L’ultima battaglia
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Se non fosse stata guerra, e per tanto morti nobilitate da
tale, da ragioni che rendevano vane le vite di qualsiasi uomo che fosse stato
obbligato a combattere per amore della propria patria, quella strage sarebbe
stata chiamata per ciò che era: un massacro. Perdevano la loro identità, alcuni
erano talmente maciullati che era impossibile riconoscerne i tratti… girovagamo
tra le file, sperando che avremmo scorto un battito flebile, o un respiro
affannato. Le famiglie, figli, storie, ricordi venivano cancellati in un colpo.
Un calo d’attenzione, la distrazione dello scintillio di una pupilla e all’improvviso,
senza che se ne rendessero conto, erano nell’oscurità più profonda, tastando il
vuoto attorno a loro, soffocando della loro stessa solitudine.
Nei libri di storia veniamo descritti come “quattromila uomini che persero contro”,
in pochi sopravivvemmo – e non ci aspettavamo certo che i mesi a seguire
sarebbero stati rosei e cordiali. Per anni, decenni,
nelle mie orecchie risuonavano le voci dei miei compagni. Non potrei mai
scordare come, sdraiati nelle nostre tende, scrivevamo lettere promettendo che
saremmo tornati, che eravamo sul punto di assediare l’ultimo punto strategico
dopo il quale, finalmente, saremmo stati liberi. Il mio migliore amico, con il
quale crebbi, che ebbi la fortuna di ammirare nel giorno del suo matrimonio, al
quale feci da testimone… ero a un chilometro di distanza da lui, mi sorrideva nel
frastuono dell’ultima battaglia: eravamo stati bravi, avevamo resistito fino a
quel momento. Qualcosa cadde dal cielo e di fronte a me divenne tutto grigio,
polveroso. Ci fu ancor più rumore. Era
scomparso, sotterrato dai detriti e dai corpi degli altri – ci volle poco
per comprendere che era stato ucciso.
« Quando si è in
guerra, e si perde la vita, non è morire, né essere uccisi. Non è nemmeno
considerabile come reato ».
Quando ti sporchi le mani del sangue di un uomo, che sia tuo
nemico o no, non ha importanza per cosa chiunque, fino a quel momento, abbia donato
la propria esistenza. Si rimane imbambolati e ci si chiede dove diavolo si è
finiti. Sulla coscienza ci sono tutti i sorrisi e gli abbracci che avrebbero
potuto donare alle persone che amavano.
Chi vive, dopo, non è talentuoso. È soltanto sfortunato.
Bisognava ispirarsi ad alcune frasi tratte da film per
scrivere una storia; come prevedevo, ho composto una storia deprimente con la
frase tratta dal film “Donnie Darko”: “Ogni
creatura sulla terra, quando muore, è sola”. Nei commenti chiederò d’inserire
all’organizzatrice il giudizio che mi è stato dato, com’è già stato fatto con
altre utenti.
Spero che commentiate, alla prossima.