allora, non era più riuscita a ricostruirla.
Era vero che tutti avevano cercato di aiutarla, almeno all’inizio: colleghi ed amici le erano stati vicini, i fratelli ed i genitori erano perfino venuti ad abitare da lei per un certo periodo, anche il suo socio l’aveva sostituita nella conduzione della biblioteca, affinché lei potesse andare a distrarsi un po’: il solito viaggio “per dimenticare”.
Ma dimenticare cosa? Il vuoto che si era venuto a creare, improvvisamente, nella sua vita? E come avrebbe potuto dimenticarlo? Ogni giorno il silenzio della sua casa vuota glielo ricordava, così come le lunghe ore in solitudine dopo il lavoro, quando rifiutava tutti gli inviti di amici e colleghi inventandosi improvvisi mal di testa; molte volte, si era portata il lavoro a casa, per sentirsi meno sola; ma i bilanci di fine mese della biblioteca si erano rivelati, alla lunga, delle compagnie assai fredde.
Alzò il dito per chiamare il cameriere ed ordinò un altro gelato: non se la sentiva di tornare così presto a casa, né di andare in giro, così doveva trovare un buon motivo per rimanere seduta lì.
Attorno a lei, continuavano gli schiamazzi di quel tardo mattino di primavera.

                                                               **********

Alla fine, aveva accettato.
Non aveva potuto dir di no alle insistenti pressioni dell’amica, così si era unita a loro in quella gita sulla Sprea.
Era un’occasione allegra, certamente; ed i suoi compagni non mancavano di allegria: Beate stava già sparpagliando sul telo da picnic i biscotti al miele e le tartine che si era portata dietro, tra le risate del suo fidanzato.
“Ma che cosa combini?? Adesso arriveranno le formiche!”,
“Stà un po’ zitto, Karl! Sei tu che attiri le formiche, con tutto il movimento che fai!”,
“Veramente, stavo solo cercando di sistemare le stoviglie! Se lo lascio fare a te, andrà tutto in polvere, vista la tua delicatezza proverbiale!”,
“Ma quanto sei carino!! Kurt! Kurt, per favore, difendimi tu, fratello!!”.
L’altro ragazzo rise, due bottiglie nelle mani; era contento di quella scampagnata e dell’allegria contagiosa che si era venuta  a creare.
“Magda, lascia stare le bevande, faccio io. Tu occupati dei vassoi, invece”.
La donna non lo aveva nemmeno sentito, impegnata com’era in chissà quali pensieri.
“Ehi, Magda, tutto a posto?”, la scosse per un braccio,
“Cos… sì, certo, Kurt. Tutto a posto!” sorrise lei di rimando.
Il ragazzo sbuffò, voltandosi di modo che lei non potesse vederlo; ma perché cavolo quella ragazza era sempre così enigmatica? La vedevi sorridere, credevi che fosse allegra… e invece un attimo dopo non c’era più! Chissà dove andava con la testa… certo, lo sapeva bene, lui, dove andava con la testa… tutti lo sapevano, ormai… ma dopo cinque anni… possibile che ci pensasse ancora?
“Ecco, adesso è tutto pronto! Serviamoci pure!” esclamò Beate con aria festante,
“Era ora! Ho una fame…” fece eco Karl; prese un panino, lo aprì, ci mise dentro un paio di fette di salame ed iniziò a mangiare.
Magda, invece, si servì un biscotto.
“Buoni, vero? Sono una mia ricetta personale!” le disse Beate,
“Non è vero! Ti ho visto mentre entravi in quella panetteria Italiana, l’altro giorno!”, rise Karl,
“Zitto, scemo!” Beate gli diede di gomito. Tutti risero.
Era bella l’allegria degli amici, pensò Magda; ti faceva sentire… a casa, in famiglia. Ti faceva sentire meno la malinconia…
“Un po’ di aranciata, Magda?” Kurt le avvicinò la bottiglia al bicchiere,
“Sì, grazie”,
“Bella giornata, vero?”,
“Molto bella. Si sente che sta arrivando la bella stagione”,
“Che pensi di fare, l’estate prossima?”,
“Nulla di particolare. In biblioteca c’è bisogno di me”,
“Ma se chiudete ogni anno, in Agosto!”,
“Sì, è vero; ma quest’anno ho deciso di rimanere a fare un po’ di inventario”,
“Quindici giorni di inventario? Mi sembrano un po’ troppi…”,
“No. Devo fare tutto io, perché Gerard sarà in ferie”,
“Peccato! Stavo giusto pensando di invitarti a venire con noi in montagna, in Baviera”.
Magda sussultò. Kurt si zittì di colpo. Tutti si voltarono nella sua direzione, in silenzio.
“Scusate… non ci ho fatto caso… mi spiace… scusami, Magda!”.
La ragazza, a sentire quel nome, era rimasta come paralizzata; lentamente, riprese la mobilità, appoggiando il suo bicchiere sulla tovaglia.
“Magda… stai bene, tesoro?” Beate le accarezzò una mano con la propria,
“Sì, sto bene, non preoccupatevi”,
“Kurt non voleva…”,
“Lo so… non ce l’ho con lui…”.
La Baviera… il solo sentirla nominare le faceva male, ripetendole quella pugnalata al cuore che conosceva così bene…
… Troppo bene, accidenti!
“Scusate” , si alzò “io non ho più fame. Vado a fare un giro”.
Detto questo, sia allontanò.
Rimasti soli, i tre si guardarono spaesati.
“Che cosa ho combinato! Sono un deficiente!” Kurt si portò una mano agli occhi,
“Non è colpa tua, amico. Mica lo  hai fatto apposta! Lo sai com’è fatta Magda…”,
“La sua cicatrice è ancora troppo fresca, evidentemente” Beate aveva parlato più a sé stessa che a loro.

