Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover
Ricorda la storia  |      
Autore: nainai    13/06/2010    4 recensioni
Ora voi state cercando il segreto, ma non lo troverete.
Perché in realtà voi non state veramente guardando.
Voi non volete saperlo, voi volete essere ingannati.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Mascherine'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Attenzione: il presente scritto ha per protagonisti persone realmente esistenti. I fatti raccontati sono puro frutto della fantasia dell'autrice, la quale non ha nessuna pretesa di veridicità o verosimiglianza. Nessun intento offensivo. Tutti i diritti riservati spettano ai rispettivi titolari.

Storia quarta classificata al "Movies Contest" organizzato da Himechan84 con citazione tratta da "The Prestige" e qui riportata.
Altra citazione da "Bright Lights" dei Placebo.


 
The Prestige
Il trucco
 
«It may be elaborate fantasy,
but it's the perfect place to start»
 
Il «prestigio», il trucco da cui parte la storia.
Eppure è l'epilogo.
Partire da un epilogo per raccontare una storia.
...no, non sono controsensi. E' solo un gioco. Il gioco di un illusionista un po’ folle che raccoglie i suoi trucchi dietro la luce delle candele, perché la luminosità evanescente di un sogno ha già la consistenza della cera.
Ed è forse una semplice illusione, ma è un punto perfetto da cui cominciare a raccontare.
 
Ci sono lampioni impuntati nella notte come altrettanti spilli. Si tendono nell'oscurità fitta di rami che si protendono in ogni direzione, una primavera incipiente li ha ricoperti di una chioma spessa che l'assenza di luce non basta a far scomparire ma trasforma solamente: masse confuse di ombra più scura, folta, irregolare nel buio. I lampioni sono irreali perché sono sospesi, una graticola di ferro battuto - hanno il taglio contorto di un secolo appena finito, lamine ritorte su se stesse in spirali inconcludenti - disegna di nero la luce aranciata che si spande dall'interno e, in definitiva, sembrano luci fatate, fuggite al quadro di un artista visionario, una Terra di Mezzo dal sapore di Paese delle Meraviglie.
Perso in simili pensieri, l'unica idea “concreta” che riesce a farsi spazio nella sua testa ha a che fare con la sensazione di non valere poi molto come Alice. Troppo vecchio. E troppo disilluso. L'idea sia anche troppo uomo non lo sfiora. Ride di se stesso nel prenderne atto perché sa di essersi lasciato condizionare una volta di più dalla maschera che si cuce addosso da solo, la stessa maschera che poi lascia ad altri il compito di commentare.
Cammina in un silenzio che non è davvero tale, è il Mondo intero a popolarlo di suoni che sembrano fare solo da eco alla luce fatata dei lampioni, non fa freddo come dovrebbe, a Londra, e la primavera sembra aver risvegliato tutta la propria orchestra in un frinire di chiome verdi e di passi striscianti e ticchettanti di insetti nel buio.
Dall'altra parte del sentiero che sta percorrendo la figura che lo aspetta partecipa per qualche minuto della stessa consistenza di tutto il resto, la stessa impalpabile sensazione di poter, da un momento all'altro, essere apostrofati da un Gatto del Cheshire sorridente e sornione che ci indichi apposta la via sbagliata. Ad uno Stregatto, poi, ci somiglia davvero - proprio come lui all'impertinente Alice - con quel sorrisetto un po’ folle, genuinamente falso, impudentemente ingenuo che di reale ha tanto quanto i suoi modi da baldracca ed il trucco nero attorno agli occhi. La sensazione che sia irreale, però, svanisce subito - come per i lampioni - appena il viso si delinea nella luminosità opalescente della luna ed in quella appena più definita dell'elettricità. Tutto assume una concretezza che, scopre stupendosi nuovamente, non basta a cancellare l'idea di aver attraversato un confine invisibile tra realtà comunicanti.
Non si dicono nulla. Non hanno parole da spendere che già non si siano rivolti e non hanno parole, da spendere, che non suonino come inappropriate. Tutte quelle che, ogni giorno, rivestono le loro menzogne hanno lo stesso sapore di cattiveria a buon mercato e finzione fasulla di ingenuità perdute, niente di adatto ad essere ascoltato da un Lampione Londinese in una Notte delle Meraviglie.
 
Nella camera immersa nella stessa luce magica che riveste ogni cosa, osserva il flusso dei propri pensieri assumere forma concreta ribaltandosi contro il profilo delle lenzuola. Ha avuto un gusto strano, quella notte, di sesso non poteva sapere nemmeno volendo perché il sesso nelle favole non esiste e, quindi - riflette pigro e già stordito dal sonno che incombe - non può certo avere solo per questo il gusto di un gesto d'amore.
Anche perché all'amore non riesce proprio a credere.
...e poi...di sicuro non tra due mascherine di un Carnevale azzardato...
 
Ora voi state cercando il segreto, ma non lo troverete.
Perché in realtà voi non state veramente guardando.
Voi non volete saperlo, voi volete essere ingannati.
 
