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Autore: Sorella_Erba    13/06/2010    8 recensioni
Al risveglio, Ace non c’era più e in quel punto, che ora prudeva fastidiosamente, era comparsa una bruciatura dalla forma eccentrica.
Spoiler per chi non ha letto il 574.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Portuguese D. Ace, Smoker | Coppie: Ace/Smoker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dove anche l'alba diventa sera.

 

«Oi, taisa».

«Che vuoi, marmocchio».

«Pensavo…».

«Il tuo misero cervello riesce a pensare?».

Il sorriso.

Ricordava benissimo che lo sciocco ragazzino aveva sorriso e lasciato che una breve pausa di silenzio intramezzasse, per alcuni secondi, quell’assurda conversazione, sbucata dal nulla e con sua sorpresa. Credeva fosse ripiombato in uno dei suoi stravaganti sonni profondi.

«Pensavo. E se… per caso venissi catturato, sbattuto in una bella prigione di massima sicurezza, processato e condannato a morte?».

E lui si era zittito, di colpo – non per qualche vendicativo intento di rimarcare una risposta che sarebbe dovuta seguire. Non ci fu alcuna replica. Il silenzio aleggiava per la camera, la cenere si accumulava, divorando con lentezza il sigaro che stringeva fra i denti, e Ace continuava a sorridere, tranquillo, quasi avesse appena condiviso una battuta divertente e frivola. Non seppe che dire, e parve che Ace se ne fosse reso conto.

«Era soltanto un’ipotesi, taisa», rispose infatti. E poi: «Non prendertela, dormiamo».

Senza aggiungere altro, si sistemò su di un fianco, gli occhi fissi sulla sua mascella squadrata, e si fece più vicino, tanto che il vecchio junsho poté sentirne il respiro leggero e caldo sul collo. Lo infastidiva. Con la sua vicinanza, i suoi sospiri, i suoi ghigni. E con le sue parole senza senso. Non riuscì ad allontanarlo, però: gli avambracci rimasero immobili, incrociati sul ventre, e le mani inerti, mentre lasciava che un braccio di Ace raggiungesse il suo petto per circondarlo in un gesto pigro e apparentemente accidentale.

«Taisa».

Uno sbuffo di fumo grigio si sollevò dalla sua bocca. Sciolse l’intreccio delle braccia per posare il sigaro sul portacenere sistemato sopra al comodino.

«Non riesco a dormire».

La stretta di Ace, che con quel brusco gesto era scivolata via dal suo corpo, ritornò prepotente a chiuderlo in un abbraccio.

«Stupido marmocchio».

L’abbraccio si fece più stretto, quel corpo nudo più vicino e rovente.

«Sai che è solo con te che posso comportarmi così?».

«Ti permetto troppo, allora».

Con un gesto rapido, Ace si tirò su e si adagiò sopra di lui, leggero e attento, portando il viso così vicino a quello del junsho che questi riusciva ad intravedere, persino nella semioscurità, ogni più tenue lentiggine costellasse il naso del giovane comandante.

«Non smettere di farlo».

«Ti sei dato ai sentimentalismi, Portuguese», asserì in un borbottio, sentendo la punta affusolata del suo naso sfiorargli la bocca. Spostò la testa di lato, quasi nel tentativo di schivare un’ondata di tepore dalle sembianze familiari, ma che tuttavia mai era riuscita ad inghiottirlo. Non fino a quel punto.

«Taisa, mi permetteresti di fare una cosa che non ho mai fatto prima?».

Ancora una volta, non fu capace di fermarlo, né con movimenti duri né a parole. Ace allungò il collo e chinò il capo, premendo le labbra sottili contro un angolo della sua bocca. Il calore lo invase e si diramò con un’intensità quieta per tutto il corpo e con la stessa dolcezza della mite brezza di mare.

«Portuguese», disse. L’intenzione era quella di rimproverarlo per aver mostrato eccessiva imprudenza, eppure la voce parve spezzarsi e sgretolarsi in un gutturale mormorio.

Ace sorrise di rimando. «Smoker», rimbeccò con lo stesso tono, facendogli il verso.

«Fammi dormire».

«Chiedo scusa». Reclinò la testa, rifugiandosi nell’incavo del suo collo, non accennando altri movimenti né mostrando alcuna intenzione di volersi spostare.

«Senti, bamboccio, non credere di essere un peso piuma. Vorrei dormire in pace».

«Ho una strana sensazione, taisa. Lasciami fare, solo per questa volta».

Brontolò in modo asciutto parole incomprensibili, visibilmente corrucciato. Ma lo lasciò stare, addormentandosi entro breve, la carezza dei suoi capelli a sfiorargli la guancia.

Avrebbe giurato, più tardi, nel sonno, di aver sentito un pizzicore doloroso sul collo, all’altezza della cicatrice. Al risveglio, Ace non c’era più e in quel punto, che ora prudeva fastidiosamente, era comparsa una bruciatura dalla forma eccentrica. Neanche col passare dei giorni accennava a sparire; solo il dolore si ridusse, fino ad estinguersi del tutto. Ritornò due volte, nella lunga, inutile attesa del suo ritorno: la prima nei giorni che precedettero l’annuncio della cattura del comandante della seconda flotta di Whitebeard, l’ultima negli istanti antecedenti alla sua morte. Quando vide quel corpo arso dalle fiamme spegnersi all’improvviso e venire inghiottito da nuvole di fumo bianco – che, per una volta, non gli appartenevano –, avvertì un’ultima fitta, più intensa delle altre. Poi, il marchio che Ace gli aveva lasciato quella notte di tanti mesi prima, scomparve senza lasciare traccia. Ciò che restò, fu soltanto la sensazione di gelo, ora amplificata, che lo aveva accompagnato fino a Marineford.

 

 

N/A.

Dovrei scrivere la tesina. Fra meno di dieci giorni ho gli esami di maturità. Invece sto qua a scribacchiare cose, forse, inutili. Spero sia l’ultima, fino a quando non finirà questo periodo infernale.

Smoker/Ace, la mia prima. SPOILER per chi non ha letto il 574. Titolo preso da una canzone di Fabrizio De Andrè, "Inverno" - ringrazio maya_90 per avermelo ricordato (:

   
 
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