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Autore: Edenya404    14/06/2010    9 recensioni
Nel cielo d’Irlanda c’è qualcosa che tocca l’anima. Piccole dita d’azzurro che danzano sulle note dei sospiri del vento, lasciandosi dietro vite vissute o anche solo sperate di chi, come noi, si è fermato almeno una volta ad osservarlo.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: La quì presente storia ha partecipato al contest "Pieces of a Journey", indetto da Pagliaccio di Dio, posizionandosi al quinto posto.
Ringrazio veramente il giudice per gli splendidi giudizi e per la posizione in classifica. Come già detto sul forum, era il mio primo contest e sono assai soddisfatta^^

And now fanciulle... buona lettura!!!

Lontano, nel cuore d’Irlanda



«Non sei il vento e non puoi quindi spostare le nuvole,
ma le tue gambe ti permetteranno comunque di rincorrerle. »

Nel cielo d’Irlanda c’è qualcosa che tocca l’anima. Piccole dita d’azzurro che danzano sulle note dei sospiri del vento, lasciandosi dietro vite vissute o anche solo sperate di chi, come noi, si è fermato almeno una volta ad osservarlo.
Ho conosciuto un pittore, quand’ero piccolo; ricordo ancora l’emozione che mi salì in petto nell’osservare i suoi quadri. Fu lui a trasmettermi la voglia di dipingere, mettere su tela emozioni.
Ebbene, guardare quel cielo è come vedere una densa colata di vernice azzurra adagiarsi su un foglio e abbracciare, senza contaminarlo, il verde brillante dei prati.

-Neppure la pioggia riesce a spegnere questi colori.

Mi dicesti un giorno. Stavi sdraiato sulla schiena, con una mano sotto la nuca e l’altra a solleticarsi il palmo con le punte fresche dell’erba. Ricordo che ti guardai e sorrisi, perché quando parlavi della tua terra era come se il resto del Mondo sparisse. Non volevi girare per scoprire paesi nuovi, o quantomeno non ne sentivi la necessità; la tua casa era sotto quel cielo e in mezzo a quei prati, negli occhi conosciuti della gente e nel sapore intenso di una birra.
Hai sempre avuto delle radici salde, cosa che ti ho invidiato a più riprese perché è, invece, ciò che manca a me e che non riuscirei a trovare neppure se viaggiassi per tutta la vita.

-A volte mi chiedo cosa cambierebbe, adesso, se io svanissi.

Puntualizzai ironico, notando quanto tu fossi perso in quell’azzurro.
Un sorriso nacque all’unisono su di noi ed io mi stupii di quanto fossimo in sintonia.

-Non dirlo neanche per scherzo!

Ti rotolasti su un fianco, apparendo nel mio campo visivo come un dio della guerra, fiero e bellissimo, coi raggi di sole che giocavano a rincorrersi tra i tuoi capelli. Le sopracciglia si aggrottarono deliziosamente, incartapecorendoti la fronte ed io, distrattamente, passai l’indice su quelle linee sovrapposte.

-Jared sono serio. Non devi dirlo neppure per scherzo!

Ti sorrisi. Solo tu potevi incazzarti per una frase detta senza alcun briciolo di convinzione, ma, dopotutto, era questa parte di te che amavo maggiormente. Il tuo essere così semplice, tranquillo, ma capace di diventare una stupenda forza se la rabbia ti ribolliva nelle vene.

-Come una nuvola.

Sussurrai piano. Su di te un’espressione interrogativa.

-Sei come una nuvola Colin…

-Inutile?

L’erba vibrò sotto la sferza delle nostre risa. Per un momento, mi chiesi il perché non potessimo stare insieme per sempre alla luce del sole. Dopo qualche giorno saremmo dovuti rientrare a Londra per le riprese, ma ero sicuro, e lo sono anche adesso, che se tu mi avessi chiesto di venire a vivere con te avrei accettato a occhi chiusi. Non per la terra in sé, ma perché mi stavo rendendo pian piano conto che qualsiasi posto sarebbe potuto diventare casa se c’eri tu.

-No… una meravigliosa creazione della natura che non mi stancherò mai di rincorrere.

Ricordo bene le tue labbra dopo, il sapore d’Irlanda e di quotidianità mi scese sulla lingua e accarezzò le papille. Non rispondesti, perché lo sapevi anche tu che non ti avrei raggiunto. Il vento, aveva già iniziato a spingerti via da me.

 

Niente rimane mai uguale, col passare del tempo; niente viene risparmiato dai suoi artigli.
Ogni cosa cambia, persino noi, per quanto ci sforziamo di nasconderlo.
Niente rimane mai uguale, tranne questo prato.