La promessa
La gabbia
 
-Ohohoh! Buon Natale!
Lo sguardo gelido che lo accoglie dovrebbe bastare a raffreddare il suo umore, ma no, non è il giorno adatto per farsi smontare da un'occhiata pessimistica del proprio migliore amico - nonché fedele compagno di band...l'ultimo rimasto, gli verrebbe voglia di aggiungere sebbene in altre circostanze.
-Sei impazzito, Brian?- indaga con nordica indifferenza Stefan.
Alla sua risposta sibillina - quel ridacchiare isterico che fa presumere la correttezza dell'illazione del bassista - l'altro sospira e si decide a dedicargli tutta la propria attenzione, mettendo momentaneamente via il libro che sta leggendo ed incrociando poi le dita sulla copertina colorata, accuratamente posata in grembo. Una perfetta mestrina paziente, una volta di più.
Dal canto proprio continua a ridacchiare, rincuorato dallo sguardo sinceramente curioso - e già vagamente divertito - del secondo elemento della formazione, quello che, invece, è appena arrivato ma ha già saputo ritagliarsi una fetta di spazio che loro due - gli anziani - hanno concesso con bonaria benevolenza.
-No, ma porto doni e balocchi. Anche se fuori stagione.- confessa appollaiandosi sul tavolo di cristallo che fronteggia Stefan, un sorriso smagliante solo per lui.
Lo svedese sbuffa in risposta, ma sorride pure lui a mezza bocca e Brian sa di averla spuntata. Del resto Stefan adora vederlo felice ed era un po’ che non succedeva, lo sanno entrambi.
-Bene, caro Babbo Natale, distribuisci pure doni e balocchi, dunque.- lo canzona, rilassandosi sulla poltroncina che occupa e preparandosi a sentire il resto.
Brian saltella in su, assestandosi in una posizione più comoda e scoccando uno sguardo luminoso prima all'uno e poi all'altro dei suoi ascoltatori. Ridacchia ancora, sfregandosi le mani, e poi scocca impietoso.
-Non ve lo dico.
Stefan scoppia a ridere di gusto - peraltro seguito prontamente dal vocalist - mentre Steve sposta gli occhi dall'uno all'altro con la stessa espressione smarrita a colorare quel muso da cucciolo che si ritrova. Brian confessa che non reputerebbe strano vederlo agitare la coda in un'interrogativa manifestazione di perplessità.
-Oooh!- si lamenta quando nessuno dei due più grandi gli dà retta.- Brian! Voglio sapere di cosa si tratta!- pretende infantile.
-No no, Junior, resta a cuccia e fa il bravo.- lo bacchetta il frontman, occhi chiusi e ditino ammonitorio puntato in aria.
Stefan lo fissa di sottecchi, deliziato. Sì, era davvero un pezzo che Brian non giocava così con loro e vederlo tornare a sfoderare quel suo lato puerile fa un piacere enorme. E ‘fanculo qualsiasi cosa debba ringraziare per questi effetti benefici!
In ogni caso è l'arrivo di Alex ad interrompere il teatrino improvvisato che lui ed il batterista stanno mettendo in piedi. La donna viene accolta da un'esclamazione entusiastica del bruno e dal saluto più pacato dello svedese ma lancia ad entrambi il medesimo sguardo interrogativo.
-Si festeggia qualcosa?- chiede sorpresa.
-Non ancora.- ritorce Brian.
E le orecchie di Stefan si rizzano istintivamente, si rimette dritto composto sul sedile per puntare la propria attenzione tutta su di lui. 
-Non ancora?- insiste la manager, afferrando una delle poltroncine per farla ruotare sul proprio cardine e lasciarcisi scivolare con eleganza. Accavalla le gambe snelle, fasciate di nero, poggia il gomito sul bracciolo e, guancia alla mano, lo scruta in attesa.
Brian gira lo sguardo da lei a Stefan e da lui a Steve nuovamente silenzioso ed attento, tutto proteso in avanti sulla sedia che occupa ad un angolo della stanza. Sogghigna soddisfatto, essere al centro dell'attenzione è sempre un piacere infinito, sì. Prende fiato e mette via quel sorriso enorme - da bimbo che ha appena combinato una marachella - per sforzarsi di tornare serio.
-O.k.- esordisce senza guardare nessuno di loro, ma fissando dritto davanti a sé come in cerca di ispirazione.
-...Dio!- sibila Alex all'ennesima pausa ad effetto.- Brian, mi stai uccidendo!
-Oh, al diavolo!- sbotta il cantante euforico.- Abbiamo vinto il Best Alternative!
Il silenzio che segue è quasi meglio della battuta che lo spezza.
-Mi stai prendendo per il culo?- s'informa Stefan per tutti.
 
