Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Pichichi    14/06/2010    2 recensioni
Il tuo migliore amico, del quale da sempre sei innamorata, non ti degna di uno sguardo per dedicarsi ad una bionda molto più attraente di te.
Questa è da sempre stata la colonna sonora della vita di Alex, variata solo da qualche piccola stonatura casuale.
Nonostante tutto le suggerisca di lasciar perdere, Alex si incaponisce di trovare la maniera di far innamorare Will di sé. Delusione dopo delusione, si ritrova a chiedere l'aiuto di uno psicologo, e seduta dopo seduta, decide di giocarsi il tutto per tutto.
C'è solo una cosa che non ha previsto, nel suo piano: Will sta per sposarsi.
-Conobbi Will all'età di due minuti e qualche millesimo di secondo, credo. Siamo nati nello stesso giorno, nello stesso ospedale. Abitavamo nello stesso palazzo, frequentavamo le stesse scuole e avevamo gli stessi amici. Ricordo che una volta, a San Valentino... oh mi scusi, la sto annoiando?- -No, la prego, continui- -Dicevo... a San Valentino si presentò con un pacco regalo per me, e uno per mia cugina che era un anno più piccola- -Cosa le regalò?- -Mia cugina ricevette un bellissimo paio di orecchini- -E lei?- -Il mio regalo fu una maglietta ufficiale della federazione nazionale di baseball. Da quel momento, cominciai a sospettare che forse c'era qualcosa che non andava...-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
27 agosto, ore 21:19
 
Indecisa sul da farsi, Alex stava dondolandosi sul posto, dietro una coda di persone che avevano accerchiato lo sposo, decidendo se dargli o meno il regalo di nozze.
Gli aveva comprato un semplice soprammobile, volendo rimanere il più possibile nell’anonimato, volendo negare fino all’ultimo che lui era stato importante per lei, che in quei mesi a causa sua aveva sofferto molto.
Così aspettò pazientemente che la fila si disperdesse, in modo che il suo regalo passasse inosservato e lei potesse scambiare qualche parola con Will.
Ci aveva pensato parecchio e aveva concluso che avrebbe fatto di tutto per riportare il loro rapporto al livello originario. Ovvero, a nulla più che una solida amicizia.
Certo, non sapeva se sarebbe riuscita nel suo intento, se Will avrebbe accettato di tornare a vederla solo come una migliore amica, ma valeva la pena tentare.
Tanto più che l’ultima cosa che desiderava era che il matrimonio appena contratto svanisse nel nulla a causa sua.
Insomma, aveva deciso un po’ per il bene di tutti.
Da parte sua, cercando in tutti i modi in quella giornata di mostrarsi indifferente alla presenza del ragazzo, aveva avuto modo di conoscere meglio il dottor Baileys.
A quel pensiero diventò tutta rossa.
Le pareva davvero impossibile che alla fine, dopo che con lui si era confidata sui sentimenti per Will, dovesse provare qualcosa verso il dottore.
Certo, forse quell’attrazione era già insita in lei da molto tempo, preparata dalla considerevole quantità di tempo che avevano trascorso assieme; forse inconsciamente, il fatto di avergli rivelato praticamente tutti i suoi pensieri, l’averlo messo al corrente della sua vita giorno per giorno, avevano fatto di lui qualcosa di più di un semplice aiuto psicologico.
Andando a considerare più approfonditamente la faccenda, il dottor Baileys non era nemmeno brutto.
Era divorziato, e non aveva figli. E non era vecchio.
Volendo essere obiettivi, non c’era nulla di male.
Ma Alex non avrebbe mai trovato il coraggio di fare quel passo avanti, di compiere quel gesto un po’ più intimo che avrebbe fatto scivolare il loro rapporto in qualcosa di più profondo.
Non avrebbe mai fatto il primo passo.
Sospirò, presa da quei pensieri, e quasi non si accorse che la folla di persone si era allontanata e Will e Jamie stavano aspettando che lei consegnasse loro il regalo.
-Congratulazioni- sorrise, una volta che porse il pacco al ragazzo e si avvicinò ai due.
