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Autore: Trick    11/06/2010    9 recensioni
"«Vedi quel salice, laggiù?» indicò con un vago cenno del capo Caramell. «I suoi rami piangono perché lui non ha mai avuto il coraggio di alzarsi. Oh, la natura è così umana, talvolta".
C'è stato un tempo in cui Cornelius Caramell era il Ministro della Magia. Ora sono trascorsi diciannove anni ed il suo tempo, ormai, è ben diverso.
Prima classificata al contest Forgotten (happy) endings indetto da CoS.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Titolo: Nel giardino del Ministro
Personaggi: Cornelius Caramell
Generi: Malinconico, introspettivo
Note personali:
1) Il Medimago Ackerley non è un OC: Stewart Ackerley viene realmente citato durante la Cerimonia di Smistamento del Calice di Fuoco (pag. 156, edizione italiana).
2) La stanza 847 non è stata scelta a caso. Digitando le cifre 8, 4 e 7 con un qualsiasi cellulare, si ottiene la parola vip. Ho voluto imitare il codice 62442 (aka magic) che conduce dalla cabina telefonica stregata al Ministero della Magia.
3) La storia si è classificata prima (con notevole shock dell'autrice) al contest Forgotten (happy) endings indetto da Collection of Starlight.




C'era stato un tempo in cui Cornelius era stato qualcuno.
Qualcuno di veramente importante, davvero, poiché non c'era nessuno che non conoscesse il suo nome. Nessuno, in tutta la Gran Bretagna, ignorava chi fosse e cosa rappresentasse.
Era un tempo diverso, il suo.
Cornelius inclinò il capo con una smorfia pensierosa e scrutò fra i tulipani e i ciclamini del suo giardino.
A volte, credeva di amare il profumo dolciastro della fioritura, la brezza impalpabile che scuoteva le fronde rosee dei ciliegi e il sentiero di terra che s'intrecciava tortuoso fra le siepi. Poi, si ricordava di quell'altro tempo e odiava quel dannato giardino tanto da odiare la stessa primavera.
La stessa vita.
Sollevò il braccio destro, posò il palmo grinzoso sul vetro della finestra e fu attraversato da un brivido freddo.
Gelido.
Desiderò che il giardino ghiacciato che lo teneva prigioniero si sciogliesse.
Prigioniero della neve a primavera.
Nessuno avrebbe dovuto dimenticarsi di lui.
Del profumo della vita.
Cornelius annuì al proprio riflesso con espressione risoluta.
«Io sono il Ministro della Magia».
Ma era un altro tempo, il suo.


