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Autore: KIRA83    07/09/2005    3 recensioni
La mia personale interpretazione della storia d'amore tra la dea Artemide e il cacciatore Orione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Mi sono sempre piaciute molto le storie e le leggende dei miti graci, specialmente quelle riguardanti gli dei.
Questa storia è un pò vecchiotta (l'ho riesumata perchè ultimamente sono in vena di restyling) e originariamente doveva essere la prima di una serie di storie ispirate appunto ai miti greci. Purtroppo la mia incostanza si è manifestata in pieno e ho lasciato perdere il progetto (anche perchè mi sono orientata verso altri generi!^_^).
Comunque, questa storiella è finita, entro la settimana posterò la seconda e unltima parte.
Buona Lettura.




Parte I


Il sole spendeva alto nel cielo, ma i fitti rami degli alberi ne filtravano i raggi avvolgendo il bosco in una tenue oscurità. C'era silenzio e pace ovunque. Artemide stava appoggiata delicatamente ad un albero, rilassata guardando la natura rigogliosa che la circondava. L' oscurità non le dava fastidio, anzi. Si sentiva protetta, sicura. Dopotutto quello era il suo elemento: l'oscurità, il buio, la notte che lei , la Dea della Luna, rischiarava ed illuminava con la sua presenza.
Un rumore in lontananza attirò la sua attenzione. Un cervo stava pascolando a qualche centinaio di metri da lei. Lo osservò attentamente. Le grossa e pesanti corna erano sorrette a fatica, una zampa anteriore era ferita. Artemide provò pietà per quell’animale sofferente.
"Povera bestia. Vecchia e ferita" pensò mentre impugnava il grande arco che portava sempre con se. Posizionò un dardo d'argento e mirò. Una freccia si andò a conficcare dritta nel cuore del cervo, che cadde a terra morto. Ma non era la sua. Si girò per vedere chi aveva osato impunemente precedere lei, la Dea della caccia. Vide un ragazzone correre velocemente verso il cervo, per poi chinarsi ed accarezzarlo con dolcezza e tristezza negli occhi "Povera bestia" lo sentì dire "ora hai smesso si soffrire".
Artemide si intenerì vedendo quella scena e la sua rabbia si placò.
Si avvicinò al ragazzo.
"Lo stavo per uccidere io e tu hai osato precedermi, ma siccome l'hai fatto per far cessare le pene di quest’animale per oggi lascerò correre" disse la Dea risoluta.
"Scusa" rispose il ragazzo alzandosi in piedi "non volevo mancarti di rispetto, il fatto è che non ti avevo proprio vista"
Sorrise. Artemide si meravigliò di quel semplice gesto. Si meravigliò anche della stazza di quel uomo: Era alto più di due metri e per guardarlo doveva alzare la testa, lei che di solito osservava e giudicava gli uomini dall'alto al basso. Aveva un corpo possente e muscoloso, anche i lineamenti del viso erano forti, ma aveva gli occhi più dolci che avesse mai visto, chiari e luminosi come la Luna che lei proteggeva.
"Se vuoi puoi penderlo tu il cervo" riprese gentilmente il giovane.
"Me lo offri in dono?" chiese la Dea.
"Io dono?" domandò stupito. Osservò attentamente la ragazza. Aveva le mani appoggiate ai fianchi e le gambe leggermente divaricate. Il busto dritto e il volto rivolto verso l'alto. Aveva lo sguardo fiero e regale. I capelli corvini erano legati in una lunga treccia. La veste succinta metteva in evidenza delle lunghe gambe, snelle e toniche, e una pelle pallida come la luna. Era d’una bellezza...divina. Vide il possente arco. Vide le frecce d'argento. Vide il diadema che le cingeva il capo, a forma di mezza luna. E finalmente capì chi aveva dinnanzi...Artemide, la dea della Luna e della Caccia. Subito s’inginocchiò ai suoi piedi, ma per via della sua statura la testa arrivò all'altezza di quella della Dea.