-Grazie mille-
-Grazie Alex-
Will alzò lo sguardo su di lei, mentre scartava il pacco, e tentò un piccolo sorriso.
Lei però, non volendo dargli altre occasioni di penetrare nella sua già labile mente, non replicò a quel gesto, abbassando lo sguardo.
Tutto quello che avvertì dopo, come da un lontano stereo, furono i ringraziamenti troppo entusiasti di Jamie per un regalo che non era certamente il massimo; la sua attenzione invece venne catturata dallo sguardo del ragazzo, che non staccò nemmeno per un istante i propri occhi dai suoi.
Sul volto aveva un’espressione quasi delusa, che si tradusse in una smorfia, e Alex era abbastanza certa che non dipendesse dal suo regalo.
 
-Va tutto bene?-
Appoggiato alla ringhiera del terrazzo, Will si voltò, rimanendo poi sorpreso.
-Oh- borbottò, una volta appurato chi fosse -ciao-
Alex gli si avvicinò con cautela, poi anche lei si poggiò alla ringhiera.
Gli gettò un’occhiata di sfuggita, e siccome le sembrò un po’ giù di morale, pensò di farlo sorridere.
-Secondo te, riusciremmo a buttare Josh da quassù dritto in piscina?-
Will fece uno sbuffo divertito.
-In due sì, sicuramente- rispose, guardandola -Io e te-
Non aveva previsto che quel tipo di risposta avrebbe spostato subito il discorso in quella direzione.
-Mi dispiace per quel regalo, è veramente orribile- si scusò la ragazza.
-Cosa vuoi che m’importi del regalo, dannazione?- sbottò lui, stavolta guardandola a lungo, aggrottando le sopracciglia.
Constatando che era inevitabile che la loro conversazione non toccasse quell’argomento, Alex si decise a parlare.
-Senti- cominciò -non mi piace questa cosa-
-Cosa?-
-Non mi piace l’idea che d’ora in poi ci parleremo come due che si odiano-
-Io avrei la soluzione-
-Sì, anche io-
-Prima te-
-No, prima tu-
-Okay- Will fece un sospiro e tornò a guardare la notte stellata, con falso interesse -solo perché mi sono sposato, non significa che tu per me non conti più niente. Capisci?-
Dal tono con cui l’aveva detto, sembrava un’ammissione molto sofferta, per lui.
-Sì ma... insomma, andiamo, è finito il tempo per giocare. Siamo cresciuti ormai. Non possiamo più fare queste cazzate da bambini- replicò lei.
-E quindi? La tua risposta non cambia?-
Lui, già deluso, era pronto a voltarsi e tornare nell’albergo, ma la seguente affermazione di lei lo bloccò.
-È praticamente da tutta una vita che sono innamorata di te. Però sai... io non riesco a scendere a questi compromessi. Per me, vederci una o due volte alla settimana per mezz’ora, non cambia nulla. Anzi, sto male se ci penso. Non è questo che voglio-
Lo guardò con occhi supplichevoli e sperò che comprendesse quello che voleva dirgli.
-Cioè- aggiunse, temendo che non avesse capito -io voglio stare con una persona a cui veramente importa di me, che sia pronta anche a fare dei sacrifici-
Will alzò un sopracciglio, poi tutto serio abbassò la testa, riflettendo.
Alla fine con un gran sospiro concluse:
-Be’, chi l’avrebbe mai detto?-
-Cosa?-
-Che Alex il quarterback allora è veramente una ragazza. Ora cominci anche a fare questi discorsi biblici che contengono messaggi subliminali-
Lei rimase quanto mai colpita da quell’affermazione, e domandò:
-E quale sarebbe il messaggio subliminale, scusa?-
-Tutte queste parole per dire che non te ne frega più un cazzo di me- sorrise lui.
Allora anche lei sorrise e cercò di ammorbidire la sentenza.
-Be’, siamo pur sempre una squadra. Credi forse che avresti segnato tutti quei touchdown se io non ti avessi insegnato a ricevere i passaggi alla perfezione?-
Will rise, stavolta, e più rilassato si staccò dalla ringhiera.