Nonostante quelli della Manutenzione Magica avessero incantato le finestre di quell'ala del San Mungo per mostrare un florido prato primaverile, l'aria era satura di impalpabile gelo.
Il nuovo reparto per lungodegenti si estendeva lungo la parte occidentale del vecchio edificio. Era la zona più tranquilla e silenziosa dell'intero ospedale (e come avrebbe potuto essere altrimenti? Non c'erano né bambini capricciosi né vittime di magie accidentali né Medimaghi ansiosi e frenetici). C'erano solo le mura – bianche, fredde e asettiche – e quell'atmosfera di soffocante religiosità.
L'uomo era stato avvisato che avrebbe avuto difficoltà a parlare con il paziente della stanza 847, ma aveva insistito ugualmente con il Medimago a capo del reparto, un tizio dall'aria annoiata di nome Ackerley.
Mentre attraversava a passi nervosi il lungo corridoio, si interrogava sui motivi che lo avevano condotto lì. Da mesi, ormai, si riprometteva di visitare quel vecchio reietto, ma ora che aveva finalmente trovato il coraggio di farlo, desiderava solo cambiare strada e insabbiare nuovamente la voce della propria coscienza. Non era sicuro di sapere perché avesse preteso tanto di parlare con lui. Non era nemmeno certo di avere qualcosa da dirgli, in effetti.
Ho mai realmente avuto qualcosa da dirgli?
Si aggiustò gli occhiali sul naso, fece un respiro profondo e abbassò cautamente la maniglia.
Cornelius Caramell sedeva su una poltrona di vimini davanti alla finestra, con addosso solo una vestaglia color porpora dai risvolti sciupati. La sua schiena era curva ed i capelli scendevano radi sulle spalle. Teneva le dita nodose intrecciate in grembo e gli occhi persi fra i ciliegi immaginari del parco.
È sbiadito nel tempo.
Il visitatore estrasse la bacchetta magica dalla cintura ed Evocò una seggiola di legno accanto all'anziano mago. Più ne osservava il volto sbiadito e più si convinceva di guardare la persona sbagliata.
«Signor Caramell?» lo chiamò in un sussurro ansioso, inclinando appena il capo. «Signor Ministro?».
Le palpebre di Caramell tremarono impercettibilmente. Ruotò il collo con una lentezza estenuante e gli rivolse un'occhiata impassibile.
«Signor Ministro, si ricorda di me?».
Dovette attendere pazientemente qualche minuto e ripetere un paio di volte la domanda, prima che le labbra dell'anziano mago si storcessero nell'ombra di un lieve sogghigno.
«Harry Potter» mormorò debolmente con voce gracchiante.
«Sì, signore» rispose Harry con affettata gentilezza.
Socchiudendo stancamente gli occhi, Caramell tornò a scrutare con aria distante il paesaggio oltre il vetro lucente.
«Ti piace il giardino, Harry?» gli chiese improvvisamente.
«Sì, signore. È davvero molto bello».
«Sciocco» ribatté il vecchio, scuotendo la testa con un sorriso sfrontato. «Non è un vero giardino. Sai cosa questo significhi?».
«No, signore».
«Nessuno si cura di lui».
Harry s'irrigidì. Non era preparato per la piega che quella conversazione stava prendendo – qualunque essa fosse. D'un tratto, si rimproverò per l'azzardata scelta di recarsi in quella stanza. Non c'era alcun motivo per il quale lui dovesse essere . Eppure, dopo aver saputo del repentino peggioramento delle condizioni di salute di Cornelius Caramell, il mostro della coscienza aveva alzato la voce e non lo aveva più abbandonato.
L'errore è stato suo.
«Vedi quel salice, laggiù?» indicò con un vago cenno del capo Caramell. «I suoi rami piangono perché lui non ha mai avuto il coraggio di alzarsi. Oh, la natura è così umana, talvolta».
«Lo è, signore».
Caramell lo scrutò con espressione greve.
«Tu sai chi sono io?».
«Cornelius Caramell» annuì Harry con una smorfia triste. «Il Ministro della Magia».
Il volto di Caramell si distorse in un sorriso di ebbra allegria.
«Prima, sì» ridacchiò. «E poi, no».
«Non capisco, signore».
«Guarda il mio giardino» disse, indicando distrattamente un punto indistinto fra i cespugli e i rovi. «Ti piace?».
Harry sospirò rassegnato, si tolse gli occhiali e si massaggiò debolmente le tempie. Nonostante non fosse ancora certo del perché avesse provato quell'immane desiderio di vedere Caramell, si era ormai convinto che sarebbe rientrato a casa con l'animo ben più oppresso di quando ne era uscito.
Caramell se ne era andato e l'uomo con cui tentava di parlare era soltanto una triste impronta divorata dal tempo. E lui, Harry, stava perdendo il proprio rincorrendo qualcuno che non esisteva più.
«Ti piace il mio giardino?» ripeté con insistenza Caramell.
Harry fece un lieve cenno affermativo con la testa.
«Sì, signore» rispose con voce atona. «Ha un giardino molto bello».
«Quando sono nel giardino, là fuori, io sono il Ministro della Magia. Ma qui...» aggiunse, sollevando gli occhi al soffitto bianco e mostrando i palmi delle mani verso la parete, «...sono solo io. Tutto il giorno. Io».
«Signor Ministro, non so fin dove lei possa capirmi» disse Harry, esitante, «ma voglio che lei sappia che mi dispiace. Avrei dovuto agire diversamente quando mi è stata concessa l'occasione. Avrei dovuto, forse». S'interruppe per umettarsi nervosamente le labbra. «Ma avevo diciassette anni e la ritenevo più colpevole di quanto fosse. Non è mai stato un uomo cattivo, in fin dei conti, ed io ho concesso la clemenza a maghi e streghe dalla coscienza molto più sporca della sua».
«Oh, no, Harry Potter. La colpa non era loro».
Harry inarcò appena il sopracciglio sinistro.
«Prego?».
«La colpa era di coloro che guardavano il mio salice ed i suoi bassi rami. Lo guardavano, mese dopo mese, giorno dopo giorno, chinarsi sempre più verso la terra. E nessuno – nessuno – che si decidesse ad aiutarlo a rialzarsi verso il sole. E quando le sue foglie arrivarono a sfiorare i fili d'erba, decisero che non valeva più la pena di guardare. Oh, tante furono le idee di ciò che si sarebbe dovuto fare!» esclamò con gli occhi sgranati. «Alcune perfino argute. Ma tutte dopo, Harry Potter. Dopo che il mio salice era caduto e nessuno lo guardava più. E il tempo – ah, il tempo! - era già di un altro».
Con un respiro profondo, Harry si alzò in piedi e si lisciò una piega immaginaria sui pantaloni scuri. Si costrinse a sollevare il capo verso l'anziano. Sentì il proprio disagio aumentare nel vedere l'espressione di assente gaiezza di Caramell. Deciso ad interrompere quell'infruttuosa e deprimente conversazione, tese rigidamente la mano destra. Caramell parve studiare con estrema attenzione il suo gesto di congedo, come se stesse tentando di capirne il significato. Guardò Harry con un sguardo benevolo e sorrise.
«Se non mi dovessi trovare più, Harry Potter, cercami in giardino. Sotto le fronde del mio salice. È il mio posto preferito».
Harry annuì meccanicamente.
«Arrivederci, signor Ministro» terminò laconico, abbassando il braccio con aria sconfitta.
Mentre si avvicinava rapidamente alla porta e si chiedeva per quale motivo lo avesse salutato con un “arrivederci”, la voce di Caramell si levò roca nella stanza e lo costrinse a fermarsi.
«Ti piace il mio giardino, Harry Potter?».
Harry serrò le dita con forza attorno alla maniglia di ottone, senza trovare il coraggio di voltarsi un'ultima volta verso di lui.
«Sì, signor Ministro. È un giardino molto bello».
«Sì» annuì Caramell, sfiorando con i polpastrelli il vetro della finestra. «Sì. È davvero un giardino molto bello, il mio».