"Perdonami, non ti avevo riconosciuta" si scusò subito con voce titubante. Artemide si sorprese non poco: com'era possibile che non l'avesse capito immediatamente chi aveva di fronte? Eppure questa cosa invece di farla arrabbiare, come normalmente sarebbe accaduto, la fece sorridere. Provava tenerezza per quel ragazzo grande e grosso, ma con una formidabile bravura nella caccia.
"Alzati" ordinò la Dea "e dimmi qual’è il tuo nome"
"Orione"
"Sei un cacciatore?"
"Si"
"Devo confessarti che mi hai sorpreso, il che non capita spesso. Hai una mira infallibile; hai colpito il cervo dritto al petto da una distanza così lontana. Sei un ottimo cacciatore" lo elogiò la Dea.
"Se è detto dalla dea della caccia in persona allora devo crederci" rispose imbarazzato.
"Bene. Allora da oggi in poi cacceremo insieme"
"Sarà un onore".
E così avvenne.
Tutti i giorni Artemide ed Orione passavano ore ed ore a caccia nella foresta.
Il ragazzo apprendeva nuove tecniche e stratagemmi dalla Dea, mentre lei si compiaceva dei progressi e della bravura del suo allievo. Provava una tenerezza per Orione mai sentita per nessun alto. Gli piaceva la sua compagnia: era un ragazzone silenzioso, determinato e risoluto, ma soprattutto aveva una dolcezza unica. Aveva gli occhi più sinceri e profondi che la Dea avesse mai visto. Quelle iridi verdi trasmettevano emozioni, sensazioni e sentimenti. Lui parlava con gli occhi.
E piano piano qualcosa cambiò.
Ogni volta Orione sorrideva, che le rivolgeva uno sguardo, che la sfiorava, Artemide sentiva qualcosa dentro di se, nella parte sinistra del torace, nel cuore. Era un qualcosa che non aveva mai sentito prima, che non aveva mai provato, che le scaldava il petto e la faceva tremare per l’emozione, la scombussolava e la rendeva felice come non era mai stata. Possibile? Possibile che fosse… amore? Possibile che si fosse innamorata? Lei, la grande Dea Artemide, refrattaria ad ogni tipo di legame amoroso, orgogliosa della sua verginità, del suo disprezzo per il matrimonio, e tanto fiera della sua libertà. Lei che si era sempre vantata di essere al di sopra di quel sentimento tanto effimero e irrazionale. Possibile che ciò che le scaldava il cuore fosse proprio amore? Era innamorata di Orione?
Si.
Sapeva di amarlo. Non era più tenerezza che provava verso di lui, ma qualcosa di più forte, di più emozionante e coinvolgente. Era amore.
Scoprirsi così fragile ed esposta la imbarazzò a tal punto che perse la concentrazione e, per la prima volta nella sua esistenza, mancò un bersaglio, ferendosi con la corda dell’arco.
Orione, alla vista della Dea ferita, corse in suo aiuto per medicarla.
“Mia Dea, stai bene?” chiese preoccupato, scuro in volto. I suoi occhi erano pieni di tristezza, di apprensione e preoccupazione.
Artemide era in balia dei suoi sentimenti, non riusciva a ragionare e nemmeno a distogliere lo sguardo da quegli occhi così compassionevoli e profondi. Orione ed Artemide si fissarono a lungo. “Artemide…” sussurrò infine il ragazzo, mentre con una mano le accarezzava lievemente la guancia di seta. Improvvisamente, come svegliato da un lungo sonno, si rese conto del gesto appena compiuto, ed immediatamente si inginocchiò al cospetto della Dea.
“Perdonami, mia Dea…perdona le mie mani impudenti che hanno osato toccarti e le mie labbra che hanno avuto l’ardire di pronunciare il tuo nome… io… non so cosa mi sia preso… ti chiedo umilmente perdono…è solo che… tu sei così bella…”
“Mi reputi bella?” chiese piena di speranza la Dea.
Orione alzò la testa e la guardò stupito, meravigliato da quella domanda. Certo che era bella, era una Dea. Quanto mai può importare ad una Dea il giudizio di un mortale?