-Questa...- puntò il dito contro di lei -è una ripicca. Che fai, mi rinfacci le cose?-
-No. Sarebbero troppe- esitò, poi chiese -Siamo amici?-
-Amici. Solo amici-
-Will?-
-Sì?-
-Non dovresti ingannare Jamie-
-Non la sto ingannando-
-Non sai dire le bugie-
Will stette in silenzio, e abbassò lo sguardo, colpevole.
-Non è poi così male-
-Sì ma...-
-Ma cosa?-
-Ma tu non puoi capire-
-Perché?-
-Perché sei una femmina e non puoi capire-
Alex gli tirò un pugno sulla spalla.
-Sembri una femmina ma meni come un maschio- sibilò lui, massaggiandosi il gomito.
Poi fece per andarsene, allontanandosi dalla ringhiera.
Proprio mentre stava per rientrare nel salone, lei gli gridò:
-Ehi, prometti che fai sul serio!-
-Promesso!-
Will sorrise e tornò nella sala, con le dita ancora incrociate nascoste nella tasca della giacca.
 
27 agosto, ore 22:05
 
Alex aveva in mano un piattino contenente la sua fetta di torta, e si stava muovendo per la sala alla ricerca del suo accompagnatore.
Lo trovò nell’atrio, seduto da solo, a leggere una rivista e sbuffando seccata andò a sedersi accanto a lui, sul divanetto.
-Salve-
-Salve. Ho pensato che avesse fame-
Il dottore accettò la fetta di torta e posò il giornale sul tavolino.
-Si è annoiato? Mi dispiace...-
Al contrario lui scosse la testa e la interruppe.
-Be’, sempre meglio che passare la domenica a guardare il rugby in tv assieme al mio cane-
-Ah perché, hai un cane?- domandò incuriosita e sorpresa.
-Un pastore tedesco-
-Oh- fece un sorriso furbo e alzò un sopracciglio con aria strafottente -e come l’ha chiamato, Sigmund Freud II?-
-No, l’ho chiamato Marcel-
-Marcel?-
-Sì, come Marcel Proust-
Notando con soddisfazione di averle tolto la parola di bocca, lo psicologo sorrise e le porse un boccone di dolce.
-Io e Will abbiamo deciso di rimanere solo amici- spiegò la ragazza, masticando il pandispagna.
-Ma davvero?-
-Sì, davvero-
-Alex, sono due mesi che tento di convincerti a farlo-
-Be’...- arrossì lei, poggiando il piatto vuoto sul tavolo -meglio tardi che mai-
Un po’ dopo, entrambi erano appoggiati allo schienale comodo di quel divano e reggevano in una mano un calice pieno di un liquido frizzante.
-Salute-
-Cin cin-
Alex bevve lentamente lo champagne, ingoiandolo e facendoselo scorrere per tutta la gola.
Poco dopo, sentì le guance arrossarsi.
-E pensare che oggi avrebbe dovuto essere il giorno più brutto della mia vita-
-Visto? Non è andata tanto male-
-Sono piuttosto contenta- ammise, sorridendogli -ho finalmente superato uno dei dilemmi della mia vita-
Esitò, poi alzò lo sguardo sul dottore e imbarazzata ammise:
-Anche grazie a lei-
Lui intercettò il suo sguardo e se dapprima il suo pensiero fu quello di non replicare e lasciare alta la tensione, scelse di rovinare l’atmosfera.
-No, macché. Hai fatto tutto da sola-
-Okay, grazie lo stesso-
Alex si sporse, puntandosi con le ginocchia nel divano, e piantò un bacio sulla guancia dell’uomo.
Non si spostò, ma rimase lì ferma in quella posizione.
-Alex...-
Lui si voltò, trovandosi il suo viso vicinissimo.
Forse un po’ troppo presa dai bicchieri che prima avevano bevuto, la ragazza prese il bicchiere dello psicologo e terminò di bere.
-Non farlo- la ammonì lui, serio stavolta.
-Perché no?- mormorò lei.
Prima ancora che il dottore potesse ribattere alcunché, Alex si allacciò al suo collo e lo baciò sulla bocca.
Sentiva distintamente la barba ispida dello psicologo solleticarle le labbra, e per questo cercò di rendere il bacio un po’ meno semplice.