Sono tornato qua, perché avevo bisogno di staccare da tutto a da tutti.
E ora mi viene da chiedermi: dov’è finita la mia casa?
Immagina, Colin, immagina cosa sarebbe stato di noi se fosse andata diversamente.

Insieme senza rendere conto a nessuno.
Lontani da quel fottutissimo vento che s’infiltrava tra i nostri volti.

Vorrei poter tornare indietro, per tentare di correggere i miei errori, per starti vicino senza fuggire.
Errare è umano, è invece più sbagliato perdere tempo a crogiolarsi nel senso di colpa.
Non avrei mai sperato di risentire la tua voce fino ad una settimana fa… e invece.
Tenerti la mano, vedere il tuo sorriso, assaporare il tuo odore di nuovo.
Ore ed ore di dolcissima agonia, Colin.

E di nuovo una domanda: è successo sul serio?

Nella mia mente tutto si sfoca, come un ammasso di ingarbugliate ombre.
Orrendi mostri che mi ripropongono il tuo volto pallido.
Notte e giorno. Notte e giorno. Tanto che non riesco quasi a distinguerli.

Piove sui miei palmi rivolti verso il cielo.
Una nuvola passa sopra la mia testa e sussurro il tuo nome.
Oramai non riesco a fare altro che chiamarti.
Invoco e tu rotoli dalle mie labbra: “Colin!”

Quando mi telefonasti, una settimana fa, avevi la voce stanca.
Un sospiro uscì dalle mie labbra, scacciando la polvere di sei anni dai polmoni.
Io, il coglione Jared Leto, non ti avevo dimenticato.
Non volevo nascondertelo, non avrebbe avuto senso.
Dopotutto neanche tu l’avevi fatto.
Il tempo, contro di noi, non aveva potuto nulla.

Sorrisi, rendendomene conto. Sorrisi senza domandarmi.
Perché, dopo anni di silenzio eri spuntato nella mia vita di nuovo?
Ora mi sembrano idiozie, tutti gli sforzi fatti per dimenticarti.
Se solo non fossi stato cieco. Se solo mi fossi permesso di amarti.
Tutto sarebbe cambiato, o forse niente.
Adesso però, non avrei almeno questi sensi di colpa a divorarmi il fegato.
Rantoli. Rantoli pesanti mi giunsero alle orecchie.
Era il mio cuore o il tuo respiro?

La tua voce si fece dolce, carezzandomi il volto attraverso il telefono.
Eppure un terrore freddo mi strinse la gola.

Non mi chiedesti come stavo, né perché fossi sparito per tutti quegli anni.
Un male incurabile ti stava masticando i polmoni e avevi bisogno di me.
Volai in Irlanda il giorno seguente, senza spiegare nulla a nessuno.
Ore ed ore trascorse a guardare il muro quella notte. E Shannon non capiva.
La mia vita si era accasciata su se stessa e Shannon non sapeva.
Eri sempre stato in questo Mondo, anche se non ci vedevamo, per questo era stato semplice.

Ma non ero pronto a vivere in una Terra che non poteva guardare il tuo volto.
Anche adesso, nonostante tutto, continuo a dirmi che da qualche parte ci sei.

Lontano forse, nascosto dove io non posso vederti. Ma la natura sì.
E sorride soffiandoti sui capelli il vento d’Irlanda, il vento di casa che profuma di te.

Tremo. Tremo sotto lo scorrere della pioggia in rivoli gelidi sulla mia pelle.
Un giorno avevamo corso su questo prato, lasciandoci bagnare. Abbracciandoci.
Era un giorno qualsiasi, sì, ma non lo scorderò mai, e tu Colin?

Guardami se puoi, mentre non so più se le ciglia sono umide di lacrime oppure no.
Ascoltami se puoi, mentre affido al cielo la nostra canzone.
Mentimi se puoi, e dimmi che tornerai.
Baciami se puoi, perché ho sete del tuo sapore.
Ero solo e sei arrivato. Se puoi…torna a salvarmi ancora.

Ti ho mentito tre giorni fa.
Il vivere, senza te, è solo un’orribile apatia.