Allontanatasi di alcuni passi, Magda si lasciò prendere dallo sconforto, e permise alle lacrime brucianti di solcarle le guance.
Stupida! Stupida! Perché continui a pensarci? La Baviera è un posto come un altro!
No che non lo è! E’ là che ho perso tutto!
Continuava a piangere, incurante degli sguardi degli altri villeggianti che la stavano osservando, stupiti. Camminò lungo la riva del fiume, che scorreva placido e tranquillo tra le sponde verdi; alcune barche piene di persone allegre si stavano godendo la giornata di festa.
Magda si avvicinò di più alla sponda, e, asciugatasi le lacrime, si sedette, rimanendo ad osservare quella folla colorata e gioiosa.
Proprio ciò che non era lei.
Strappò un filo d’erba e se lo arrotolò intorno al dito; il contatto con l’erba umida le diede un po’ di sollievo, ricordandole che erano vicini all’estate, e che il ricordo di quell’inverno era ormai lontano… ma nel suo cuore non era così, purtroppo.
I ricordi che più ci hanno segnato sono sempre vivi dentro di noi. Troppo vivi. Anche se sono lontani. Non li puoi scordare, per quanti sforzi tu faccia. Non potrai mai cancellarli, solo affievolirli. Ed era questo che lei aveva cercato di fare: aveva cercato di attenuarli, di allontanarli, di modo che facessero meno male; e, per certi versi, sembrava esservi riuscita; ma poi, bastava un nome, un’immagine e… SBAM! Ecco che tutto le riappariva davanti, chiaro e limpido come fosse stato il giorno prima! Non era giusto, dannazione!
Una barca con delle persone che ridevano le passò dinnanzi; lei li osservò: erano tutti allegri, nessuno era triste o rammaricato; ed anche girando la testa, attorno a sé, vide la stessa cosa: sembrava quasi che essere tristi, in un posto come quello, fosse quasi un crimine.
Sentì dei passi alle sue spalle, seguìti da una voce “Posso sedermi con te?”.
Girandosi, Magda vide che si trattava di Kurt.
“Prego” gli rispose, facendogli posto; il ragazzo le si sedette accanto.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti.
“Non volevo prima. Mi dispiace” disse poi lui,
“Non scusarti, non lo hai fatto apposta”, gli rispose lei,
“E’ che… io… non ci pensavo proprio… mi era… passato di mente, capisci?”.
Magda annuì.
“Però… “ riprese lui “questa è una bella giornata… non roviniamocela con i ricordi tristi, anche se è difficile…” le posò una mano su quella di lei.
Magda non disse nulla.
“Torniamo dagli altri. Vuoi?”.
Lei fece cenno di sì con la testa.
Rialzò il viso e lo guardò, sforzandosi di sorridere “Andiamo” disse.
Si alzarono e raggiunsero Beate e Karl, che adesso stavano battibeccando animatamente su chi dei due avesse inventato il panino imbottito migliore della giornata.
Immediatamente, Beate tirò a sé l’amica “Magda! Tesoro! Tu tifi per la tua vecchia amica Beate, vero?”,
“Non darle retta!” le raggiunse l’uomo, “Sta solo cercando di corromperti! Non puoi votare una che ha… Sai che ha combinato? Ha messo nello stesso panino la senape ed i sottaceti Italiani!”,
“E allora? In Italia lo fanno sempre!!”,
“Non direi, amore: mangiano entrambe le cose, ma separatamente!”.
Magda sorrise, avendo intuito perfettamente il (peraltro riuscito) tentativo degli amici di distrarla dai suoi dolori e di stemperare le tensione che si era creta un attimo prima.
“E il vincitore di questa gara cosa farà?” chiese,
“Il vincitore nulla; sarà il perdente che dovrà preparare i viveri per tutti, nei picnic della prossima estate!”.
L’allegria si diffuse per il gruppo. Magda guardò di nuovo i suoi amici: Beate e Karl erano davvero una bella coppia: lui altro, muscoloso, capelli vagamente rossicci ed occhi celesti, sempre con quell’aria allegra e serena, che avrebbe risollevato il morale anche al più depresso dei convitati ad una cena di lavoro; e lei, bionda, ben fatta, sempre con un velo di trucco leggero sul viso, i capelli perennemente acconciati e mai sciolti liberamente, gli orecchini che erano ormai parte integrante del suo viso, dato che non li toglieva quasi mai, e quell’aria da signora sofisticata che faceva un bel contrasto con Karl.
Erano belli. Ed erano i migliori amici che avesse, insieme a Kurt.
Kurt… lo guardò. Anche lui era bello, molto bello, con quei capelli biondi un po’ lunghi e selvaggi e gli occhi azzurri, con quel viso da divo del cinema sempre sorridente e coperto da un po’ di barba… molte ragazze gli facevano il filo, ma lui sembrava non avere occhi che per lei. Proprio per lei che, invece, non aveva occhi che per i suoi ricordi.

 



 






















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(1)La Kufurstendamm è l’arteria principale di quella che era la ex-Berlino Ovest: una grande strada gremita di negozi, grandi centri commerciali, caffè e ritrovi notturni d’ogni sorta; si trova a distanza (relativamente) breve dal famoso zoo.
(2)La Sprea è uno dei due fiumi che attraversano Berlino; l’altro è l’Havel.

Salve a tutti! Sono di nuovo qui con un'altra storia, questa volta una original. Premetto che alcune parti di questa storia mi sono state ispirate... in maniera inusuale, diciamo. Non so ancora di quanti capitoli sarà, ma spero che comunque incontri il vostro favore: ragion per cui, aspetto recensioni!! Un bacio, Tetide.   
  
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