Il dottor Baileys, trovandosela addosso, non poté fare altro che assecondarla nei suoi gesti.
Ma quando Alex gli prese le mani e le infilò sotto la leggera seta del suo vestito, lui smise il contatto.
-Ti avevo detto di non farlo- la rimproverò, serio ma non nervoso.
-Scusa-
Alex rimase poggiata contro la sua fronte, sorridendogli ingenuamente, forse inebriata dal troppo alcol.
-Sei un po’ ubriaca- constatò il dottore, osservandola senza scomporsi.
-Non è vero- ribatté lei.
-Sì- obiettò pacato.
-E quand’è che la smetti di fare il responsabile?- si dondolò sopra di lui, tenendo sempre vivo il sorriso.
-Ho sedici anni più di te-
-Sapevo che tiravi fuori questa cazzata-
Alex lo baciò di nuovo, impedendogli di replicare alla sua affermazione, ma stavolta tentando di trascinarlo di più.
Portò una mano al nodo della sua cravatta e con gesti veloci e decisi la allargò, cominciando poi ad aprirgli la camicia.
Il dottor Baileys la afferrò per le spalle e gentilmente la allontanò.
-Dovresti andare a casa. La festa è finita-
 
Un’ora dopo, Alex era avvolta nella giacca grigia che era stata dello psicologo e si trovava sul sedile anteriore della sua macchina, guardando fuori dal finestrino.
-Qual è il problema?- domandò ad un tratto.
-Il problema è che si è fatto tardi e domani io lavoro- spiegò paziente lui.
-Non questo- ribatté la ragazza, imbronciandosi -qual è il problema? Non ti piaccio?-
Stavolta il dottor Baileys rise divertito, guardandola per un attimo.
-Ma cosa ridi?- sbottò irritata lei -credi di avere a che fare con una bambina?-
-Alex, non è assolutamente questo...-
-Oh, lo so perché. Perché mi chiamo come la tua ex-moglie? Ma che cazzo te ne frega? Passi tutto il giorno ad aiutare gli altri a superare i loro problemi e poi non sai affrontare i tuoi?-
-Ma che c’entra...?-
-E allora dimmi perché! Dove sta il problema?-
Lo psicologo aspettò un po’ prima di rispondere.
-Il problema non sta da nessuna parte, perché non esiste. Ora ti riaccompagno a casa. Dove abiti?-
-Numero 11, Downing Street- fece lei, incrociando le braccia al petto.
-Sì dai- il dottore la guardò -fai la seria-
-Io non faccio un bel niente se tu non mi dici perché-
-Ma perché cosa?-
-Perché mi hai respinto?-
Il dottor Baileys chiuse un momento gli occhi e sospirò, stanco. La guardò, fermandosi ad un semaforo.
-Sei troppo ubriaca, non sai quello che dici-
-Lo so perfettamente. E so anche che l’unica cosa che voglio adesso è infilarmi sotto le coperte assieme a te-
Anche nel buio della notte, lo psicologo arrossì per quella frase, e notando il suo attimo di esitazione Alex ne approfittò per avvicinarglisi e dargli un bacio sulla guancia.
Fortunatamente, la strada era deserta, perché il dottore impiegò un po’ di tempo a capire che era scattato il verde. Scostò gentilmente la ragazza e riprese a guidare, tentando di dissimulare indifferenza.
-Smettila. Dimmi dove abiti-
-Perché non andiamo a casa tua?- propose la ragazza, appoggiandosi ora al finestrino e guardandolo con aria maliziosa.
Per l’ennesima volta lui sospirò e la guardò grave, quasi esasperato.
Poi decise e si fermò in una stradina.
-Perché ti sei fermato?-
-Siamo arrivati. È casa mia-
-Oh-
Alex guardò il palazzo scuro e alto ergersi sul marciapiede, poi si tolse dalle spalle la giacca del dottore.
-Vuoi dirmi dove abiti?- domandò ancora lui, riprendendosi la giacca.
-No-
-E come faccio a riportarti a casa se non so dove abiti?-
-Ma tu non devi riportarmi a casa-
Di nuovo, con una mossa veloce, lei gli salì sopra, bloccandogli i movimenti.