“Per quanto il mio modesto giudizio mortale può interessati…”
“Il tuo giudizio è quello che mi interessa di più di tutti! Se tu mi dici che sono bella non avrò bisogno di nessun altra conferma” lo interruppe speranzosa la Dea, con le guance che si imporporavano leggermente, per aver avuto l’ardire di dire quelle parole.
Orione la guardò di nuovo più meravigliato che mai. Poi , sempre stando in ginocchio di fronte a lei, con lo sguardo sincero e amorevole e la voce decisa disse:
“Sei la più splendida creatura su cui io abbia mai posto gli occhi; nessuna donna mortale, o ninfa, o dea, può eguagliati, ne in bellezza, ne in bravura, né in nessun altra cosa. Nei tuoi lunghi e soffici capelli hai imprigionato il colore della notte, dai tuoi grandi occhi dai colore e luce alla splendente luna che governi, la tua soffice pelle risplende del colore del tuo astro, il tuo corpo è perfetto ed armonioso in ogni suo movimento, hai la grazia e l’eleganza degli alberi del bosco mossi dal vento, sei talmente bella da far male agli occhi. Sei bella fuori, ma sei bella anche dentro. Sei compassionevole e caritatevole. Sei sicura, decisa, dolce e soave.
Sei talmente bella che è impossibile non innamorarsi di te”
A quel fiume di parole il cuore di Artemide non seppe resister, era troppo colmo di gioia per riuscire trattenerla tutta al suo interno,così piccole gocce di lacrime cominciarono a nascere dagli occhi della Dea. Le sue prime lacrime d’ amore gioioso.
“Mia Dea…ho detto forse qualcosa che ti ha ferita?” chiese angosciato Orione, alla vista di quelle gocce di pianto.
La Dea scosse il capo, sorridendo leggermente.
“E tu?” chiese poi con un filo di voce.
“Cosa?” domandò apprensivo il ragazzo.
“Sei innamorato di me?” continuò la Dea, arrossendo nuovamente.
“Si” rispose con fermezza “ti amo ogni giorno di più” la fissò negli occhi. La Dea vide uno sguardo sincero ed onesto, pieno d’amore.
Sorrise di nuovo, questa volta più vistosamente.
“Orione, tu obbediresti ciecamente ad un mio ordine?” chiese poi.
“Senza esitare” rispose il ragazzo.
“Allora baciami” disse la Dea, arrossendo in maniera molto vistosa, ma ben sapendo che Orione non si sarebbe mai permesso di baciarla se lei non glie’lo avesse detto.
Orione sorrise, con gli occhi colmi di felicità. Si avvicinò lentamente alla Dea e posò un delicato bacio sulle sue labbra carnose.
Si allontanò di poco e la fissò negli occhi.
“Ti amo” disse il ragazzo “mi credi vero?”
“Si, te lo leggo nello sguardo” rispose la Dea “anch’io ti amo” aggiunse poi arrossendo all’inverosimile.
Orione accarezzò con dolcezza la guancia della Dea, poi le afferrò il viso con entrambe le mani e la baciò di nuovo. Fu un bacio più deciso, più passionale, più emozionante. Artemide sentiva il cuore scoppiarle in petto. Era ubriaca di queste sensazioni. Le labbra si staccarono.
“Orione” disse sorridendo la Dea non appena si fu ripresa da quel turbinio di sensazioni che la avvolgevano “vuoi diventare il mio sposo?”.
Gli occhi di Orione si spalancarono in un’espressione di puro stupore.
“Dici sul serio?” chiese.
“Sono una Dea, non mento” rispose.
Lui la baciò di nuovo.
“Certo che ti voglio sposare, non c’è neanche bisogno di chiederlo” rispose infine sorridendo.
Questa volta fu lei a buttarsi fra le sue braccia.
“Bene, allora vado ad informare mio padre” disse liberandolo dalla gentile presa.
“Mi mancherai” disse Orione.
“Lo spero bene” rispose la Dea sorridendo, mentre a malavoglia si allontanava dal suo promesso sposo.

  
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