Note
dell'autrice: La
quì presente storia ha partecipato
al contest "Pieces of a Journey", indetto da Pagliaccio di Dio,
posizionandosi al quinto posto.
Ringrazio veramente il giudice per gli splendidi giudizi e per la
posizione in
classifica. Come già detto sul forum, era il mio primo
contest e sono assai
soddisfatta^^
And now fanciulle... buona
lettura!!!
Lontano,
nel cuore d’Irlanda
ma le tue gambe ti permetteranno comunque di rincorrerle. »
Ho conosciuto un pittore, quand’ero piccolo; ricordo ancora
l’emozione che mi
salì in petto nell’osservare i suoi quadri. Fu lui
a trasmettermi la voglia di
dipingere, mettere su tela emozioni.
Ebbene, guardare quel cielo è come vedere una densa colata
di vernice azzurra
adagiarsi su un foglio e abbracciare, senza contaminarlo, il verde
brillante
dei prati.
-Neppure la pioggia riesce a
spegnere questi colori.
Mi dicesti un giorno. Stavi
sdraiato sulla schiena,
con una mano sotto la nuca e l’altra a solleticarsi il palmo
con le punte
fresche dell’erba. Ricordo che ti guardai e sorrisi,
perché quando parlavi
della tua terra era come se il resto del Mondo sparisse. Non volevi
girare per
scoprire paesi nuovi, o quantomeno non ne sentivi la
necessità; la tua casa era
sotto quel cielo e in mezzo a quei prati, negli occhi conosciuti della
gente e
nel sapore intenso di una birra.
Hai sempre avuto delle radici salde, cosa che ti ho invidiato a
più riprese
perché è, invece, ciò che manca a me e
che non riuscirei a trovare neppure se
viaggiassi per tutta la vita.
-A volte mi chiedo cosa
cambierebbe, adesso, se io
svanissi.
Puntualizzai ironico, notando
quanto tu fossi perso
in quell’azzurro.
Un sorriso nacque all’unisono su di noi ed io mi stupii di
quanto fossimo in
sintonia.
-Non dirlo neanche per scherzo!
Ti rotolasti su un fianco,
apparendo nel mio campo
visivo come un dio della guerra, fiero e bellissimo, coi raggi di sole
che
giocavano a rincorrersi tra i tuoi capelli. Le sopracciglia si
aggrottarono
deliziosamente, incartapecorendoti la fronte ed io, distrattamente,
passai
l’indice su quelle linee sovrapposte.
-Jared sono serio. Non devi
dirlo neppure per
scherzo!
Ti sorrisi. Solo tu potevi
incazzarti per una frase
detta senza alcun briciolo di convinzione, ma, dopotutto, era questa
parte di
te che amavo maggiormente. Il tuo essere così semplice,
tranquillo, ma capace
di diventare una stupenda forza se la rabbia ti ribolliva nelle vene.
-Come una nuvola.
Sussurrai piano. Su di te
un’espressione
interrogativa.
-Sei come una nuvola
Colin…
-Inutile?
L’erba
vibrò sotto la sferza delle nostre risa. Per
un momento, mi chiesi il perché non potessimo stare insieme
per sempre alla
luce del sole. Dopo qualche giorno saremmo dovuti rientrare a Londra
per le
riprese, ma ero sicuro, e lo sono anche adesso, che se tu mi avessi
chiesto di
venire a vivere con te avrei accettato a occhi chiusi. Non per la terra
in sé,
ma perché mi stavo rendendo pian piano conto che qualsiasi
posto sarebbe potuto
diventare casa se c’eri tu.
-No… una
meravigliosa creazione della natura che
non mi stancherò mai di rincorrere.
Ricordo bene le tue labbra
dopo, il sapore
d’Irlanda e di quotidianità mi scese sulla lingua
e accarezzò le papille. Non
rispondesti, perché lo sapevi anche tu che non ti avrei
raggiunto. Il vento,
aveva già iniziato a spingerti via da me.