-Vorrà farmi credere che in tutti questi anni non le è venuta nemmeno un po’ voglia di sbattersi una sua paziente?-
-Solo nei primi anni- replicò lui, incapace di ritrarsi.
-Andiamo dottore, io non ho mica lasciato Will per niente...-
Allusivamente prese a giocherellare con la cintura che gli teneva su i pantaloni.
Il dottor Baileys scosse la testa.
-Credevo che queste pazzie succedessero solo nei film-
-Sbagliato-
Alex si premette di nuovo contro la sua bocca, per poi staccarsi e aggiungere:
-Mi piacerebbe che lei facesse una cosa-
-Cioè?-
-Mi piacerebbe che la smettesse di fare il bravo ragazzo e che si comportasse nel modo più stronzo possibile- mormorò, seducente, passando una mano sul tessuto fresco della sua camicia.
-Detto così, suona molto eccitante-
-Ma lo è-
Alex si allontanò per ridere delle sue stesse parole, poi si riavvicinò, più invitante di prima. Lo baciò ancora una volta, più lentamente.
Il dottor Baileys si impose di contare fino a dieci. Uno, due, tre.
Sentì la propria lingua disobbedire al cervello e cercare quella della ragazza.
Quattro, cinque, sei.
Mosse le mani per accarezzarle i fianchi, infilandole sotto il vestito verde scuro.
Sette, otto...
Non riuscì a continuare.
 
28 agosto, ore 07:43
 
Alex storse il naso, infastidita da una sensazione di pesantezza, e si voltò su un fianco. Subito riacquistò la percezione dei propri sensi e aprì gli occhi. Si trovava avvolta in un lenzuolo caldo, bianco, e aveva la testa poggiata su un cuscino morbidissimo. Credendo di essere a casa sua, stesa nel suo letto, fece un grande sbadiglio e stiracchiò le gambe in tutta la loro lunghezza, ascoltando le ossa scricchiolare piacevolmente.
Poi poggiò la testa sul braccio, ancora assonnata. Fu allora che, sfiorandosi col volto, si accorse di non indossare praticamente nulla indosso.
E fu allora che, presa dal panico, si levò di scatto a sedere.
Trattenne il respiro e si guardò intorno, terrorizzata. Non riconosceva l’arredamento, non riconosceva la stanza, non riconosceva il proprio letto.
Spostando lo sguardo a destra, notò un uomo dai capelli arruffati dormire accanto a lei.
E fu allora che senza alcun preavviso, cacciò un urlo sorpreso.
Il dottor Baileys aprì gli occhi e velocemente intuì la provenienza del fastidioso rumore. Si alzò su un gomito, spostandosi i capelli dal volto e sorrise:
-Ciao Alex-
-Dottor Baileys...- fece lei, quasi balbettando, con voce tremante.
-Hai dormito bene?-
-Sì-
Alex lo guardava, atterrita, come se avesse appena visto un fantasma, e ingoiò a vuoto.
-Io... io... non credo di sentirmi bene-
-Ti fa male la testa?-
-Sì-
-Lo credo bene. Eri abbastanza su di giri, ieri sera-
Quell’affermazione ebbe il potere di far diventare, da bianco per il terrore, rosso come un pomodoro il suo viso.
-Che significa?- domandò, quasi alzando la voce con un accenno di isterismo.
-Significa- lo psicologo si voltò a pancia in su e si sedette, accanto a lei -che avevi bevuto un po’ troppo e sono stato costretto a portarti a casa mia-
-A casa sua...- ripeté lei, osservando la stanza.
-Mi dispiace di non essere riuscito a fermarla, tutto questo mi rincresce tanto...-
-Già...-
Alex rifletté rapidamente e poi sbottò:
-Le rincresce tanto? Le rincresce tanto? Col cazzo che le rincresce!-
Lui, stupito dal suo cambio di tono, stette zitto e ascoltò il suo sfogo.
-Lei non può portarmi a casa sua e passare la notte con me e poi venirmi a dire che le rincresce, caspita!-
-No, aspetta...-
-Certo che lei è proprio un bel tipo, lo sa?-
Alex si abbracciò, coprendosi col lenzuolo, e lo guardò irritata.