Cornelius Caramell si era addormentato da poco, quando sentì qualcuno scuotergli con cauta insistenza il braccio sinistro.
«Signor Ministro?» si sentì chiamare. «Signor Ministro, è ora di andare».
Nel dormiveglia, Cornelius mugugnò qualche ordine incoerente e tentò di girarsi sul fianco destro. Era così stanco che non aveva nemmeno voglia di maledire quel fastidioso uomo, chiunque egli fosse.
«Signor Ministro, la prego di alzarsi» ripeté con urgenza la voce. «Si sta facendo tardi e non possiamo iniziare senza di lei».
Sebbene a fatica, Cornelius dischiuse piano le palpebre e tentò di riconoscere un volto noto nel profilo contorto di quel seccatore. Notò una chioma rosso fuoco e fece una smorfia indispettita.
«Weasley» mormorò seccato. «Perché mi hai svegliato?».
Percy Weasley si aggiustò pomposamente gli occhiali sul naso e si allontanò dal letto. Cornelius lo osservò avvicinarsi alla finestra della sua stanza e scrutare con un sorriso deliziato verso il giardino.
«Dobbiamo andare, signor Ministro» disse. «Aspettano solo lei».
Cornelius fece uno sbuffo stizzito e si liberò dalle coperte candide. Era piuttosto scocciato all'idea di dover rinunciare ad un'altra notte di sonno ma, d'altronde, era pure sempre il Ministro della Magia. Raggiunse il giovane davanti alla finestra e sistemò meccanicamente il nodo alla cravatta.
«Il suo cappello, signor Ministro» disse Percy, tendendogli la bombetta verde acido.
Se la infilò rapidamente sulla cima della testa e scavalcò la finestra prima con una gamba e poi con l'altra.
«Per tutte le sottogonne di Morgana» si lamentò. «Weasley, ricordami di dire a quelli della Manutenzione Magica che queste entrate secondarie sono da rivedere assolutamente».
«Io l'ho sempre detto, signore».
Si avviarono a passi lesti lungo il piccolo sentiero sterrato. Il vento scuoteva appena l'erba verdeggiante e i ciclamini. Gli allori e le ginestre brillavano al mite sole primaverile e i ciliegi in fiore emanavano un aroma piacevolmente dolciastro tutt'intorno.
«È una bella giornata, almeno».
«Lo è, signor Ministro. Le piace il giardino?».
«Sì» rispose gentilmente. «È davvero un bel giardino. Ben fatto, Weasley».
Mentre procedevano nel loro cammino, Cornelius iniziò a scorgere i primi presenti. Al suo passaggio, Griselda Marckbanks chinò educatamente il capo. Lui ricambiò il cortese saluto. E Mafalda Hopkirk, con quel suo buffo mantello rosso, e poi Perkins, Cresswell, Diggory, Mockridge e quel pazzo di Newt Scamander, perfino.
Lentamente, la numerosa folla giunta dal suo Ministero della Magia iniziò ad applaudire. Passando loro davanti, Cornelius fu pervaso da un'immane senso di soddisfazione.
«Buongiorno, signor Ministro!» gridava qualcuno.
«Ottimo lavoro, signor Caramell!».
«Eccezionale, Ministro! Eccezionale!».
Cornelius sorrise radioso e sollevò le mani al cielo, mentre camminava lungo il sentiero del giardino e superava un buffo salice dai rami alzati.
Era il suo tempo, quello.




   
 
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