Niente rimane mai uguale, col
passare del tempo; niente viene
risparmiato dai suoi artigli.
Ogni cosa cambia, persino noi,
per quanto ci
sforziamo di nasconderlo.
Niente rimane mai uguale,
tranne questo prato.
E ora mi viene da chiedermi:
dov’è finita la mia
casa?
Immagina, Colin, immagina cosa
sarebbe stato di noi
se fosse andata diversamente.
Insieme senza rendere conto a
nessuno.
Lontani da quel fottutissimo
vento che s’infiltrava
tra i nostri volti.
Errare è umano,
è invece più sbagliato perdere tempo
a crogiolarsi nel senso di colpa.
Non avrei mai sperato di
risentire la tua voce fino
ad una settimana fa… e invece.
Tenerti la mano, vedere il tuo
sorriso, assaporare
il tuo odore di nuovo.
Ore ed ore di dolcissima
agonia, Colin.
Orrendi mostri che mi
ripropongono il tuo volto
pallido.
Notte e giorno. Notte e giorno.
Tanto che non riesco
quasi a distinguerli.
Una nuvola passa sopra la mia
testa e sussurro il
tuo nome.
Oramai non riesco a fare altro
che chiamarti.
Invoco e tu rotoli dalle mie
labbra: “Colin!”
Un sospiro uscì
dalle mie labbra, scacciando la
polvere di sei anni dai polmoni.
Io, il coglione Jared Leto, non
ti avevo dimenticato.
Non volevo nascondertelo, non
avrebbe avuto senso.
Dopotutto neanche tu
l’avevi fatto.
Il tempo, contro di noi, non
aveva potuto nulla.
Perché, dopo anni di
silenzio eri spuntato nella mia
vita di nuovo?
Ora mi sembrano idiozie, tutti
gli sforzi fatti per
dimenticarti.
Se solo non fossi stato cieco.
Se solo mi fossi
permesso di amarti.
Tutto sarebbe cambiato, o forse
niente.
Adesso però, non
avrei almeno questi sensi di colpa
a divorarmi il fegato.
Rantoli. Rantoli pesanti mi
giunsero alle orecchie.
Era il mio cuore o il tuo
respiro?
Eppure un terrore freddo mi
strinse la gola.
Un male incurabile ti stava
masticando i polmoni e
avevi bisogno di me.
Volai in Irlanda il giorno
seguente, senza spiegare
nulla a nessuno.
Ore ed ore trascorse a guardare
il muro quella
notte. E Shannon non capiva.
La mia vita si era accasciata
su se stessa e Shannon
non sapeva.
Eri sempre stato in questo
Mondo, anche se non ci
vedevamo, per questo era stato semplice.
Anche adesso, nonostante tutto,
continuo a dirmi che
da qualche parte ci sei.
E sorride soffiandoti sui
capelli il vento
d’Irlanda, il vento di casa che profuma di te.
Un giorno avevamo corso su
questo prato, lasciandoci
bagnare. Abbracciandoci.
Era un giorno qualsiasi,
sì, ma non lo scorderò mai,
e tu Colin?
Ascoltami se puoi, mentre
affido al cielo la nostra
canzone.
Mentimi se puoi, e dimmi che
tornerai.
Baciami se puoi,
perché ho sete del tuo sapore.
Ero solo e sei arrivato. Se
puoi…torna a salvarmi
ancora.
Il vivere, senza te,
è solo un’orribile apatia.
Eppure non ho mai invocato Dio
così tanto come in
quest’ultima settimana.
Rivolsi lo sguardo altrove, per
nascondere le
lacrime.
Mai avrei pensato che la tua
pelle potesse diventare
tanto pallida.
Eri di fronte a me, immerso
nelle verdi lenzuola, e
mi guardavi sorridendo.