Pregare, l’ho sempre trovata un’azione di comodo piuttosto che una necessità della fede.
Eppure non ho mai invocato Dio così tanto come in quest’ultima settimana.
Rivolsi lo sguardo altrove, per nascondere le lacrime.
Mai avrei pensato che la tua pelle potesse diventare tanto pallida.
Eri di fronte a me, immerso nelle verdi lenzuola, e mi guardavi sorridendo.
Tutto iniziò a ruotare: il letto, la scrivania, il tappeto, tua madre che piangeva, Eamon che dormiva.
Tutto mi vorticava nella testa rimbombando.
Errori, risate, battute, baci, lacrime… un unico ammasso di emozioni.
Rotoli e matasse di suoni e ricordi su cui si faceva spazio solo il tuo nome.
Amante, amico. Cosa fossi tu per me, cosa tu sia ancora adesso, è difficile da definire.
Non parlai, non dissi nulla. Mi avvicinai solo al tuo letto e ti strinsi la mano.
Notai che la tua pelle aveva ancora il suo consueto calore e un nodo mi strinse la gola.
Oscurai l’angoscia con un sorriso e saggiai le tue labbra, senza bisogno di chiedere il permesso.

Cera un orologio abbandonato sul comodino, lo ricordo.
Ore che si scivolavano addosso senza che nessuno le osservasse.
Mi sei mancato, Jared.
Un battito di ciglia e una lacrima riportarono a galla il passato, tra bottiglie di birra e fogli di carta.
Non potevo andarmene senza vederti, ho sbagliato tutto con te.
Qualsiasi parola cercassi di far uscire si aggrappava furiosamente alla mia trachea. Sorrisi piano.
Un giorno un vecchio mi disse che l’errore è la prova della sincerità di un sentimento, Colin.
E allora io con te voglio sbagliare tutto Jay, fino alla fine.

Dischiudesti le labbra ed io mi chinai per cogliere il tuo respiro dalla tua bocca.
Irlanda sulla tua lingua e sulla mia, ancora una volta come sei anni fa.

Rimasi con te notte e giorno, a parlare, cantare e fare l’amore tra coperte sudate.
Io ti accarezzavo la pelle piano, fermandomi quando il respiro ti si faceva corto e tu ridevi.
Non volevi perdere neppure un secondo e non l’hai fatto.
Come una nuvola ti sei posato sul mio petto una mattina e non ti sei più alzato.
Ormai sono passati due giorni eppure sembra un’eternità, un sogno lontano e sfumato.
Ricordo il sapore delle tue labbra, sensuale e familiare.
Ricordo il profumo dei tuoi capelli, selvaggio e dolce.
E ricordo la tua voce con tutte le sue sfumature di accento. Ma sembra tutto così caduco.
Resto seduto su questo prato, non curandomi affatto della pioggia che m’inzuppa.
Le nuvole mi passano sulla testa, con le loro chiazze grigiastre. Le guardo, capendo dove sei.
E alzandomi con un sorriso, inizio a correre sulla loro scia.

Un tempo ti avrei guardato Jared, ti avrei osservato correre su questo prato che profuma di casa e avrei sorriso, sentendo la pioggia correre sui nostri volti. Adesso invece, vorrei soltanto poter urlare, afferrarti la manica della giacca e fermarti. Fermare la tua folle corsa senza meta, per poi leccare via dal tuo viso quelle lacrime che scendono ormai prosciugate di qualsiasi sentimento. E stringerti forte fino a farti male, per sentire, ancora per un attimo, il mio cuore che si completa.
Non sei il vento, sai? Sebbene le tue gambe fendano senza sforzo l’aria e i tuoi occhi coprano distanze solo immaginabili, tu non sei il vento. Non puoi far nulla per spostare questa nuvola e portarmi sempre con te, e neppure io.
L’hai capito vero? Non c’è bisogno neppure che te lo dica. Tu sai benissimo che non mi raggiungerai mai, che non puoi mettere il mio ricordo in tasca e respirarlo quando vuoi. Io non sono più con te, tu non sei più con me. Io posso guardarti da quassù e ricordarmi quanto ti amo. A te, invece, rimangono solo un paio di gambe, una folle corsa contro il vento e un fiato strozzato che grida il mio nome.

Lontano, nel cuore d’Irlanda. “Colin!”.

 

 

 

Eccomi di nuovo in fondo a dare fastidio *ghghghghg*
Dunque, facendo le persone serie: un grazie megagalittico alle commentatrici di "On a train", vi adoro sul serio**!!!
Leia_the_Witch (sei cucciolosissima tu con queste recensioni, grazie**), ignorance ( che bella recensioneeeeeee! sono felicissima che, nonostante tu preferisca le demenziali, ti sia piaciuta), Michiru83 (eheh immaginavo ti sarebbe piaciuta la citazione. Grazie per i tuoi commenti sempre presenti, un bacione!), Aya_Black (addirittura tra i preferiti** sono feliceeeeee, thnx).

Mione

 

  
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