Un caleidoscopio di colori, luci e suoni. E' tutto quello che sarebbe in grado di ricordare delle due ore che seguono la consegna del premio. Sa che ci sono state foto, interviste - sa che da qualche parte in quella serata ha trovato il tempo di presentarsi a Billie Joe Armstrong ed anche di stupirsi che non fosse accaduto prima - lo sa ma non ne ha avuto una sufficiente percezione da poterle ricordare. Stefan, prima che si infilassero al party, lo ha stretto in un abbraccio di quelli che non si scambiavano più da un pezzo e gli ha sussurrato all'orecchio “che è stato bravo”, ma lui non sa dire se lo sia stato davvero e cosa l'altro volesse intendere. Lui tutto ciò che aveva da dire lo ha vomitato in faccia a quella gente nei trenta secondi che gli hanno concesso per vendicarsi e poi, dopo averlo fatto, si è reso conto che non aveva nessunissima importanza.
Il trofeo degli EMA fa schifo. E' una delle cose più brutte che Brian abbia mai visto e - cazzo! - non si sognerebbe di esporre in casa una porcheria simile nemmeno se ne andasse della propria vita! Eppure non c'è altro che abbia desiderato così tanto - da quel fottuto 2004 in cui tre sbarbatelli alle prime armi si sono permessi di fregarglielo dalle mani (ed in senso letterale, accidenti!) - e non c'è trionfo migliore che rubarlo proprio a loro, cinque anni dopo, con un album su cui nessuno avrebbe scommesso un penny bucato.
Arrivano alla festa come degli eroi e ci si sentono anche, Brian, del resto, non ha mai avuto difficoltà ad accettare l'idolatria altrui ed accoglie lo scroscio di applausi della folla di colleghi con un sorriso compiaciuto che ha molto di più di suo che non i sorrisi - più sinceri - che le foto dei giornali sfoggeranno domattina.
-Signori.- ricambia lanciando dissacranti baci volanti che sparge in giro ad ampie mani.
La sala è divertita ed accoglie la cosa con mormorii maliziosi e fischi di apprezzamento che si perdono nel vociare e nelle risa di lì a pochi istanti. Brian sorride ancora, a sé stesso stavolta, e s'immerge nella mischia seguito prontamente da un serafico e soddisfatto Stefan e da uno Steve decisamente su di giri e totalmente incredulo. Si separano a pochi passi dall’ingresso, assorbiti dal salotto vociante e dal profluvio cortese di alcool che riempie in fretta vene e discorsi.
Per farsi perdonare, l’organizzazione degli EMA è stata accorta ad assicurarsi che il suo fosse il trionfo che pretendeva, Brian lo sa e non si è stupito di vedere riuniti nella stessa cerimonia alcuni dei suoi più cari amici. Ha salutato Asia Argento da meno di un istante – la voce roca di lei è una cosa che non ha mai smesso di trovare sensuale da impazzire – e già vede Dave Grohl venirgli incontro, portandosi dietro quella dolce e cara bambolina al sapor di veleno che è Katy Perry, tutta sorrisetti perfidi ed occhioni innocenti. Non la conosce ancora ma crede già di adorarla.
-Brian!- è l’entusiastico saluto di Dave. Nessuno dei due ha mai fatto mistero del piacere che trova nella compagnia dell’altro, sono entrambi troppo intelligenti e troppo ironicamente – ed auto-ironicamente - coscienti per mentirsi. Quando il leader dei Foo Fighters lo stringe in un abbraccio strettissimo, Brian ricambia con la stessa intensità.- Qualcuno, qui, si è preso una bella rivincita, eh?- sghignazza il più vecchio direttamente al suo orecchio.
Brian non commenta, concedendogli solo un incrociarsi di sguardi espliciti ed un silenzio significativo. Dave lo libera con una pacca generosa sulle spalle e poi indirizza la sua attenzione alla brunetta in attesa.
-Posso presentarsi Katy, Brian? La troverai semplicemente fantastica, è stronza esattamente tanto quanto sembra.- afferma strappando una risata all’altro vocalist.
-Oh, non ascoltarlo, è un tale adulatore!- si schernisce lei sventagliandosi con una manina aggraziata di cui Brian si ritrova impulsivamente a seguire la scia. Katy Perry profuma di bagno schiuma alla frutta, lacca per capelli e biancheria intima di pizzo, registra al livello inconscio.- Però sono così onorata di poterti incontrare!- annuncia ancora, sfavillante, con un sorriso ampio sulla bocca truccata di rosso.
-Beh…- mormora Brian, afferrando quella stessa manina che si tende nell’aria tra loro e portandosela alle labbra, perfetto cavaliere. – non posso far altro che ammettere che è un vero piacere, per me.
Non tocca le dita, un semplice sfiorare di labbra contro pelle, come si conviene ad un’etichetta di altri tempi che fa ridere la ragazza. Ma le allusioni sono tutte presenti e mondane, racchiuse in uno scambio di sguardi che da solo vale ad incendiare l’aria stessa, ed a nessuno dei tre giocatori sfuggono nemmeno per un momento.
Probabilmente Dave si defilerebbe – è sempre stato discreto in questo genere di cose, e poi è diventato bravo in fretta a capire quando lasciare il campo a Brian – se non fosse l’arrivo di qualcun altro ad interrompere il corteggiamento appena avviato.
Ed è proprio Katy ad accorgersene, divertita e ridacchiante, quando alza lo sguardo ed intravede le tre figure nel vano della porta. Atteggia la bocca ad una “o” perfettamente sferica, per un momento, poi si riprende in un mezzo sorriso altrettanto falso.
-Qualcuno qui dimostra di saper perdere con classe.- concede elegantemente.
Brian si volta nella direzione del suo sguardo, lasciandole la mano che ricade fluidamente sul fianco, aggrappandosi lì in una posa studiata.
-Non posso crederci.- è il commento genuinamente e pacatamente sorpreso che si lascia scappare il frontman dei Placebo.
Dave soffoca una risata contro il dorso della mano, guadagnandosi dall’altro uno sguardo di sufficienza, ma Brian è decisamente più attratto dal siparietto che l’intera band dei Muse sta concedendo ad una folla distratta, giusto qualche curioso che aspetta di capire come si comporteranno “gli sconfitti” se hanno avuto il coraggio di presentarsi fin lì.
Un po’ gli dà noia essere tra quei curiosi…
-Devo riconoscerglielo, Bellamy ha stile.- sorride Katy, provocatoria.
Brian coglie la sfumatura ma ha ancora in bocca il sapore troppo delicato della vittoria per potersi concedere di rovinarselo così. Le ricambia il sorriso e volta le spalle alla squadriglia che avanza; se la godano gli altri e trovino loro cosa dire per rintuzzare in faccia a quello strimpellatore arrogante il sorriso da perfetto idiota che gli piace tanto sfoggiare.
 