-Davvero?- il dottor Baileys sorrise sornione, stavolta.
-Davvero!- rincarò lei -Io l’ho portata al matrimonio perché credevo che fra tutti gli uomini che avrei potuto scegliere lei sarebbe stato l’unico che non avrebbe cercato di farmi nulla e che avrebbe rispettato i patti!-
Lo psicologo si mise a ridere di gusto, sdraiandosi di nuovo sul materasso.
-E cos’ha da ridere?- domandò, ancora imbronciata, la ragazza.
Lui terminò la risata, poi cercò di assumere un atteggiamento professionale.
-Noi... ehm, come dire... non è andata come pensi tu- disse.
Quella frase la fece rimanere parecchio perplessa, e quanto mai scettica.
-Ah no?- fece, alzando un sopracciglio.
-No-
Lui fu tentato quasi di sorridere e tradirsi, ma provò comunque a mantenere una certa serietà sul volto, in modo che anche la ragazza ci credesse.
Alex lo fissò ben bene in faccia, decisa a cogliere la minima traccia di bugia, ma dopo aver sostenuto quegli occhi profondi e tranquilli per un po’, fu costretta ad abbassare lo sguardo.
-E allora che ci faccio qui nuda nel suo appartamento?- chiese.
-Hai fatto tutto da sola... eri leggermente esagitata ieri sera e alla fine ti sei addormentata appena toccato il materasso-
Alex era sempre più confusa e di certo l’aria impassibile e tranquilla con cui il dottore pronunciava quelle frasi non contribuiva a farle capire quale fosse la verità.
Certo, non si sarebbe mai bevuta una scusa del genere, era convinta che la sera prima,con lei ubriaca, lui ne avesse approfittato.
Eppure lui stava ripetendo il contrario, con quella voce così convincente. Non sapeva cosa pensare.
D’un tratto scosse la testa e si tolse di dosso il lenzuolo.
Individuò i suoi vestiti, piegati su una sedia e rapidamente se li infilò.
-La vuol sapere una cosa? Non me ne importa un fico secco di quello che è successo- decretò, allacciandosi il reggiseno.
-No?-
-No. Ho aggiustato le cose con Will, l’ho pagata per avermi accompagnato, e non ho più bisogno delle sue sedute. La sa una cosa? Non voglio vederla mai più-
Con tono e movimenti decisi terminò di infilarsi l’abito elegante della sera precedente, e una volta vestita si adoperò per allacciarsi i sandali.
-Sei sicura di quello che dici?- domandò il dottor Baileys, voltando la testa verso la ragazza ma senza avvicinarsi o mostrare la benché minima preoccupazione.
-Sì-
-Sono d’accordo-
Quella frase la destò dall’improvvisa furia in cui era caduta per farle alzare la testa, perplessa, sul dottore.
-Perché è d’accordo?-
-Sono d’accordo- anche lui assunse un tono indifferente e scalciò via le coperte per iniziare a rivestirsi -non sarebbe una buona cosa per me se si venisse a sapere che ho fatto dormire a casa una mia paziente-
-Ah, e certo...-
Alex era sul punto di offendersi per la scarsa considerazione che lui aveva dato alla sua figura, ma poi la vista dello psicologo che si rivestiva tranquillamente davanti ai suoi occhi la distrasse.
Alex avrebbe giurato che il dottor Baileys avesse una cinquantina d’anni, per come si presentava e per il modo di rapportarsi con gli altri che aveva. Poi però, nella sua mente fece capolino il dubbio che nessun cinquantenne avrebbe mai potuto avere degli addominali formati come quelli.
La ragazza arrossì vistosamente, incapace di staccare gli occhi dal corpo nudo dell’altro, mentre questo stava infilandosi una maglietta e della biancheria intima.
-Sei ancora lì?-
Conoscendo perfettamente il suo imbarazzo, lo psicologo la guardò, voltandosi leggermente col busto e sorridendole.
Lei dovette compiere un grande sforzo per non abbassare lo sguardo su una visuale differente dal volto dell’altro, ma ci riuscì e rispose:
-Stavo solo... stavo solo chiedendomi se l’ho già pagata per ieri- mentì.
