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Autore: Shainareth    11/06/2010    8 recensioni
[Dragon Age: Origins] Brevi frammenti di vita del Custode Grigio Nimue Surana, antecedenti al suo incontro con Duncan e la partenza per Ostagar.
Attenzione: questa raccolta contiene anche alcune informazioni sui due romanzi di David Gaider, sceneggiatore del videogioco, e analizza determinati personaggi della cosiddetta Mage Origin.
Mi riservo di alzare il rating nel qual caso le prossime shot lo richiedessero.
01. Condivisione
02. Re
03. Proposta
04. Tormento
05. Forbici
06. Incontro
07. Incubi
08. Dicotomia
09. Fuoco
10. Separazione
11. Testamento
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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Si guardava attorno con gli spaventati occhi verdi, ruotandoli a destra e a manca con fare nervoso, le manine strette al petto, i piedi nudi pronti a scattare al primo segnale di pericolo. Wynne stirò le labbra pallide in un’espressione preoccupata. Il Primo Incantatore le aveva detto che quella bambina era un caso delicato, e che solo lei poteva occuparsene. Alla donna sembrava quasi di essere stata presa in giro. Ma la realtà era un’altra, e Wynne sapeva che probabilmente Irving aveva ragione: avevano bisogno l’una dell’altra.

   Aveva perciò mandato via i templari che, senza molto successo, avevano accudito la bambina fino a quel momento, e che l’avevano accompagnata nel suo studio. La prima cosa da fare era cominciare a conoscerla meglio. E a capirla.

   «Come ti chiami?»

   Quella domanda non ricevette risposta. Wynne osservò meglio la piccola: aveva i capelli raccolti in due treccine spettinate, ed il suo abitino era sbiadito, sporco e rattoppato in alcuni punti. Il visetto, bianco latte per la paura, era anch’esso poco pulito. L’Incantatrice si chiese se fosse orfana o comunque sola al mondo.

   Fece un passo avanti, ma lei sobbalzò, lanciando uno strillo soffocato e tirandosi indietro. Quella reazione mise la donna in allarme: quante violenze aveva visto o, peggio, subito, quella bambina?

   «Non ti farò alcun male», provò a rassicurarla. Con Aneirin aveva fallito, anni addietro, ma con lei doveva riuscire. Altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato, altrimenti quella piccina avrebbe sofferto ancora di più. «Qui non si fanno distinzioni fra umani ed elfi. Siamo tutti uguali. Io e te siamo uguali.»

   Vide lo sguardo di lei indugiare sul suo volto, e benché per un attimo ebbe l’impressione di sbagliarsi a causa dello strabismo che affliggeva l’occhio destro della giovanissima apprendista, Wynne concluse che questa si era soffermata a scrutare un particolare ben preciso della sua figura.

   Sorrise. «Anche se le mie orecchie sono arrotondate, noi siamo uguali. E sai perché?» Dopo una lunga esitazione, la bimba scosse le treccine color paglia. «Perché ridiamo e piangiamo allo stesso modo», le spiegò allora Wynne, lieta di essere per lo meno ascoltata.

   Si voltò verso lo scrittoio davanti al quale sostava in piedi, non osando muoversi da lì per timore di far allarmare la sua ospite, e prese la scatola di latta in cui conservava i dolcetti che divorava durante i periodi di fame nervosa, dovuta allo stress lavorativo o alle sue crisi ormonali di donna di mezz’età.

   «Vuoi mangiare qualcosa? Vuoi un biscotto?»

   L’altra si ostinò ancora al silenzio, ma lei non si scoraggiò ed aprì comunque il cofanetto, portandosi un frollino alla bocca nella speranza di farle venire fame.

   «Il Primo Incantatore ti ha detto come sono finita qui?» La piccola mosse di nuovo la testa. «Ho dato fuoco ad un ragazzino.»

   Sgranò gli occhi più di prima e schiuse le labbra per parlare, ma poi ci ripensò e rimase zitta, fissando Wynne con curiosità crescente.

   «Mi hanno raccontato che tu hai fatto qualcosa di simile, è vero?» Questa volta annuì, quasi subito. La donna le porse la scatola, invitandola ancora a mangiare. «Lo vedi, allora, che siamo uguali? Come ti chiami?»

   «Nimue», pigolò la bimba, strusciando il dorso di un piedino sul polpaccio dell’altra gamba, mentre con le manine aveva iniziato a torturarsi l’orlo della gonna.

   «È un nome delizioso», commentò Wynne, cercando di farle coraggio. «Quanti anni hai?»

   «Cinque», rispose ancora l’apprendista.

   La sua nuova insegnante rimase stupita, credendola più giovane. Ma quel cucciolo di elfo, più minuto rispetto agli altri della sua età, aveva comunque sviluppato la magia davvero molto presto. «Sai far altro, a parte creare il fuoco?» Nimue fece segno di no per la terza volta. «E quello lo sai ricreare?»

   Confusa, aggrottò le sottili sopracciglia chiare. «Ero arrabbiata», provò a spiegare, timida.