La svolta
La colomba
 
-Quindi tu ci vuoi andare.
-Quindi questa è la sesta volta che me lo chiedi.
-…è…che tu hai detto…che ci vuoi andare…
-…sì…l’ho detto.
Pausa. Per un istante si illude di averla scampata. Un istante. A cui segue quello sguardo che conosce bene, e poi l’ennesima volta…
-Per cui sei sicuro di volerci andare?!
-Cristo, Dominic! Sì! cazzo! !
Il batterista indietreggia istintivamente, mani alzate in segno di resa davanti al suo sguardo giustamente esasperato ed a quel ringhio basso che cresce in gola.
-O.k., o.k.!- si schernisce imbarazzato- Non c’è mica bisogno di prenderla così sul personale, eh Bells, era solo una domanda…- borbotta a disagio un momento prima di togliersi dalla portata dell’altro, ché è quasi certo ci sia il rischio concreto di vedere la chitarra rossa che regge fra le braccia fare un volo verso la sua testa. E non è così sicuro che stavolta l’altro mancherebbe il bersaglio.- Che poi vorrei capire perché dobbiamo andarci se la cosa ti rende tanto nervoso!- continua nello stesso borbottio sconnesso, mentre svicola dalla stanza sotto gli occhi di un Chris bonario e di un Matthew assolutamente esterrefatto.
-Ma è serio?- chiede al bassista additando la porta da cui l’altro è appena uscito, occhi sgranati.
Chris ridacchia, poi si gratta la nuca e viene avanti.
-Beh, devi ammetterlo, Bells, ci hai un po’ spiazzati con questa cosa del “almeno al party ci voglio essere”.
Matthew sospira e mette giù la chitarra con tutta la delicatezza del caso.
-Secondo me la state facendo più tragica di quel che è!- mugola disperatamente.- E’ solo una dannata festa! Birra gratis, ragazze disponibili ed una serata di rilassamento in un tour massacrante! Perché accidenti dovete ricoprirla di significati che non ha?!
-Perché ti conosciamo.- ritorce Chris, insensibile a tanta ragionevolezza.
Matthew si lascia ricadere contro il divano in pelle con uno sbuffo da parte propria ed uno scricchiolio sonoro da parte del mobile, ma ci tiene ad interpretare entrambi come manifestazioni evidenti della tensione che serpeggia da quando, quel pomeriggio, ha annunciato a Tom, Dom e Chris che sarebbe voluto andare al party degli EMA.
Ad essere completamente onesti, non si aspettava – né desiderava particolarmente – che loro si schierassero pronti come guardia d’onore. Lui intendeva andarci da solo a quella festa, voleva solo…Accidenti! non lo sa davvero cosa cazzo vuole, ma sa di volerci essere quando Brian Molko se ne andrà in giro con la sua peggiore espressione da puttanella tronfia a sbandierare quel dannato palloncino ballonzolante per cui si sono scannati per…cinque fottutissimi anni? Ha del ridicolo, soprattutto considerato che è una guerra su due fronti di cui uno formato dal suddetto Molko e dai i fan della sua band e l’altra dai fan dei Muse, privi di un qualsiasi “condottiero” per la loro personale crociata.
Il che è ancora più ridicolo, considerato che spesso e volentieri le due fazioni coincidono.
Eccezion fatta per Molko, s’intende.
Beh, come che sia, Matt a quella festa non intendeva assolutamente andarci con loro tre a reggergli il moccolo e guardarlo di sottecchi, aspettandosi da un momento all’altro qualche plateale stronzata che gli faccia guadagnare la prima pagina di qualsiasi rivista di musica, gossip o altre amenità analoghe da qui alla fine delle ere.
-Sì. O.k., certo.- afferma ad occhi chiusi, portandosi una mano a massaggiare stancamente le palpebre – Quindi, ogni sacrosanta volta che faccio una cosa incomprensibile è perché dietro c’è un qualche disegno nascosto di cui non voglio rendervi partecipi.- conclude atono.
Chris ride davvero, stavolta, e Matt spalanca gli occhi a quel suono ma, quando ci arriva da solo, sorride anche lui.
-…ho detto la cazzata del secolo.- riconosce.
-Beh, sì.- commenta affabile il bassista, mani nelle tasche e sguardo sereno.- Considerato che ce lo hai attaccato proprio tu questo modo di pensare.- fa notare comunque.
-Le mie armi mi si ritorcono contro!- esclama allegramente Matthew, e stavolta è lui ad offrirsi palmi alzati all’amico, che spinge via le sue dita con uno sbuffo divertito e molto – troppo – paterno.
Chris gli si siede accanto, appropriandosi con dimestichezza della buona parte del divano, decisamente piccolo e scomodo per ospitarli entrambi, ignorando a bella posta lo sguardo affatto gentile che quel gesto gli fa guadagnare dal proprio cantante.
-O.k.,- esordisce pazientemente.- giurami che non c’è niente sotto, che andiamo lì solo per ubriacarci e fare casino, ed io ti crederò.- pretende.
Matthew si porta prontamente una mano al petto e solleva due dita in un improbabile gesto da boyscout che fa ridere nuovamente Chris.
-Io, Matthew James Bellamy, giuro che non ho secondi fini di sorta, Vostro Onore, e che voglio andare alla festa degli EMA solo per bere a scrocco della produzione e magari raccattare una femmina di razza umana che si scopi il mio batterista e gli faccia passare tutto questo nervosismo del cazzo che non giova alla band.
-Ti ho sentito, Bellamy!- ruggisce Dom dalla stanza accanto.
 
