Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: ___runaway    14/06/2010    2 recensioni
Sequel di Puzzle the will ~
Quando un errore cambia la vita.
Quando si vorrebbe tornare indietro per riscriverla.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accorgersi di aver sbagliato tutto per un’intera vita è un reato?
Ho capito troppo tardi quello che volevo. Ho abbandonato tutto, ho abbandonato lui. Continuo a maledirmi per tutti i miei stupidi pensieri negativi sull’amore. Lui era il mio mondo, la mia esistenza. Lo era sempre stato, non l’avevo mai capito.
Era orribile guardarsi intorno e vedere il vuoto. Tutto senza di lui sembrava inutile e senza senso. A cosa serviva il cielo se non lo potevo guardare con lui? E perché giorno e notte continuavano ad alternarsi, facendo scorrere il tempo, se il mio cuore si era fermato da molto ormai? Le persone parlavano, parole futili, prive di significato. La musica scorreva, muta e silenziosa. I miei pensieri si spegnevano, come una candela in una campana di vetro. Mi mancava l’ossigeno.
Aria, aria, non chiedevo altro. Datemi l’aria. Portatemi da lui.

Leave my door open just a crack
Please take me away from here
Cause I feel like such an insomniac
Please take me away from here
Why do I tire of counting sheep?
Please take me away from here
When I'm far too tired to fall asleep
To ten million fireflies
I'm weird, cause I hate goodbyes
I got misty eyes as they said farewell
But I'll know where several are
If my dreams get real bizarre
Cause I saved a few
And I keep them in a jar.

Avevo i capelli più corti, a caschetto. Per il resto, non ero cambiata di una virgola. A parte l’aria da morta perenne che ormai mi portavo dietro da un anno.
Un anno. Un anno senza lui, i suoi sussurri, la sua immagine. Come avevo resistito? Come avevo fatto a non ascoltare la sua voce per tutto quel tempo?
Mi ero illusa di poterlo trovare, di poterci parlare di nuovo, ancora una volta. Dovevo spiegargli che ero stata una scema, ma che in quel periodo era meglio così. Diciassette anni, minorenne. Non potevo abbandonare tutto per rimanere con lui. Non sapevo se poteva continuare, se sarebbe andata avanti per molto tempo. Ma ormai ne ero certa: avevo commesso lo sbaglio più grande della mia vita. Sì, andarmene era stato un errore immenso. Cosa potevo fare però?
Ora tutto era diverso. Maggiorenne, la testa sulle spalle, il cuore pieno di lui.
“Io vado. Non so quando torno, né se torno” avevo detto poco prima di uscire ai miei genitori. Mia mamma si era messa a ridere, non mi aveva presa nemmeno un po’ sul serio. Ma io non scherzavo: sarei rimasta volentieri in America per tutto il resto della mia vita, con tutta la mia vita. Perché, se non fossi restata là, che senso avrei potuto dare alla mia esistenza?
Sembra stupido: così giovane e già innamorata dell’utopia di poter tornare indietro nel tempo, cambiare le cose, riscrivere la storia. Se fosse così facile, tante azioni nel mondo non sarebbero mai successe. Nessuno avrebbe permesso a Hitler di sterminare tutte quelle persone, nessuno avrebbe fatto sì che un pazzo sparasse al Papa. Nessuno mi avrebbe portato in America. Penso che i miei genitori si siano rimproverati il fatto di avermi regalato quella vacanza per non so quanto tempo: non mi avevano mai visto così triste. Sì, molte volte avevo pianto sull’aereo del ritorno. Ma mai come quella. Non era da me dover prendere un tranquillante per calmare le lacrime ed i singhiozzi; non era da me avere le mani tremanti e spaventarmi da sola per i miei comportamenti. Stavo diventando pazza.

  
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