   La donna le sorrise di nuovo. «Oh, lo ero anch’io.» Agitò la mano sinistra per scuotere i dolcetti nel loro contenitore, ed il rumore da essi provocato attirò l’attenzione della piccola. «Se vuoi, puoi mangiarli. Non tutti, però, o ti verrà male alla pancia.»

   «Non ho niente da darvi in cambio», si sentì rispondere sorprendentemente.

   «Non occorre che tu mi dia qualcosa», la rassicurò.

   «La mamma dice che bisogna sempre ricambiare con qualcosa.»

   Dunque Nimue aveva una madre, ed era stata anche educata alle buone maniere. Forse non era un caso perso. «Ti sto facendo un regalo», le fece presente Wynne. «Ma se proprio vuoi, puoi ricambiare con un sorriso.»

   Quel suo tentativo, tuttavia, non ebbe l’effetto sperato, perché la bambina iniziò a piangere, dapprima silenziosamente, poi coprendosi il viso con le mani quando i singhiozzi ebbero la meglio. L’Incantatrice lasciò immediatamente i biscotti sullo scrittoio e si precipitò da lei, che non si sottrasse solo perché le lacrime le impedivano la vista.

   «Buona, buona», cominciò Wynne, tirando fuori dalla tasca della tunica un fazzoletto. «Perché piangi, tesoro? Ho detto qualcosa di cattivo? Non volevo, sai? Scusami tanto.» Le accarezzò i capelli con fare impacciato, temendo di spaventarla e di peggiorare la situazione, ma di nuovo Nimue la lasciò fare. Prese sicurezza, allora, la circondò con le braccia ed iniziò a cullarla, sentendola tremare e piangere con fare disperato. «Di che hai bisogno, stellina? Eh? Me lo dici? Se me lo dici, forse potrò aiutarti.»

   «Voglio tornare da mamma», furono le parole che, fra un singulto e l’altro, le strinsero il cuore.

   Come avrebbe fatto a spiegarle che non era possibile? Come avrebbe fatto a farla calmare? Capiva il suo dolore, e capiva ancora meglio quello della donna che l’aveva data alla luce perché era madre a sua volta. Suo figlio chiedeva mai di lei come faceva Nimue? Perché lei pensava a lui ogni ora del giorno e della notte. Eppure non poteva fare niente per ritrovarlo, per averlo indietro: la legge della Chiesa le toglieva ogni speranza, e Wynne era costretta a vivere da anni in quella perenne, struggente rassegnazione, che l’aveva resa più forte e più fragile allo stesso tempo.

   «Potrai rivederla, sai?», disse quindi. La bambina cominciò lentamente ad acquietarsi, e lei ne approfittò per scostarle le manine fradice di lacrime e per asciugargliele insieme al visetto. «Prima però dovrai imparare a controllare la tua magia. È per questo che ti hanno portata qui, perché altrimenti potresti correre il rischio di far del male a qualcuno senza volerlo, magari proprio alla tua mamma», la istruì. «Vuoi fare del male alla tua mamma?» Nimue tornò a far cenno di no con la testolina. Tutto sommato, si congratulò Wynne con se stessa, stava andando meglio di quanto avesse sperato all’inizio. «Soffia col nasino», le disse, pulendole anche quello con fare affettuoso. Si rialzò sulle gambe e, tenendola per mano, la condusse allo scrittoio per regalarle un frollino, che questa volta lei accettò, pur con timore.

   «Facciamo un patto», propose l’Incantatrice, mentre la piccina levava lo sguardo su di lei. «Quando avrai voglia di piangere, vienimi a cercare: ti abbraccerò sempre», promise. «In cambio, però, voglio che tu venga da me anche quando vuoi sorridere.»

   Accortasi dei suoi occhi arrossati, Nimue annuì in silenzio, il biscotto mangiucchiato fra i denti, e strinse le dita in quelle di lei. Non si fidava degli umani, non dopo quello che avevano fatto a sua sorella Niniane e a lei, che era stata strappata dal petto della mamma senza pietà. Quella signora però cominciava a piacerle, se non altro perché le aveva dato una cosa che nessuno mai aveva pensato di regalarle da quando aveva lasciato l’enclave di Altura Perenne, due settimane prima: la condivisione. Wynne aveva pianto con lei per la sua sofferenza, e questo per Nimue valeva molto più dell’ottimo cibo che assaggiava solo adesso per la prima volta in vita sua.













Mi sono resa conto che, più scrivo, più il legame fra Nimue e Wynne risulta importante all'interno della mia long, per cui giorni fa mi è venuto in mente di mettere nero su bianco questo loro primo incontro. Non so se sono riuscita a rendere l'idea di quanto importante sia stato, spero solo di aver avuto quantomeno la sensibilità di trasmettere qualcosa a chi legge.
Avverto subito che questa settimana non aggiornerò Nimue perché non ho avuto modo di procedere con la stesura dei capitoli a venire. Per questo mi scuso con i lettori, promettendo per lo meno, a chi fosse interessato, di dedicarmi a questi racconti brevi.
Grazie alla mia beta Atlantislux e ad Erecose che mi incoraggiano sempre.
Shainareth





  
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