Scarica elettrica ed adrenalina. Come la prima volta che lo ha incontrato – “come l’unica volta in cui ti ha permesso di farlo, Bellamy!” - ora gli dà le spalle e non sa che lui è lì, ci può giurare, ride di gusto ad una qualche battuta dell’uomo che gli sta davanti – “…Dave Grohl, batterista dei Nirvana, attualmente cantante dei Foo Fighters”, registra il cervello di Matthew alacremente – troppo preso dal piacere di quella conversazione per volerselo rovinare con la sua presenza. Ci giurerebbe.
È proprio Dave ad accorgersi per primo della sua presenza e fa un’espressione tutt’altro che incoraggiante nell’alzargli in faccia un viso stupito e vagamente offeso.
Brian deve notare quel cambio di registro, si volta quasi subito. Così rapidamente, in realtà, che Matt si sente spiazzato. Per un istante. Poi tira fuori il migliore dei propri sorrisi da testa di cazzo.
-Brian!- esclama con una familiarità ed un entusiasmo che sarebbero stonati perfino se quello fosse il suo migliore amico e fossero decenni che non si vedono.
Quindi no, non è affatto stupito dell’occhiata gelidamente sbigottita che Molko gli rivolge in risposta. Tutt’altro che scoraggiato da quell’accoglienza, comunque, Matthew si fa baldanzosamente avanti ostentando un candore che appare pietoso agli occhi di Dave e vale a fargli guadagnare un sorrisetto ironico da parte dello stesso, subito messo a tacere da una seconda occhiataccia di Brian, stavolta al suo indirizzo.
-Volevo farti i miei complimenti!- annuncia allegramente Matt.
-Certo. Ed io sono una capra, Bellamy.- afferma piatto Brian Molko.
-…non credi che tra colleghi si possa essere felici dei risultati ottenuti dagli altri?- mormora Matthew raffreddandosi un attimo. Ma si riprende altrettanto velocemente ed annuncia squillante.- Dopotutto, non ho mai fatto mistero di essere un vostro fan!
-Oh, sicuro.- concede Molko.- Ed io non ho mai fatto mistero di trovarvi fastidiosi come un callo. Quindi perché sei qui?
-Magari voleva offrirti l’ennesima rivincita su un piatto d’argento.- ironizza Dave a mezza voce.
-A-ehm…non proprio.- si schernisce Matthew ridacchiando stupidamente.
-…allora sei davvero pazzo come dicono.- constata Brian incolore.
-Beh, perlomeno stiamo intrattenendo una conversazione…
-Il mio concetto di conversazione ed il tuo non coincidono, Bellamy.- scocca impietoso Brian, continuando senza soluzione di continuità per non dargli il modo di aggiungere altre scempiaggini- No, sul serio, mi affascina, che cazzo vuoi esattamente?
-…farti i miei complimenti…- ribatte Matt, ripetendo quel concetto come fosse una formula magica salvifica.
Brian comincia ad irritarsi sul serio. Dave lo avverte a pelle nel tremore nervoso che vede serpeggiare sulle sue braccia, in modo quasi involontario spinge una mano ad afferrargli il polso e stringe, delicatamente ma con fermezza, richiamando l’attenzione dell’altro su di sé. Il cantante dei Foo Figthers scrolla la testa in silenzio, come a voler chiedere una tregua a favore di un Matthew Bellamy che sembra sul punto di infrangersi in cristallo nell’affrontare la rabbia del bruno. Brian soppesa la richiesta, ma sanno entrambi che non potrebbe accoglierla nemmeno volendo.
E non vuole.
-Non insultare la mia intelligenza, Bellamy.- sibila appena torna a guardare l’inglese davanti a sé.- Lo hai fatto già abbastanza in passato.
Lo vede esitare. Tentenna instabile sulle gambe – ha un modo ridicolo di muoversi! non tollera nemmeno questo di lui, manca di qualsiasi grazia ed eleganza e sembra sempre debba cadere da un momento all’altro! – distoglie lo sguardo in un’immagine chiara del proprio orgoglio ferito. Brian vorrebbe avere la forza di affondare dritto alla giugulare e sbranarlo, se Dave lo lasciasse, probabilmente, l’aggressione diventerebbe davvero fisica.
-Brian…- borbotta, invece, l’altro alle sue spalle.- lascia perdere.
-Mi spiace non riuscire a farmi credere da te. – riprende Matthew incurante dei tentativi del collega più anziano di salvarlo dalla bestia feroce che si ostina a sfidare.- Sono davvero felice che finalmente abbiano dato quel premio anche a voi.
…non sono le parole. No.
Oddio, a ripensarci sarebbero anche le parole. A ripensarci. Ma quello che Brian coglie a pelle, quello che lo ghiaccia e lo lascia muto, è il tono. Lui le variazioni le riconosce, gli appartengono tutte. Lui vive di sfumature e, quindi, le sfumature degli altri gli sono immediatamente percettibili. Anche quando sono così soffuse e sottili come quelle di Matthew.
Lui gli insulti li coglie come altrettanti spilli, anche quando sono delicati ed ineffabili come quelli di Matthew.
-Beh, comunque...era quello che volevo dirti. Quindi sì, buona serata, Brian.- continua imperterrito l’inglese. Allunga una mano a Dave, che lo fissa un attimo ma alla fine incrocia le dita con le sue, cautamente.- Io sono Matt Bellamy.- si presenta
-Dave Grohl.- concede asciutto. E poi guarda Brian, immobile ed indecifrabile come una statua nello spazio vuoto che si è creato tra i loro corpi.
 