Tutto iniziò a
ruotare: il letto, la scrivania, il
tappeto, tua madre che piangeva, Eamon che dormiva.
Tutto mi vorticava nella testa
rimbombando.
Errori, risate, battute, baci,
lacrime… un unico
ammasso di emozioni.
Rotoli e matasse di suoni e
ricordi su cui si faceva
spazio solo il tuo nome.
Amante, amico. Cosa fossi tu
per me, cosa tu sia
ancora adesso, è difficile da definire.
Non parlai, non dissi nulla. Mi
avvicinai solo al
tuo letto e ti strinsi la mano.
Notai che la tua pelle aveva
ancora il suo consueto
calore e un nodo mi strinse la gola.
Oscurai l’angoscia
con un sorriso e saggiai le tue
labbra, senza bisogno di chiedere il permesso.
Ore che si scivolavano addosso
senza che nessuno le
osservasse.
Mi sei mancato, Jared.
Un battito di ciglia e una
lacrima riportarono a
galla il passato, tra bottiglie di birra e fogli di carta.
Non potevo andarmene senza
vederti, ho sbagliato
tutto con te.
Qualsiasi parola cercassi di
far uscire si
aggrappava furiosamente alla mia trachea. Sorrisi piano.
Un giorno un vecchio mi disse
che l’errore è la
prova della sincerità di un sentimento, Colin.
E allora io con te voglio
sbagliare tutto Jay, fino
alla fine.
Irlanda sulla tua lingua e
sulla mia, ancora una
volta come sei anni fa.
Io ti accarezzavo la pelle
piano, fermandomi quando
il respiro ti si faceva corto e tu ridevi.
Non volevi perdere neppure un
secondo e non l’hai
fatto.
Come una nuvola ti sei posato
sul mio petto una
mattina e non ti sei più alzato.
Ormai sono passati due giorni
eppure sembra
un’eternità, un sogno lontano e sfumato.
Ricordo il sapore delle tue
labbra, sensuale e
familiare.
Ricordo il profumo dei tuoi
capelli, selvaggio e
dolce.
E ricordo
la tua voce con tutte le sue sfumature di accento. Ma sembra tutto
così caduco.
Resto seduto su questo prato,
non curandomi affatto
della pioggia che m’inzuppa.
Le nuvole mi passano sulla
testa, con le loro
chiazze grigiastre. Le guardo, capendo dove sei.
E alzandomi con un sorriso,
inizio a correre sulla
loro scia.
Non sei il vento, sai? Sebbene le tue gambe fendano senza sforzo
l’aria e i
tuoi occhi coprano distanze solo immaginabili, tu non sei il vento. Non
puoi
far nulla per spostare questa nuvola e portarmi sempre con te, e
neppure io.
L’hai capito vero? Non c’è bisogno
neppure che te lo dica. Tu sai benissimo che
non mi raggiungerai mai, che non puoi mettere il mio ricordo in tasca e
respirarlo
quando vuoi. Io non sono più con te, tu non sei
più con me. Io posso guardarti
da quassù e ricordarmi quanto ti amo. A te, invece,
rimangono solo un paio di
gambe, una folle corsa contro il vento e un fiato strozzato che grida
il mio
nome.
Eccomi di nuovo in fondo a
dare fastidio
*ghghghghg*
Dunque, facendo le persone serie: un grazie megagalittico alle commentatrici di
"On a train",
vi adoro sul serio**!!!
Leia_the_Witch
(sei
cucciolosissima tu con queste recensioni, grazie**), ignorance ( che bella
recensioneeeeeee! sono felicissima che, nonostante tu preferisca le
demenziali,
ti sia piaciuta), Michiru83 (eheh immaginavo ti sarebbe piaciuta
la citazione. Grazie
per i tuoi commenti sempre presenti, un bacione!), Aya_Black (addirittura
tra i preferiti** sono feliceeeeee, thnx).