-Sì, direi che così può bastare-
Il dottor Baileys incrociò i suoi occhi e sotto il peso di quegli invitanti, profondi e intensi occhi lei faticò a non sciogliersi. D’improvviso capì quali erano i veri motivi per cui l’aveva invitato a partecipare al matrimonio e per cui l’aveva scelto per far ingelosire Will.
-Non vuoi restare nemmeno per colazione?- domandò gentilmente lui, smettendo di vestirsi e perciò rimanendo ancora nudo sotto i suoi occhi.
-No!- affermò convinta lei, con forse un po’ troppa enfasi, e di forza girò la testa e si incamminò verso l’entrata.
-Stammi bene, Alex- la salutò lui, infilandosi finalmente della biancheria intima e un paio di pantaloni.
-Anche lei, beva poco, non fumi e aiuti tante persone, eh?- così dicendo aprì il portone dell’appartamento e se lo richiuse alle spalle con decisione.
Il dottor Baileys ascoltò il rumoroso chiudersi del portone con un sorrisetto sulle labbra, soddisfatto di come aveva gestito la situazione.
Alex scese rapidamente le scale del palazzo, ma arrivata a metà strada qualcosa la bloccò.
Sbuffò, chiudendo gli occhi.
Aveva dimenticato la borsetta.
Così le toccò ripetere il tragitto all’indietro, salendo gli scalini fino a tornare sul pianerottolo, davanti al portone che poco prima aveva sbattuto con forza.
Suonò il campanello, pronta ad essere umiliata.
Ci volle qualche secondo in più prima che il dottor Baileys si decidesse ad aprire, e quando lo fece, oltre la porta Alex poté ammirare il profilo del dottore, stavolta vestito, che la guardava.
Subito compose uno dei suoi sorrisi gentili e domandò:
-Hai scordato qualcosa?-
-Sì-
Volendo troncare qualsiasi tentativo di conversazione, perché sicuramente l’avrebbe portata a cedere, lei si infilò dentro e percorse, tirando dritto, tutto il tragitto fino alla camera da letto, per poi gettare rapidamente lo sguardo a destra e sinistra in cerca della borsetta.
Mormorava imprecazioni a mezza voce, del tutto presa nella ricerca, desiderando fare il più in fretta possibile e allontanarsi da quell’assurda situazione in cui si era ritrovata.
Lo psicologo la osservò tranquillamente dalla soglia della porta, mentre lei si affannava per cercare quella borsetta. Sorrise fra sé, notando quanto impegno ci stava mettendo.
-Potrebbe anche aiutarmi- d’un tratto si voltò, fissandolo stringendo le palpebre.
Lui alzò le spalle e sbadigliò.
-Dovresti darti una calmata- osservò tranquillamente.
-Ma lei si impicci dei fatti suoi!-
-Alex...-
-Alex un corno!-
-Ma...-
-Ma la smetta, d’accordo?-
Senza alcun preavviso la ragazza si voltò, avvicinandosi a lui e disse:
-Lei deve piantarla. Deve piantarla di guardarmi con quell’aria di superiorità e dirmi quello che devo fare! Lei non è mio padre!-
-Lo so- fece il dottore, tentando di sorriderle gentile.
A questo gesto però Alex scosse la testa vigorosamente.
-E si tolga quei sorrisi dalla faccia, d’accordo?-
-Perché?-
-Io li odio, quei sorrisi! Mi fanno sentire così... così...-
-...irrimediabilmente pazza e isterica?- concluse lui.
Mentre lei rimase stupita da quella risposta così pronta, nel vedere la sua espressione lo psicologo scoppiò a ridere divertito.
-Lei è proprio un bastardo. Lo fa apposta?-
-Sì. Lo faccio per creare una barriera fra me e il paziente. In questo modo sembra che io sia la persona normale e lei quella con dei problemi-
-Quando magari è il contrario?-
Alex gli rinfacciò la battuta con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra, soddisfatta di averlo almeno per un momento preso in contropiede.
Il dottor Baileys fece un sorriso, non gentile e tranquillo come al solito, ma furbo e leggermente malizioso.