Il prestigio
La maschera
 
Brian si muove come se Matthew non esistesse, eppure appena si sposta sa che lui gli sta andando dietro. Fendono la folla a distanza di comodo, quella sufficiente a non far scattare borbottii e sguardi da parte degli altri invitati. Brian sta attento a passare quanto più lontano possibile dal luogo dove ha visto Stefan e Steve l’ultima volta, raggiunge una porta a vetri che dà sul giardino interno dell’hotel che li ospita, la apre ed esce nel buio fitto della notte.
Ha il tempo di accendere la sigaretta e buttare fuori la prima boccata di fumo, poi l’altro lo raggiunge, si sposta di fronte a lui e si appoggia ad un muro, incrociando le braccia al petto e fissandolo in silenzio.
Brian ricambia lo sguardo.
-Complimenti, - concede leggero- ottima interpretazione.
A Matthew scappa un sorriso.
-Se sapevo che bastava uno di quei cosi – Accenna idealmente all’EMA - per convincerti a rivolgermi la parola, te ne davo uno dei miei.- sbotta, sarcastico.
Brian ricambia il suo sorriso sbilenco, decisamente diverso da quelli a cui ha abituato il suo pubblico. La battuta, invece, non giunge del tutto inaspettata: di quelle freddure assassine da parte di Bellamy ne ha avuto esperienza – sebbene indiretta – dalle pagine di interviste in cui non ha lesinato crudeltà più o meno gratuite a colleghi e conoscenti. In effetti, risparmiare i Placebo è stato un gesto di gran classe.
E Katy Perry è la donna intelligente che appare. Brian se lo annota nel proprio taccuino personale, sicuro di poter riutilizzare l’informazione in altre circostanze.
Sbuffa una seconda nuvola di fumo, una mano in tasca abbassa l’altra con la sigaretta e giocherella con le unghie studiando il viso di Bellamy nell’ombra che le luci dell’interno disegnano sul parco.
-Che diavolo vuoi?- gli chiede ancora, indiscutibilmente più ammansito e curioso di quanto si sia dimostrato in sala.
-Sinceramente?
-Ne sei capace?- lo schernisce Brian dolcemente. Si siede sul muretto che delimita un’aiuola, inseguito dalla risata discreta dell’altro.- Dunque?- insiste.
-…non lo so.- ammette.
Brian soppesa quelle parole, le gestisce attentamente e senza staccargli gli occhi di dosso.
Decisamente quell’uomo sa come si conduce una discussione, riflette Matthew deliziato nonostante tutto.
-Posso crederti.- gli concede alla fine, riportando la sigaretta alle labbra.
Matthew si stacca dal muro e gli si fa incontro allungando una mano.
-Me ne offri una?- ed è una richiesta solo a metà.
In realtà sta vedendo fin dove può spingersi e Brian si sente insolitamente ed ingiustificatamente disponibile ad assecondarlo.
Tira fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca, glielo lancia e resta a guardare mentre Matt lo afferra al volo ed armeggia per accendere. Poi lui gli si siede accanto con una disinvoltura sfacciata che Brian gli farebbe ingoiare a sberle.
-Probabilmente volevo solo vedere com’era.- continua, sistemando il pacchetto tra loro sul muretto e negandogli il contatto visivo.- Intendo, parlarti senza dovermi aspettare una pugnalata alla schiena.
Brian lo deride cordialmente con una risatina sottile che non promette niente di buono.
-Ma tu devi aspettarti una pugnalata alla schiena, Bellamy.- lo corregge implacabile.
-Andiamo, non fare l’idiota, Brian!- lo redarguisce Matthew amichevolmente.- Sai cosa significa per te questo premio? Niente.- spiega pacato.- E sei troppo intelligente per illuderti che non sia così.
Brian lo guarda. Matt sa che sta valutando quell’affermazione ma sa anche che è vero: più i Placebo sbandiereranno in giro quel “Best Alternative 2009”, più i Muse si glorieranno di tutti i premi precedenti.
-Grondavi acredine come una moglie tradita!- esclama allegramente. E Brian sussulta.- Sul serio! eri uno spasso, Brian!
-…hai guardato la premiazione?
-Oh sì. Perché non avrei dovuto?- ritorce semplicemente, scrollando le spalle e la cenere in un unico gesto.- E’ stato divertente.
Il suo primo impulso – glielo legge in faccia – è di spaccargli il muso con un pugno. È quasi certo che, al di là delle delicate arie da “donna chic” che Brian Molko ama sfoggiare, sia perfettamente in grado, all’occorrenza, di ricordarsi come si attacca briga con un tizio che gli sta sulle palle. La cosa gli farebbe pure guadagnare una copertina facile su buona parte delle riviste musicali d’Inghilterra, ma è proprio quella la considerazione che gli fa capire che no, non gli tirerà un pugno. Molko ci tiene alla sua immagine, è troppo intelligente per farsi trascinare dalle provocazioni e quello non è comunque il suo stile.
E poi non vuole litigare o non lo avrebbe mai portato lì.
Perché ce lo ha portato. E lo sanno entrambi.
-Sei davvero una bestiola interessante.- concede piatto, girando la testa e tirando una boccata lunga dalla sigaretta.
Matt sorride, affatto offeso. Immagina sia un complimento in lingua brianesca. O la cosa che più ci si avvicina.
-Mi chiedo perché diavolo ti diverta così tanto passare per un genio un po’ folle un po’ stupido, quando non sei nessuna di queste cose.
-Uhm. Folle o stupido?- gli serve con eleganza.
Brian lo fissa di sottecchi una volta di più. Stira un sorriso a mezzo e, chiaramente, non raccoglie.
-Chiedo scusa.- ride Matthew, spostando lui lo sguardo per primo stavolta.
-Presumo che sia più forte di te.- sospira teatralmente Brian, atteggiandosi sconsolato mentre prende atto, oltretutto, del fatto che la sigaretta sia ridotta a poco più di un mozzicone. Approfitta dell’ultima boccata e schiaccia ciò che resta contro la parete esterna del muretto.- In ogni caso,- sbuffa in una nuvola di fumo che si mescola sapientemente al profumo dolciastro del suo dopobarba.- non era mio interesse scoprire quanto potessi essere falso o doppiogiochista, Bellamy, ed immagino non fosse tuo interesse farmelo sapere.- completa sollevandosi in piedi in un movimento armonioso, la finzione plastificata ed elegante di sempre e ricoprire nuovamente le loro distanze.
Matthew sorride sornione.
-Su questo ti sbagli.- lo corregge colloquiale.
Brian gli ricambia il sorriso. Con molta meno malizia e più sincero interesse. Incrocia le braccia al petto, tirando la giacca che si apre sul ventre piatto, e lo studia in silenzio per un istante, per poi sbottare in una concessione di cui spera di non pentirsi:
-Dove vuoi arrivare?
-…tu saresti disposto ad arrivarci?- ritorce Bellamy, scoprendosi in un’offerta che lascia intendere molta più disponibilità di quella che Brian aveva sospettato.
…beh…non può dire che non sia invitante.
 