Fece ondeggiare la testa a destra e a sinistra, come per dire ‘più o meno’.
-Be’, almeno ha smesso di fare il dottore, con me- continuò, sempre nella stessa scia altezzosa, lei.
Allora lui, annuendo, la guardò dritta negli occhi e sfilò la mano destra da dietro la schiena.
Alex fu quanto mai sorpresa nel veder comparire, stretta nella presa di lui, la sua borsetta in tinta con l’abito.
Schiuse le labbra e incrociò lo sguardo di lui, non sapendo bene come interpretarlo.
Di una cosa però era certa: quel sorriso che le stava rivolgendo non era atto a farla sentire inferiore, stupida, ma era quasi timido, incerto, e aspettava una sua reazione.
Così, indecisa, afferrò l’accessorio che le veniva offerto e abbassò lo sguardo.
-Cosa vuole da me?- domandò.
Sospirando, lo psicologo si staccò dalla porta per posizionarsi davanti a lei e cercare di guardarla negli occhi, prendendole il mento con una mano.
-Be’, si potrebbe anche essere amici. Non sei affatto stupida, per essere più piccola di me-
Amici? Amici?
Quella parola rimbombò nel cervello di Alex come un’eco fastidiosa.
Stava davvero iniziando a detestarle, quelle cinque lettere messe in fila, che per quanto potessero indicare una figura positiva, nella sua vita segnavano purtroppo l’infrangersi dei suoi sogni.
Puntualmente, ogni qualvolta sembrava che le cose si stessero mettendo bene, quella parola interveniva a raffreddare i suoi animi.
Notando che non aveva avuto alcuna reazione, ma che era rimasta lì in piedi senza dire una parola, il dottor Baileys aggrottò le sopracciglia e domandò:
-Cosa c’è?-
-Nulla. Be’, sarà meglio che vada-
-Sicura?-
-Sì-
Lui ebbe la premura di accompagnarla alla porta, e una volta sulla soglia la ragazza, imbarazzata, non sapendo che dire, abbassò gli occhi e uscì dall’appartamento.
-Ci vediamo, dottor Baileys. Verrò nel suo studio per pagarle le sedute-
-Va bene- annuì lui.
Per quanto entrambi avessero espresso il desiderio di congedarsi, ora che erano sulla soglia dell’appartamento nessuno dei due pareva intenzionato a chiudere la conversazione.
Il dottore, non tanto per imbarazzo quanto per buona educazione, preferì aspettare che fosse lei ad andarsene.
Alex, che ancora non era convinta di ciò che aveva fatto, si dondolava avanti e indietro.
-Be’, ci vediamo- si decise, e voltò le spalle all’uomo per scendere le scale.
Il dottor Baileys non aveva nemmeno fatto tre passi nell’appartamento, dopo aver chiuso la porta, che sentì nuovamente il campanello trillare.
Sempre più confuso, andò ad aprire domandandosi cos’altro ci fosse.
Sorprendentemente, si trovò Alex davanti, ma prima che potesse dire o fare qualunque cosa, lei fece un passo verso di lui, si allacciò con le braccia al suo collo e gli piantò un bacio sulla bocca.
Quanto mai sorpreso e confuso, lui non rispose subito, ma dopo aver saggiato l’impegno e l’entusiasmo che lei ci stava mettendo, chiuse gli occhi e fu costretto a partecipare, dato il trasporto che ci aveva messo la ragazza.
Poi, come se dovesse riemergere dopo un periodo di apnea, Alex si staccò di botto, lasciandolo riprendere fiato.
-Oh, e grazie per ieri- aggiunse, poi levò una mano in segno di saluto e si chiuse definitivamente la porta alle spalle.
 



Vai, ce l'ho fatta a non lasciar passare venti giorni! Ora rimane solo l'ultimo, che salvo sorprese dovrei postare nel giro di una settimana. Tante grazie a Mizar19 (sei molto gentile a recensire con puntualità incredibile), a sassybaby (mi associo al tuo sadismo) e a BonnieMora (grazie per i complimenti). In ogni caso, una recensione fa sempre piacere. Saluti.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Pichichi