Kensigton Gardens, lampioni liberty, lucciole fatate ed i passi ticchettanti di scarpe lucide, costose. Brian Molko affonda le mani nelle tasche del cappotto e cammina seguendo una scia luminosa tracciata da luci irreali. Non si stupisce che qualcuno abbia potuto ambientare proprio lì la sua favola per bambini, quel giardino ha tutta la crudeltà delicata che serve per poterci abbandonare un neonato in fasce ed aspettare che siano gli spiritelli a prendersene cura.
Da lontano scorge la figura ferma sotto uno dei lampioni sul lato del vialetto che sta percorrendo. L’ombra di un albero la rende indistinguibile ma qualcosa gli dice che è quella la sua meta, il suo “appuntamento al buio”. Anche se definirlo tale non è del tutto corretto, visto che sono…mesi che stanno programmando inconsciamente quella cosa. Da quando è rimasta sospesa nel vuoto e nel silenzio di un altro giardino decisamente meno poetico o intrigante.
Non affretta il passo, non ha motivo di farlo e, comunque, non vuole dargli l’impressione troppo forte che quella decisione abbia più significato di quanto non sia disposto a regalargliene. Ha comunque preteso che fosse sua la prima mossa – che poi non è nemmeno vero, in fondo…dargli il proprio numero perché la facesse è stato già offrirgli un assenso, nemmeno conquistato – che si è risolta banalmente, ora ci pensa, posto che tutto si è ridotto ad un messaggio stringato su luogo ed orario e poi un punto interrogativo alla fine, a concedergli il diritto di ritirarsi. Non gli ha risposto.
-Avrei giurato che non saresti venuto.- si arrende Matthew Bellamy quando lo vede. E gli sorride apertamente nel riconoscerlo.
È un gesto che Brian da una parte apprezza, dall’altra lo infastidisce: si chiede quanto sia una costrizione che gli sta imponendo e quanto, invece, sia l’ennesima manifestazione di una maschera. Ma Bellamy non ha nulla dell’ingenuità impacciata di cui ama rivestirsi stasera e non finge di essere una creatura ultraterrena capitata per sbaglio in visita sulla Terra. Gioca a fare il Gatto del Cheshire, forse, ma è un ruolo molto più a tema con l’intraprendenza spavalda che mostra nell’affiancarglisi, superando con un unico ampio passo l’intera distanza che Brian aveva lasciato tra loro.
Così si rilassa. Continua a trovare quella situazione interessante quanto gli è apparsa nel tempo che ha trascorso gingillandosi con “l’idea”. Eppure non è stato in grado di prevedere l’evolvere delle circostanze.
Sa che è così anche per il suo interlocutore, glielo legge negli occhi quando si volta a cercare la sua espressione con l’impazienza e l’attesa di una ragazzina al primo appuntamento, e questa cosa li porta su un piano di parità che li rilassa entrambi ed insieme li diverte.
Brian è il primo a ridere del silenzio che si portano dietro mentre camminano nel parco. Matt non chiede nulla, ma fa lo stesso per fargli sapere che ha capito e che hanno pensato la stessa cosa. E da lì è tutto più facile.
-Devo credere che su una cosa tu non abbia mentito?- esordisce il frontman dei Placebo.
-…uhm…?- interroga Matt, sollevando le sopracciglia.
-Sul fatto che fossi un nostro fan.
-Oh, quello.- sbuffa Matthew sbrigativo.- No, stavo mentendo.- ritorce piatto.- In realtà, sono un tuo fan.- precisa.
-E non per ragioni musicali.- deduce Brian.
-Sì, ma nemmeno per il sesso.- ridacchia Matthew scrollando via anche quell’equivoco con un’alzata di spalle.
-Questo mi rassicura e mi lusinga.- soffia Brian, riportando gli occhi davanti a sé.
Matt ride ancora, leggero e delicato, socchiudendo gli occhi sulla notte.
-Quindi, cosa vuoi, Bellamy?- interroga ancora, provocatorio.
Matt lo scruta un attimo.
-Non lo so.- ammette. Esattamente come diversi mesi prima Brian pensa che sì, può credergli.- Immagino che volessi vedere com’era parlarti senza dovermi aspettare una pugnalata alla schiena.
Brian sbuffa un sorriso leggerissimo, che fa un po’ fatica ad accordargli ma che alla fine lascia correre. Riporta gli occhi sul parco ancora una volta, affonda un po’ di più le dita nelle tasche del cappotto e poi riprende.
-E di cosa volevi parlarmi?
-Ti va veramente di saperlo?
Brian si prende tempo prima di rispondergli. Ci pensa su davvero e Matt pensa che quell’uomo sa come intrattenere una conversazione. Ed è un piacere a cui spera di non dover rinunciare troppo presto.
-Non saprei. Sai, nessuno vuole davvero conoscere il trucco che si nasconde dietro una magia e mi domando se tu voglia davvero conoscere il mio trucco. O io il tuo…
 
 “The Prestige – Il trucco”
MEM 2010


Nota di fine capitolo dell'autrice:

La storia è ispirata a  "Megalomania" di Stregatta, in un modo difficile da seguire ma che nella mia testa c'è!  U_U
Fidatevi...

Per il resto, sappiate che si tratta del primo capitolo di una serie... 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover / Vai alla pagina dell'autore: nainai